09/04/08

La Sua predilezione per i Peccatori.


In tempi come questi, dove sembra che vi sia una caccia grossa a trovare il moscerino nell'occhio altrui, e tramutarlo in trave. E, anche in ambito di gerarchie e di dottrine, in ambito cattolico, vi sia sempre l'esigenza di dare addosso a 'chi sbaglia', a 'chi pretende di affermare verità', a 'chi va contro i dogmi', a chi osa mettersi di traverso - come se non ci si accorgesse per niente di cosa accade nel mondo - è forse utile per tutti riflettere ancora e sempre sull'atteggiamento di Gesù Cristo nei confronti dei peccatori.


Che si manifestò con ancora maggiore nettezza nelle sue ultime settimane tra noi, su questa terra.

Riprendo quello che scrive il dimenticato (purtroppo) Francois Mauriac in un libro per me memorabile: Vita di Gesù, scritto nel 1937.

Leggiamo:

Ma ora che è prossimo a lasciarli, l'Amore vivente li rassicura. Il suo desiderio è che i suoi fedeli lo temino con fiducia illimitata, che riposino su di lui con un cuore appassionato, ma tremando. "E io aspiro tremando". E' questo che il Figlio dell'Uomo ci chiede: diffidenza delle nostre forze, abbandono a occhi chiusi a una infinita misericordia.

Sappiano dunque ciò che già aveva loro lasciato intravedere: che il peccatore non è soltanto amato, ma sì anche
preferito.

E' per lui, ch'era perduto, che il Verbo si è fatto carne. Tutti i suoi ragionamenti, durante le ultime settimane di vita, tradiscono questa predilizione per i cuori semplici, capaci di eccessi.

Lui così duro coi dottori e coi Farisei, si addolcisce con i piccoli. Non è per umiltà nè per spirito di sacrificio, che rimane in mezzo a loro. E' perchè li preferisce, o meglio odia il mondo e si dà a quelli che del mondo non sono.

Erode che egli chiama "quella volpe" è il solo essere di cui parli con sprezzo. Per lui è un gioco battere i sapienti sul loro stesso terreno: ma di ridurre al silenzio dei dialettici imbecilli, non gliene importa nulla. La sua vera gioia è di rivelarsi a dei poveri uomini schiacciati da colpe abituali, e d'aprire sotto i loro passi un abisso di misericordia e di perdono.

E perciò si paragona al padrone delle pecore che ne abbandona novantanove per correre dietro alla centesima smarrita; e la riporta nelle sue braccia.

Ascoltandolo, ognuno doveva pensare: "E' per me che parla..."

Perchè chi di loro non aveva pesato con tutto il suo peso su quelle sacre spalle ? Sono stati raccolti, custoditi, e sporchi di fango, stretti a quel petto.

"Vi è più allegrezza in cielo per un solo peccatore pentito, che per novantanove giusti... "

Bisognerebbe pensarci: quando siamo convinti, con le nostre "certezze" cattoliche, quando siamo sicuri di essere dalla parte del giusto, e di saper - e dover - condannare chi lo "merita".

La nostra giustizia non è la sua giustizia.

2 commenti:

  1. L'essenza della fede sta proprio in tutto ciò. E di conseguenza l'essere cristiano (e cattolico aggiungerei). Avere la certezza nel proprio cuore non di essere depositario dell'unica verità - che è normale conseguenza dell'avere diffidenza delle nostre forze e abbandono a occhi chiusi a una infinita misericordia - ma di essere uno strumento d'amore per gli altri.
    angelo

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  2. Tanto più importante quel che dici, Angelo, alla luce di un'epoca in cui il rifiuto del dubbio genera, in molti, automatico allontanamento dalla fede.

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