21/08/09

Il tempo della Vacanza.


L'etimologia della parola 'vacanza' ci riporta al latino vacans, participio passato di vacare, cioè esser sgombro, vacuo, libero, senza occupazioni.

Siccome la vita umana è colma, solitamente, di occupazioni (che noi stesso, spesso, sempre più spesso accumuliamo in una specie di foga forsennata), la vacanza è un tempo quindi eccezionale, di sospensione. Una specie di vuoto.

Ma 'vacanza' e 'vacare' ha la stessa radice etimologica, molto prossima di 'vagare', che deriva a sua volta dal latino vagus, che vuol dire errante, ramingo.

E in vacanza, spesso si fa questo: errare, andare ramenghi.

Che cosa ci dice, in questo nostro tempo, questo 'vagare', questo 'vacare' ??

Questa vacanza, è oggi intesa soprattutto come svago e come di-vertimento. O come rilassamento, riposo. Ma la vacanza, la nostra vacanza, ha, avrebbe anche un senso molto più profondo. Che io mi auguro sia sfruttato da molti in questi giorni ancora torridi di agosto.

La città è svuotata, i rumori sono spariti quasi del tutto, i ritmi sono lenti, rilassati. C'è spazio, oltre che per il riposo e il divertimento, per avvicinarci, sensibilmente a quel nostro 'centro', che molto spesso dimentichiamo, nell'affannosa vita di tutti i giorni. Il centro del centro del nostro essere, che molto spesso mettiamo da parte, ignoriamo, teniamo al guinzaglio.

Ascoltiamolo.

Ascoltiamo questo centro, ascoltiamo cosa ci dice. Ripensiamo all'episodio evangelico di Marta e Maria. Ripensiamo alle parole di Gesù: Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose. Una sola cosa è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via.

La 'vacanza' di Maria è la vacanza operosa. E' la vacanza non solo contemplativa di chi decide di fare silenzio, di fermarsi. E di ascoltare quello che nel centro del proprio essere sta parlando. E parla ogni giorno, se soltanto siamo capaci di ascoltarlo.

4 commenti:

  1. Contemplare Dio, ascoltare la sua Parola, vivere in comunione con lui, stargli accanto… è questa la “parte migliore” verso cui ciascuno di noi deve tendere. La parte migliore è dunque quel particolare rapporto che si stabilisce con il Signore e che dobbiamo imparare a riconoscere come il più grande dei tesori custoditi nel nostro cuore. E’ qualcosa dunque che c’è già, che esiste, che è dentro il nostro cuore e che chiede di essere riconosciuto e vissuto, ma soprattutto è la parte migliore che non ci sarà tolta!

    Grazie Faber, ti invio un caro abbraccio.

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  2. E' proprio così, caro Boanerghes, non servirebbe cercare tanto, affannarsi... Un grandissimo abbraccio anche a te.

    f.

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  3. ... possiamo liberarci da questo affanno nevrotico e frenesia compulsiva non una volta all'anno, o alla settimana come dovrebbe essere la domenica Cristiana, ma ogni giorno? ....Possiamo? Io credo proprio di si, che possiamo attraverso l'esperienza del silenzio e del deserto... quotidiana ... anche in mezzo ai mille frastuoni e rumori di una realtà che sa solo fare baccano. Il vuoto esistenziale è figlio del timore del silenzio e induce l'uomo a fuggire da se stesso e lo orienta a rifugiarsi in una vita esteriorizzata, contrassegnata come tale dalla banalità quotidiana. La fuga da se disarma dal coraggio di cercarsi anche solo una volta all'anno per la paura di misurare in se la propria inconsistenza. Per questo i più cercano e non è questione di censo di annegare questo vuoto interiore, chiaccherando, bevendo, giocando.

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