23/05/11

Due o tre cose su Elena, la bambina di 22 mesi dimenticata dal Padre.


Vorrei cercare di chiarire meglio alcuni pensieril sul tragico caso di Elena, la bimba di 22 mesi abbandonata in auto dal padre, che ieri è morta all’ospedale di Ancona, dopo giorni di agonia.

Di questo caso sento discutere tutta l’Italia, e anche io non ho fatto altro che parlarne, con i miei amici, le persone che ho incontrato, e in quel non-luogo che si chiama face book.

Ciò che mi ha sorpreso è innanzitutto è la grossolanità del pensiero, delle molte parole che ho sentito. “Non permettete a voi stessi di pensare in maniera grossolana”, ammoniva Pavel Florenskij.

La grossolanità è frutto a mio avviso di una vicenda così inaccettabile che suscita in noi repulsione e volontà di essere possibilmente giustificata e liquidata in fretta.

La prima caratteristica di questa grossolanità è il riduzionismo psicologico, o meglio lo psicologismo che ho sentito in tutti i commenti, anche (soprattutto?) da parte di chi era rimasto molto colpito dalle circostanze della morte di Elena.

Siamo talmente intrisi di psicologismo e di freudianesimi – da ‘Io ti salverò’ in poi – che la reazione più comune che ho sentito in giro è stata quella di spiegare la dimenticanza del padre – un professionista, un professore universitario, un padre presente e premuroso anche se indaffarato – con una sentenza di tipo psicologico: ‘un vuoto di memoria’, un ‘black out della mente’, una ‘rimozione dell’inconscio’, ‘un rifiuto non avvertito’: insomma, una formuletta qualsiasi – della quale noi nulla di nulla sappiamo, non essendo alcuno di noi esperto in psicologia - in cui rinchiudere un evento altrimenti non comprensibile, non giustificabile.

Queste definizioni però hanno ai miei occhi, una componente fortemente liquidatoria: una volta assegnato al gesto una categoria (‘non era già successo, in fondo ??’) siamo con l’anima in pace.

Il secondo aspetto che mi ha colpito molto è stato – nei commenti delle persone – l’immediata compassione per il padre, autore del gesto. La compassione per il padre ha sopravanzato in TUTTI i commenti che ho sentito, la compassione per la bimba di 22 mesi e per la sua agonia di 5 ore in una macchina surriscaldata, legata al suo seggiolino.

Anche questo è – a mio avviso – molto indicativo: nella fretta di compatire il padre c’è sostanzialmente la premura di compatire se stessi. Nessuno di noi, evidentemente, si sente al sicuro, si sente di poter escludere a priori di poter essere un giorno al posto di quel padre. E dunque, l’assoluzione per il padre, equivale anche all’auto-assoluzione preventiva, in nome delle più varie ed indistinte (anche qui il pensiero è del tutto grossolano) motivazioni/giustificazioni/alibi: la vita di merda che facciamo, la fretta, la nevrosi, ecc.. ecc..

Insomma, il refrain è sempre lo stesso, ormai, che usiamo per le nostre vite ad ogni piè sospinto: la colpa non è mai mia. La colpa è sempre di qualcos’altro: della vita, della fretta, della nevrosi, delle circostanze, del destino cinico e baro.

Ciò che invece secondo me la vicenda della piccola Elena ci chiede, è quello di interrogarci profondamente sulla nostra natura (dis)umana.

Che cosa sono diventate le nostre vite se l’antropologia supera l’etologia: se la fretta, la nevrosi, la distrazione (tutte caratteristiche dell’uomo, non animali) supera, viene prima e annienta l’istinto primario che è quello della conservazione, della cura, e della difesa ad ogni costo dei piccoli (che è tipica di ogni specie di mammiferi animali e noi fino a parola contrario questo siamo: animali, del genere dei mammiferi) ?

Che cosa resta dei valori umani (quelli scanditi dalle grandi tradizioni filosofiche occidentali e orientali, prima ancora che da quelle religiose) se la vita di un figlio nel suo ‘atto mancato’ equivale a quella di una busta della spazzatura che abbiamo dimenticato di gettare dal finestrino andando a lavoro e ci è rimasta in macchina ?

A che serve tutto questo psicologismo, questo ridurre tutto a psico-analisi, questa sterile mitizzazione della mente umana, se alla fine non siamo capaci di riconoscere nemmeno la nostra dis(umanità) – che ha che fare più con le nostre anime che con la mente – e se nemmeno quelli che sono vicini a noi sono capaci di riconoscerla in noi ?

La psicologia non è solo un nuovo espediente che abbiamo oggi (in sostituzione dei vecchi riti del passato) per tacitare le nostre sempre meno rumorose coscienze ??

Fabrizio Falconi

18 commenti:

  1. Ciao Fabrizio, devo ammettere che anch'io ho detto e pensato le stesse identiche cose: il tentativo sommario di trovare una giustificazione, il pensiero al padre distrutto dalla tragedia.
    Se per la prima cosa credo tu abbia ragione, e dentro di me mentre cercavo di giustifare questa cosa assurda mi rendevo conto che si trattava di una cosa ingiustificabile, per la seconda affermazione credo che si tratti di qualcosa di diverso: la compassione per il padre è il rendersi conto del dramma di chi è vivo e dovrà confrontarsi per tutta la vita con quest'incubo.
    Io, personalmente, quando ho sentito la prima volta la notizia stavo quasi per mettermi a piangere proprio perché, avendo un bambino piccolo, ho provato un dolore inaudito per quella povera bambina. Poi però il pensiero è andato subito al padre che è vivo e per tutta la vita avrà questo peso disumano sulla coscienza.

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  2. E' vero l'auto-discolpa interviene a priori collettivamente per un automatismo di identificazione con il padre, anche noi siamo genitori, anche noi con sensi di colpa (vorrei essere con voi, figli, però il lavoro-impegni-la vita mi tengono lontano per la maggior parte della giornata); essere genitori vuol dire accettare i propri limiti, per poter guardarli e non inciamparvi, per ripetere a noi stessi che siamo persone capaci di fallire, ed essere presenti a noi stessi e a chi ci circonda; questa ennesima tristissima storia ci schiaffeggia tutti, ci sveglia brutalmente dalle nostre corse, e ci fa rallentare scioccati e stupiti, più accorti per qualche tempo; dovremmo farne tesoro come monito, in qualche modo, per non ripiombare nella solita routine. Però non credo che il pensiero intimo, quello vero, delle persone che hai ascoltato, non fosse tutto interamente dedicato alla bambina; le risposte che hai avuto sono comunicazioni "sociali" che nulla hanno a che vedere secondo me con il vero sentire.

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  3. Monica, vorrei chiarire per non cadere in equivoco: non credo affatto che le persone che hanno commentato, che hanno sentito il desiderio subito di esprimere compassione per il padre, NON la provassero per la bambina. Credo, anzi, il contrario (credo ancora nella umanità delle persone).

    Ciò che scrivevo è appunto la PRECEDENZA, nelle comunicazioni sociali, nelle conversazioni tra amici, ecc... nei confronti della compassione per il padre. Questo dato l'ho riscontrato a tutti i livelli, e secondo me è un dato su cui riflettere, proprio in funzione di quel 'sociale' di cui parli. Che determina molti comportamenti delle nostre vite.

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  4. Fabrizio, grazie per aver condiviso le tue riflessioni. Mi sono sentita un po' strana, rispetto ai commenti che anch'io ho sentito fare un po' dovunque. Non riesco a sentirmi "compassionevole" verso quel padre e ho avuto un moto di insofferenza alla notizia della donazione degli organi della bimba. (E io sono fortemente a favore della donazione ed ho lavorato a lungo in associazioni che di questo si occupano.)Quello che sento è una grande rabbia ed un grande dispiacere per la morte di una bimba, una morte così stupida, insensata,incredibile. E lo dico da essere umano, da donna, da madre. Lo dico con dolore, perché questa morte mi sembra l'estrema conseguenza di uno "spirito del tempo" : indifferenza, superficialità, egoismo, noncuranza, incapacità di sentirsi responsabili di qualcuno.

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  5. il rischio concreto è quello di essere colpevolli (ognuno di noi) di sentirsi vittime. Elena è stata sicuramente una vittima, ma di chi o cosa? Angosciante dubbio che si fa tragica certezza è che anche il padre sia stato e sia una vittima. Ma tutto ciò, anche l'immedesimarsi con il padre nell'accaduto e nel post accaduto, ci autorizza a sentirci vittime anche noi o piuttosto ad interrogarci per non perderci?

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  6. Penso che l'uomo antropologicamente sia portato a pensare all'io vivo,la morte diventa il dopo,quello che è accaduto è un fatto innegabilmente brutale,e noi che lo valutiamo dall'esterno ne rimaniamo toccati fino a che il dopo interviene.Non vorrei immedesimarmi nella tragedia di quel padre,e non posso escludere parimenti la disgrazia ma quali sono allora le colpe?Abbiamo forse perso di vista la vera essenza? dove risiede la semplicità della vita,si è tutto davvero tramutato in indifferenza,egoismo e superficialità?
    Mi auguro di no.L'espediente come tu sottolinei della psicologia ha creato molte nevrosi secondo me,più di quante ne sia riuscita a sconfiggere,questo è un parere del tutto personale.L'uomo per evoluzione dovrebbe essere arrivato a farsi delle domande e a rispondersi,più di ogni altro,ascoltare le nostre coscienze...forse potrebbe essere una buona partenza. Grazie.

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  7. la natura disumana, per fortuna , non appartiene a tutti..ma é vero che la vicenda di Elena é emblematica perché sempre più gli esseri umani hanno perso il senso della vita..la distrazione del padre, il suo senso di colpa appartengono a delle categorie del pensiero che, spesso, scattano quasi in automatico..forse la cosiddetta modernità ci ha rubato i sentimenti primari, quelli del bene e del male..Iva

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  8. Fabiana, anche io sono convinto che la psicologia ha creato molte nevrosi. Una delle più dannose è proprio quella di illudere le persone che 'per tutto c'è una ragione', e che tutto risiede nella psicologia. La psico-logia e la psico-analisi sembra diventare quasi una cosa-altra rispetto a noi. Un comodo rifugio nel quale stipare tutte le nostre contraddizioni e le nostre in-spiegabilità.

    Per rispondere ad Angelo: 'di cosa, Elena è stata una vittima ?'

    Posso risponderti con la semplicità dei fatti. Elena è stata una vittima di una dis-umana dimenticanza del padre. Una dimenticanza che è durata 6 lunghe ore e che ne ha causato la morte.

    Non è esattamente come qualcuno che lascia aperto un tombino e un bambino ci va a cadere dentro. Per due semplici motivi: 1. il bambino, o meglio, la bambina, era sua figlia. 2. l'episodio non può essere spiegato solo con la negligenza di uno che lascia un tombino aperto e non considera che vi può cadere dentro qualcuno. Qui c'è un atto preciso, anzi un non-atto, che si protrae per 6 ore, e che cancella l'istinto primario di conservazione dei propri figli, ne prende il posto, lo annulla.

    F.

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  9. non c'é istinto di conservazione quando si maltrattano o violentano i figli. Anni fa andai a Milano per lavoro..un bimbo di 9 anni era stato violentato da tutta la famiglia : madre, padre, nonni, zii, tre cugini..lo hanno interrogato con il vetro protetto..cercando testimonianze ha scoperto che gli stupri colpivano perfino bimbi di 2 o 3 anni..e tutto avveniva in famiglie apparentemente perbene..che dire di fronte a queste realtà?una sola cosa, secondo me..i soprusi contro i minori sono simili alle distrazioni..nel pensare ad altro il soggetto a cui si deve attenzione perde di valore e può facilmente diventare preda. Non provo compassione per il padre di Elena..E' solo un orco vestito elegante..

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  10. Maria Rosa:
    "Quello che sento è una grande rabbia ed un grande dispiacere per la morte di una bimba, una morte così stupida, insensata,incredibile. E lo dico da essere umano, da donna, da madre. Lo dico con dolore, perché questa morte mi sembra l'estrema conseguenza di uno "spirito del tempo" : indifferenza, superficialità, egoismo, noncuranza, incapacità di sentirsi responsabili di qualcuno."

    Non ho nient'altro da aggiungere.

    Iva: io non penso che il padre sia un orco perbene. Ma la cosa che più mi scuote, di questa vicenda, è il male procurato da chi si comporta bene, o crede di comportarsi bene. Il bene non è mai dato una volta per tutte. Il bene è la conseguenza di tante piccole azioni, di tanti istanti, nei quali si ripete monotonamente, instancabilmente, l'azione di bene, in cui non si dimentica mai quello che si deve fare per fare il bene.


    F.

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  11. " Una delle più dannose è proprio quella di illudere le persone che 'per tutto c'è una ragione', e che tutto risiede nella psicologia"

    esatto...la ragione non può capire il mistero che passa attraverso il cervello...prima di far danni sarebbe meglio fermarsi...

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  12. certo Fabrizio è senz'altro così, ma poiché crediamo che questa dis-umanità non è stata voluta (come invece altre volte, pur non ritenendolo possibile, avviene)la mia domanda era legata al padre anch'esso vittima. Sono pienamente d'accordo con te nel ritenere Elena la prima, autentica e senza dubbio innocente vittima. Ma non possiamo, e a mio avviso non dobbiamo, by-passare del chi o cosa è stato vittima il padre. Qui io mi fermo nella discussione e preferisco interrogarmi privatamente senza pretendere o addirittura imporre delle risposte come certamente non lo vuoi tu. Ma se da una parte è conclamata l'omissione, l'assenza, (la colpevolezza???...la moglie ha gridato di no!!) del padre dall'altra siamo difronte ad un mistero che solo il padre potrà, se ne avrà le forze, di affrontare in pieno

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  13. Sì esatto. La moglie ha avuto due diversi tipi di reazione, la prima immediata e la seconda quella di ieri, tutte e due più che comprensibili trovandosi oltretutto all'ottavo mese di gravidanza. Sul padre hai ragione tu, il mistero potrà svelarlo solo lui, nel chiuso della sua anima.

    Io che sono un semplice rifiuto l'idea di un raptus di follia che dura 6 ore e preferisco pensare a una causa molto più banale come magari un uso di psicofarmaci che l'uomo prendeva senza dire niente a nessuno e che l'hanno annebbiato. La verità, ovviamente, non la sapremo.

    Ma, e rispondendo anche a Jole, se la morte di Elena procurerà questo drammatico senso di domanda in tutti noi (su chi siamo, che vite conduciamo), forse avrà un senso - oltre alla donazione dei suoi organi che ha permesso a 5 bambini di ri-nascere.

    f.

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  14. non sò Fab. sicuramente c'è la voglia di esorcizzare e di "normalizzare" l'episodio, ma daltro canto, da genitore, ti prende un senso di angoscia e la consapevolezza che in fondo avresti potuto esserci tu al posto di quel padre. sono un orco...??? non credo, anche se da genitore ho scoperto di avere tante pecche e di non essere così "bravo" a crescere-educare i miei (nostri) 3 figli.
    il pensiero corre alla piccola Elena e alle sue sofferenze e si rimane senza parole....sit tibi terra levis.

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  15. ..decidiamo sempre le nostre priorità e riteniamo di avere molteplici ragioni per farlo e ogni scelta porta con se una rinuncia, il padre ha fatto al sua scelta...il riduzionismo psicologico o sociologico è appunto un riduzionismo..noi non possiamo sapere il significato profondo di quest morte, forse lo scoprirà il padre, un giorno....

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  16. non è la prima volta che succede una cosa del genere. Anni fa successe in estate a due persone in tempi molti ristretti (o ce li fecero sapere così). Comprendo tutte le reazioni espresse in questo blog. Ho tentato di seguire il percorso possibile di una tale "giistificazione" e credo che il risultato mi dia un segno inverso a quello di Fabrizio. Non potrebbe essere Fabrizio che è PROPRIO perchè è troppo assurdo, PROPRIO perchè quello è un padre e PRPORIO perchè i bimbi vanno sempre e comunque protetti e curati che non possiamo pensare che consciamente qualcuno possa arrivare ad un atto del genere.E' per preservare la nostra umanità (perchè un atto di uno ricade su quello di tutti, sempre!) che cerchiamo un buco possibile nella rete della nostra coscienza...non sarà così? Trinity

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  17. se io avessi avuto in dono quel regalo, non l'avrei lasciata, ma prima regola non giudicare

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  18. Primo anonimo (firmate i vostri commenti !): non sei sicuramente un orco, e probabilmente non lo è nemmeno quel padre. Il che è - per certi versi - ancora più inquietante.

    Alessandro: sono d'accordo. è solo il padre che potrà sciogliere il mistero.

    Trinity: mi piace questo tuo rovesciamento. Mi piace pensare che i rifiuti e le liquidazioni che sento in questi giorni siano un inconscio tentativo di 'umanizzare' una vicenda disumana. grazie.

    Anonimo 2: a me non interessa infatti giudicare, interessa interrogarmi. Cosa che non ho sentito in molti commenti a caldo, ansiosi solo di liquidare una vicenda troppo scomoda per la coscienza.
    f.

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