19/05/11

Trio di fine millennio III.



III.

Come stenti a Rio de Janeiro,

come magici rilenti

abbandonati spenti venti sempiterni,

accaldati venti dell’entroterra arroventato


tra le macerie polverose dell’Impero

crollate sfere disfatte, spezzate,

come il cavallo sfinito bloccato

dalla canicola secca della Camargue,


come tutta questa pesantezza,

scrematura acida dell’universo

inutile biancastra

disegno d’arguzia affatto divina.


Guado atteso, intermezzo

di storia e d’avventura

russare di sogni così forte

da svegliarsi e morirne,


passa e ripassa il nostro sbaglio

sulle federe, sui cuscini

sul rumore distante dei disastri

disattesi dolorosi di strada,


sormontato dalla nausea grigia

di gabbiani, faticosamente sospinti

da venti affievoliti, distratti

stupidi venti calanti.


Agogniamo approdi

e non sappiamo nulla

di tenerezze e maree,

del pallore di bimbo,


della figuretta spersa

tra le mani della folla,

in veloce passaggio, esangue,

sul punto di morire.


da L'ombra del ritorno - Campanotto ed., Udine, 1996

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