21/01/12

La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 1.



La visione di Costantino e L’Arco di Malborghetto sulla Via Flaminia.

 1. Le vie consolari e l’età di Costantino.

Nella loro lunghissima storia le vie consolari di Roma sono state  teatro di misteriosi  eventi, celebri  visioni, alcune di esse fondamentali per la Storia del Cristianesimo.

Vale la pena ricordarne soltanto alcune:  la visione di San Pietro sulla Via Appia (64 d.C.)- del Domine Quo Vadis,  riferita da molte fonti, pagane e cristiane (a seguito della quale la quale l’apostolo Pietro avrebbe deciso di tornare per accettare il martirio a Roma); la visione dell’Imperatore Costantino sulla Via Flaminia (312 d.C.) prima della Battaglia di Ponte Milvio; la visione di Sant’Ignazio di Loyola sulla Via Cassia, in zona La storta, nel 1537, prima di entrare a Roma e fondare la Compagnia di Gesù.

Della prima e della terza esistono memorie in luoghi venerati a lungo e poi caduti nell’oblio. Riscoperti soltanto negli ultimi tempi da un certo turismo, non solo religioso.  Per quanto riguarda la seconda, invece, sembrerebbe quasi che l’episodio storico, tramandatoci dalla tradizione e dalle varie fonti che vedremo, sia stato completamente dimenticato.  Eppure, chi abita a Roma e si trova a passare nel popoloso quartiere denominato “Labaro” dovrebbe sapere che l’etimologia di quel nome è legata strettamente ad uno dei più celebri episodi della vita dell’Imperatore Costantino il Grande, e al misterioso segno che egli dichiarò di aver visto nel cielo prima della definitiva battaglia contro Massenzio.

Ma prima di addentrarci nella Visione della Via Flaminia, descriviamo più succintamente che si può la complicatissima situazione che vigeva nell'Impero prima dell'avvento di Costantino.

Il potere, all''inizio del 300 d.C., era incredibilmente frazionato.  Il declino di Diocleziano lasciò l'impero in mano alla tetrarchia , cioè in mano a quattro persone:  due Augusti (Diocleziano e Massimiano, i quali avevano scelto come sedi del potere rispettivamente Nicomedia, in Asia Minore, e Milano), che a loro volta avevano scelto due Cesari (il primo Galerio, il quale  pose la sua capitale a Mitrovizza, nell'attuale Croazia; il secondo Costanzo Cloro, padre di Costantino, che scelse Treviri, in Germania).

Roma, perciò, era apparentemente fuori dai giochi, sempre più periferica.

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Nel 305, con solenne cerimonia, i due Augusti abdicarono in favore dei due Cesari. Galerio e Costanzo Cloro divennero i detentori del potere. Alla morte di Costanzo Cloro avvenuta durante la campagna militare di Bretagna ad Eburacum (l’odierna York), l’esercito voleva acclamare Costantino Augusto (1). Egli, dimostrando precoce sagacia politica, scelse  invece per sé il ruolo di più basso profilo, e cioè quello di Cesare, titolo del quale fu investito il giorno 25 luglio 306, ben sapendo comunque che anche questa scelta avrebbe comportato un effetto dirompente sui fragili equilibri della tetrarchia.   A questo punto si veniva a creare, nella  spartizione dei poteri dell’Impero,  la seguente situazione: Galerio "Augusto" e Costantino "Cesare".  Altri “Augusti” erano poi Massimino Daia, in Oriente, e Licinio, in Illirico.  Ma un ulteriore evento non previsto sconvolse definitivamente lo scacchiere del potere: a Milano il titolo di "Augusto" fu assunto da Massenzio, figlio di Massimiano, al quale non spettava.

Questa complicatissima vicenda – che comprende schermaglie nepotistiche, intrighi familiari (con Costantino che sposò Fausta, figlia di Massimiano, il quale era ormai in completa rotta di collisione con il figlio), ritorsioni e vendette  – trovò il suo momentaneo epilogo con Massenzio che attraverso un colpo di mano, il 28 ottobre del 306, prese il potere a Roma, contando  sull'orgoglio e il sostegno dei Pretoriani, i quali reclamavano a gran voce e da molto tempo un sovrano disposto a  tutelare lo status dell'antica capitale dell'Impero, e a darvi nuovo lustro.
Su Massenzio -  l'usurpatore –  la storia dei vincitori ha scritto pagine e pagine di una vasta aneddotica tutta al negativo.  Rimandiamo ad altri testi per quel che riguarda l’approfondimento di questi temi (2).  

Quel che qui possiamo succintamente riassumere, ai fini del nostro argomento,  è quanto segue: il regno di Massenzio non ebbe mai vita facile.  Sul suo imperio pesava innanzitutto il rapposto con il padre, Massimiano, che a lungo adottò un comportamento assai ambiguo, finendo anche per allearsi con lo stesso Costantino. In secondo luogo il ruolo di Massenzio non fu mai riconosciuto all’interno della tetrarchia, con la conseguenza che prima della battaglia con Costantino, Massenzio si trovò a dover affrontare due differenti invasioni, prima da parte di Severo, e poi da parte dell’esercito di Galerio.  Fu un regno che si estendeva solo su una parte dell’Impero, e cioè Italia e Africa settentrionale. E si basava principalmente su dosi massicce di propaganda pagana, incentrata sul tema della romanità, sulla rivitalizzazione della grandezza della Città come motivo ideologico.  Massenzio, inoltre,  non fu affatto, nonostante la vasta letteratura di genere, un persecutore di cristiani. Non è infatti storicamente attestato nessun massacro di civili cristiani. 

Egli semplicemente si astenne dall'aderire alla persecuzione contro i cristiani promossa dalla tetrarchia. Inseguì una linea di compromesso, sempre tenendo dritta la barra sul paganesimo e sul ritorno al mito di Roma come valore fondante, che aveva esplicito segno già nel nome scelto per il figlio: Romolo. Colui che avrebbe dovuto succedergli.
Questa era la situazione, al momento in cui si arrivò all'inevitabile scontro tra i due principali contendenti al trono assoluto, e cioè lo stesso Massenzio e Costantino, che alla fine dell'estate del 312 si decise a muovere con il suo esercito su Roma per stanare Massenzio, e riprendere il controllo dell’Urbe.   (1 - segue) 

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1 commento:

  1. la mano di costantino mi ricorda quella del giovanni battista di leonardo da vinci... un triangolo che si chiude con il battesimo di costantino in punto di morte, forse.

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