19/02/15

"Il pappagallo di Flaubert", di Julian Barnes. Un grande romanzo (recensione).




Aveva già pubblicato due romanzi, racconta lo stesso Barnes, prima di questo, ma erano stati un mezzo fallimento, "avevano venduto sì e no un migliaio di copie in edizione rilegata, raggiungendo a stento il traguardo del tascabile." 

Poi è arrivato questo, e per lo scrittore inglese si sono aperte le porte di un successo internazionale, nato dal door to door, dal passaparola.

Cosa ha fatto del Pappagallo di Flaubert  un successo ? Cosa ha fatto di questo strano romanzo un libro notevole, diverso da tutti gli altri ? 

Memoir, saggio, romanzo, biografia, Il Pappagallo di Flaubert appartiene ad un genere indefinibile. Anzi non è un libro di genere, per l'appunto. 

Con il pretesto di raccontare Gustave Flaubert, l'immenso scrittore di Bovary, di raccontare la sua storia, le sue fissazioni, il suo trauma, il suo rifiuto d'amare per paura di soffrire, il suo cuore barricato, il suo apparente cinismo che velava una vulnerabilità perfino eccessiva, le sue malattie, le sue amicizie, i suoi viaggi, il suo erotismo esuberante, le sue amanti, gli amori falliti, le amicizie, le avventure estemporanee omosessuali, Barnes ci racconta se stesso e la sua visione del mondo, attraverso l'alter ego del medico Braithwaite, maniaco studioso di Flaubert ai limiti del feticismo, ossessionato dall'idea di rintracciare il vero pappagallo impagliato usato dallo scrittore francese come modello per quello vero al centro della narrazione di Un coeur simple.

Gustave Flaubert

Barnes ha dunque utilizzato tutto il materiale raccolto su Flaubert utilizzandolo in un perfetto congegno narrativo, destinato a tutti anche chi non ha mai amato o letto il grande classico francese.

Perché è un libro sulla vita, più che sulla letteratura.

Flaubert, che passò tutta la vita a difendersi dagli eccessi emotivi, ha descritto nei suoi romanzi il cuore umano con la precisione che forse nessun altro è riuscito ad avere,  le debolezze, le cadute, i miasmi che si agitano dentro ogni cuore umano. E la forza di sopravvivenza, la disperazione capace di sublimarsi in arte.  

Si scoprono meraviglie linguistiche di Flaubert, aforismi grandiosi (nella virtuosistica traduzione di Susanna Basso), ma la gara è tra quello che leggiamo proveniente direttamente dal genio di Rouen (il mio cuore è intatto, ma i miei sentimenti sono affilatissimi da un lato e smussati dall'altro, come un vecchio coltello molato troppe volte che è pieno di tacche e rischia di spezzarsi ) e quella che è farina del sacco di Barnes (E poi lo saprete anche voi, non è che davvero cerchiamo e scegliamo, non credete ? Siamo scelti piuttosto; veniamo eletti dall'amore attraverso un voto inappellabile, a scrutinio segreto). 

Il pregio più grande di questo libro è anzi proprio questo: quello che ad un certo punto le due voci del romanzo si con-fondono, diventando quasi una, rendendo quasi impossibile dividere l'una e l'altra. Barnes sembra acquisire i resti (oltre che le reliquie materiali) del suo mèntore. La sua narrazione si fa pura luce, pura chirurgia, come era quella del grande Maestro.


Fabrizio Falconi - (C) riproduzione riservata - 2015


Julian Barnes 

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