23/05/15

Vienna 1983 - Una esperienza iniziatica (Gregor Passecker)




Nel novembre del 1983 visitai per la prima volta Vienna

Fresco di laurea, risposi a mia madre rimasta da poco vedova, che voleva accontentarmi con un regalo - soldi non ce n'erano: "vorrei fare un viaggio a Vienna."

Qualcosa di ancestrale sembrava attirarmi verso quella città. Qualcosa forse di genetico, visto che mia madre che non aveva mai superato i confini di Roma (a parte Firenze e Venezia, tappe del viaggio di nozze), piangeva regolarmente a dirotto quando in casa si metteva sul piatto del giradischi il Blue Danube di Richard Strauss.

Non rimasi deluso, tutt'altro. Visitai la città in perfetta solitudine in un mese invernale e freddo. 

Il silenzio di Vienna di quegli anni, il silenzio del Ring, il silenzio del Graben, della casa di Mozart, del Liechtstein con le cacche d'autore di Kolik, il silenzio della torre di Santo Stefano, dei giardini del Belvedere, del Prater, dello SchonBrunn sotto la neve, il silenzio delle acque del Danubio, il silenzio del fumo nei giardini e dai tetti, il silenzio dell'Opera deserta, dei vecchi caffè, perfino dei vagoni della metro dove non volava mosca, e tutti sembravano intenti a fare qualcosa di importante, o di solitario. 

Ai giardini del Prater, in un minuscolo chiosco ambulante, conobbi un ragazzo viennese Gregor Passecker.  La sua famiglia gestiva un antico caffè del centro, lui si dava da fare con gli Hot-dog. La sua compagna era bellissima. La sera lui si trasformava, indossando un lungo mantello scuro sulla figura allampanata tramutandosi in un eccentrico dai gusti raffinati, in grado di apprezzare e farmi apprezzare una grafica di Kubin in una sperduta galleria metropolitana, o di parlarmi per due ore - nel suo inglese elegante - di Hundertwasser e delle sue architetture. 

Fino a tardi camminammo quelle sere, costeggiando il Ring, insieme ad un altro amico italiano, uno strano affiatato quartetto che s'era trovato per le strane circostanze del caso, in quel frammento spazio-temporale del mondo. 
Gregor Passecker

Gregor rimase a lungo in contatto con me, ma non lo rividi mai più. Mi scriveva lettere stupende, completamente bislacche piene di parole italiane (amava la nostra lingua e voleva impararla ad ogni costo), strane sue composizioni poetiche e collages surreali e io lo reputavo una grande anima. 

Come spesso accade, morì prima del tempo. 

Ma da qualche parte, sento sempre la sua presenza. Insieme a quella Vienna di allora, che popola sogni e popola pensieri. 


Fabrizio Falconi. 







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