31/07/15

Lord Byron a Roma - 22 giorni di fuoco ! (Una bellissima mostra).





C'è una interessantissima mostra, per chi resta in città, al Keats-Shelley Memorial House di Piazza di Spagna - ha aperto il 26 giugno scorso e durerà fino al 6 novembre prossimo -  il delizioso museo Romano in Piazza di Spagna.

La mostra si intitola Lord Byron in the hand of Mary Shelley ed è dedicata alla figura di Lord Byron, forse il più famoso artista della sua epoca. 

Figlio di un padre che non conobbe mai e di una madre che lo asfissiò, ossessionandolo sia fisicamente che psicologicamente, George Gordon Noel Byron, più conosciuto come Lord Byron, nato a Londra nel 1788, divenne come è noto il più celebre poeta dei suoi tempi.  Non solo: la sua vita faticò molto a dividersi dalla sua arte: Byron anzi fu in un certo senso il vero, perfetto dandy.  Chiacchieratissimo in vita per i suoi scandali e per le sue continue eccentricità (come quando si fece rinchiudere nella Cella del Tasso, a Ferrara o come quando attraversò a nuoto lo stretto dei Dardanelli), Byron morì nel 1825 in Grecia, a Missolungi, in seguito a una febbre reumatica contratta a Cefalonia, che degenerò in meningite delirante.  E proprio come accade per le rockstars di oggi, la sua morte divenne un evento, lasciando inconsolabili fans a lamentarne la dipartita.

Nella mostra romana si ripercorrono le tappe della vita di Byron con l'esposizione di importanti reperti come i manoscritti del canto VI di Don Juan e di Manfred, tra le opere più famose del poeta; l'anello di Byron e il suo celebre ritratto in abiti albanesi del pittore Thomas Phillips. 

A Roma Byron arrivò nella primavera del 1817, interrompendo un gaio soggiorno veneziano, proprio per realizzare il sogno di vedere da vicino quella città che lo aveva sempre – da lontano – ammaliato. Un medico infatti prescrisse al poeta di allontanarsi dall’umidità veneziana, per guarire da un mal di petto. Byron  non se lo fece ripetere e colse l’occasione per realizzare il suo sogno, attraversando l’Italia con il suo corteo al seguito, una carrozza con i sedili reclinabili e una quantità enorme di bagagli.
Giunto nella capitale, andò abitare nella centralissima Piazza di Spagna, al numero 66, a pochissima distanza dalla casa-museo odierno dedicata a Keats e Shelley. E non aspettò nemmeno un minuto per cominciare ad esplorare la città in sella al suo cavallo. L’impressione che ne ricavò fu immediata e stordente: Sono incantato da Roma come lo sarei da una cappelliera di pizzi, scrisse al suo editore John Murray, e di Roma non vi dirò nulla: è indescrivibile. La guida qui vale più di ogni altro libro. Ho passato tutta la giornata a cavallo… 



Fabrizio Falconi - ©riproduzione riservata. 

29/07/15

Il giorno più bello per incontrarti (di F.Falconi) - in versione ebook e Kindle.




La scena si apre su un funerale di provincia, in una giornata umida e afosa dell’autunno 1977. 

Giovanni, il giovane italiano dal passato tormentato, è annegato in Spagna, vicino a Barcellona, e in quella chiesetta, per l’estremo saluto, sono riuniti i suoi cari: la madre, il cui volto impietrito dal dolore ricorda le contadine dipinte da Grant Wood, la moglie americana, Vivienne, dallo sguardo dolce e assente, il suo migliore amico, Alessandro - voce narrante di questo romanzo davvero intrigante - e pochi altri.

La mesta cerimonia viene interrotta dalle urla di un uomo sulla sessantina, sdentato e infuriato, che pretende una non meglio chiarita “restituzione”, brandisce un coltello e ferisce Alessandro.

É stato coinvolto da Giovanni in una truffa, si scoprirà poco dopo, e a sua volta derubato. Brandelli di un’esistenza oscura, come tante tessere scompagnate di un puzzle che stenta a prendere forma, saltano fuori a poco a poco dalle indagini della polizia, dagli appunti dello psichiatra che aveva in cura il giovane e dai ricordi di chi lo aveva conosciuto e frequentato. 

Il quadro poi si complica ulteriormente quando Vivienne, quattordici anni dopo, riceve una strana cartolina anonima dall’Olanda, vergata con una calligrafia che sembra proprio quella di Giovanni. 

Ad essa fanno seguito altri messaggi, sempre anonimi, provenienti da varie parti d’Europa. É un’altra ritorsione, una messa in scena crudele, o davvero Giovanni è ancora vivo ?

Sarà Alessandro ad annodare i fili dell’enigma e a mettere il punto finale a questa storia dalla tensione sottile e vibrante.

Continua a leggere la recensione del Secolo XIX QUI.http://www.fazieditore.it/Recensioni.aspx?libro=53

28/07/15

Cieli come questo (di F.Falconi) - In formato Kindle.



Ha condannato il proprio sogno prima che fossero cadute tutte le foglie 

Ho scelto questa frase di Elias Canetti come epigrafe del mio romanzo -– perché rappresentava bene quello che succede spesso nelle nostre vite, e anche in Cieli come questo: due persone si incontrano, capiscono in modo spontaneo che c’è qualcosa che li lega, qualcosa di profondo – come se ci si conoscesse da sempre – ma non hanno il tempo e il modo ( e il coraggio ) di mettere in pratica questa conoscenza, di trasferirla dal piano dell’anima al piano della concretezza. 

La protagonista di questa storia è Isabella, una donna che ha superato da poco i quaranta, borghese, con un matrimonio felice, un marito dirigente di un grande sindacato nazionale e una figlia quasi ventenne già autonoma, a cui piace viaggiare in compagnia delle sue amiche.

Il lago tranquillo della vita di Isabella si increspa improvvisamente, nel giro di pochi giorni e di alcune circostanze concomitanti: una gravidanza non voluta e subito spontaneamente abortita, una disavventura capitata alla figlia, in vacanza in Marocco, coinvolta in uno strano incidente, e soprattutto l’incontro con un ragazzo, uno studente di filosofia, Lorenzo

Isabella si accorge, quasi per caso, di essere precipitata silenziosamente in una crisi intima, di valori e riferimenti. 

Quando incrocia Lorenzo durante alcuni seminari, capisce, sente nel ragazzo qualcosa di speciale, una purezza, uno slancio ideale simile al suo. Inizia una prudente frequentazione, durante la quale, nonostante l'indubbia attrazione, Isabella non sembra avere il coraggio di andare fino in fondo. 

Ma il marito si assenta, per andare a riprendere la figlia, e durante questa assenza, Isabella si confronterà duramente, profondamente con la sua crisi, dovrà attraversarla, obtorto collo e fino in fondo. 

Cieli come questo vuole essere insomma un romanzo di ‘iniziazione’, nel quale la protagonista – una come noi – deve mettere in discussione ogni certezza e affrontare la vita, fuori delle piccole sicurezze che molto spesso proteggono dagli scossoni, evitando quel coinvolgimento profondo, quello scambio di anime, che è il vero succo – e forse il vero senso – della vita. 


Cieli come questo  di Fabrizio Falconi si trova oggi in formato Kindle qui - Fazi Editore - Euro 4.99.

27/07/15

E' morto Sebastiano Vassalli.


Con Sebastiano Vassalli, nato a Genova il 24 ottobre 1941 e morto oggi a Casale Monferrato dopo una malattia tenuta riservata, scompare uno dei nostri scrittori più interessanti che con la propria opera, in gran parte basata su indagini storiche, non ha fatto che indagare la natura e il carattere del nostro paese e degli italiani, cui ha dedicato nel 2007 anche 12 storie esemplari e molto critiche, raccolte col titolo 'L'italiano'. 

Romanziere storico, ma alieno dal colore e dalla ricostruzione d'ambiente romanzesca fine a se stessa, il suo indagare, studiare e raccontare il passato, partendo dalle invasioni barbariche per arrivare a Medioevo e Controriforma e proseguendo sino ai nostri giorni con la Grande guerra, il fascismo e i caldi anni '70, era un soffermarsi su momenti simbolici e esplicativi del formarsi di un paese e dei suoi abitanti, cercando di spiegarne umanità, psicologia, cultura e risvolti storico-sociali, come uno scoprire radici che sono ancora quelle che ci fanno essere quel che siamo oggi. 

Due sono i titoli piu' fortunati, che esemplificano la sua ricerca, "La notte della cometa" del 1984, omaggio e ricostruzione della vita del suo "padre folle" il poeta puro Dino Campana, uomo di passioni e tormenti, libero e perseguitato da vicende sfortunate, e il romanzo "La chimera" che, vincendo nel 1990 lo Strega, ne fa uno scrittore popolare con l'avvincente storia e lo sfaccettato ritratto psicologico di una ragazza cresciuta nel Seicento sotto il Monte Rosa, che per la sua straordinaria bellezza attira gli interessi e, vista come strega ammaliatrice, la persecuzione del clero controriformista inquisitorio dell'epoca

Aveva appena terminato un nuovo romanzo, Io, Partenope, in uscita il 12 settembre. 

Candidato quest'anno al Nobel per la letteratura dall'Universita' di Goteborg e insignito del premio Campiello alla carriera, che avrebbe dovuto ritirare a settembre, Sebastiano Vassalli, nato a Genova 73 anni fa e che si diceva abbandonato dalla famiglia, crebbe presso delle zie a Novara e in quella zona e' rimasto poi a lavorare e vivere sino a oggi. 

Laureatosi a Milano con Cesare Musatti e su una tesi su arte e psicanalisi, aderi' giovane al Gruppo '63 e scrisse romanzi sperimentali e trasgressivi come "Narcisso" e "Tempo di massacro" fino a quando, nel 1983 pubblico' "Arkadia", spietata analisi critica dei gruppi d'avanguardia di cui aveva fatto parte. 

Era l'epoca in cui stava lavorando su Dino Campana ("La notte della cometa" uscirà l'anno dopo) e si avvicina a un altro modo di intendere l'artista e la letteratura che racconta con scrittura partecipe e facendone qualcosa di avventuroso e fascinoso. 

Nel 1987 pubblica "L'oro del mondo" racconto autobiografico tenero e sarcastico attraverso cui racconta il momento fondante della nostra democrazia, quello tragico dell'uscita dal fascismo e della Resistenza raccontata da chi non l'ha vissuta in prima persona e dominata, ieri come oggi, dal malcostume e dal trasformismo. 

E' in questo romanzo che il bimbo chiede a uno zio perché si viva: "Per la nostra memoria: e per che altro? - spiego' - Per quelle poche pagliuzze di felicita' che rimangono in fondo alla memoria, come l'oro sul fondo della ba'tea", che e' per Vassalli quasi una dichiarazione di poetica. 

Seguiranno cosi' i romanzi storici, storie sempre anche complesse e umanamente avvincenti, da "La chimera" a "Marco e Mattio" (un caso psichiatrico tra le Dolomiti a fine '700 e inzio '800), da "Il cigno" (sullo scandalo del Banco di Sicilia a fine '800) a "Stella avvelenata" (viaggio di un chierico da Casale Monferrato a Parigi nel Quattrocento), sino a "Le due chiese" del 2010 (ritratto di un paese di montagna nell'Italia tra la Grande guerra e i nostri giorni) e "Terre selvagge" del 2014 (sulle invasioni di Cimbri e Teutoni nella pianura padana). 

Einaudi, Interlinea e Rizzoli sono stati i suoi editori. 

 Grande narratore di storie appassionanti, Vassalli fu anche poeta e soprattutto saggista e pronto a intervenire (dalle pagine spesso del Corriere della sera di cui era collaboratore) sulla nostra realta' e le distorsioni del mondo culturale, visti da lontano, dal suo luogo di vita ritirata che gli permetteva uno sguardo non compromesso, lucido e libero, al di fuori di ogni mondanita' e esibizione letteraria (ultimamente aveva criticato la candidatura allo Strega della Ferrante).

Cosi' si potrebbero citare molti altri suoi titoli, anche non di narrativa, tra i quali vanno comunque ricordati "Sangue e suolo" frutto di un'inchiesta in Alto Adige nel 1984, i cui temi ha ripreso ora nell'ultimo libro pubblicato, "Il confine", in cui rivede anche positivamente l'evoluzione di quella situazione critica tra le due etnie italiana e austriaca.

26/07/15

La bellezza dell'istante. Di Emanuele Trevi.

Atlas Clock, Fifth Avenue, New York



«Scheggia di tempo grande gemma». E ancora: «Ogni istante vale una gemma inestimabile». Sono i consigli che un insegnante di zen che si chiamava Takuan scrisse a un gran signore che si annoiava. 

Si trovano in uno di quei rarissimi libri che in poche decine di pagine racchiudono, si può dire, tutto quello che c’è da sapere: le 101 storie zen, raccolte nel 1957 da Nyogen Senzaki e Paul Reps

Un vero vangelo del transitorio e dell’impermanente.

È una sapienza antichissima che si traduce in racconti leggiadri, rapidissimi, illuminanti. Ma perché sia davvero una sapienza, poco importa che sia antichissima. E ancora di meno conta il fatto che venga studiata, appresa come una delle tante astrazioni dell’intelligenza. 

Al limite, si potrà anche ignorare il concetto di «zen», che è solo una parola come un’altra. 

L’essenziale è che qualcuno, questa sapienza, la sperimenti effettivamente, la viva in prima persona. 

Più che trasmettere un’informazione, allora, un bravo maestro come Takuan intende scuotere l’uomo importante che si è rivolto a lui, costretto a starsene ore e ore impettito a ricevere l’omaggio dei suoi sottoposti, mentre i giorni gli sembrano sempre più lunghi, intollerabilmente. 

Le complicazioni dell’etichetta giapponese hanno finito per traviare il suo spirito, e il maestro deve tentare di risvegliarlo da una cattiva illusione. 

La verità, ricorda Takuan al potente signore, è che il tempo è prezioso, è come una gemma inestimabile, e non è mai più lungo di quello che deve essere

Il segreto del suo valore sta proprio nel dileguarsi senza lasciare tracce. La nostra vita consiste di giorni, possiamo dire che vivendo non facciamo altro che passare da un giorno all’altro, ognuno ancora più effimero di una bolla di sapone. Se ci fosse il modo di conservarlo nel ghiaccio, un giorno, o di metterlo in una cassaforte, non sarebbe così inestimabile. «Scheggia di tempo grande gemma».

25/07/15

Fellini raccontato dal lettino - Ritratto di Ernst Bernhard di Filippo La Porta.



Ernst Bernhard


Sapete cosa univa Federico Fellini, Giorgio Manganelli, Adriano Olivetti, Natalia Ginzburg, Amelia Rosselli, Aldo Rosselli, Vittorio De Seta, Luciano Emmer, Cristina Campo, e perché hanno tutti frequentato, per periodi più o meno lunghi, via Gregoriana 12 a Roma ?  
Sono stati pazienti di Ernst Bernhard, lo psichiatra ebreo berlinese che in fuga dai nazisti visse in Italia dal 1936 fino alla morte, nel 1965 (e con un breve internamento in un campo di prigionia fascista).  Il suo studio era al sesto piano di Via Gregoriana 12, con le finestre spalancate sui tetti di Roma. 

Comincia così un bellissimo articolo di Filippo La Porta, sul Messaggero del 15 luglio scorso che potete leggere interamente QUI.

La Porta traccia così il ritratto del celebre psichiatra Ernst Bernhard, amico di Jung (da cui però lo divideva un'ansia religiosa legata alla sua formazione hassidica, la fiducia in una provvidenza divina, la ricerca di un Dio nascosto), attraverso i suoi illustri pazienti, in particolare con Fellini che frequentò lo studio dello psichiatra dal 1960 al 1965, anni fondamentali della sua produzione artistica. 


Bernhard era non solo psicanalista rigoroso, ma anche aperto all'esoterismo, alla lettura della mano, all'oroscopo e a ogni altro strumento diagnostico, fedele alla convinzione che tra il cielo e la terra ci sono molte più cose di quante ne possa immaginare la scienza. 

Bernhard era anche uno studioso de I Ching,  il libro sapienziale della tradizione cinese, e nella recensione La Porta ricorda il prezioso libro I Ching di Ernst Bernhard, a cura di Luciana Marinangeli, pubblicato dalle Edizioni La Lepre, che contiene un commento di Bernhard, insieme a lettere, testimonianze, conversazioni con l'allieva prediletta, Silvia Rosselli. 

Una lettura da non mancare. 





23/07/15

La remora è un pesce (ma nessuno lo sa). Jung e l'Echeneis.






Echeneis è il nome latino di un pesce molto particolare.

Di esso racconta Plinio nella sua Historia Naturalis, in un passo ripreso da Jung, in Aion

“La remora “ scrive Jung, “piccola per statura e grande per la potenza costringe le superbe fregate del mare a fermarsi: avventura che come ci racconta Plinio in modo interessante e ameno tocco ‘ ai nostri tempi’ alla quinquereme dell’imperatore Caligola

Mentre questi ritornava dall’Astura ad Anzio, il pesciolino, lungo mezzo piede, si attaccò succhiando al timone della nave, provocandone l'arresto

Tornato a Roma, dopo questo viaggio, Caligola venne assassinato dai suoi soldati. 

L’ Echeneis“ continua Jung, “agì dunque come praesagium, come piscis auspicalis, rileva Plinio. Un tiro analogo esso lo giocò a Marc’Antonio, prima della battaglia navale contro Augusto, in cui dovette soccombere

Plinio non finisce mai di stupirsi del potere dell’ Echeneis. La sua meraviglia impressionò evidentemente gli alchimisti al punto di indurli a identificare il ‘pesce rotondo del nostro mare’ con la Remora. 

La Remora divenne così il simbolo dell’estremamente piccolo nella vastità dell’inconscio. Che ha un significato tanto fatale: esso è infatti il Sé, l’Atman, quello di cui si dice che è IL PIU’ PICCOLO DEL PICCOLO, PIU’ GRANDE DEL GRANDE."



22/07/15

L'elogio dell'Ombra di Tanizaki. Un prezioso libro.


Un piccolo gioiello  di sole novanta pagine, Libro d'ombra è un mormorante inno alla preziosità di tutto quello che non è in luce, a ciò che è in penombra, a quello che metaforicamente è segreto, non è dato di essere scoperto, dalla luce violenta del sole. 

In questi giorni di dura canicola estiva, il libro di Jun'Ichiro Tanizaki (Bompiani 1995/2015,  a cura di Giovanni Mariotti, traduzione di Atsuko Ricca Suga) offre conforto poetico e una lenta e pacifica meditazione.

Il titolo originale del libro è Elogio dell'Ombra. L'editore italiano non ha potuto sceglierlo perché esiste un famoso saggio poetico con lo stesso titolo, di cui abbiamo parlato qui nel blog.

E' un saggio sulla civiltà giapponese, e un elogio della cultura orientale, così in antitesi alla nostra. Se infatti in Occidente si è privilegiato e si continua a privilegiare sempre più il senso della vista (razionale, analitica, estetica), e tutto vuole essere illuminato (e pulito e asettico e formalmente compiuto), in Oriente tutto è stato funzionalmente costruito e adattato per curare l'ombra, per proteggere lo sguardo dalla dittatura della luce e privilegiare gli altri sensi. 

Tanizaki passa in rassegna in brevi poetici capitoli i mobili e i sistemi di riscaldamento e illuminazione, i gabinetti e i ristoranti, le pietre preziose e le stoviglie, le ricette di cucina e i generi teatrali: tutto viene misurato dall'occhio e dalla sensibilità aumentata dell'osservatore. La vita è ancora più preziosa e fragile, ancora più densa e misteriosa. 

In verità. non esistono né segreti, né misteri: tutto è magia nell'ombra, scrive Tanizaki. 

Nel bizzarro mondo d'ombra (per esempio quello del Teatro no descritto negli ultimi capitoli, c'è un mondo di bellezza e di intrinseca oscurità.  

Le case antiche giapponesi, le suppellettili di legno laccato scuro, fatte apposta per assorbire la luce, ogni angolo, ogni oggetto ha un suo posto, nella misericordia della penombra.

Fabrizio Falconi


13/07/15

Orione (La predica del silenzio) di Fabrizio Falconi






Orione



Questa è la predica del silenzio,
si innalza senza volere
sui muri gialli d’agosto
sui pallidi sentieri liberi
del tempo benedetto liberato
ridiventa musica
inascoltata come l’acqua
nel fosso di campagna
al margine del disinteresse
delle autostrade.

Prima che il sole scenda
quando essere qui
ha il senso stesso della lenta
quercia che allunga
i rami nella calura,
si spargono le parole del silenzio:
come lampi lontani,
come bocche di mare senza navi
come occhi che si chiudono
da soli
perché innamorati del sonno.



Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.

12/07/15

Supplica collettiva al Maresciallo Pétain (1941) - La storia non insegna niente.




Supplica collettiva (195 firme ) inviata nel 1941 dagli abitanti di un paese francese al maresciallo Pétain, riportata da Léon Poliakov in Il nazismo e lo sterminio degli ebrei del 1955.


Noi sottoscritti, abitanti del capoluogo di cantone di Tournon-d'Agenais (Lot-et-Garonne) abbiamo l'onore di portare a vostra conoscenza i fatti seguenti.

La popolazione totale del nostro agglomerato è di 275 persone e ci viene annunciato il prossimo arrivo di 150 ebrei indesiderabili che dovranno abitare tra noi in residenza assegnata. Tutto ci porta a credere che tale informazione è esatta, poiché sono stati già trasportati letti e paglia nei nostri pubblici edifici. 

Noi tutti, signor Maresciallo, siamo fortemente emozionati da questa prospettiva. L'invasione di 150 Ebrei indesiderabili presso 275 Francesi dal carattere tranquillo per eccellenza equivale a una vera e propria colonizzazione e noi temiamo che questi stranieri, grazie al loro numero, vengano a soppiantarci oltraggiosamente. 

Secondo quanto ci è stato detto, sono degli indesiderabili quelli che noi dovremmo accogliere. Tali essi sono allo stesso titolo per tutti i Francesi e non potrebbero esserlo meno per noi e per le ragioni che vogliono sbarazzarsene. Centocinquanta indesiderabili possono, a rigore, passare quasi inavvertiti in mezzo a parecchie migliaia di abitanti.  La loro presenza diventa intollerabile e degenera in vessazione, per una popolazione che è meno del doppio di loro e che per tale motivo si trova costretta a una promiscuità, per non dire a una coabitazione rivoltante...

Le questioni di igiene e di alimentazione occupano certamente un grandissimo posto tra le preoccupazioni della vostra amministrazione; nel nostro caso, esse vanno unite strettamente e intimamente con la questione morale, etnica e prettamente francese.

Noi siamo sicuri, signor Maresciallo, che vi sarà sufficiente conoscere la penosa e ingiusta prospettiva che ci minaccia, per risparmiarcene la dolorosa realizzazione...  Se, nella vostra saggezza, voi riterrete che il bene superiore dello Stato esige da noi il sacrificio di sopportarli, non ci rassegneremo, non senza una incommensurabile amarezza; ma vi chiediamo se non vi sarebbe possibile attenuarci questo penoso contatto, alloggiandoli in un campo separato, presso una sorgente o presso un ruscello, dove tutte le questioni di sorveglianza, igiene e vettovagliamento potrebbero essere risolte vantaggiosamente per gli ospiti che la sventura ci ha imposto, sia per noi stessi.


11/07/15

Leonardo non era vegetariano : un nuovo libro.



Il volume "Leonardo non era vegetariano. Dalla lista della spesa di Leonardo alle ricette di Enrico Panero", di Maschietto Editore è una pubblicazione originale che fonde due elementi di ricerca e studio diversi fra loro e dedicati al genio da Vinci.

Il libro, la cui prefazione è a cura di Oscar Farinetti, fondatore e ideatore di Eataly, unisce testi e ricerche su Leonardo, su quanto ha detto, fatto, scritto in tema di cucina e alimentazione, a cura di Alessandro Vezzosi e Agnese Sabato del Museo Ideale Leonardo da Vinci, a quindici nuove ricette di Enrico Panero, Chef del Ristorante Da Vinci di Eataly Firenze.

Enrico Panero ha immaginato le nuove ricette basandosi sulle liste della spesa di Leonardo, tratte da diversi documenti e codici vinciani.

Arricchiscono il volume, e lo completano, un saggio sul Cenacolo di Leonardo di Cristina Acidini, fra le massime conoscitrici al mondo dell'arte leonardiana, e per la parte food l'intervento del gastronauta Davide Paolini che conduce il lettore in un viaggio, anch'esso inedito e assai suggestivo, fra i luoghi e i sapori delle terre vinciane, e soffermandosi sulle nuove invenzioni di Enrico Panero. 

Le ricette sono presentate da Annamaria Tossani e fotografate da Yari Marcelli.

Leonardo da Vinci fu grandissimo artista, scienziato, scopritore e inventore. Ma la sua passione e il suo genio si applicarono anche ai temi del cibo, della cucina, dell’alimentazione, tanto da poter ravvisare nei suoi contributi di più varia natura riferimenti importanti per la definizione della moderna cultura gastronomica e culinaria. 

Maestro di feste, cerimonie e banchetti a Firenze, Milano e Amboise, Leonardo studiò le materie prime, inventò macchine e utensili per la loro lavorazione, ragionò sulle caratteristiche dei territori di produzione, codificò disciplinari di prodotti come l’olio, il pane e il vino, esplorò le proprietà degli alimenti in relazione alla salute del corpo, scrisse favole, ‘profezie’, indovinelli e rebus ispirati al tema del cibo, realizzò straordinari disegni di macchine innovative per la produzione. 

E ovviamente il cibo è rappresentato in alcuni suoi dipinti, a partire dal Cenacolo milanese, che senza dubbio è la mensa più famosa del mondo.

Il libro è dunque un ritratto inedito del grande genio toscano – illustrato da opere, disegni e documenti leonardiani, compresi materiali inediti o poco noti – e allo stesso tempo un vero e proprio manuale di cucina contemporanea, con nuove ricette sfiziose con cui tutti si possono cimentare, illustrate fotograficamente in ogni fase di preparazione.

Le due anime del libro – storico/artistica e culinaria – sono armonizzate grazie agli interventi di Davide Paolini, che introduce le tappe di un viaggio tra i luoghi, le opere e i sapori di Leonardo e le invenzioni culinarie di Panero. La ricette sono introdotte dalle note di Annamaria Tossani, che collegano la cucina di Leonardo a quella del nostro tempo. Cristina Acidini, tra i massimi esperti mondiali di arte rinascimentale, racconta la poesia del Cenacolo più famoso del mondo.

In appendice, un glossario con gli ingredienti studiati da Leonardo e impiegati nelle ricette di Panero e una cronologia leonardiana.



10/07/15

Cosa è vero e cosa è la verità ? Una riflessione.





Guardiamo con attenzione questa foto. 

Dice parecchio sulle nostre percezioni. Ma anche qualcosa di più. 

Un cilindro è posto al centro di una stanza.  Due fasci di luce lo illuminano.  Una delle due luci (chiamiamola verticale) proietta una ombra circolare. L'altra luce (che chiamiamo orizzontale) proietta una ombra quadrata

Entrambe le figure - costituite dall'ombra - sono vere. Non c'è trucco. Sono reali.  Ma sorprendentemente contraddittorie.  L'una, ci dice dell'oggetto che ha qualcosa a che vedere con la figura del cerchio.  E se vedessimo soltanto questa potremmo concludere che ci troviamo veramente di fronte ad una sfera su cui è proiettata una fonte di luce.  Ugualmente, se vedessimo e potessimo dedurre soltanto dal raggio di luce verticale, non c'è dubbio che diremmo che un cubo è sospeso al centro della stanza. 

La cosa veramente interessante è che solo un punto di vista altro, esteriore, diagonale, non diretto, ci obbliga a scoprire la verità, e cioè che l'oggetto sospeso non è né un cubo, né una sfera, ma un cilindro, cioè un solido geometrico più complesso. 

Quante volte il nostro vero dipende dal fascio di luce che illumina la realtà ? Quante volte saremmo pronti a scommettere sul vero - ciò che relativamente è vero per noi, e che saremmo pronti a giurare come verità ?

L'immagine porta a due conclusioni:
- La verità esiste e non è necessariamente ciò che crediamo come vero.
- La verità dunque è qualcosa di sempre più complesso, che necessità di una iper-comprensione e di una valutazione di opposti. Soltanto nella valutazione (e nella integrazione degli opposti) possiamo tradurre la verità. 

Quando diciamo qualcosa di vero, diciamo spesso solo una parte della verità, e qualche volta nemmeno la più importante.  La verità sfugge al nostro vero.  E chiede di abbracciare, di integrare, di rovesciare, di valutare, di avanzare dubbi e sospetti: qualcosa che è fatica e vuole acume.  E solo a questo prezzo svela i suoi segreti. 


Fabrizio Falconi

09/07/15

Chi era Ezra Pound ? Un grande poeta in manicomio. Di Sergio Romano.





nella rubrica delle lettere del Corriere della Sera del 4 luglio 2015, Sergio Romano torna sulle vicende di Ezra Pound.


UN GRANDE POETA IN MANICOMIO LE AVVENTURE POLITICHE DI EZRA POUND

Ho trovato un articolo che riprende e rinfresca la vicenda di Ezra Pound. L’adesione al fascismo gli costò, dopo la fine della guerra, una perizia psichiatrica che lo dichiarò infermo di mente. Fu rinchiuso nell’ospedale criminale St. Elizabeth di Washington. I colleghi si divisero: Saul Bellow sostenne il giudizio, altri si adoperarono perché fosse liberato. So che fu anche candidato al premio Nobel per la letteratura che non ottenne in quanto ormai screditato. Ma era veramente schizofrenico o venne adottata una soluzione di compromesso tra quella che venne inferta a Brasillach e una dichiarazione di innocenza perché le idee non devono essere colpevolizzate? Potrebbe tracciare un profilo del personaggio?

Giovanni Allegri , giovanniallegrio39@gmail.com

Caro Allegri, Dietro le simpatie di Pound per il fascismo non vi era soltanto la speranza, comune a molti intellettuali europei nel periodo fra le due guerre mondiali, che il regime di Mussolini avesse individuato una terza via fra capitalismo e comunismo. Vi erano anche appassionate ma fumose teorie sulla natura malefica del capitalismo americano e la ferma convinzione che l’intero sistema economico degli Stati Uniti fosse fondato sull’usura

Pound pensava che il maggiore responsabile fosse Franklin D. Roosevelt, presidente dal gennaio 1933 e autore di un piano economico (il New Deal) per il risanamento della economia e della finanza americana, dopo il collasso di Wall Street nel 1929. 

Furono queste le ragioni per cui Pound non esitò, negli anni del fascismo e dopo la creazione della Repubblica Sociale Italiana, a sostenerne pubblicamente, con molte conversazioni radiofoniche, il programma economico e sociale. Per gli americani era un traditore e per molti di essi avrebbe meritato una condanna a morte, come quella che era stata inflitta dalla magistratura britannica a William Joyce, meglio noto come Lord Haw Haw: la voce di Radio Berlino che lanciava sarcastici messaggi dalla capitale del Reich contro l’Inghilterra.

Ma Pound era un grande poeta, rispettato e amato dalla migliore intellighenzia europea e americana. 

Il processo, se fosse stato celebrato, avrebbe creato imbarazzo e proiettato un’ombra sulla giustizia degli Stati Uniti. Fu scelta, come lei suggerisce nella sua lettera, caro Allegri, una via di mezzo. Anziché liberarlo o condannarlo, le autorità americane decisero di trattarlo come un matto. Niente di particolarmente nuovo. Era successo al Marchese de Sade, prima della Rivoluzione francese, e sarebbe successo, su scala maggiore, ai dissidenti sovietici di cui il regime voleva sbarazzarsi senza ricorrere a uno scomodo processo. 

Dopo la sua cattura a Rapallo (dove aveva stabilito la propria residenza italiana), Pound fu rinchiuso in una sorta di gabbia del campo di prigionia creato fra Pisa e Viareggio, e più tardi isolato in un ospedale psichiatrico americano a Washington. Grazie a una campagna organizzata da alcuni fra i maggiori scrittori del tempo, fra cui Ernest Hemingway, e da un giovane editore italiano (Vanni Scheiwiller), Pound fu liberato nel 1958 e tornò in Italia dove visse a Venezia sino alla sua scomparsa nel 1972. È sepolto nell’isola di San Michele.

07/07/15

750 anni di Dante: ricompare il ritratto del Bronzino, agli Uffizi.





Per me è forse il più bel ritratto esistente di Dante Alighieri. 

Da oggi, 7 luglio, sara' esposto in Galleria degli Uffizi il Ritratto allegorico di Dante Alighieri, dipinto nel 1532-1533 dal Bronzino.


Le vicende storiche di questa lunetta, spiega, una nota, sono legate a un episodio riferito da Giorgio Vasari nella Vita del Bronzino

Al suo ritorno da Pesaro il pittore ricevette da Bartolomeo Bettini la commissione dei ritratti dei tre padri della letteratura italiana, Dante, Petrarca e Boccaccio, da collocare nelle lunette di una stanza della sua abitazione

Dei ritratti dei tre grandi l'unico ad oggi conosciuto e' quello di Dante

"M'e' parso importante - commenta il direttore Antonio Natali - che in questo 2015, votato a celebrare i 750 anni dalla nascita dell'Alighieri, anche gli Uffizi fossero nel novero dei luoghi che rendono omaggio alla memoria del poeta".

06/07/15

Cerchi un libro introvabile ? Ora c'è Bookle.org.






L'iniziativa di un italiano, un senese, Simone Berni, appassionato biblofilo, è del tutto rimarchevole. 

Da quindici anni Berni si dedica alacremente alla ricerca bibliografica, esplorando archivi e biblioteche, virtuali (on line) e reali.

Dopo aver messo a frutto le sue conoscenze in un volume, il Manuale del cacciatore di libri introvabili Berni ha creato un bellissimo e utilissimo sito: Bookle.org, in definitiva un aggregatore di motori di ricerca che pesca e scava nei vari siti specializzati, maremagnum, abebooks, comprovendolibri, ebay, ibs, ma anche siti d'aste e mercatini on line, e inoltre librerie indipendenti e venditori privati. 

Il portale mette a confronto anche i diversi prezzi e rende possibile trovare qualunque titolo, anche fuori catalogo, si stia cercando. 

Una iniziativa lodevole, da diffondere.


03/07/15

Il dialogo tra due angeli - Il cielo sopra Berlino.





Cassiel: Alla fermata Zoo del metrò, un impiegato, invece di dire il nome della stazione, improvvisamente ha gridato: "Terra del Fuoco".

Damiel: Bello.

Cassiel: Sulle colline, un vecchio leggeva l'Odissea a un bambino, e il piccolo uditore smise di socchiudere gli occhi. E tu cos'hai da raccontare?

Damiel: Una passante, che sotto la pioggia chiuse di colpo l'ombrello, lasciandosi bagnare tutta. Ah, ecco: uno scolaro, che descriveva al suo maestro come una felce nasce dalla terra. Ha fatto stupire il maestro. Una cieca, che quando si accorse di me si mise a tastare l'orologio. Sì, è magnifico vivere di solo spirito e giorno dopo giorno testimoniare alla gente, per l'eternità, soltato ciò che è spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa, e allora non vorrei più fluttuare così in eterno, vorrei sentire un peso dentro di me, che mi levi quest'infinitezza, legandomi in qualche modo alla terra. A ogni passo, a ogni colpo di vento, vorrei poter dire: "ora", "ora" e "ora". E non più: "da sempre", "in eterno". Per esempio, non so: sedersi al tavolo da gioco ed essere salutato, anche solo con un cenno. Ogni volta che noi abbiamo fatto qualcosa, era solo per finta.


Il dialogo tra i due angeli Damiel e Cassiel tratto da Wings of Desire, Il cielo sopra Berlino (1987) di Wim Wenders, dialoghi di Peter Handke.

02/07/15

'I due' di Hugo von Hoffmansthal.

Dante Gabriel Rossetti - Beata Beatrix



I due


Lei portava la coppa in mano -
Pari al suo orlo aveva il mento e la bocca -
Aveva un passo così leggero e sicuro,
Che dalla coppa non cadeva una stilla.

Non meno leggera e salda era la mano di lui:
Un giovane cavallo egli montava,
E con gesto noncurante
A una tremante immobilità lo sforzava.

Eppure quando dalla mano di lei
La lieve coppa egli dové prendere
Per entrambi fu troppo pesante;
Perché entrambi tremavano tanto
Che le mani non si trovarono,
E scuro vino corse sul suolo.



Hugo Von Hoffmansthal
(Trad. di Elena Croce)

01/07/15

Beethoven, La Sonata a Kreutzer, il filo della Demonicità.

Francesco Jerace, Beethoven, Conservatorio di San Pietro a Majella, Napoli


Una volta, complice il romanzo di Tolstoj dallo stesso titolo, la Sonata a Kreutzer era una delle pagine più eseguite di Beethoven; oggi la sua fortuna è un poco calata anche rispetto ad altre Sonate per violino e pianoforte, forse proprio per quella letterarietà demoniaca imprestatole dallo scrittore russo con troppa sensibilità autobiografica.

Tolstoj infatti la prese a simbolo come potere seduttivo della musica, come rappresentazione di passioni che una persona per bene dovrebbe tenere al guinzaglio, ma che qui sono espresse con tale evidenza plastica che c'è il pericolo di abbassare i ripari, entrare in fase con quell'onda montante e divenirne complici, ahimé con tragiche conseguenze. 

Eppure quest'opera tutta slancio di sperimentalità non sembra molto adatta a sopportare pesi di natura morale; Beethoven annotò sul manoscritto, nel suo italiano approssimativo: Sonata scritta in uno stilo brillante molto concertante come d'un concerto, intendendo accentuare la componente "concertante" dove la platea, il pubblico sono necessari all'opera non meno del compositore; in realtà, come nella "Sonata patetica" per pianoforte gli premeva sopra tutto sgrossare un blocco compatto di travolgente energia, senza curarsi di dare al primo movimento un seguito coerente e conclusivo, e probabilmente è questo aspetto di forma abbozzata a grandi tratti, sdegnosa delle raffinatezze consuete alla musica da camera, che Tolstoj percepì come demonicità in atto.

Una testimonianza di queste connessione è ancora palpitante nella storica esecuzione di Adolf Busch e Rudolf Serkin riportata in vita in un cd della Naxos; il primo movimento, più che in esecuzioni recenti più "castigate", grandeggia in tutti i suoi colpi di scena, dall'introduzione lenta, quasi invocazione alla musa, alla vastità dell'Allegro, ondeggiante tra le sponde estreme della violenza e della cantabilità più seducente; Serkin e Busch s'incalzano e si aggrediscono, e con i mezzi di appena due strumenti sembrano produrre veri sollevamenti geologici di materia sonora; è come se Tolstoj li avesse sentiti anche lui, quando ha fissato il carattere passionale di questa sonata nel suo romanzo.

Giorgio Pestelli, La Stampa sabato 7 agosto 2004.