27/10/15

Il paradosso tutto italiano della poesia.




Il paradosso della poesia italiana sta tutto qui: un paese che registra un numero record di premi letterari, promossi da istituzioni, accademie più o meno presunte, associazioni culturali, municipi, enti della provincia, della regione, case editrici, ecc… Eppure tutto questo ‘mercato di premi’, rivolto al numero veramente impressionante di ‘dilettanti’ che scrivono poesie, non corrisponde ad un effettivo mercato culturale. Semmai, è l’opposto

I libri di poesia contemporanea pubblicati in Italia – pur essendo ogni anno in gran numero – non arrivano quasi mai nelle librerie. Hanno per il 90 per cento – e forse più – una vita clandestina: vengono stampati in poche centinaia di copie, molto spesso con una percentuale di spese a carico dello stesso autore, e distribuite a parenti e amici, in presentazioni ‘ a titolo personale ‘. 

Le librerie italiane – i grandi distributori che le gestiscono – sono convinti che la poesia sia un genere letterario che non vende. Cioè che gli italiani, sostanzialmente, non leggano la poesia. Per questo motivo sono assolutamente riluttanti a prendere copie di libri di poeti contemporanei. Se devono proprio farlo, mantengono una o due copie per qualche mese, in scaffale, e poi restituiscono come resa. Nelle librerie si trovano – al settore ‘Poesia’ - praticamente solo i classici

Per quanto riguarda l’Italia, ci si ferma a Montale, Quasimodo, Ungaretti, con poche eccezioni nel Novecento – una, per esempio Alda Merini, che è diventata un ragguardevole fenomeno commerciale. 

Il pregiudizio su un popolo di lettori che non comprano – e quindi non leggono – poesia è sbagliato

In Italia la poesia si legge, ma le vecchie generazioni prediligono i classici, la poesia nobile italiana. Anche i giovani dimostrano di essere interessati alla poesia: ogni qual volta, anche a Roma, si crea un evento di lettura pubblica, o un seminario poetico, si registrano forti affluenze di pubblico.

- Purtroppo, però, in Italia manca da sempre – manca proprio per ragioni direi quasi antropologiche (l’Italia è un paese dove molto si vive, individualmente, e assai poco si con-divide) la tradizione della ‘lettura in pubblico’ della poesia. 

Pur esistendo l’eccezione della poesia dialettale – anche quella ‘ a braccio ‘ – che anticamente si declamava nei paesi, oggi è difficilissimo trovare manifestazioni in Italia analoghe ai ‘readings’ letterari in America, o alle ‘letture di massa’ in Russia 

- Per questo in Italia i ‘readings’ americani hanno sempre avuto molto appeal, soprattutto negli anni ’70, quando c’è stato qualche timido tentativo di ‘importare’ il fenomeno dalle nostre parti (CastelPorziano). Sempre negli anni ’70 – e prima – peraltro ci sono stati tentativi di aggregazione in ‘correnti’ omogenee e gruppi di avanguardie poetiche, il cui ultimo significativo esempio, però è quello del Gruppo ’63 (che poi non era essenzialmente poetico, ma più in generale letterario), che risale a quarant’anni fa. Tanti altri tentativi sono stati fatti e si fanno per dare voce ad una corrente o ad una generazione, con scarsi esiti sulla fruizione generale della poesia presso un pubblico più vasto.

A fronte di questi balbettanti tentativi, il poeta italiano è rimasto, nella maggior parte – come del resto anche il narratore - una specie di monade, un creatore individuale che poco o quasi niente comunica con i suoi simili, chiuso nella torre della propria ricerca personale, che si basa sui propri testi elettivi, sulla propria sensibilità, sugli incontri casuali che hanno determinato uno stile, o una tendenza semantica. 

Eppure, nonostante questo, il panorama della poesia italiana contemporanea è attualmente assai disgregato, ma molto vivo.

Fabrizio Falconi - 2008  (1-segue). 

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