28/02/17

All'asta in Francia disegni foto e scritti di Jules Verne, tra i quali anche la Mappa de "L'Isola Misteriosa".




Disegnata a mano da Giulio Verne, con tanto di note in inchiostro rosso e nero, la mappa dell'"Isola misteriosa", sinonimo di avventura per generazioni di lettori, sarà messa all'asta domani da Drouot, a Parigi. 

"Lincoln Island", ultimo porto del Nautilus e santuario del capitano Nemo, fa parte di queste contrade immaginarie che non hanno mai smesso di far sognare. Realizzato nel 1874 per quello che in molti considerano il più bel romanzo di Verne, il disegno dell'"Isola misteriosa" costituisce il pezzo forte di questa asta dedicata all'universo del grande romanziere francese. 

La mappa (che assomiglia a una testa di elefante) con i nomi scritti in inglese è stimata fra i 100.000 e i 150.000 euro. In tutto 166 pezzi appartenuti a Eric Weissenberg (scomparso nel 2012), uno dei più grandi collezionisti di oggetti dell'autore di "Venti mila leghe sotto i mari", sono in vendita. Fotografie, lettere personali, copie originali dei romanzi di Giulio, gouaches, incisioni, manifesti Hetzel saranno messi all'incanto da Drouot. 

Fra i numerosi lotti figura anche una fotografia di Giulio Verne del 1856 circa - aveva allora 28 anni - considerata l'unica originale conosciuta, appartenuta allo scrittore. 

Questa foto dove lo scrittore posa "in atteggiamento romantico", è stimata fra i 5.000 e i 6.000 euro. All'asta anche la prima edizione illustrata di "Il giro del mondo in 80 giorni", primo grande romanzo di Giulio Verne destinato ai giovani. 

Il volume conteneva una fotografia di Estelle Hénin, amante supposta dello scrittore, risalente al 1873, firmata Nadar. La stima è fra gli 8.000 e i 10.000 euro. 

fonte Askanews - Afp

27/02/17

La terribile Mannaja Romana e il Carnevale Romano: Il Conte di Montecristo.


La mannaja romana e il Conte di Montecristo

L’invenzione di una macchina per la decapitazione, cioè del taglio della testa per i condannati dei reati più gravi, affonda nella notte dei tempi. Macchine simili alla ghigliottina erano già in uso in Gran Bretagna a partire dal 1300 d.C. e ben prima che il dottor Joseph-Ignace Guillotin mettesse la sua egida e il suo nome sulla macchina taglia-teste (fu introdotta con un progetto di legge in sei articoli all’Assemblea Nazionale il 9 ottobre del 1789 alla vigilia della Rivoluzione), pochi sanno che un efficace e macabro precursore della Ghigliottina francese era già usato a Roma, nella Roma papalina, da molto tempo, da almeno due secoli prima, da quando nel Cinquecento si dava la morte ai rei confessi e agli omicidi con la cosiddetta Mannaja romana il cui uso restò in vigore fino alla conquista della città da parte del Regno d’Italia, nel 1870.

Per molto tempo le esecuzioni a Roma furono organizzate proprio all’inizio del celebre Carnevale Romano, erano pubbliche – vi assisteva una grandissima folla – ed erano accompagnate spesso da torture, come quella della frusta: i ladri venivano caricati su somari, con le mani legate sulla schiena e un cartello appeso al collo che descriveva con minuzia il delitto commesso. Il macabro corteo attraversava le vie cittadine capeggiato da un subalterno del boia (in genere vestito con l’abito da Pulcinella) che conduceva il corteo, chiuso dal boia in persona, la faccia coperta da un cappuccio bianco. Al cosiddetto cavalletto, situato all’inizio della Via del Babuino, tra le urla di scherno della folla, il condannato veniva frustato a sangue con il nervo di bue.  Oppure, sempre a Via del Corso, all’angolo con Via della Frezza, nello slargo che viene chiamato Piazzetta della Corda, si praticava un'altra spaventosa tortura che era appunto quella della corda: il condannato veniva appeso ad una specie di carrucola e legato ad un’asta per i piedi, e quindi veniva sollevato e tirato per l’alto finché non si arrivava a slogargli del tutto le giunture. Ma era nell’anfiteatro classico di Piazza del Popolo che si celebrava invece il rito più cruento, quello riservato ai delitti più gravi: la decapitazione.
Della Mannaja e del suo funzionamento si ha una fedele e accurata descrizione nel celebre capolavoro di Dumas, Il Conte di Montecristo, che il romanziere ambientò tra Italia e Francia tra il 1815 e il 1838.

A Roma Dumas era giunto una prima volta nell’estate del 1835 e qui era rimasto per tre settimane, prendendo affitto nell’Hotel de Londres, una locanda famosa in quei tempi, in Piazza di Spagna, che il romanziere trovò il modo di riprodurre fedelmente nel suo romanzo, compreso l’eccentrico proprietario Pastrini, che finì anche lui nel libro come personaggio di contorno, tenutario dello stesso albergo nel quale Dumas fece scendere i principali protagonisti della storia, in visita a Roma. 
A Roma Dumas si fermò anche sei mesi più tardi, nel viaggio di ritorno, quando conobbe la nobildonna Teresa Guiccioli (che era stata l’amante di Byron), di cui si innamorò. Le circostanze dei due soggiorni offrirono al romanziere la possibilità di documentarsi con esattezza sui luoghi e sulle usanze romane, specialmente quelle del grandioso carnevale e delle brutali esecuzioni che avvenivano nella Capitale.
Nella celebre scena del carnevale romano, nel Montecristo, a Franz d’Epinay, in compagnia del Conte, capita di assistere ad una cruenta decapitazione in Piazza del Popolo.  Dumas, che era sempre scrupoloso nelle sue ricostruzioni attinse a testimonianze dirette. Il passo in questione recita:

Franz non intese che imperfettamente le parole del conte, e forse non apprezzò al giusto valore questa nuova gentilezza, poiché tutta la sua attenzione era rivolta allo spettacolo che rappresentava la piazza del Popolo ed allo strumento terribile che ne formava in quell'ora il principale ornamento. Era la prima volta che Franz vedeva una ghigliottina. Noi diciamo ghigliottina, ma la falce romana è presso a poco della stessa forma del nostro strumento di morte. La falce ha la forma di una mezza luna, taglia dalla parte convessa cade da minore altezza: ecco tutta la diversità! Due uomini, seduti sulla tavola ad altalena, dove viene steso il condannato, aspettavano, e mangiavano, a quanto sembrò a Franz, del pane e della salsiccia. Uno di essi sollevò l'asse, e ne estrasse un fiasco di vino, ne bevve e passo il fiasco al suo compagno: erano gli aiutanti del carnefice!
A questa sola vista, Franz aveva sentito venirgli il sudore fino alla radice dei capelli. I condannati erano stati trasportati, dalla sera innanzi, dalle carceri nuove alla chiesa di Santa Maria del Popolo, ed avevano passata tutta la notte assistiti ciascuno da due preti in una cappella chiusa da un cancello, davanti al quale passeggiavano le sentinelle cambiate d'ora in ora. Una doppia fila di gendarmi posti da ciascun lato della chiesa si estendeva fino al patibolo, intorno al quale formava un circolo di dieci piedi di spazio fra la ghigliottina ed il popolo. Tutto il resto della piazza sembrava un selciato di teste d'uomini e di donne delle quali molte avevano i loro bambini sulle spalle, e questi vedevano meglio di tutti, perché venivano ad aver la testa al di sopra delle altre... Ciò che diceva il conte era dunque vero: ciò che vi è di più curioso nella vita è lo spettacolo della morte.

L’evidenza che la mannaja romana cioè un prototipo della ghigliottina fosse usata a Roma da molto tempo, e anche alcuni secoli prima della decapitazione raccontata da Dumas, c’è nel resoconto della esecuzione pubblica forse più famosa che si sia mai svolta nella Capitale, quella di Beatrice Cenci, accusata di parricidio, e della sua matrigna Lucrezia Petroni, decapitate nella piazza antistante il Castel Sant’Angelo l’11 settembre del 1599.  Nella relazione del supplizio della Cenci si legge che Lucrezia – la prima ad essere giustiziata – anche a causa della sua mole, della sua corporatura, faticò non poco a cavalcare la tavoletta del ceppo – come gli comandò il boia - e accomodarsi con il corpo sotto la mannaia, a cagione che, non essendo la tavoletta più larga di un palmo, non era capace per l’appoggio delle mammelle. E quando toccò a Beatrice, essa cavalcò senza indugi la tavola e pose il collo sotto la mannaia, affrettando questo suo ultimo atto, circostanza che causò la tardanza del colpo.  E se il colpo non poteva affrettarsi come aveva fatto la condannata, è chiaro che questo non poteva venire dal braccio del boia, ma dal congegno di una macchina, la mannaja romana, per l’appunto, predisposta per fare giustizia dei condannati con la freddezza chirurgica del taglio della testa.


Al supplizio di Beatrice fra l’altro, si ispirò direttamente proprio Alexandre Dumas che alla celebre donzella romana e alla sua sfortunata vicenda umana dedicò una serie di racconti: Les crimes celebres: Les Borgia; La marquise de Ganges; Les Cenci.

tratto da: 


26/02/17

Cesare Viviani: "Dov'è finito il tempo dei sentimenti ?"




Oggi, guardando alla vita di chi lavora, una cosa salta subito agli occhi: il tempo è occupato per la maggior parte dall'attività (e dal suo valore, che sta nei risultati, nell'autostima e nella stima degli altri).

Certamente il lavoro condensa grandi significati. 

Poi, nel tempo libero c'è il divertimento e lo svago (gli hobby e le diverse opzioni per distrarsi e giocare, oggi accresciute dalle attraenti novità tecnologiche): un modo questo per bilanciare il sacrificio e l'impegno delle ore occupate.

Perciò la vita è lavoro e divertimento. 

E il sentimento ? C'è un tempo, non striminzito, per gli affetti, per viverli, nutrirli e approfondirli ? Ci sono ore per l'ascolto e per il cuore ? 


Oppure, sia per il gran lavoratore che per l'appassionato hobbista è tutto tempo perso ?

25/02/17

Pedro Calderòn de la Barca - L'Anno Santo di Roma (1650) - un magnifico testo finora inedito in Italia.




E' un volume prezioso quello uscito da poco per La Camera Verde: la pubblicazione di un auto sacramental scritto da Calderon de la Barca per il Giubileo del 1650, inedito in Italia. 

Pubblico qui di seguito il testo scritto dal curatore e traduttore del volume Raoul Precht per Succede oggi, poco prima dell'apertura del Giubileo della Misericordia. 

Tra qualche giorno verrà dato il via alle celebrazioni dell’Anno Santo straordinario della Misericordia, fortemente voluto dall’attuale Pontefice e deciso, a quanto pare, in piena autonomia, senza alcuna consultazione con le autorità comunali e statali per le quali l’evento avrà un impatto anch’esso straordinario, in termini di entrate ma anche di uscite e di complicazioni organizzative.

Sulle ripercussioni per la città di Roma del probabile afflusso di un ingente numero di pellegrini è già stato scritto abbastanza, e sebbene le stime possano variare, e anche di molto, di certo l’avvenimento, che oltre tutto si protrae per quasi un anno, non migliorerà le condizioni di vita già difficili dei romani.

C’è però da chiedersi se questi ultimi dal 1300 (anno del primo Giubileo) in poi ne abbiano mai tratto vantaggi, ma questa sarebbe una questione complessa e fors’anche oziosa.

 Di certo, a Bonifacio VIII più che il benessere della città ospite premeva all’epoca la buona riuscita del traffico delle indulgenze, elargite ai pellegrini che avessero compiuto il viaggio a Roma e visitato le basiliche prescritte; quel traffico che avrebbe tra l’altro contribuito al disgusto provato due secoli dopo da un sacerdote per qualche mese di passaggio a Roma, tale Martin Lutero, e alla nascita dello scisma protestante.

Pure, ai tempi di Bonifacio VIII il Giubileo viene istituito ancora come misura straordinaria, addirittura ogni cento anni; sarà Clemente VI, nel 1342, ad abbreviare il lasso di tempo fra un Anno Santo e l’altro a cinquant’anni, seguendo alla lettera quanto prescritto dal Signore a Mosè sul Monte Sinai (Levitico: 25, 8-55, lettura tra l’altro interessante per chi si occupi di agricoltura e messa a maggese delle terre); peggio di lui (o meglio, a seconda dei punti di vista) faranno Urbano VI nel 1390, diminuendo la distanza fra un Giubileo e l’altro a 33 anni, e Paolo II, che nel 1475 la riduce a 25 anni.

Fino a quando, nel 1500, Alessandro VI la riporta a cinquant’anni e definisce una volta per tutte le cerimonie di celebrazione, con l’apertura e la chiusura delle quattro Porte Sante a S. Pietro, S. Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e S. Paolo fuori le mura.

Se gli aspetti commerciali dell’operazione sono innegabili – e non è un caso che ai Giubilei ordinari oggi se ne aggiungano di straordinari, come questo che ci attende –, dal punto di vista dottrinale la celebrazione del Giubileo induce a una riflessione approfondita su diversi aspetti della fede, riflessione che fra l’altro ha portato alla nascita di un genere teatrale a sé stante.

E se parlo di teatro, è perché di sicuro in passato il Giubileo permetteva al popolo anche di divertirsi un po’, sia pure nei limiti imposti dalla devozione, con spettacoli e feste sfarzose da cui altrimenti sarebbe stato escluso.

Viene in mente, a mo’ d’esempio, la grande festa offerta dagli spagnoli a Piazza Navona nel 1650, con spettacolari fuochi d’artificio e una scenografia provvisoria con due grandi cappelle (una dedicata al Resuscitato, l’altra alla Vergine) davanti alla Chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore (in passato San Giacomo degli Spagnoli, appunto, chiesa del Regno di Castiglia, ricolma di statue e altari dedicati a Santiago).

Va detto che l’architettura barocca della piazza non era ancora ultimata, in quanto la fontana del Bernini è dell’anno successivo e della chiesa di Borromini non c’erano neanche i progetti: in un certo senso Piazza Navona offriva quindi uno spazio scenico ideale, lasciando mano libera agli organizzatori dello spettacolo e permettendo alle folle di goderne pienamente.

Un esempio di questi spettacoli è offerto dal genere teatrale cui accennavo poc’anzi, gli autos sacramentales, genere nato nel Medioevo (il primo è la Representación de los Reyes Magos, nel 1145), ma perfezionatosi poi nella Spagna della Controriforma.

Il sottogenere che ci interessa qui, l’auto allegorico, trova il suo primo rappresentante in Lucas Fernández, con il suo Auto de la Pasión, intorno al 1500, ma avrà consacrazione definitiva con Pedro Calderón de la Barca (nell’illustrazione).

In pratica, il misterio o moralidad medievale va pian piano approfondendo i contenuti dottrinali, anche in conseguenza del Concilio di Trento, e sul palcoscenico compaiono personaggi simbolici chiamati a incarnare concetti astratti.

Sembrerebbe qualcosa di estremamente asciutto e poco attraente, non fosse stato per l’apparato scenografico, le trappole teatrali e gli effetti speciali, che facevano di questi spettacoli qualcosa di simile ai nostri film in 3D sui dinosauri.

Con una piccola differenza: i temi centrali erano di volta in volta l’esaltazione dell’eucaristia, l’ultima cena, la vita dei santi, episodi dell’Antico Testamento, parabole evangeliche, e così via. In altre parole, essendo il plot meno che avvincente, gli ultimi ritrovati della pittura, della scultura, dell’architettura e, perché no, della musica diventavano imprescindibili per la fruizione di questo tipo di rappresentazioni, che non a caso si sviluppano solo in Spagna, mentre in tutto il resto d’Europa il teatro religioso attraversa una profonda crisi.

La maestria di Calderón sta nel saper conciliare elementi teologici e dottrinali con le correnti letterarie alla moda (concettismo e gongorismo) e soprattutto con gli espedienti spettacolari offerti dalle macchine teatrali di allora.

 Proprio nel 1650 Calderón scrive e fa mettere in scena L’Anno Santo di Roma, il cui protagonista, l’Uomo, assistito dai dieci comandamenti, si mette in viaggio da pellegrino per poter raggiungere Roma e ottenere l’indulgenza.

Il viaggio si fa davvero drammatico quando il Mondo, all’uomo se non ostile, indifferente, gli fa incontrare la Lascivia, ovvero il principale fra i vizi, e Lucifero, che rappresenta il Demonio e che con la sua complice tenterà in tutti i modi di allontanarlo dalla retta via.

Oggi può sembrarci un’impresa improba, ma all’epoca su questo canovaccio si era capaci di costruire un evento spettacolare, con danze, musica, oggetti scenici bizzarri, costumi, battute (quasi sempre affidate al libero arbitrio che fa le veci del gracioso nella commedia classica), effetti speciali e sorprese a non finire, con cui intanto il drammaturgo veicolava sornione la visione del peccato, delle passioni e del riscatto che Santa Madre Chiesa imponeva ai suoi sudditi.

Chissà se in Vaticano qualcuno ci ha pensato, o ci sta pensando: recuperare Calderón e metterlo in scena sarebbe davvero uno spettacolo, senz’altro più degno di quelli a cui certi monsignori e cardinali ci hanno abituato negli ultimi secoli.

Pedro Calderòn de la Barca
L'Anno Santo a Roma (1650)
La Camera Verde
Roma, 2017

24/02/17

La poesia del Venerdì: "I malpensieri" di Franco Marcoaldi.





I malpensieri

Arrivano nella notte i malpensieri,
erigendo picchi di insormontabili
problemi, cumuli d'angosce, oscure
colpe, sentimenti neri, Arrivano
nella notte i malpensieri. E non c'è
modo di uscire dalla loro rete
a maglie strette. Il sonno s'allontana
e dentro al portacenere si assommano
i resti di due, tre, cinque, dieci
sigarette. Gonfiano il loro ventre
i malpensieri, come rospi giganti
che minacciano la luna. E proprio quando
sembra che arrida loro la fortuna,
ecco lo schianto: tardivo, Morfeo rapisce
al sonno un corpo esausto di stanchezza,
mentre l'aurora cancella con un alito
di vento quel mare di fantasmi di cupezza.


Franco Marcoaldi
da: Il tempo ormai breve, Einaudi, Torino, 2008.

22/02/17

Colosseo, Un'icona - Dall'8 Marzo una Grande Mostra racconta la storia del Monumento più famoso.



Il Colosseo si racconta per la prima volta in una grande mostra

Dall’8 marzo 2017 al 7 gennaio 2018, nell’ambulacro del secondo ordine i milioni di visitatori dell’anfiteatro Flavio potranno conoscere tutta la storia del monumento

La rassegna Colosseo. Un’icona va oltre la narrazione del tempo dei Cesari, per ripercorrere la lunga e intensa vita del sito nei secoli, fino ai giorni nostri. 


La mostra è curata da Rossella Rea, Serena Romano e Riccardo Santangeli Valenzani. Progetto di allestimento di Francesco Cellini. 

In sei sezioni ordinate cronologicamente, l’influenza storico-culturale dell’anfiteatro si riscontra negli ambiti più diversi: dalla pittura al restauro, dall’architettura all’urbanistica, dallo spettacolo alla letteratura, dalla sociologia alla politica. 

Nel tempo, il monumento diventa simbolo per eccellenza di eternità e potenza, di civiltà e cultura. Ancora oggi all’attenzione della cronaca internazionale, il Colosseo è presente nell’immaginario collettivo non solo degli italiani: il suo mito continua. 

Alla mostra si accompagna il volume The Colosseum Book e seguirà il catalogo, editi da Electa.

Colosseo. Un’icona 
A cura di Rossella Rea Serena Romano Riccardo Santangeli Valenzani 
Promossa da Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma con Electa 
Periodo 8 marzo 2017 – 7 gennaio 2018 
Organizzazione e catalogo Electa 
Orari 8.30 – 17.00 dal 8 al 15 marzo 8.30 – 17.30 dal 16 al 25 marzo 8.30 – 19.15 dal 26 marzo al 31 agosto 8.30 – 19.00 dal 1 settembre al 30 settembre 8.30 – 18.30 dal 1 al 28 ottobre 8.30 – 16.30 dal 29 ottobre 2017 al 7 febbraio 2018 L’ultimo ingresso si effettua un’ora prima della chiusura del monumento. 
Biglietto Intero € 12,00; ridotto € 7,50 comprensivo delle mostre in corso nell’area archeologica Foro Romano– Palatino–Colosseo. 
Riduzioni e gratuità secondo la normativa vigente. 
Lo stesso biglietto consente l’accesso al Colosseo, al Foro romano e al Palatino. È valido 2 giorni per un solo ingresso al Colosseo e un solo ingresso al Foro Romano–Palatino 
I biglietti sono acquistabili online sul sito www.coopculture.it
Per evitare la fila leggere con smartphone e tablet il QRcode all’ingresso del monumento. 

21/02/17

In mostra a Roma alla Galleria Corsini due meravigliosi e rari quadri di Daniele da Volterra.


Una mostra preziosa, perché rara. 

A cura di Barbara Agosti e Vittoria Romani si presentano alla Galleria Corsini l’Elia nel deserto e la Madonna con il Bambino, san Giovannino e santa Barbara di Daniele da Volterra, l’artista più vicino a Michelangelo nella sua esperienza creativa e umana, del quale si sono conservati pochissimi dipinti. 

I due quadri sono capolavori unanimemente riconosciuti e da più di un secolo appartengono all’antica collezione senese Pannocchieschi d’Elci e sono quindi scarsamente visibili. 

I dipinti furono realizzati a Roma al tempo di papa Paolo III Farnese (1534-1549) e sono il riflesso del determinante impatto che ebbero su Daniele da Volterra il Giudizio finale di Michelangelo e le sue ultime e più drammatiche opere

La mostra è anche l'occasione per visitare uno dei gioielli romani, il Palazzo Corsini alla Lungara,  situato nel rione di Trastevere, proprio di fronte alla Villa Farnesina, e edificato alla fine del XV secolo dai Riario, nipoti di Sisto IV della Rovere.

La Galleria Corsini

Nel XVII secolo il palazzo come è noto fu la residenza di Cristina di Svezia che vi fondò l'Accademia dell'Arcadia (la cui sede è attualmente poco lontano, alle pendici del Gianicolo). 

Fu Ferdinando Fuga a trasformare la piccola villa suburbana dei Riario in una vera e propria reggia, raddoppiando l'estensione della facciata e ovviando alla notevole larghezza con l'aggiunta di dieci lesene giganti, più addensate in corrispondenza dell'asse centrale.

Nel 1856 gran parte dei giardini sul Gianicolo furono uniti alla confinante Villa Doria Pamphilj, mentre nel 1883 il principe Tommaso Corsini vendette al Governo Italiano il palazzo, donando la biblioteca e la galleria ivi custodite

Il palazzo divenne quindi sede degli uffici e della biblioteca della Reale Accademia dei Lincei e della Galleria d'Arte Antica, costituita con l'occasione per accogliere le raccolte Corsini

All'interno del palazzo sono oggi collocate la Galleria Corsini (opere di Beato Angelico, Jacopo Bassano, Caravaggio, Rubens, Jusepe de Ribera ecc.) e la sede dell'Accademia dei Lincei con la relativa Biblioteca dell'Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana. 

Nel giardino ha sede l'Orto botanico di Roma.

DANIELE DA VOLTERRA
I DIPINTI D’ELCI
16 Febbraio 2017 - 07 Maggio 2017
Galleria Corsini
ORARI
Il lunedì; mercoledì-sabato 14.00 – 19.30
Domenica 8.30 – 19.30
La biglietteria chiude alle 19.00

20/02/17

Domenica a Roma : L'Obelisco di Villa Celimontana - Fabrizio Falconi Racconta (Capitolium produzione - 2a puntata) - Youtube.




In questo breve video, oggi vi porto a conoscere l'Obelisco di Villa Celimontana, un piccolo tesoro nascosto, non molto conosciuto. 

"Fabrizio Falconi racconta #Roma": L'Obelisco di Villa Celimontana (Obelisco Capitolino o Matteiano).

Una produzione http://www.capitolivm.it
Blog di Fabrizio Falconi: http://fabriziofalconi.blogspot.it/
Uno speciale ringraziamento a Trastevere App.

19/02/17

Domenica a Roma : L'Obelisco di Villa Celimontana - Fabrizio Falconi Racconta (Capitolium produzione - 2a puntata).




In questo breve video, oggi vi porto a conoscere l'Obelisco di Villa Celimontana, un piccolo tesoro nascosto, non molto conosciuto. 

"Fabrizio Falconi racconta #Roma": L'Obelisco di Villa Celimontana (Obelisco Capitolino o Matteiano).

Una produzione http://www.capitolivm.it
Blog di Fabrizio Falconi: http://fabriziofalconi.blogspot.it/
Uno speciale ringraziamento a Trastevere App.



17/02/17

La morte di Shirley Hazzard. Il prossimo 26 febbraio un Memorial alla New York Society Library.

Shirley Hazzard

Un Memorial Gathering è organizzato, il prossimo 26 febbraio 2017 alla New York Society Library 
per commemorare Shirley Hazzard, la grande scrittrice australiana, naturalizzata statunitense, scomparsa il 12 dicembre scorso. 

Nata a Sydney (Australia) il 30 gennaio 1932, visse e studiò nel municipio locale di Mosman, dove frequentò la Queenwood School for Girls. 
Nel 1947, all'età di sedici anni, lasciò la scuola per viaggiare assieme ai propri genitori per il Sud-est asiatico: soggiornò a Hiroshima (Giappone), a Hong Kong e in Nuova Zelanda. 

Nel dopoguerra, nel 1956, all'età di venticinque anni, si stabilì per lavoro in Italia, precisamente a Napoli, per un anno. 

Nel 1963 sposò lo scrittore e biografo statunitense Francis Steegmuller (1906-1994), ricevendo così la cittadinanza americana. 

Dal 2006 ha vissuto dividendosi tra New York e la residenza estiva di Capri. 

Shirley Hazzard a Roma con amici americani e italiani


La Hazzard, grande, magnifica scrittrice è nota soprattutto per quattro romanzi: The Evening of the Holiday (1966), The Bay of Noon (1970), The Transit of Venus (1980) e The Great Fire (2003), questi ultimi due tradotti da Einaudi con i titoli Il Transito di Venere e Il Grande Fuoco. 

Per il primo dei due, The Transit of Venus ha vinto nel 1980 il National Book Critics Circle Award, un premio comunque di minore importanza rispetto agli altri ricevuti. 

Per il secondo, ha vinto ha vinto il National Book Award nel 2003.

Ho avuto il grande privilegio di essere amico di Shirley, e ho condiviso con lei ricordi indimenticabili di alcuni suoi soggiorni romani.  La foto in testa è il ricordo di una delle meravigliose cene insieme, con diversi amici. 

Qui sotto la foto scattata dall'autore di questo blog, durante una intervista di Robert P. Harrison a Shirley Hazzard, a Roma, nel 2006. 

E' impossibile raccontare la ricchezza umana di Shirley Hazzard e quello che lasciato, per l'importanza del suo lavoro di scrittrice, e per la pienezza di una vita compiuta e vissuta come un'opera d'arte. 

Fabrizio Falconi

Robert P. Harrison intervista Shirley Hazzard per Entitled Opinions, a Roma, 2006



16/02/17

In un sito la storia di "Princesa" di De André, a 20 anni dalla pubblicazione del libro che ispirò la canzone.




La storia di Princesa, il libro omonimo da cui e' stato tratto il celebre brano di apertura dell'album Anime salve di Fabrizio De Andre' e Ivano Fossati, approfondita e raccontata nella sua genesi. 

A vent'anni dalla pubblicazione del romanzo a cui si ispira la canzone, Anna Proto Pisani e Ugo Fracassa hanno creato un sito, http://www.princesa20.it/, in cui si ricostruisce l'origine del testo di Maurizio Jannelli. 

Il prossimo 20 febbraio, all'Universita' di Siena si terra' un seminario organizzato dal Centro Studi 'Fabrizio De Andre" del dipartimento di Scienze storiche e dei beni culturali, in cui Proto Pisani e Fracassa racconteranno la creazione del sito Princesa20. 

 La canzone di De Andre' sintetizza l'intera vicenda dell'omonimo romanzo di Maurizio Jannelli e Fernanda Farias de Albuquerque, detta Princesa (Sensibili alle foglie, 1994)

Princesa e' considerato uno dei primi titoli della cosiddetta "letteratura migrante" in lingua italiana. 

Il libro racconta la storia di vita della transgender brasiliana Fernanda Farias de Albuquerque. Scritto nel carcere romano di Rebibbia, dove Fernanda era detenuta per un tentato omicidio, il volume e' stato pubblicato nel 1994 dalla casa editrice Sensibili alle foglie.

In copertina, due firme: accanto a quella di Farias compare quella di Maurizio Iannelli che, con la prima, ha condiviso la detenzione a Rebibbia ed il lavoro di scrittura. 

All'origine dell'incontro e della narrazione vi e' stato anche un terzo detenuto che ha svolto un ruolo decisivo nel sollecitare il racconto: il pastore sardo Giovanni Tamponi. 

Il libro e' nato dall'oralita' di Fernanda Farias de Albuquerque e dai suoi diari, lettere e note scritte in carcere a partire dalle sollecitazioni di Tamponi e di Iannelli. 

Quest'ultimo ha poi riversato i diari in un dattiloscritto che ha costituito il brogliaccio del testo edito nel 1994; quella "copia iniziale di lavoro" e' ora, per la prima volta, integralmente consultabile nel sito. 

15/02/17

Libri: "Sono stata all'inferno", Il racconto drammatico di una donna e della sua bambina, scampate da Boko Haram.




A mille giorni dal rapimento delle studentesse di Chibok da parte dei miliziani di Boko Haram, la storia coraggiosa di Patience e della sua bambina. 

 Patience ha diciannove anni quando precipita all’inferno.

Un giorno torna a casa, nel suo villaggio in Nigeria, e suo marito è a terra, morto: ucciso dagli uomini di Boko Haram, il gruppo di fondamentalisti islamici che terrorizza da anni quelle terre dell’Africa occidentale. La colpa: essere cristiano. E anche Patience lo è. 

Non passa molto tempo prima che si ritrovi a sua volta rapita da una banda di soldati di Boko Haram, costretta ad affrontare assieme ad altre ragazze le marce forzate, la fatica e la fame, le violenze quotidiane. Con un problema in più: è incinta, e se i suoi torturatori lo scoprono, per lei e per la vita che porta in grembo non ci sarà salvezza. 

Deve fuggire, anche se fuori dal campo di lavoro la attende solo l’incognito di una società prigioniera della paura. E anche se sarà costretta a dare alla luce da sola, in mezzo agli alberi, una figlia che chiamerà Gift. Il Dono.


Nella storia di Patience, narrata in prima persona e raccolta dalla penna sensibile di Andrea C. Hoffmann, risuonano la sofferenza, la tenacia e il coraggio di una moltitudine di donne che combattono e soffrono in troppi terribili scenari del mondo.

Un racconto mozzafiato, una testimonianza unica su una tragedia di cui sappiamo assai poco, un inno alla libertà femminile al di là di ogni etnia, di ogni religione, di ogni distanza geografica, in nome di quel luminoso, irrinunciabile valore assoluto che è la vita.

“Fuori iniziava a fare buio. Nel cortile sentii gli uomini di Boko Haram pregare. Che strano dio è il loro, pensai. Quale dio ordina ai suoi fedeli di uccidere o catturare altri esseri umani?”

Andrea C. Hoffman. È una scrittrice e giornalista tedesca. Ha collaborato con importanti giornali come «Zeit», «Berliner Zeitung», «Focus», e realizzato reportage dai punti più caldi del mondo, come Afghanistan, Iraq, Libano, Siria. In Italia ha pubblicato con Farida Khalaf, La schiava bambina dell’Isis (Piemme, 2016).

14/02/17

Il Nobel Vargas Llosa contro Trump : "gli ispanici reagiscano agli insulti".



Il premio Nobel per la letteratura, Mario Vargas Llosa, ha invitato oggi il mondo ispanico a solidarizzare con i latini degli Stati Uniti e di paesi come il Messico "insultati" dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. 

"Noi, tutte le comunità di lingua spagnola, dovremmo mobilitarci in solidarietà non solo con loro (latinos), ma anche con i paesi che sono chiaramente insultati dal nuovo presidente degli Stati Uniti, come il Messico", ha spiegato lo scrittore peruviano ai giornalisti a Madrid. 

Secondo Vargas Llosa, la comunità ispanica negli Stati Uniti è in una "situazione difficile" dal giorno dell'insediamento di Trump alla Casa bianca, il 20 gennaio

Ma la stessa lingua spagnola è in "pericolo" negli Stati Uniti, "dove ha radici profonde e dove almeno una cinquantina di milioni di lingua spagnola non vogliono rinunciare al loro idioma, adottando l'inglese", ha sottolineato lo scrittore, che in passato aveva già qualificato Trump come un "clown" e un "demagogo".

fonte askanews - afp


13/02/17

Botticelli conquista l'America : una grande mostra in Virginia con una splendida Venere.



Una delle sole due Veneri solitarie di Botticelli, solitamente visibile alla GalleriaSabauda di Torino, e' esposta per la prima volta in Usa nella piu' grande e importante mostra dedicate al maestro negli Stati Uniti, inaugurata oggi al Muscarelle Museum of Art diWilliamsburg, Virginia, dove restera' sino al 7 aprile, prima di approdare al Museum of Fine Arts di Boston

In tutto 16 opere provenienti da musei e chiese italiane che rappresentano ogni fase della sua carriera. 

La mostra, intitolata "Botticelli and the Search for the Divine: Florentine Painting Between the Medici and the Bonfires of the Vanities", comprende anche sei rari dipinti del maestro di Botticelli, Filippo Lippi; alcune opere di Filippino Lippi, figlio di Filippo e studente di Botticelli; un dipinto e una statuetta di bronzo di Antonio Pollaiuolo, nonche' due dipinti di Fra Bartolomeo. 

"Sono toccato - ha detto l'ambasciatore d'Italia negli Stati Uniti Armando Varricchio - dalla meraviglia di questi dipinti, alcuni dei quali sono esposti per la prima volta in questo prestigioso museo che desidero ringraziare per l'eccellente collaborazione con l'Ambasciata d'Italia". 

 "Siamo estremamente orgogliosi di portare in questo Paese una esibizione innovativa di uno dei piu' grandi artisti del mondo", ha osservato Aaron De Groft, direttore del Muscarelle Museum of Art. "La mostra continua una tradizione di importanti esibizioni internazionali, facendo seguito a Michelangelo, Caravaggio e Leonardo da Vinci negli anni recenti", ha aggiunto. 

11/02/17

Scoperta una nuova Grotta vicino a Qumran che custodì i Rotoli del Mar Morto!




L'Università ebraica di Gerusalemme ha annunciato la scoperta di una nuova grotta che avrebbe custodito i celebri Manoscritti o Rotoli del mar Morto, rinvenuti una sessantina di anni fa. 

Risalenti fra il 150 a.C., e il 70 d.C., constano di un migliaio di pergamene, principalmente in ebraico, ma anche in aramaico e in greco fra cui figurano numerosi libri dell'Antico testamento

Costituiscono i più antichi manoscritti conosciuti della Bibbia ebraica. 

 Fino ad oggi gli archeologi avevano stabilito che i manoscritti, ritrovati da un pastore beduino a Nord Ovest del mar Morto fra 1947 e 1956, in prossimità del sito archeologico di Qumran, erano stati depositati in 11 grotte

"La scoperta di una dodicesima grotta potrebbe rivoluzionare le informazioni di cui disponiamo sui Rotoli del mar Morto", ha dichiarato all'Afp Oren Gutfeld, archeologo dell'Istituto di archeologia dell'Università ebraica di Gerusalemme. 

 Situata ad Ovest di Qumran, la grotta non contiene manoscritti ma numerose prove della loro presenza, in particolare frammenti delle giare nei quali erano contenuti e dei lacci di cuoio che li avvolgevano, ha precisato l'archeologo. 

fonte askanews - Afp

10/02/17

La poesia del Venerdì: "Amara è questa notte" di Gian Mario Villalta.






Amara è questa notte
e fuori splende
il buio delle cortecce sulle gronde.

Selva e vento, altrove sempre
ombre morbide circondano la casa
dove è rinchiuso il sonno.

Ama l'amaro,
ama la strada che ha portato fino a qui,
profumata come un sentiero, in salita
all'inizio, e che poi precipita giù nel futuro. 



09/02/17

Henry James: "Una vacanza romana" - (Recensione).




E' un libro molto prezioso, questo pubblicato da Elliot: contiene il resoconto dei viaggi e soggiorni del grande Henry James nell'arco di trent'anni, dal 1872, due anni dopo la breccia di Porta Pia, fino ai primi anni del '900 (James muore nel 1916). 

James, al contrario di Joyce, amò Roma dal primo momento e Roma lo ricambiò con giorni pieni di estasi e di turbamento,  il cui resoconto è in questa pagine. 

Si tratta di sei parti distinte -  Una vacanza romana, Cavalcate romane, I dintorni di Roma, Il fuori stagione a Roma, Da un taccuino romano e Altri dintorni romani - che compongono un senso unitario di formazione e scoperta.  

James gira Roma a piedi durante il carnevale romano, prende alloggio in Via Lata /Via del Corso, esplora le più belle ville - Villa Medici e Villa Ludovisi le sue preferite, insieme a Villa Borghese - le oscure chiese, la monumentale Basilica di San Pietro - in cui torna ogni volta - percorre a cavallo la Via Flaminia fino a Ponte Milvio inoltrandosi fino a Veio, perlustra i dintorni minuziosamente (Ariccia, Albano, Nemi, i Colli Albani, la via Tuscolana), fino a un viaggio in automobile a Subiaco, per scoprire il monastero di San Benedetto. 

Questi scritti facevano già parte del volume Ore italiane (1909). La Roma dei ruderi di campagna, ma anche delle toghe purpuree dei monsignori, dei nuovi quotidiani liberi dalla censura papale e dei pastori con cappelli di paglia lungo le vie, dei monumenti capitolini e della folla sul Corso. 

Accompagnato dai molti amici inglesi o americani che lo scrittore frequentava assiduamente, e insieme a loro anche lo scultore norvegese Hendrik Christian Andersen, James frequenta i salotti nobili della capitale post-papalina di allora, va a teatro all'Apollo - dove nei palchi c'è Margherita, la neo-Regina d'Italia - oppure si mischia alle folle di contadini nella campagna intorno alla città, annotando ogni cosa, ogni percezione, dalla gloria dello spettacolo della natura lussureggiante d'estate alle luci d'inverno, alla parvenza macabra delle rovine e delle chiese spettrali abbandonate o fatiscenti. 

Lo stile di James è quello delle sue narrazioni, condito di humour e di ironia sottilissima, perennemente alla ricerca di definire l'indefinibile, ovvero la natura del fascino suggestivo di quella città eternamente presente ed eternamente sfuggente.

Anche quando torna, 30 anni dopo, l'incanto non è scomparso: Nessuno che abbia mai amato Roma come poteva essere amata in gioventù... vuole smettere di amarla. 

Il libro è oltremodo utilissimo per scoprire le cose che della città si sono tramandate fino a oggi - la sua sciatteria, la sporcizia, il disincanto, la necessità di scoprirla realmente fuori stagione, quando le torme di turisti se ne allontano - e quelle che sono profondamente mutate, anche nell'aspetto esteriore di monumenti, borghi e piazze. 

E di certo al lettore di oggi, appassionato di Roma, sale la nostalgia per quella Roma sparita che a James - e a molti altri - in altri tempi seppe spalancare magnificenze oggi sempre più rare e sempre più assediate dal caos della quotidianità sovrappopolata. 

Impreziosiscono  il volume splendide fotografie in bianco e nero di Franco Mapelli.



08/02/17

Domenica 5 Marzo alle ore 15 visita ai Gioielli del Celio (Santo Stefano Rotondo, Villa Celimontana, Case Romane al Celio...).




Il prossimo Domenica 5 Marzo alle ore 15 condurrò per gli amici e per le persone che vogliono partecipare una visita gratuita alle meraviglie antiche del Celio. 


La camminata a piedi comprenderà: 


- visita alla Chiesa di Santo Stefano Rotondo (al Celio)
- Obelisco Matteiano (egizio) a Villa Celimontana
- piazzale dei Santi Giovanni e Paolo con resti del Tempio del Divo Claudio
- visita delle Case Romane al Celio (qui è previsto biglietto di ingresso, con le tariffe che sono indicate sul sito). 

L'appuntamento è per le ore 15 (puntuali) davanti all'ingresso dell'Ospedale Militare del Celio - dove è presente anche un grande parcheggio. 

Per confermare la vostra presenza basta che mi scriviate qui o sulla pagina Fb o sui mezzi che conoscete. 

Fabrizio



07/02/17

E' morto Tzvetan Todorov.



Il filosofo e antropologo bulgaro naturalizzato francese Tzvetan Todorov, allievo di Roland Barthes, e' morto nella notte a Parigi.

Aveva 78 anni.

Era nato in Bulgaria nel marzo 1939.

Lo ha annunciato il suo agente francese a tutti gli editori internazionali.

In Italia l'ultimo suo libro 'Resistenti' era uscito per Garzanti nel 2016.

E dal 9 febbraio, annuncia la casa editrice, era previsto il ritorno in libreria, in edizione economica, di uno dei suoi saggi piu' noti, 'Il caso Rembrandt'.

Fonte: ANSA

Va all'asta "La corde sensible" di Magritte da Christie's per 14 milioni di sterline.


"La corde sensible", un dipinto di grandi dimensioni di Rene' Magritte, verra' venduto all'asta da Christie's di Londra da un prezzo base di 14 milioni di sterline (16,3 milioni di euro)

 Il quadro, che ritrae un paesaggio con montagne sullo sfondo, su cui torreggia una gigantesca coppa da campagne che contiene a sua volta una nuvola, fu dipinto nel 1960 dal grande maestro surrealista belga, che lo ha poi regalato alla moglie

Dal 1990 fa parte della collezione privata di un belga. 

Sara' esposto al pubblico da Christie's il 23 febbraio e sara' poi battuto all'asta il 28. 

fonte: ANSA-AP

06/02/17

"C'è una profonda congruenza tra ragione e struttura dell'Universo." Una intervista a J.M.Coetzee (di Piergiorgio Odifreddi).


J.M.Coetzee

Ripropongo questa intervista realizzata da Piergiorgio Odifreddi a J.M. Coetzee nel 2004 a Mantova, una delle rarissime interviste rilasciate da colui che è considerato uno dei più grandi scrittori viventi.
Secondo Nadine Gordimer, premio Nobel per la letteratura nel 1991, John Coetzee è il più rappresentativo scrittore sudafricano vivente. Ma la connotazione geografica non è certamente l'aspetto più significativo delle opere del premio Nobel per la letteratura nel 2003: il quale, fra l'altro, dopo aver lavorato qualche anno in Inghilterra, e insegnato a lungo negli Stati Uniti, vive ora in Australia.

Le sue opere più profonde, infatti, sondano le dimensioni dell'angoscia in una serie di narrazioni strazianti che, spesso, mettono in scena in prima persona personaggi femminili. Dopo una serie di romanzi straordinari, come Terre al crepuscolo (1974), Deserto (1977), Aspettando i barbari (1980), La vita e il tempo di Michael K. (1983), Età di ferro (1990), Il maestro di Pietroburgo (1994) e Vergogna (1999), e i due racconti autobiografici Infanzia (1997) e Gioventù (2002), Coetzee ha recentemente inventato un nuovo genere: le conferenze-racconto di La vita degli animali (1999) e Elizabeth Costello (2003).

L'abbiamo incontrato l'11 settembre 2004 al Festival di Letteratura di Mantova, per parlare con lui dei suoi studi matematici e dei suoi esordi da informatico. 

Lei si è laureato sia in letteratura che in matematica: interessi contradditori o complementari? 
Interessi che non hanno interagito fruttuosamente fra loro. Guardando indietro, ora penso che avrei dovuto studiare filosofia, lingue moderne, o addirittura lingue classiche, invece che matematica, visto che poi ho comunque dovuto farlo in seguito. 


Che cosa l'attraeva di più, nella matematica? 
Agli inizi la teoria dei numeri. In seguito, la probabilità. 

Continua a interessarsene anche ora? 
No, non mi sono più aggiornato sugli sviluppi contemporanei. 

Lei è stato addirittura un programmatore informatico, per tre o quattro anni. 
Sí, in Inghilterra, prima di iniziare il dottorato in letteratura negli Stati Uniti. 

Cosa faceva? 
Dapprima ho lavorato in una ditta che accettava lavori di programmazione su commissione. Poi con un gruppo che faceva programmazione di sistemi. 

E le piaceva? 
Non posso dire che fosse un lavoro creativo, ma era coinvolgente: allo stesso modo in cui possono esserlo gli scacchi. C'erano periodi in cui lavoravo con intensa concentrazione, fino a sedici ore al giorno. Ora penso a quegli anni come persi: avrei potuto spendere quelle infuocate energie mentali su qualcosa di più importante che la programmazione. Tra l'altro, si trattava di programmi che comunque diventavano obsoleti in un paio d'anni, superati dai nuovi sviluppi dell'informatica. 

Che cosa le ha comunque lasciato questo suo background, nel suo lavoro di scrittore? 
Mi ha insegnato a concentrarmi. E mi ha abituato a completare per bene una costruzione in ogni dettaglio, non solo qui e là. 

In Gioventù lei dice che "la poesia è verità''. Come paragonerebbe la verità matematica a quella di un'opera d'arte? 
Gioventù è il racconto di un giovane: oggi non direi più niente di cosí romantico. Comunque, le verità matematiche sono analitiche, e già implicite negli assiomi: come poi accada che esse abbiano poteri descrittivi e predittivi sul mondo reale, è qualcosa che non posso dire di capire. Le verità della poesia, e più generale dell'arte, se ci sono, sono invece verità empiriche: più precisamente, sul modo in cui noi, come esseri animati, sperimentiamo il mondo. 

Gioventù tocca anche il problema delle relazioni tra pensiero intuitivo da un lato, e meccanico o formale dall'altro. Ci può essere creatività e bellezza anche in quest'ultimo? Penso, ad esempio, alle opere di Bach o Perec.
 
Non credo che si possa instaurare un valido paragone tra le forme di pensiero che occorrono in musica o in letteratura, anche quando sono di natura relativamente formale, come negli esempi che lei cita, e i processi di ragionamento "meccanico'', del tipo di quelli a cui obbedisce un programma di computer. Se paragoniamo un musicista creativo come Bach con uno relativamente non creativo come Telemann, la differenza che ci colpisce è proprio che Bach trascende sempre il formale, in modi assolutamente non prevedibili, mentre Telemann rimane in genere invischiato nel formalismo. 

In Gioventù lei solleva il problema se la logica sia un'invenzione umana, e in Elizabeth Costello fa lo stesso per la nozione di infinito e, più in generale, per la matematica. Logica e matematica possono essere considerate tipi di creazioni artistiche, come la letteratura e la musica? 
Non saprei cosa pensare, a questo proposito. Logica e matematica sono certamente creazioni della ragione umana, ma la storia della matematica mostra che ciò che al momento può essere visto come un atto di libera creazione, in seguito può avere applicazioni nel mondo reale. In altre parole, sembra esserci una profonda congruenza tra le facoltà della ragione e la struttura dell'universo. 

E questo cosa significa? 
Non lo so. A meno di postulare un creatore la cui essenza sia il logos

In Elizabeth Costello l'omonima protagonista dice che la sua professione è scrivere, non credere. E' veramente possibile realizzare costruzioni intellettuali senza possedere forti credenze? Non penso a una religione, ma a una visione del mondo o una metafisica. 
Ci sono almeno tanti tipi di scrittori quanti ce ne sono di matematici, se non di più. Naturalmente molti scrittori si basano su forti credenze, ma per altri la cosa più importante è essere ricettivi: si potrebbe usare qui la metafora dell'arpa eolica, le cui corde vibrano al vento. Questi scrittori credono di essere stati "dotati'' di una facoltà, che rischia di essere intralciata o impedita se essi permettono alle proprie vite di essere dominate da forti convinzioni intellettuali. 

In Che cos'è un classico lei discute musica e letteratura, ma non la matematica. Non è strano, visto che essa è in fondo il migliore esempio di qualcosa che parla attraverso i tempi e le nazioni? 
A parte una piccola minoranza di casi, le dimostrazioni dei teoremi matematici non parlano affatto attraverso i tempi: in questo senso, sono diverse non soltanto dai testi letterari o musicali, ma anche da quelli filosofici. Detto approssimativamente, non c'è niente che si possa chiamare "stile individuale'', in matematica: in ogni tempo, e in ogni campo, sembra esserci un approccio uniforme riguardo al tipo di domande che bisogna porre, e di risposte che bisogna dare. 

A me sembra che l'oggettività della matematica riguardi soltanto i risultati, che si scoprono, e non la soggettività delle loro dimostrazioni, che si inventano. Non solo Ramanujan, che lei cita in La vita degli animali, ma tutti i grandi matematici sembrano avere uno stile definito e riconoscibile. Basta ricordare l'episodio in cui Johann Bernoulli, vista la soluzione di un problema che Newton gli aveva mandato anonimamente, esclamò: "Riconosco il leone dalla zampata''. 
Allora forse devo ritrattare la mia precedente risposta. 

A proposito de La vita degli animali, Elizabeth Costello traccia una connessione fra il genocidio degli ebrei e degli animali. Cosa risponderebbe, a chi le obiettasse che Hitler era vegetariano? 
Che il fatto che una particolare persona sia o sia stata vegetariana, non ha nessuna importanza. 

E all'osservazione che il 90% dell'agricoltura mondiale è dedicata alla produzione di mangime per animali? 
Che dedicare cosí tanto del potenziale agricolo mondiale a produrre cibo per nutrire animali, affinchè i ricchi possano mangiare tanta carne quanto desiderano, è moralmente vergognoso. 

In La vita degli animali lei cita l'articolo di Nagel su "cosa significa essere un pipistrello'', e in Vergogna solleva la questione se un uomo possa mettersi nei panni di una donna. Quali sono i limiti dell'identificazione negli altri (animali, persone, alieni, macchine pensanti)? 
In parte non si può rispondere alla domanda: ad esempio, nel caso degli animali, coi quali non condividiamo un linguaggio. Per quanto riguarda uomini e donne, invece, ci sono scrittrici che, a mio parere, capiscono perfettamente l'esperienza maschile. E ho tutti i motivi di credere che ci siano scrittori che capiscono bene l'esperienza femminile ... 

Parlando di identificazione con gli altri, qual è il prezzo psicologico che uno scrittore deve pagare per inventare personaggi angosciati e angoscianti come quelli di Aspettando i barbariLa vita e il tempo di Michael K. o Vergogna? 
Nessun prezzo. 

A proposito di quei romanzi, come mai presentano uomini sulla cinquantina come avviati alla decadenza fisica? Mi sembra un po' prematuro, forse perchè io ho esattamente la loro età ... 
Quando ho scritto Aspettando i barbari ero sulla trentina, e quell'età mi sembrava lontana. Ma rimane il fatto che gli uomini sulla cinquantina non sono attraenti per le giovani donne che loro invece trovano cosí attraenti. 

Allora ho qualche motivo di credere che ci siano matematici che non capiscono bene l'esperienza femminile ...


Piergiorgio Odifreddi