30/04/17

Poesia della domenica - "Egli desidera il tessuto del cielo" di William Butler Yeats.




Egli desidera il tessuto del cielo
Se avessi il drappo ricamato del cielo,
intessuto dell’oro e dell’argento e della luce,
i drappi dai colori chiari e scuri
del giorno e della notte
dai mezzi colori dell’alba e del tramonto,
stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:
invece, essendo povero, ho soltanto sogni;
e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
cammina leggera perché
cammini sopra i miei sogni.

He Wishes For the Cloths of Heaven
HAD I the heavens’ embroidered cloths,
Enwrought with golden and silver light,
The blue and the dim and the dark cloths
Of night and light and the half light,
I would spread the cloths under your feet:
But I, being poor, have only my dreams;
I have spread my dreams under your feet;
Tread softly because you tread on my dreams.



W.B. Yeats (1865–1939)
from the Collected Works of W.B. Yeats

29/04/17

La "Casa di Fiammetta" a Roma e le tombe delle prostitute.



La Casa di Fiammetta e le tombe delle prostitute.

Proprio alle spalle di Piazza Navona, all’angolo tra Piazza Fiammetta e via degli Acquasparta, si trova la celebre Casa di Fiammetta, quella cioè che la tradizione popolare associa a residenza di una celebre cortigiana fiorentina, Fiammetta Michaelis, vissuta a Roma nel Quattrocento.

Si tratta di un palazzetto medievale – a Roma non ne esistono molti -  sormontato da un torrione e sopravanzato da una loggia a tre archi, che fu nel corso dei secoli più volte rifatto fino agli inizi del Novecento quando fu acquistato dalla famiglia Bennicelli che gli conferì l’aspetto attuale.

Il Palazzo e la Piazza omonima, dunque, non hanno nulla a che fare con la Fiammetta (in realtà Giovanna) che era la figlia di Roberto d’Angiò, re di Napoli, che fu amata da Boccaccio, ma con la giovane e bellissima cortigiana di cui si occupò perfino Pietro l’Aretino nei suoi Ragionamenti.

Secondo studi più accurati sembra anche che la vera Fiammetta Michaelis non abbia abitato nella Piazza che porta il suo nome: questa casa però frequentò sicuramente e qui ricevette i suoi numerosi amanti, tra i quali quel brutale e potente Cesare Borgia, condottiero, cardinale e arcivescovo,  figlio di Alessandro VI, chiamato il Valentino perché investito da Luigi XII del titolo di Duca di Valentinois.


Ma il tracotante rampollo della famiglia Borgia era soltanto uno dei molti amanti ricevuti dalla bellissima donna, che alla sua morte, avvenuta il 19 febbraio del 1512, fu comunque omaggiata da tutta Roma anche per la fedeltà con cui si occupò di suo figlio illegittimo, Andrea, al quale con un espediente – riconoscendolo cioè come fratello e non come figlio – riuscì a lasciare in eredità due prestigiose case, quella in Via dei Coronari e quella nei pressi del Vaticano, con una estesa vigna, che le era stata donata da uno dei suoi amanti, Giacomo Ammannati Piccolomini, detto il Papiense, cardinale ed umanista.

Meriti che gli valsero di essere seppellita – nonostante il suo mestiere equivoco – nella Chiesa di Sant’Agostino, nella Cappella di Santa Monica (dove si venera anche il corpo della madre di Sant’Agostino, morta ad Ostia nel 387 d.C.) insieme ad altre celebri prostitute, le cosiddette onorate puttane, che godendo di alte protezioni e della rispettabilità popolare, potevano avere sepoltura ecclesiastica: tra di loro, Giulia Campana, Tullia d’Aragona e la giovane sorella di lei, Penelope e naturalmente anche Fiammetta, che  nel documento testamentario si firmò come Fiammetta del Duca di Valentino, un titolo che evidentemente la metteva e la mise al riparo da qualsiasi fastidio o compromissione.

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. Tratto da Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di RomaNewton Compton Editore

27/04/17

La Materia Oscura esiste veramente. Un nuovo studio della Università di Durham.




La materia oscura esiste. Almeno nella versione `tascabile` dell`Universo riprodotto dentro a un computer: è quanto afferma un team di ricercatori guidati dall`Università di Durham, che, come riporta il sito dell'Agenzia spaziale italiana, grazie alle simulazioni ha trovato una prova dell`esistenza della signora dell`oscurità. 

La dark matter, ineffabile componente del cosmo che secondo recenti stime costituirebbe oltre l`80% della massa presente nell'Universo, resta uno dei più grandi misteri della scienza moderna

La maggioranza degli astronomi è oggi convinta della sua esistenza, eppure neanche le tecnologie più avanzate hanno permesso fino ad ora di osservarla

Per questo da tempo gli scienziati si stanno concentrando su metodi indiretti per ricostruire il possibile identikit della materia oscura, in modo da cercare di capire qualcosa di più sulla sua natura e la sua misteriosa composizione. 

Uno dei metodi più efficaci è quello che unisce dati osservativi e simulazioni al computer: riprodurre `virtualmente` porzioni di Universo a partire dalle informazioni disponibili permette di elaborare modelli simulativi da cui estrarre previsioni realistiche sull`evoluzione del cosmo

 Il nuovo studio dell`Università di Durham si muove esattamente in questo terreno. 

Utilizzando tecniche avanzate di simulazione computazionale, il team di ricerca ha ricostruito il processo di formazione delle galassie tenendo conto della presenza della materia oscura. 

E così miliardi di anni di evoluzione sono stati compressi in poche settimane, riproducendo in potentissimi supercomputer le complesse relazioni esistenti tra la massa, la dimensione e la luminosità delle galassie. 

I risultati, pubblicati su PhysicalReview Letters, mostrano che la dimensione e la velocità di rotazione delle galassie simulate erano collegate alla loro luminosità in un modo simile alle osservazioni reali fatte dagli astronomi. 

In altri termini, il micro-Universo virtuale si comportava in modo del tutto coerente con le informazioni disponibili sull`Universo reale. 

Il che, secondo gli autori dell`articolo, è un`ulteriore prova indiretta dell`esistenza della materia oscura. 

 "Questo risolve un antico problema che ha messo in difficoltà i modelli della materia oscura per oltre un decennio - commenta Aaron Ludlow, leader dello studio. - L`ipotesi dell`esistenza della materia oscura resta la migliore spiegazione per i fenomeni gravitazionali che tengono insieme le galassie. Per questo, anche se le sue particelle sono molto difficili da rilevare, la fisica deve insistere".

26/04/17

Riapre il Castello di Santa Severa. Dal 12 maggio, un centro permanente per la Lettura e i Libri.






"Amo il Castello di Santa Severa, come tutti i cittadini che l'hanno visto, magari soltanto da fuori, perchè per anni è stato praticabile, visibile e godibile soltanto a tratti, per brevi periodi di tempo. E' un luogo incantevole che unisce cultura e natura, un castello sfiorato dal mare, benedetto dalla musica ininterrotta della risacca, ricco di giardini e cortili, di una cappella affrescata e torrette e saloni e scavi archeologici..." 

Lo dichiara in una nota Lidia Ravera, assessore alla Cultura e Politiche giovanili della Regione Lazio.

"E' bello sapere - aggiunge Ravera - che sarà a disposizione dei cittadini e dei turisti e dei viaggiatori. Sempre. Il 12 maggio, insieme al Centro per il Libro, incominceremo a riempire questo spazio affascinante di bambini e ragazzi e attori e personalità del mondo dello spettacolo, per il primo "Festival della lettura ad alta voce". 

 Ogni capoluogo della Regione Lazio ha selezionato, fra 350 studenti delle medie inferiori e superiori e alunni delle elementari, i più bravi a leggere "forte", alcune belle pagine di tre romanzi, due classici e un contemporaneo. 

Sono 30 i prescelti, tutti fra gli 8 e i sedici anni. Si affronteranno in 15 coppie. I vincitori riceveranno 10 libri, per incominciare a costruirsi una libreria. 

Padrino della manifestazione e presidente della giuria: l'attore Pietro Sermonti, Allenatore dei ragazzi alla recitazione, il regista Roberto Gandini. Il Castello di Santa Severa, così maestoso, così carico di storia, sarà attraversato dalle parole della lettura e dalla creatività dei più giovani. Tornerà a vivere".

Il Castello di Santa Severa è una delle più importanti aree di interesse storico archeologico sulla costa tirrenica a nord di Roma

Esso sorge sul sito di Pyrgi, la città portuale collegata all’antica Caere, attuale Cerveteri fondata tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C. nell’area dove oggi sorge il Castello di Santa Severa

La città etrusca di Pyrgi si sviluppava tutto intorno al porto per una estensione di circa 10 ettari, comprendente oltre all’area oggi occupata dal borgo castellano anche l’ area del santuario situato all’estremità meridionale (oggetto di scavo da parte dell’Istituto di Etruscologia dell’Università la Sapienza di Roma ormai da più di cinquant’anni). 

 Durante il corso del III secolo a.C. con la romanizzazione del territorio costiero, su parte dell’abitato etrusco venne fondato il castrum romano di Pyrgi, circondato da possenti mura in opera poligonale

Il sito fu probabilmente abitato senza interruzioni fino alla tarda antichità (IV – V sec. d.C.) ed è proprio grazie alla continuità di vita sui resti del castrum romano che in epoca medievale si formò il borgo conosciuto come Castellum Sanctae Severae

 Il Castello vero e proprio venne costruito nel XIV secolo ed il borgo si formò man mano con varie fasi di edificazione nel corso del XV – XVI secolo

Nel corso dei secoli la proprietà del Castello passò attraverso vari proprietari finché nel 1482 divenne un possedimento dell' Ordine del Santo Spirito che ne fu proprietario per ben cinquecento anni, fino al 1980

Oggi la proprietà del complesso monumentale appartiene alla Regione Lazio che ne ha affidato la gestione al Comune di Santa Marinella.


fonte askanews e provincia di Roma

25/04/17

E' morto negli USA Robert M. Pirsig, l'autore geniale de "Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta".



Una perdita dolorosa per il mondo della Letteratura:  E' morto all'eta' di 88 anni lo scrittore e filosofo statunitense Robert M. Pirsig, autore del romanzo filosofico bestseller 'Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta' (1974)

Lo rende noto la sua casa editrice, la William Morrow and Company. 

Pirsig era da tempo malato ed e' deceduto ieri nella sua casa di South Berwick, nel Maine.

fonte ANSA - AP

Per ricordare questo scrittore così particolare, quest'uomo così spirituale, riporto qui il mio articolo pubblicato qualche mese in occasione della ristampa del suo celebre romanzo: 



Ci sono libri che ti ronzano dietro per 30 anni e alla fine scelgono loro quando è il momento.

Così è stato con Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta.  

Sono arrivato in ritardo, perché questo fu il libro di una generazione e 30 anni fa, tutti dovevano averlo letto. 

Leggerlo oggi è perfino blasé. 

Forse in Italia.  Questo libro, infatti si è conquistato stabilmente un posto nella letteratura contemporanea e le sue vicende sono curiose e per molti versi inspiegabili (a cominciare dal misterioso motivo per cui questo libro toccò subito il cuore di una massa enorme di persone, pur essendo un libro difficile, con interi capitoli e pagine di pura speculazione tecnica filosofica). 

A partire dalla sua pubblicazione. Come forse qualcuno sa, è quasi incredibile la storia editoriale del libro: il manoscritto inviato dal suo autore Robert M. Pirsig, fu infatti respinto nel corso di 4 anni da 121 diversi editori. 

Pubblicato dal piccolo editore William Morrow nel 1974 con un anticipo pagato all'autore di 3.000 dollari, stampato in quell'anno, ottenne un successo immediato di proporzioni mondiali, continuamente ristampato, con più di 5.000.000 di copie vendute in tutti i paesi del mondo. 

William Morrow, dopo aver letto il manoscritto, telefonò a Pirsig e gli comunicò che intendeva pubblicare quello strano libro perché "lo aveva costretto a chiedersi perché facesse l'editore. Era molto scettico sull'esito di vendite: "questi sono i primi e gli ultimi soldi che ti procureranno i tuoi libri," disse a Pirsig.  Non andò così.

Come è noto, l'autore Pirsig, compì il viaggio descritto, da Est a Ovest, attraverso gli Stati Uniti nel turbolento 1968. Questa foto ritrae il primo giorno di viaggio insieme al figlio Chris nel North Dakota.




Quest'altra foto del viaggio invece, scattata dallo stesso Pirsig, ritrae Chris e gli amici John e Sylvia, più le due moto, protagoniste del lungo viaggio (in realtà i due amici lasciano l'impresa a metà del libro).  

                                 

Questa invece è la piantina dettagliata del viaggio. 



Ma quello che conta nel libro non è il viaggio (o comunque non solo quello) e nemmeno i riferimenti allo Zen che sono del tutto secondari, o alla manutenzione della motocicletta che è soltanto la metafora di quel cammino interiore che riguarda tutti, prima o poi nella vita. 

Il libro non ha  nemmeno una qualità letteraria particolare. Ci sono romanzi stilisticamente molto più importanti di questo, in quello scorcio di Novecento. 

E' un libro importante per altri motivi

Ci sono libri infatti libri così, di tanto in tanto, che sono come meteore, oggetti strani. Che appaiono nel cielo per motivi imperscrutabili. 

Leggendolo, ho capito perché.

Quel che appassiona è la storia umana del libro. E' struggente scoprire che Chris, il ragazzino del libro, il figlio di Pirsig, che accompagna il padre in questo lungo viaggio  a tratti crudele e folle, e ne è in fondo il vero protagonista, sia stato ammazzato durante una rapina, a San Francisco, in modo assurdo appena 4 anni dopo l'uscita e il successo mondiale del libro.

Lo racconta drammaticamente Pirsig nella postfazione al libro e le cronache di allora ne riferirono abbondantemente. 

Forse è anche per questo che il libro ha avuto questo destino singolare. 

Perché il suo spirito, lo spirito di questo libro, è legato a quello di persone vive che hanno lottato con la follia, con la consapevolezza e con l'insensatezza: il cammino che tutti sfioriamo ogni giorno nella vita, e che da ogni padre si trasmette ad ogni figlio, da ogni generazione ad ogni generazione, il compito della vita: quello di districarsi nelle trappole dell'entusiasmo, attraversare le ombre, riconoscere la Qualità delle cose (che preesiste alle cose, il vero tema del libro) e attraverso questo dare un senso. 

Si tratta anche di un aspro confronto tra due modi (platonico e aristotelico, in definitiva), di interpretare il mondo. Scrive Pirsig:

All'intelligenza classica interessano i principi che determinano la separazione e l'interrelazione dei mucchi (di sabbia), i nessi, le cause gli effetti, i torti le ragioni, le conseguenze, gli errori, le responsabilità le mancanze gli arbitrii i bisogni, l'intelligenza romantica si rivolge alla manciata di sabbia ancora intatta (guarda cioè all'essenza, a quello che le cose sono). Sono entrambi modi validi di considerare il mondo, ma sono inconciliabili. 

In fondo da questa dicotomia dipende anche il risultato che lo Zen induce nel lettore di turno. Chi è dotato di prevalente intelligenza classica, sarà portato a valutare il libro come un tentativo pretestuoso di dare nome all'innominabile; viceversa, chi dispone di intelligenza romantica sarà portato a entrare senza indugio nella disputa filosofica pazzoide di Pirsig con tutte le scarpe e a lasciarsi travolgere dal vissuto del legame di vita drammatico e unico che si ripete in ogni passaggio generazionale. 

Comunque la si pensi e comunque lo si senta, il libro eccolo qua: che gira ancora il mondo (nell'anno di grazia 2014) e porta il suo... disegno ancora lontano, come appunto una cometa. 

Fabrizio Falconi

24/04/17

Liberazione: ricordiamo l'incredibile figura di Irene Sendler.



Nella prossimità dell'anniversario della Liberazione, rendiamo omaggio a una delle figure più grandi (e per molto tempo misconosciute) della resistenza europea al Nazifascismo: Irena Sendler (Varsavia, 15 febbraio 1910 – Varsavia, 12 maggio 2008).

Irene  è stata una infermiera e assistente sociale polacca, che collaborò con la Resistenza nella Polonia occupata durante la Seconda guerra mondiale. 

Durante la seconda guerra mondiale, Irena, ha ottenuto il permesso di lavorare nel ghetto di Varsavia, come Idraulica specialista

Era al corrente dei piani che i nazisti avevano per gli ebrei (essendo tedesca). 

Irena portò in salvo migliaia di neonati nascondendoli nel fondo della sua cassetta degli attrezzi che portava nel retro del suo camion. I bambini più grandi li nascondeva in un sacco di iuta.



21/04/17

Stasera straordinario concerto per celebrare Kentridge e il suo fregio "Triumphs and Laments".


un anno dall’inaugurazione del grande fregio “Triumphs and Laments” a Piazza Tevere, alla presenza dell’artista, proprio ai piedi di questa opera straordinaria, Roma Capitale, il Teatro dell’Opera di Roma e Tevereterno Onlus – l’associazione che ha promosso il fregio e il concerto - dedicheranno un “Tributo a William Kentridge” con un concerto del Coro del Teatro dell’Opera di Roma. Vi prenderanno parte, oltre agli ottantacinque artisti del Coro, due pianoforti e cinque percussioni, diretti dal maestro Roberto Gabbiani, con la partecipazione del soprano Roberta Mantegna e del baritono Timofei Baranov componenti del progetto “Fabbrica Young Artist Program” del Teatro dell’Opera di Roma.

Il godimento dell’arte è un diritto di tutti. Per questo Roma Capitale, grazie all’intervento della Sovraintendenza Capitolina ai Beni Culturali, ha potuto restituire alla cittadinanza e ai turisti la bellezza dell’opera rimuovendo le scritte vandaliche che ne avevano deturpato il fregio.

Anche grazie al sostegno di Acea S.p.A. alla cittadinanza romana verrà offerto un evento musicale con questo programma:
  • Cantata per Soprano e coro, dal secondo atto della Tosca di Giacomo Puccini;
  • Te Deum per Baritono e coro dal primo atto della Tosca di Giacomo Puccini
  • Carmina Burana di Carl Orff nella versione per solisti, coro, due pianoforti e percussioni.
La performance durerà circa 80 minuti e fa parte delle celebrazioni per il Natale di Roma.

Questa iniziativa si inserisce nell’ambito del progetto di riqualificazione del Tevere attraverso eventi artistici di rilevanza internazionale promosso da Tevereterno Onlus (con il sostegno determinante dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma), all’interno della rassegna “Racconti di Trionfi e Lamenti” che vedrà a Piazza Tevere anche i racconti di Claudio Strinati (il 25 aprile alle 18:00) e di Fulco Pratesi (il 7 maggio alle 18:00).

Solo alcune settimane fa la Giunta Capitolina ha approvato l’istituzione dell’Ufficio Speciale Tevere con l’obiettivo di valorizzare sotto il profilo storico-ambientale il fiume Tevere nel suo tratto urbano attraverso attività di manutenzione, sviluppo e tutela delle acque e delle aree spondali.
  
Il fregio di William Kentridge racconta mirabilmente la storia di Roma selezionando dall’immenso serbatoio che essa contiene una serie di episodi significativi, tenuti assieme dal filo conduttore di “trionfi e lamenti”, che la connotano rispetto ad alcuni temi sensibili cari all’autore. Tra questi il tema delle grandi migrazioni del Mediterraneo presenti sin dall’antichità, le esondazioni fluviali, il racconto italiano di Fellini e la città di Roma, le periferie e Pasolini, il cinema con il suo cinematismo e i suoi simboli italiani, ecc. Noti intellettuali di discipline diverse racconteranno momenti e temi della storia di Roma traendo spunto dalle figure del fregio, dall’antichità all’attualità dei giorni nostri, fino cioè alla Grande Guerra, all’uccisione di Aldo Moro o di Pasolini, agli sbarchi di profughi a Lampedusa.


21 Aprile - Roma compie 2770 anni ! Tutte le iniziative oggi in città.




La citta' festeggia il Natale di Roma numero 2270 tra letture, concerti, mostre e rievocazioni storiche con un calendario di 44 appuntamenti con visite guidate e laboratori nei musei e sul territorio. 

Lo comunica il Campidoglio. "Quattro giorni di iniziative che coinvolgeranno la Capitale dal 20 al 23 aprile e che prevedono un regalo speciale per la giornata del 21 aprile: l'accesso gratuito per tutti, residenti e non, ai musei civici della citta' e alle aree archeologiche di pertinenza di Roma Capitale ad esclusione del Planetario, dello spazio espositivo dell'Ara Pacis e del nuovo spazio espositivo del Museo di Roma". 

 "Un ricco programma di eventi che iniziato ieri  giovedi' 20 aprile con la maratona di lettura dei sonetti di Belli, dalle 16 alle 19 nella Sala della Protomoteca a cura della Sovrintendenza Capitolina con l'Archivio Storico Capitolino e il Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli. 

Il cuore delle celebrazioni è oggi, venerdi' 21 aprile. 

La giornata si apre alle 9 in Campidoglio, nella Sala della Protomoteca, con il seminario internazionale di studi storici 'Da Roma alla terza Roma' sul tema 'Le citta' dell'Impero da Roma a Costantinopoli a Mosca. Fondazione e organizzazione, capitale e province'. 

 Alle 12 in Piazza del Campidoglio ci sara' il concerto della Banda Musicale del Corpo della Polizia Locale di Roma Capitale in divisa storica che fara' da contrappunto a una serie di concerti delle bande dei corpi militari che avranno luogo in diversi municipi della citta'.

"Un Natale di Roma speciale tra le oltre mille varietà di rose botaniche, antiche e moderne provenienti da tutto il mondo. Da oggi 21 aprile, riapre al pubblico il Roseto comunale, lo splendido spazio ai piedi dell'Aventino. L'ingresso è libero e le visite guidate al seguito dei tecnici del Roseto sono gratuite", annuncia Pinuccia Montanari, assessora alla Sostenibilità Ambientale di Roma Capitale.

Fino al 18 giugno, tutti i giorni dalle 8.30 alle 19:30 comprese le domeniche e i festivi, si potrà ammirare una delle più prestigiose collezioni botaniche di rose, che permette di ripercorrere la storia e l'evoluzione della rosa dall'antichità ai giorni nostri.


20/04/17

La fine di ogni prospettiva ultramondana - La vita come "gara" individuale.




Qualcosa è successo, nel breve volgere di decenni, alla vita.

Eliminata, tolta di mezzo ogni prospettiva ultramondana (Dio è morto) - anche se dal punto di vista delle pure acquisizioni scientifiche nulla conforta per ora questa ipotesi, ma gli uomini hanno deciso o sentono comunque, che è la stessa cosa, così - gli esseri umani sono rimasti soli con la loro terrestritudine

Se la vita è un orizzonte finito, circoscritto dalla pura morte biologica, l'unico possibile senso dell'esistenza è allora il godimento, cioè l'appagamento dei desideri, quelli del corpo e quelli psichici, che non sempre coincidono, fin tanto che si è in vita. 

Perché se è vero che la vita occupa una porzione di tempo finito - e forse a maggior ragione - è sperabile riempire questo tempo di sensazioni ed esperienze positive, confortanti, soddisfacenti piuttosto che spenderla in fatiche o sacrifici, i quali per definizione estendono il loro significato, il loro senso, in una prospettiva futura

Ecco allora che la vita contemporanea sembra esser diventata una gara individuale - giacché l'ottica dei consumi ci vuole sostanzialmente individuali e individualisti - ad accumulare godimenti personali, i quali oggi possono essere assicurati dal progresso tecnologico, dalla libertà dei costumi, dal principio di autodeterminazione, solennemente sancito da ogni carta dei diritti evoluta. 

Il contrappasso di questo possibile eden, è però sotto gli occhi di tutti: la gara a cui ciascuno di noi è chiamato, non è una gara aperta a tutti. I meccanismi economici, le sperequazioni tra parti di mondo ricche e parti di mondo povere (spesso convivono queste porzioni braccio a braccio, porta a porta, in microrealtà urbane e non urbane), non rendono la gara uguale per tutti

Anzi, mano a mano che il progresso si espande e che le promesse degli slogan blandiscono i sogni di tutti, le condizioni diventano sempre più diseguali

Per godere dei beni terreni, per appagare i desideri, occorrono condizioni che non tutti hanno e che non tutti hanno nello stesso modo.  

La maggior parte delle persone, nel mondo della terrestritudine, sostanzialmente guarda gli altri, guarda qualcun altro godere.  Cercando di accontentarsi di ciò che può riservargli la sua scala di valori. 

Ma il confronto, in un mondo dove tutto è (sempre) in mostra, è sempre meno sopportabile.

Per questo la cifra contemporanea più eloquente sembra essere quella della frustrazione.

La frustrazione infatti è un desiderio non esaudito. Che non può essere esaudito perché mancano le condizioni oggettive e soggettive per farlo. 

Il mondo della terrestritudine appare sempre di più come un popolo di frustrati (chiamati ad esibire piccoli godimenti che non possono stare al passo con la concorrenza alta e con l'asticella continuamente alzata dalle necessità dei consumi). 

Nel gioco delle perle di vetro del soddisfacimento individuale è sempre più ardua la scelta dell'unica via di fuga che garantirebbe orizzonti diversi: l'autocentratura, il rifiuto della gara, l'estraneamento, la ricerca di nuovi e più profondi e ancestrali godimenti, che sono quelli della vita vera, del contatto con la natura (biofilia), del riconoscimento delle sofferenze autentiche (e non delle nevrosi), della priorità dei rapporti, dell'ascolto di se stessi (in funzione anche di multi-dimensionalità, oggi del tutto aborrite). 

Fabrizio Falconi

19/04/17

Torna a casa, in Italia, la meravigliosa Testa di Druso Minore .


Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e il Cleveland Museum of Art hanno raggiunto un accordo per restituire all'Italia una statua in marmo dell'inizio del 1° secolo a.C. raffigurante la testa di Druso Minore (13 a.C. - 23 d. C.). 

"Questa restituzione - ha dichiarato il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini - è il frutto di un importante e proficuo accordo culturale e della piena collaborazione dei vertici del Museo con le autorità italiane. Ora attendiamo il ritorno dell'opera, che una volta in Italia verrà restituita al più presto a Napoli e alla sua comunità, da dove fu sottratta". 

"Abbiamo instaurato da molti anni un eccellente rapporto con il Ministero - ha dichiarato il direttore del Cleveland Museum, William Griswold - e non appena siamo venuti a conoscenza che le circostanze relative alla provenienza della scultura erano incoerenti con quanto ci risultava relativamente alla provenienza, la decisione di prendere contatto direttamente con il Ministero è stata facile, alla luce dell'esperienza di collaborazione con i colleghi italiani maturata in questi anni. Abbiamo collaborato proficuamente con il Ministero in primo luogo per chiarire le circostanze relative alla rimozione della statua e, in secondo luogo, per definire la decisione di restituire l'opera".

La scultura, precedentemente venduta in un'asta pubblica a Parigi nel 2004, era stata acquisita dal Museo nel 2012 dopo una ampia ricerca per confermare la sua provenienza. 

Quando il Museo aveva acquisito l'opera, si riteneva che la scultura provenisse originariamente dal Nord Africa. 

Nel momento in cui, in tempi più recenti, il Museo è venuto a conoscenza del fatto che la scultura poteva essere stata asportata illecitamente da un sito nei pressi di Napoli verso la fine della Seconda guerra mondiale, il Museo aveva prontamente contattato il Ministero. 

Druso Giulio Cesare (7 ottobre 14 a.C. – Roma, 14 settembre 23), nato come Nerone Claudio Druso ma meglio conosciuto come Druso minore (Drusus minor, per distinguerlo dallo zio Druso maggiore) o Druso II (per distinguerlo sia dallo zio sia dal nipote Druso Cesare), è stato un politico e generale romano, appartenente alla dinastia giulio-claudia. Figlio dell'imperatore Tiberio, fu sorpassato come erede alla porpora imperiale dal fratello adottivo Germanico, con il quale si instaurò un rapporto di conflitto ma anche di collaborazione. Dopo aver sedato una rivolta militare in Pannonia nel 14, venne eletto console per l'anno successivo.

Visse per un periodo nella capitale e prese poi l'incarico di governatore nell'Illirico, quando nel 19 Germanico morì, lasciando Druso come unico erede del Principato. Il giovane venne eletto console una seconda volta nel 21 e ricevette la tribunicia potestas nel 22, ma cadde nelle mire del potente e ambizioso prefetto del pretorio Seiano, per mano del quale morì.

fonte Lapresse

18/04/17

E' morto Mr. Tambourine Man, Bruce Langhorne, lo straordinario outsider (senza dita) che ispirò Bob Dylan.


Arrivo' in studio con un tamburello turco "grande come la ruota di una macchina" e decorato di campanellini e nacque una canzone immortale

Oggi il mondo della musica dice addio a Bruce Langhorne, il chitarrista che ispiro' "Mr. Tambourine Man" di Bob Dylan. 

"In the jingle jangle morning I'll come following you," canto' il il piu' recente tra i premi Nobel per la Letteratura nel celebre brano dalle mille interpretazioni. 

Langhorne e' morto nel giorno di Venerdi' Santo a Venice, in California. Aveva 78 anni

E' stato lo stesso Dylan a dare a Langhorne il credito di essere stato la sua musa per il brano dal tono surreale ispirato, tra l'altro alle immagini cinematografiche di "La Strada" di Federico Fellini

Piu' in generale, il chitarrista e' stato l'anima di "Bringing It All Back Home", l'importantissimo album del 1965 in cui i suoi accordi elettrici hanno tessuto la trama di canzoni come "Maggie's Farm", "Love Minus Zero/No Limit" e "She Belongs To Me". 

Impegno musicale e impegno politico: nell'agosto 1963 Bruce sali' sul palco allestito sul National Mall di Washington per un duetto con la folk singer Odetta subito prima del celebre discorso di Martin Luther King "I have a dream", ho un sogno, l'eguaglianza tra neri e bianchi. 

Langhorne era nato in Florida in una famiglia della classe media nera.

I genitori avevano divorziato quando lui era piccolissimo e la madre lo aveva cresciuto a East Harlem iscrivendolo alle migliori scuole private da cui il ragazzo venne espulso perche' accusato di appartenere a una gang. 

Figlio di afro-americani dalla pelle chiara, da piccolo Bruce non era mai stato a suo agio dentro nessuna etnia, accusato spesso di essere troppo bianco, o troppo nero, o troppo portoricano. 

Aveva cominciato a suonare la chitarra a 17 anni, dopo aver lasciato il violino per la perdita di tre dita della mano destra. 


 Negli anni '60 aveva fatto i primi passi nei club folk di Greenwich Village dove sei era fatto notare con una Martin acustica collegata a un amplificatore Fender Twin. 

Oltre che con Dylan, nella sua lunga carriera musicale Langhorne aveva collaborato con altri cantanti (lo si sente ad esempio di sfondo a "Farewell Angelina" di Joan Baez) e nel cinema: con le colonne sonore di Hired Hand" di Peter Fonda, "Fighting Mad" di Jonathan Demme e "Pat Garrett & Billy The Kid" di Sam Peckinpah con Bob Dylan nel cast. 

Ma e' stato Dylan l'artista a cui lui si sentiva piu' legato: "Comunicavamo telepaticamente", disse in una intervista del 2007, quando aveva abbandonato la chitarra dopo aver sofferto un ictus. 

Langhorne era tornato allora alle percussioni ed e' del 2011 il suo primo ed unico album di musica caraibica che si intitola, vedi caso, "Tambourine Man".

fonte ANSA

17/04/17

600.000 visite per il Blog di Fabrizio Falconi.






Continua questa bella avventura insieme.  

Vorrei ringraziarvi per aver tagliato il simbolico e significativo traguardo dei 600.000 visitatori per il nostro Blog. 

Questo spazio è diventato, oltre a una vetrina di aggiornamento di attività personali - i libri certo, ma anche le passeggiate romane, le curiosità romane -  una finestra sul mondo della cultura, con notizie di attualità e aggiornamenti di interesse comune.

Grazie per le vostre letture.

16/04/17

"Amore" di George Herbert, la poesia che folgorò Simone Weil durante la Settimana Santa.





Quattro anni dopo quella esperienza, vissuta in ritiro, Simone Weil la raccontò nei suoi celebri diari.

Nel 1938 ho passato dieci giorni nell’abbazia di Sollerno, dalla domenica delle Palme al martedì di Pasqua, seguendo tutte le funzioni. Un giovane inglese cattolico mi fece conoscere quel poeta inglese del 600 che venivano detti metafisici, più tardi nel leggerli vi ho scoperto una poesia intitolata “Amore”, l’ho imparata a memoria e spesso, nei momenti culminanti delle violenti crisi di emicrania, mi sono esercitata a recitarla, ponendovi la massima attenzione e aderendo con tutta l’anima alla tenerezza che essa racchiude. Credevo di recitarla soltanto come una bella poesia, mentre a mia insaputa quella recitazione, aveva la virtù di una preghiera, fu proprio mentre la stavo recitando che Cristo è disceso e mi ha presa”.

Era stato un giovane incontrato in quell'abbazia, il monastero benedettino di Solesmes (Francia), durante la settimana santa a farle scoprire quel testo, scritto da George Herbert, un poeta inglese del Seicento.

Simone Weil era arrivata A Solesmes particolarmente sofferente. In particolare, tormentata dalle devastanti emicranie che la colpiscono da tempo.

Imparata quella poesia a  memoria, Simone comincia dunque a recitarla quando le emicranie appaiono insopportabili.

L’Amore mi accolse; ma l’anima mia indietreggiò,
colpevole di polvere e peccato.
Ma chiaroveggente l’Amore, vedendomi esitare 
fin dal mio primo passo, 
mi si accostò, con dolcezza 
domandandomi se qualcosa mi mancava.. 
«Un invitato» risposi «degno di essere qui». 
L’Amore disse: «Tu sarai quello». 
Io, il malvagio, l’ingrato? Ah! mio diletto, 
non posso guardarti. 
L’Amore mi prese per mano, sorridendo rispose: 
«Chi fece quest’occhi, se non io?» 
«È vero, Signore, ma li ho insozzati; 
che vada la mia vergogna dove merita». 
«E non sai tu» disse l’Amore «chi ne prese il biasimo su di sé?» 
«Mio diletto, allora servirò». 
«Bisogna tu sieda», disse l’Amore «che tu gusti il mio cibo». C
Così mi sedetti e mangiai.

Un’esperienza unica, dunque, per Simone Weil. La quale, nella lettera inviata al poeta Joë Bousquet il 12 maggio 1942 così la commenta: Durante quel periodo la parola Dio non aveva nessun posto nei miei pensieri. L’ha avuto soltanto dal giorno in cui, circa tre anni e mezzo fa, non ho più potuto rifiutarglielo. In un momento d’intenso dolore fisico in cui mi sforzavo di amare, ma senza vantare il diritto di dare un nome a questo amore, ho sentito (senza esservi preparata per niente, dato che non avevo mai letto i mistici) una presenza più personale, più certa, più reale di quella di un essere umano, analoga all’amore che traspariva dal più tenero sorriso di un essere amato. Da quel momento il nome di Dio e di Cristo si sono intessuti sempre più irresistibilmente ai miei pensieri.

15/04/17

Musei civici aperti a Roma a Pasqua: Ecco tutte le mostre.




Sarà una Pasqua d'arte quella di Roma, dove, oltre alle aperture straordinarie, e in alcuni casi serali, di molti musei, sono previste visite didattiche e iniziative di vario genere.

Ecco un elenco delle principali mostre in corso: 

Porte aperte ai Musei Capitolini per vedere il manoscritto che raccoglie la summa delle intuizioni elaborate da Leonardo sul volo, per la prima volta a Roma nella mostra Leonardo e il Volo. Il manoscritto originale del Codice e un'esperienza multimediale e 3D e, al piano terra di Palazzo dei Conservatori, L'Annunciazione del grande artista cretese El Greco. E anche ai Mercati di Traiano con I Fori dopo i Fori. La vita quotidiana nell'area dei Fori Imperiali dopo l'antichità, che illustra le vicende dell'area archeologica dei Fori Imperiali attraverso i rinvenimenti degli scavi degli ultimi 25 anni.

La splendida mostra Artemisia Gentileschi e il suo tempo al Museo di Roma in Palazzo Braschi, si svolge in un percorso che svela gli aspetti più autentici dell'artista, attraversando un arco temporale che va dal 1610 al 1652. 
Nelle sale del piano terra del Museo I pittori del '900 e le carte da gioco. La collezione di Paola Masino, un'originale collezione di carte di Paola Masino, donate da Alvise Memmo al Museo di Roma ed esposte per la prima volta al pubblico. In mostra alla Galleria d'Arte Moderna di via Francesco Crispi Stanze d'artista. Capolavori del '900 italiano. Sironi, Martini, Ferrazzi, De Chirico, Savinio, Carrà, Soffici, Rosai, Campigli, Marini, Pirandello e Scipione, circa sessanta opere di scultura, pittura, grafica in cui l'arte della prima metà del Novecento è raccontata da dodici dei suoi maggiori esponenti.

Da non perdere al Museo dell'Ara Pacis Spartaco. Schiavi e padroni a Roma per comprendere la realtà della schiavitù nella vita quotidiana e nell'economia della Roma imperiale.

Al Museo Pietro Canonica di Villa Borghese Nick Devereux, la prima personale dell'artista presso una pubblica istituzione a Roma, che prosegue il ciclo espositivo dal titolo Fortezzuola. 
Nella stessa villa al Museo Carlo Bilotti InMateriale. Lucilla Catania e, presso lo spazio esterno del Museo, la luce, Noor in persiano, è elemento base dell'opera di Bizhan Bassiri.

Diversificata la scelta per il MACRO di via Nizza con Anish Kapoor; Nanni Balestrini - La Tempesta Perfetta; Arte e Politica. Percorsi nell'arte contemporanea attraverso la collezione MACRO; Gea Casolaro. Con lo sguardo dell'altro. 

Al MACRO Testaccio Alfredo Pirri. I pesci non portano fucili; Pietro Fortuna S.I.L.O.S. 
Alla Pelanda Marco Paoli Etiopia; Alessandro Verdi. Sulla pelle della pittura; #POETRY Adonis e Marco Nereo Rotelli con la partecipazione del poeta Yang Lian.

Alla Casina delle Civette di Villa Torlonia, Tre Civette Sul Comò, una mostra dedicata alle "civette" attraverso un percorso di 67 opere, al Casino dei Principi Magia della luce. Specchio e simbolo nell'opera di Lorenzo Ostuni.

Decisamente animato il panorama del Museo di Roma in Trastevere con le immagini potenti, di una folgorante bellezza, che rivelano una grande fotografa: Vivian Maier. Una fotografa ritrovata, 120 scatti in bianco e nero realizzati tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8. 

Al primo piano, per conoscere la Cina di ieri e capire la Cina di oggi attraverso l'iconografia, l'arte e la propaganda maoista, CHINA: rivoluzione - evoluzione. Manifesti della Propaganda (1949 - 1983) in un percorso d'immagini originali d'epoca.

Al Museo Napoleonico Minute visioni. Micromosaici romani del XVIII e del XIX secolo dalla collezione Ars Antiqua Savelli, una delle più importanti in ambito internazionale dedicate a questo peculiare genere artistico, frutto di oltre quarant'anni di acquisizioni e ricerche.

Alla Centrale Montemartini l'esposizione permanente si è arricchita di nuovi straordinari capolavori da tempo conservati nei depositi. Da ammirare il treno di Pio IX, il prezioso ritratto in basanite dell'imperatrice Agrippina Minore in prestito dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen.

Al Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco All'ombra delle piramidi. La mastaba del dignitario Nefer, il preziosissimo rilievo funerario del dignitario Nefer, databile al regno del faraone Cheope: una ricostruzione 1:1 della struttura della cappella funeraria e una ricchissima documentazione grafica, fotografica e multimediale per descriverne lo spazio interno.

Al Museo delle Mura Alphabetica - Abecedario grafico contemporaneo, una rassegna di opere grafiche di artisti nazionali e internazionali.

14/04/17

Hannah Arendt, Etty Hillesum, le Donne protagoniste della Via Crucis stasera al Colosseo.




Venerdì santo il Papa, come ogni anno, dopo aver assistito a San Pietro alla celebrazione della Passione del Signore, presiede a partire dalle 21.15 la Via crucis al Colosseo. 

Francesco ha voluto affidare le meditazioni alla biblista francese Anne-Marie Pelletier, laica, che nel testo, pubblicato dalla Libreria editrice vaticana (Lev), ha incentrato la sua riflessione sulle donne di tutti i tempi, il loro pianto "in un mondo in cui c`è molto da piangere", figure come Hanna Arendt e la "banalità del male", Etty Hillesum che "difese fino all'ultimo la bontà della vita" nell'inferno "che sommerge il mondo" con il nazismo. 

Un testo nel quale, tra l'altro, si fa autocritica per l'antisemitismo di matrice cristiana: "Davanti a Gesù consegnato e condannato, noi non sappiamo fare altro che discolparci e accusare gli altri. Per tanto tempo noi cristiani abbiamo addossato al tuo popolo Israele il peso della tua condanna a morte. Per tanto tempo abbiamo ignorato che dovevamo riconoscerci tutti complici nel peccato, per essere tutti salvati dal sangue di Gesù crocifisso. Donaci di riconoscere nel tuo Figlio l`Innocente, l`unico di tutta la storia".

fonte Askanews

11/04/17

Apre Venerdì la Mostra di Pasqua: "Da Caravaggio a Bernini", alle Scuderie del Quirinale.




Attraverso una straordinaria selezione di dipinti e sculture, la mostra Da Caravaggio a Bernini. Capolavori del Seicento italiano nelle Collezioni Reali di Spagna riflette gli strettissimi legami politici e le strategie culturali stabilite tra la corte spagnola e gli stati italiani nel corso del XVII secolo.

Ad arricchire le raccolte d’arte della dinastia asburgica contribuirono i frequenti doni diplomatici da parte dei governanti italiani, determinati a guadagnarsi il favore dei sovrani di Spagna che con i loro possedimenti – il Viceregno di Napoli e lo Stato di Milano – condizionarono dalla metà del Cinquecento l’evoluzione della complessa situazione politica italiana.

È questo il caso di due tra i dipinti più spettacolari in mostra, Lot e le figlie di Guercino e La conversione di Saulo di Guido Reni, donati a Filippo IV dal principe Ludovisi allo scopo di garantire la protezione spagnola sul minuscolo Stato di Piombino.

Moltissime altre opere d’arte, tra le quali il magnifico Crocifisso del Bernini proveniente dal Monastero di San Lorenzo del Escorial, opera raramente accessibile al grande pubblico, vennero commissionate o acquistate da mandatari del re; altre ancora vennero ordinate o comprate, come nel caso della Salomè di Caravaggio, dai rappresentanti della monarchia spagnola in Italia (ambasciatori e viceré) inviati presso la corte pontificia o a Napoli, alla morte dei quali le opere andarono ad accrescere le collezioni reali.

L’interesse per la cultura italiana da parte dei sovrani spagnoli si riflette inoltre negli inviti a lavorare a corte rivolti a maestri quali il napoletano Luca Giordano, attivo in Spagna per un decennio.

Ed è testimoniato infine dai viaggi in Italia di alcuni artisti spagnoli, come José de Ribera, che giunse a Roma nel 1606 e trascorse la maggior parte della sua vita a Napoli.

Di questo artista la mostra espone cinque capolavori tra cui il celebre Giacobbe e il gregge di Labano. 

Il primo soggiorno di Velázquez in Italia, tra il 1629 e il 1630, si rivelò fondamentale per la sua pittura, come dimostra l’eccezionale Tunica di Giuseppe, tra i maggiori raggiungimenti della sua intera opera, mentre il suo trionfo come ritrattista presso la corte pontificia avvenne in occasione del suo secondo viaggio italiano tra il 1649-1650.

 Nel 1819, per volere del re Ferdinando VII, venne creato il Museo Real – in seguito Museo del Prado – in cui furono raccolte opere provenienti per la maggior parte dalle Collezioni Reali. Quelle che non vennero trasferite nel museo rimasero presso le residenze a disposizione dei monarchi, i cosiddetti Reales Sitios.

Nel 1865 la regina Isabella II rinunciò alla proprietà personale dei beni ereditati dai propri antenati e ne cedette la gestione allo Stato, ponendo le basi di quello che oggi è Patrimonio Nacional.

E’ da questo straordinario fondo collezionistico, a tutt’oggi sottoposto alla tutela di Patrimonio Nacional, che i capolavori oggi presentati a Roma sono stati selezionati sulla base del loro eccezionale valore artistico e storico.


Da Caravaggio a Bernini.
Capolavori del Seicento italiano nelle collezioni reali di Spagna 
Scuderie del Quirinale
 14 aprile – 30 luglio 2017 
 a cura di Gonzalo Redín Michaus 
Immagine: Michelangelo Merisi da Caravaggio, Salomé con la testa del Battista, 1607Madrid, Patrimonio Nacional. Palazzo Reale di Madrid

10/04/17

Il Libro del Giorno: "La bellezza che resta" di Fabrizio Coscia.





Leggendo La bellezza che resta, lo splendido libro di Fabrizio Coscia pubblicato per Melville Edizioni, mi è tornato alla mente il noto Sofisma del Velato, concepito da Eubulide di Megara nel IV secolo avanti Cristo, e commentato diffusamente da C.G.Jung in Aion, del 1951. 

Il Sofisma dice: 
"Sai riconoscere tuo padre?" 
"Sì."
"Sai riconoscere quest'uomo velato?"
"No." 
"Quest'uomo velato è tuo padre. Quindi sai e non sai riconoscere tuo padre." 

Il viaggio alla ricerca della bellezza che resta, intrapreso da Fabrizio Coscia, infatti comincia e si sviluppa intorno al letto di morte del padre.  Quel padre di Fabrizio generoso e virile, diretto e concreto, ma anche ombroso e sfuggente che nella copertina del libro, in una vecchia foto, si vede stringere amabilmente un bambino, suo nipote, cugino dell'autore. 

E' proprio intorno al letto di morte del padre che avviene quella trasfigurazione - cruciale in ogni esistenza di figlio - che porta a domandarsi cosa sappiamo di lui, di colui che ci ha messo il mondo, cosa è di lui in noi, cosa è di differente invece di noi rispetto a lui, perché volenti o nolenti l'identità di un figlio si forma sempre come una imperfetta carta carbone sulle differenze e sulle similarità di chi ci ha preceduto, mettendoci al mondo. 

Cosa resta della bellezza del padre, si potrebbe dire . Cosa resta di questa esistenza vissuta come si conviene (per usare le parole di Simone Weil) ? Cosa sparisce per sempre e cosa resta ad albeggiare (la parola che continua a pronunciare il padre durante i suoi ultimi giorni) ? 

Per scoprirlo, Coscia si è messo sulle tracce della morte di grandi spiriti che hanno attraversato il mondo, in primis quello di Lev Tolstoj, di cui viene ricostruita minuziosamente la celebre fuga pre-morte, fino alla stazioncina di Astapovo, ultima tappa del suo viaggio mortale; oltre a quello di Simone Weil, di Anton Cechov, di Richard Strauss, di Frieda Kahlo, di Auguste Renoir, ma anche di Glenn Gould e di Sigmund Freud. 

Di Tolstoj, in particolare viene affrontata la redazione e la scrittura - incompiuta - di un capolavoro poco noto, Chadzi-Murat, scritto tra il 1895 e il 1904 e pubblicato postumo nel 1912. 

In questo racconto lungo, Tolstoj torna ai suoi ricordi di quando era un giovane ufficiale, tra il 1851 e il 1852, nel Caucaso. In particolare alla figura di Chadzi-Murat, un guerrigliero àvaro il quale combatte strenuamente contro l'annessione della Cecenia alla Russia. 

A questo personaggio Coscia ritorna anche a causa delle terribili vicende del massacro della scuola di Beslan, del 1 settembre 2004, che riportarono alla stretta attualità le interminabili rivendicazioni del popolo ceceno contro l'imperialismo prima russo, poi sovietico e poi ancora russo. 

Perché Tolstoj negli ultimi anni scelse di dedicare tempo e attenzione e anima a un personaggio così, un assassino, un combattente, così lontano dai temi pacifisti, dal cristianesimo radicale e non violento che Tolstoj abbracciò alla fine della sua esistenza, trasformando la sua tenuta Iasnaja Poljana in una sorta di nuovo inizio di umanità, così lontano insomma dai temi di Resurrezione e degli ultimi formidabili racconti ? 

Tolstoj, suggerisce Coscia, forse rivedeva in Chadzi-Murat l'incarnazione di uno spirito ribelle, che non si rassegna e che vuole consegnarsi alla morte non domito, ma ancora in piedi, e anzi fuggitivo.  Che vuole per questo fuggire, fino all'ultimo, non essere incastrato in nessuna comoda cornice, in nessuna divisa d'ordinanza, in nessuna categoria.  

La bellezza che resta in Tolstoj è quella dei suoi libri, dell'arte, certo, ma anche della sua esperienza completamente e fino in fondo umana. 

In quella fuga disperata, con la morte che lo segue dappresso, Tolstoj porta con sé una parte considerevole dell'irriducibile Chadzi-Murat che vuole morire a modo suo, Via-di-qua. 

Quasi come a sparigliare nuovamente le carte, a voler confondere chi pensa o si illude già di aver riconosciuto la parola fine. 

Il Tolstoj che fugge è già un altro uomo, forse il prodromo dell'uomo che è già sulla soglia, e la sta attraversando, diventando quello che per noi è puro spirito, e poi chissà.

Per questo, nelle ultimissime pagine, dopo la scomparsa del padre, Coscia racconta di continuare a sognarlo, senza riuscire a trovarlo, come accade al professor Isak nel finale de Il Posto delle fragole di Ingmar Bergman. In quel caso sarà poi l'amata cugina Sara a condurlo, sulla riva per indicarglielo: era lì, di fronte a lui. 

"Dov'è andato ? Dov'è lui ?" si chiede Coscia riferendosi al suo, di padre.  Dov'è finito, dopo la morte? Cosa è diventato ? 

La morte ci costringe a rivedere ogni identità di colui che amiamo. Come il figlio del Velato, noi riconosciamo e non riconosciamo nostro padre. Perché lui è (già diventato) altro. 

A noi mortali, a noi sopravviventi, la scoperta gioiosa di quello (non poco) che resta.

Fabrizio Falconi