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30/07/12

Joseph Conrad aveva un alter Ego - di Elisabetta Rasy.




Apollo Korzeniowski, il padre di Joseph Conrad, traduceva Shakespeare e Dickens in polacco, ma al figlio consigliò di conoscere bene, oltre quella nazionale, la letteratura francese. 

Così fu solo a vent'anni, quando cominciò a navigare nei mari del Sud e dell'Oriente con i brigantini britannici, che il ragazzo si appassionò ai classici e ai contemporanei di quella che sarebbe diventata la sua lingua di scrittore. 

Non senza problemi. Anche dopo aver pubblicato nel 1898 un capolavoro come Il negro del Narciso confessò al suo editore W.E. Henley una grande difficoltà: «Quando scrivo penso in francese e poi traduco in inglese le parole dei miei pensieri. Questo è un procedimento impossibile per uno che desidera guadagnarsi da vivere scrivendo...». 

Decise dunque di trovarsi un collaboratore, una sorta di consulente linguistico-letterario e la scelta cadde su un giovanotto di belle speranze e molte ambizioni, uscito per vincoli di sangue dall'ambiente sofisticato e nervoso dei pittori preraffaelliti, Ford Madox Ford. 

Fu proprio quest'ultimo, alla notizia della morte dello scrittore nell'agosto del 1924, a raccontare le tortuose vicissitudini della strana collaborazione in un ritratto scritto a caldo, e forse un po' fantasiosamente, dell'amico defunto: Joseph Conrad, a personal remembrance (tradotto in italiano venti anni fa in un volume curato da Vita Fortunati per l'editore Gallio). I due sembravano fatti per non incontrarsi e comunque per non andare d'accordo, nemmeno fisiognomicamente.

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