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18/09/14

La cosa più preziosa che un albero produce è la sua ombra (la mia vita precedente, un albero).




Cedrus atlantica glauca.

Nella mia vita precedente dovevo essere un albero e se ero un albero, dovevo essere un cedro del libano. 

Sotto le mie fronde altissime a raggiera, alcune chinate fino a terra dal loro peso, rifornivo d'ombra il bosco, la terra ed ogni organismo che voleva trovarvi riparo. 

Non era poi così faticoso. 

Il sole mi inebriava, lo cercavo ricevendone giovamento, ma io stesso finivo per ritrarmi: nell'intrico di maestosi rami trovavo ristoro. 

Solo nell'ombra, sapevo, la vita può crescere. Nulla sorge nel deserto, se non la voce del profeta. Che non potrà mai germogliare se non troverà l'eco di un'ombra dove risuonare. 

Quando smisi di cercare il sole, divenni pura ombra. Lentamente si dissolse il mio fogliame, scavandosi il tronco divenne cavo, poi ripiegandosi su se stesso si spezzò e divenne rifugio per i vermi. 

All'ombra del tronco interrato molta vita continuò a scorrere. Per intere generazioni. 

E se oggi qualcuno dovesse chiedermi cosa son stato, direi questo: che all'ombra son cresciuto, e nell'ombra ho lasciato il mio mondo terrestre, senza lacrime umane e senza rimpianto. 



Fabrizio Falconi



25/01/14

Nessuna meraviglia viene a risvegliare il tuo sonno.




Fonte di saggezza popolare ripete che si invecchia quando si smette di innamorarsi. Cioè, non si riesce più. Soltanto ampliando lo sguardo, si dovrebbe ammettere che si invecchia, e cioè ci si avvicina, preparandosi, alla morte, quando si smette di meravigliarsi. 
Nulla è infatti più vicino alla meraviglia dell'innamoramento, che della meraviglia è solo una delle manifestazioni. 

L'albero rinnova i colori, si piega sotto il peso della pazienza, non smette di credersi legato indissolubilmente alla terra, anche quando muoiono le radici e il legno vecchio si disperde nell'apparente niente che è la dissoluzione degli atomi, degli amminoacidi, delle diverse variazioni chimiche chiamate 'albero'. 

Così noi, dovremmo essere capaci di rinnovare i colori. Farci nuovi per il riposo degli uccelli, splendenti per le piogge di giugno, nudi per la paura di gennaio, tenui per l'alba nuova d'autunno, intrepidi per l'ultima primavera che verrà a visitarci. 

Lo sguardo è quello che siamo capaci di essere. 

Quando tutto è fermo, senti una madida coperta senza vita che avvolge il tuo corpo. Da sotto, uno scheletro insensibile riesce ancora a sentire.  Ma nessuna meraviglia viene a risvegliare il tuo sonno. 

Vivi da morto, come un morto.  E il vecchio adagio direbbe che sei morto anche se vivi, cioè non sopravvivi, anche se sembra che è quello che fai. 

La meraviglia scardina come un arpeggio le ossa del tuo scheletro.  Quando non vuoi, viene a ricordarti che sei stato vivo, e lo sei, e lo sarai.  Dipende, come in ogni cosa creata dall'universo,  dalla vibrazione.  Sei nato da quella, tornerai ad essere quella, dipendi da quello .  Il silenzio, senza di quella, è vuoto. Come non è mai il silenzio. 




Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.