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08/03/22

Quando Pasolini andò in Russia: "Mosca come la Garbatella"

 


L'interesse di Pier Paolo Pasolini per la letteratura russa è talmente ampio da meritare un posto a sé nell'ormai sconfinata bibliografia sulla sua opera. Dall'illimitatezza del mondo contadino sempre vagheggiato e poi cantato ne La religione del mio tempo sino al saccheggio di temi e immagini dostoevskijane, la scrittura del poeta di Casarsa risulta essere attraversata da un costante filo rosso che lega parte della sua produzione a quanto sperimentato in terra russa.

Pasolini era stato inviato per “Vie Nuove” al Festival della Gioventù a Mosca nel 1957, e lì, ospite del Congresso degli scrittori, Pasolini non vede che anime buone. Passa in Russia in tutto tre settimane, dal 27 luglio al 16 agosto, tra Mosca e Odessa, con una delegazione di cui facevano parte il filosofo senatore Banfi, Sandro Curzi, Mario La Cava, e subito si disveste dei “vizi acquisiti in secoli di storia”, dei russi “pigri, complicati ed eccessivi come al tempo di Dostoevskij”, per testimoniare una società “veramente diversa”. Semplice, diretta, umile.

Un idillio, “un’esperienza meravigliosa e fondamentale”. 

Mosca, poi, è ““una immensa Garbatella: un misto dunque di liberty e di Novecento, con pareti colossali e graticci di finestre. Spesso tuttavia con file di casette basse, ad un piano o due piani”. Ci sono grattacieli, “quegli «orrendi» edifici, condannati da Krusciov. Ma non sono insopportabili. Ispirano anzi della simpatia. Sono cose commoventi, come tutti gli sforzi degli umili per apparire grandi. Mosca è una città di contadini”. Un’altra storia, senza più classi sociali, non sottomessa, come si dice, a una “classe dirigente”. I russi sono i contadini padani della domenica, naturali tra di loro come “i ragazzini nelle piazzette dei paesi”. L’aria è pulita, il cibo sano, i rumori naturali, rapporti sinceri e solidali. Sono temi che riprenderà in una sezione di La religione del mio tempo.

Tra gli autori da egli più amati - oltre al citato Dostoevskij e a Osip Mandel'štam - spicca senz'altro la figura intellettuale e umana di Anna Achmatova. La poetessa, che conosceva bene l'italiano tanto da tradurre i "Canti" di Leopardi, è ammirata da Pasolini soprattutto in virtù della sua natura 'scomoda', da intellettuale disorganica come lui stesso si imponeva di essere. A lei dedica una poesia struggente, in cui la comunione ideale di anime e intenti è resa attraverso un'immersione nello stile dell'autrice, di cui sono riconosciuti la bellezza e il 'mistero'.
Pier Paolo Pasolini - Quasi alla maniera dell'Achmatova, per lei
Un poeta dice che un poeta è un passero
che ripete tutta la vita le stesse note.
Le tue sono le note di un passero che crede
che la sua vita sia tutta la vita.
Nessuno va a disilludere un passero, perché
un passero non può farsi disilludere:
la sua sicurezza è come la presenza –
sulla terra – del paese di Tsarskoe Selò.
È passata su Tsarskoe Selò la rivoluzione?
Certo, è passata, ma semplicemente come
"un evento che non ha l’eguale"
e il passero continua a cantare.
Nulla esiste se non si misura col mistero:
che testimonianza avremmo degli "eventi"
se non cantasse prima e dopo di loro
un passero col suo canto lieve e severo?
(Poesie marxiste, 1964-1965, in Tutte le poesie, Mondadori)

Fonte: Pier Paolo Pasolini e la Russia: una poesia per Anna Achmatov di Ginevra Amadio

20/02/15

L'amore folle tra Modigliani e Anna Achmatova - Un articolo di Sebastiano Grasso sul Corriere.




Nel 1906 Amedeo Modigliani arriva a Parigi dalla natìa Livorno. 

Ha 22 anni e vuole fare lo scultore («ténere colonne per un tempio della bellezza»). Montmartre, alberghetti; Bateau-Lavoir e La Ruche; Montparnasse, il primo mecenate (il medico Paul Aleixandre); l'amicizia con Soutine (che «adotta») e con Brancusi (che gli presta studio e attrezzi per scolpire); le lesioni polmonari che lo porteranno, con alcol e droghe, alla tubercolosi; la declamazione, per strada e nelle bettole,  di Dante, Leopardi, Baudelaire e D'Annunzio (dal quale, guardando al superuomo di Nietzsche, trae insegnamento per il proprio «eccesso nell'opera e nella vita»). 

Esuberante, irrita Picasso. Indossa abiti lisi, ma che, dicono «porta come un principe». 

Le donne lo idolatrano: non si contano le relazioni. 

Ha avuto un figlio (mai ammesso) da una studentessa canadese, Simone Thiroux («Il mio pensiero più tenero è per voi in occasione di questo nuovo anno che io vorrei fosse quello della nostra riconciliazione. Giuro sulla testa di mio figlio, che per me è tutto, che non ho in mente niente di cattivo. Vi ho amato troppo»), ma frequenta la poetessa inglese Beatrice Hastings di cui è gelosissimo. 

Giocando all'«amore folle», i due litigano dappertutto: «Scenate, seguite da incontri di pugilato», ricorda qualcuno. La leggenda comincia.

Nella primavera del 1910 una coppia di russi, poeti entrambi, fa il viaggio di nozze a Parigi. Si chiamano Nikolaj Gumilëv e Anna Achmatova ed hanno, rispettivamente, 24 e 21 anni. 

La donna è nipote di una principessa tatara, discendente diretta di Gengis Khan. Non particolarmente bella, ma interessantissima. «Alta, slanciata e flessuosa», la descrive un'amica. Fascino misterioso e gran classe. Forse è lo scultore bielorusso Ossip Zadkine a presentarli al Café La Rotonde. 


«Un vero uomo è poligamo, mentre una vera donna è monogama», afferma Nikolaj. Anna non è d'accordo. 

E, poi, la sua natura è troppo libera per adattarsi a sciocchi detti. «Erano inadatti ad una vita in comune», dirà un conoscente della coppia.

Modigliani e «il signore e la signora Gumilëv» si frequentano. 

Che cosa avviene? 

È Boris Nossik a ricostruire la vicenda in 178 pagine ( Anna e Amedeo, Odoya, 14). Occhiate intensissime fra i due e qualche stretta di mano furtiva, seguite da «lettere folli» di Modigliani per tutto l'inverno («Lei è come un'ossessione») che accompagna con ritratti a matita, quando i coniugi rientrano in Russia. 

Cui la donna risponde con versi («Oh come ritrovarsi, rapide settimane / del suo amore, etereo e fugace»).

La passione fisica esplode l'anno dopo. Anna ritorna da sola nella capitale francese ed affitta una casa in rue Bonaparte, dove Modigliani riempie di schizzi il suo taccuino blu. 

Settimane, giorni, ore vengono ricostruiti da Nossik nei minimi particolari. 

Soprattutto attraverso documenti e testimonianze.

Romanzo, racconto lungo? No. Piuttosto, una sceneggiatura. Manca solo il sottofondo musicale per accentuare il pathos dei momenti culminanti. «Mi diverte quando sei ubriaco / e nelle tue storie non c'è più senso. / Un autunno precoce ha sparpagliato / gialli stendardi sugli olmi», scrive l'Achmatova.

Vanno in giro a visitare gli studi degli amici pittori; infilano le viuzze di Montmartre e Montparnasse; passeggiano per i giardini del Lussemburgo e in rue Tournon, dietro il Panthéon, per vedere la casa di Giacomo Casanova.

Ma arriva il momento dell'addio. 

Il Canto dell'ultimo incontro verrà scritto a Carskoe Selo: «Gettai uno sguardo alla casa buia. / Solo in stanza da letto le candele / ardevano di un lume indifferente e giallo». 

La leggenda continua


30/11/14

Poesia della domenica - "E' molto semplice e chiaro" di Anna Achmatova.




E' molto semplice e chiaro

E' molto semplice e chiaro,
comprensibile a tutti:
non mi ami, non ne dubito,
né mai potrai amarmi.
Perché dunque un estraneo
in tal modo mi attira ?
Perché, sera per sera,
prego il Signore per te ?
Perché lascio il compagno
e il ricciuto bambino,
la città che amo tanto
e la mia terra natale
per aggirarmi, mendicante oscura,
nelle vie di una città straniera ?
Quale gioia, il pensare
che qui ti rivedrò !


Anna Achmatova  (1899-1966) da Poeti russi del novecento, Achmatova, Mandel'stam, Cvetaeva, Esenin, a cura di Raffaella Belletti e Gabriele Mazzitelli, Lucarini, Roma, 1990.

in testa: Kuzma Petrov-Vodkin, Ritratto di Anna Akhmatova, 1922