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14/03/13

Diretta dal Conclave 10./ La novità grande di Bergoglio - Francesco.




E' una bella notizia, quella della elezione di Jorge Mario Bergoglio a 266mo pontefice. 

E' una bella notizia anche perché inaspettata. Ieri, quando è comparsa la fumata bianca, alle 19.10 dal comignolo della Sistina, tutti abbiamo pensato che il nome pronunciato dal Protodiacono dalla Loggia delle Benedizioni, sarebbe stato quello del Cardinale Angelo Scola. 


Non è stato così. Come è stato ricostruito oggi, Scola NON è entrato in Conclave con 50 voti già acquisiti come qualcuno - Il Corriere della Sera - aveva dichiarato, il giorno stesso dell'apertura della Sistina. 


Scola era fermo a 30-35. E probabilmente, anzi sicuramente, nei primi 3 scrutini NON è riuscito ad aggiungere voti.   Pesavano e pesano le divisioni degli Italiani e della Curia. 

Archiviata la candidatura di Scola, si è guardato oltreoceano. Sono stati soprattutto i porporati statunitensi a lanciare la proposta di Bergoglio.  Che ha riscosso l'immediato consenso dei sudamericani, ma anche di africani, asiatici e di una parte degli italiani. 

Così, il nome più inaspettato, è quello risultato vincente. 

Nessuno aveva pensato a Bergoglio, tra gli addetti ai lavori.  Troppo in là con l'età, bruciato nel Conclave precedente dal confronto con Ratzinger, gesuita (e nessun Papa era mai stato gesuita, prima di ieri, nella intiera storia della Chiesa) e unico gesuita in tutto il collegio cardinalizio. 

E invece, ogni pronostico è stato smentito. 

Bergoglio è una scelta felice.  Per diversi motivi. Consiglierei in queste ore di evitare il superficiale e inutile tiro al piccione che sempre si mette in moto ad elezione di Pontefice. Per Ratzinger c'era la sua divisa della Wehrmacht quando aveva 17 anni, per Bergoglio la sua presunta connivenza con il regime dittatoriale argentino. Le cose sono molto più complesse e consiglierei di documentarsi bene. 

Ciò che conta davvero è la portata del tutto innovativa di questo Pontificato, che si è percepita già, interamente, ieri, in quei 15 minuti nei quali Bergoglio è apparso per la prima volta con i paramenti papali. Semplicità, umiltà, franchezza.   Pochi gesti, però davvero rivoluzionari:  un Papa che chiede di essere benedetto dai fedeli prima di impartire la benedizione urbi et orbi ???   Un Papa che piega la testa davanti ai fedeli. Un Papa che resta in silenzio per 32 interminabili secondi, un Papa che recita semplicemente il pater noster insieme ai fedeli.  Un Papa che oggi nella prima messa del pontificato, in Cappella Sistina dice: "senza Gesù Cristo, saremmo semplicemente una ONG".

Presto si capirà la portata - per tutti, non soltanto per i credenti - di un Papa come questo, che si è scelto un nome impegnativo, anche se molto, molto semplice, ma che finora nessun erede di Pietro aveva opzionato: Francesco. 

Fabrizio Falconi


02/09/11

Intervista a Manuel Puig - di F.Falconi.



Questa mia intervista al grande Manuel Puig (General Villegas, 28 dicembre 1932 - Cuernavaca 22 luglio 1990) è stata realizzata a Rio de Janeiro nell'aprile del 1989. 

Abita nell’elegante quartiere di Leblon, fuori dalla spaventosa ridda di traffico, rumore e miseria della Rio de Janeiro popolare, Manuel Puig, lo scrittore argentino esiliato dal suo paese nel 1973 come conseguenza del sequestro di “Fattaccio a Buenos Aires”, un suo romanzo poco gradito ai generali.
Da allora Manuel Puig ha “abitato il mondo”, trascorrendo lunghi periodi in diversi paesi. Un suo romanzo, “Il bacio della Donna ragno”, portato sullo schermo in una fortunata riduzione, gli ha dato notorietà internazionale, consacrandolo una delle punte di diamante della letteratura sudamericana. Il suo ultimo libro, “Scende la notte tropicale”, edito in Italia da Mondadori,  (e ripubblicato recentemente da Sellerio ndr) è stato stampato in tutto il mondo e salutato con favore dalla critica internazionale.

Manuel Puig, il suo ultimo romanzo ha per protagonista due sorelle ultraottantenni di origine argentina che abitano a Rio de Janeiro e che si trovano coinvolte nelle vicende vissute e raccontate dalla loro vicina di casa quarantenne. Come è nato lo spunto del libro ? Perché ha scelto il tema della vecchiaia ?
- Osservando la mia famiglia. I miei genitori sono diventati vecchissimi e la loro vecchiaia ha per me qualcosa di “epico”.Si tratta di persone che come molte della loro generazione, hanno radicata una mentalità precisa, fatta di sacrificio, di lotta, di piccolo risparmio, di duro lavoro.  Sono per lo più emigranti che hanno molto faticato nella vita e che oggi devono adattarsi alla brutale realtà del continente sudamericano. L’iperinflazione ha tolto ogni significato alla parola risparmio. I loro nipoti parlano espressamente di sesso e droga, il loro mondo era troppo diverso da questo.  Io ho portato i miei genitori qui in Brasile con me e loro sono riusciti ad entrare in contatto col popolo brasiliano e questo è molto positivo. Per questi vecchi il bisogno più urgente è quello di dare affetto, non tanto di riceverne. Così per loro la cosa più importante è trovare l’oggetto di questo affetto.  E questa è proprio la storia del romanzo.

Quindi per le due sorelle, Nadia e Lucy l’oggetto d’amore è proprio Silvia, la vicina di casa.
- Certo. Ma io pensavo a Silvia come alla vera protagonista del romanzo. Poi mi sono accorto che per tutti quelli che l’hanno letto, le protagoniste sono diventate Nadia e Lucy. Capita sempre qualcosa di strano dopo aver finito un libro. C’è un triangolo tra l’autore, i personaggi e il lettore, e non sempre le cose vanno come l’autore ha previsto. Io poi cerco sempre di non “chiudere” i miei personaggi. Mi piace accennare agli spazi oscuri intorno ad ogni personaggio.

In “Scende la notte tropicale” ritornano le due città importanti della sua vita, Buenos Aires e Rio de Janeiro.
- Sì, sono due città diversissime, opposte. Buenos Aires è lavoro, risparmio, pensare al domani. E poi anche il clima, c’è qualcosa di molto europeo… A Rio de Janeiro invece è tutta natura, sole, godersi il momento. A me ha fatto molto bene venire qui.

Ma le è rimasta nostalgia per l’Argentina ?
- Io ho nostalgia per tutti i posti dove ho vissuto, una strana forma di nostalgia, legata anche all’epoca: così ho nostalgia per la Buenos Aires degli anni ’50, per la Roma dei ’60, per la New York del 1964, per la Londra del ’58. Ho nostalgia di questi posti perché non esistono più.  Negli ultimi venti anni tutto è cambiato. Così la Roma di oggi non è certamente quella che io percorrevo sui filobus degli anni ’60. Per quanto riguarda l’Argentina poi, i tempi sono davvero inquietanti. Sembra proprio che la storia certe volte non insegni niente. Quando tornò Peròn nel 1973 potevano esistere ancora dubbi, incertezze. Ma oggi questo ritorno del peronismo è davvero inaccettabile. Menem è uno che parla bene di Stroessner, il dittatore che ha dato al Paraguay 40 anni di oppressione e miseria.

Torniamo ai libri. Il successo della “donna ragno” è andato oltre ogni previsione. Le pesa ?
- No davvero. Anzi, sono grato al film che ne è stato tratto perché mi ha dato molta notorietà. Certo è chiaro che il film era qualcosa di completamente diverso rispetto al libro, ma credo che sia dignitoso, sono soddisfatto di come è stato realizzato, anche se il Molina di William Hurt non era il ‘mio’ Molina ma per fortuna il libro rimane: chi vuole sapere il mio punto di vista su Molina, può leggere il libro. Adesso negli Stati Uniti vogliono realizzare un musical dal romanzo e credo che si farà.

A proposito di cinema, mi sembra che oltre ad essere oggetto di un interesse letterario, stia diventando per lei quasi una seconda attività.
- Beh non è proprio così, anche se effettivamente collaboro spesso alla realizzazione di film. Mi piace collaborare nel cinema, anche se in questo caso si è veramente comprimari: il film è soltanto del regista. Chi scrive è solo colui che viene all’inizio, e questo è il brutto. Io invidio il musicista, che arriva alla fine del film..

Che cosa risponde a chi l’accusa di essere un semplice “registratore” della realtà ? Mi sembra che questa sia la principale accusa che la critica muove nei confronti del suo stile letterario..
- Credo sia un’accusa ridicola. Io uso il linguaggio quotidiano come un codice. Il materiale che raccolgo nell’esperienza quotidiana viene sempre rielaborato. Le voci sono soltanto un codice di linguaggio che viene sviluppato in senso letterario.

Lei trascorse un lungo periodo di tempo nel nostro paese. Nei suoi futuri progetti c’è anche l’Italia ?
- Lo spero davvero. Purtroppo sono ora nella fase nella quale si discute molto di futuri progetti. E’ una fase che non mi piace questa delle chiacchiere.  Alla fine, di dieci progetti se ne realizza uno, se va bene. Una cosa a cui tengo molto è un film con Milena Canonero, la costumista premio Oscar per “Amadeus”, che esordisce nella regia e ha anche chiesto la mia collaborazione.  Ma anche in Italia ci sono progetti interessanti: c’è un film con Davide Rampello, poi so che Mattolini, che ha già fatto a Milano “Mistero del mazzo di rose”, vuole realizzare il musical che ho scritto su Gardel, il grande cantante argentino degli anni ’30. Sono sempre molto legato al vostro paese. D’altronde, qualcosa di italiano c’è anche nel mio sangue. Mio padre era figlio di immigrati spagnoli, ma i genitori di mia madre erano di Piacenza.

Fabrizio Falconi, “Due Epici vecchi nella notte tropicale”, intervista a Manuel Puig, Paese Sera 3 giugno 1989.