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26/09/17

Come Age e Scarpelli inventarono il nome di Brancaleone passeggiando per Roma.



La Tomba di Laudomia, figlia di Brancaleone, nella chiesa di San Pantaleo.

Molto probabilmente nel celebre film L’armata Brancaleone, diretto da Mario Monicelli nel 1966, uno dei capolavori del cinema italiano, Age e Scarpelli, che firmarono la sceneggiatura si ispirarono, per il nome del protagonista, ad uno dei tredici cavalieri italiani che si sfidarono, il 13 febbraio del 1503, nella piana tra Andria e Corato, in Puglia, nel celebre scontro cavalleresco passato alla storia come Disfida di Barletta: tra i tredici cavalieri italiani che combatterono sotto l’egida spagnola contro i loro avversari francesi, ve n’era infatti uno che si chiamava Giovanni Brancaleone. 

E chissà se Age (Agenore Incrocci) e Furio Scarpelli non trassero questa ispirazione visitando la piccola chiesa di San Pantaleo, che si affaccia sulla piazza omonima, lungo Corso Vittorio Emanuele II: qui, in questo poco conosciuto edificio di culto, infatti, si conserva una memoria romana di quella celebre Disfida, ovvero i resti mortali di Laudomia, che era la figlia di Giovanni Brancaleone, come si legge sulla lapide del sarcofago nel passetto per raggiungere la sacrestia, con una iscrizione che recita

D.O.M. Laudomiae Johannis
Brachalonii qui inter
tredicim Italos cum
totidem Gallis certavit et vicit. 

E’ comunque solo una delle attrattive di questa Chiesa poco conosciuta, che merita di essere visitata se non altro per la sua lunghissima storia: esistente già dal 1100 d.C. fu intitolata al martire romano San Pantaleo, martirizzato nel 305 d.C. sotto l’imperatore Diocleziano; e oggi ospita anche il corpo di San Giuseppe Calasanzio, morto a Roma nel 1648, fondatore dei Chierici Poveri della Madre di Dio, e proclamato santo nel 1767

I suoi resti sono conservati in una magnifica urna di porfido rosso, mentre le scuole a lui intitolate si trovano in molti e diversi angoli di quattro diversi continenti.

Fabrizio Falconi, tratto da: Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton Editori, Roma, Roma rist.2017. 

Chiesa di San Pantaleo, Roma

04/04/16

Una grande mostra dedicata a Mario Monicelli e al suo cinema.



Alla Galleria d'ArteModerna e Contemporanea di Viareggio si è appena inaugurata 'Mario. Chiara Rapaccini e Andrea Vierucci per Monicelli', terza mostra del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2016 che ha aperto i battenti ieri per proseguire sino al 10 aprile, tra Lucca, Viareggio e Barga. 

Proprio il 3 aprile, al cinema Centrale di Viareggio, che Monicelli aveva eletto come sua citta' d'adozione, verra' riproposto in sala L'Armata Brancaleone, del 1966. 

Introdurra' la proiezione Chiara Rapaccini, compagna di una vita del regista. La mostra, che gli rende omaggio, proseguira' fino al 16 maggio

 L'esposizione e' nata dall'incontro tra l'artista Chiara Rapaccini, in arte Rap, e il fotografo Andrea Vierucci. 

L'incontro, avvenuto sul set di un servizio fotografico per la rivista Ville Giardini, ha segnato l'inizio di un'amicizia e un sodalizio artistico che li ha portati nel corso del 2015, anno dedicato al centenario della nascita del cineasta, a collaborare con entusiasmo a diversi progetti

Le opere di Chiara Rapaccini sono diventate, tra le altre cose, protagoniste di un'installazione surreale, ambientata all'interno di una fabbrica abbandonata nella laguna di Orbetello, che Vierucci ha poi fotografato. 

Alla GAMC di Viareggio i due artisti scelgono di raccontare il cinema italiano attraverso le arti

Le foto di scena dei set di Monicelli si trasformano in teli dipinti, graffiati, ricamati, fotografati in un'archeologia industriale, per tornare, come in un gioco dell'oca, al filmato proiettato sul muro del museo. 

Dai tessuti di cotone, un giovane Mario Monicelli sorride, giocando con i suoi cappelli. Intorno, leggeri, fluttuanti, i volti di Toto', Anna Magnani, Gassman e Mastroianni

 L'unione tra architettura, cinema, pittura e fotografia sembrano magicamente ritrovare un unico filo conduttore nelle immagini di Andrea Vierucci che ha raccolto con grande coinvolgimento emotivo oltre che professionale il lavoro di Chiara Rapaccini.

 Per i suoi teli, Chiara Rapaccini si e' ispirata alle fotografie del suo archivio privato scattate dai piu' grandi fotografi di scena degli anni '60, '70, '80, '90, sui set dei film di Mario Monicelli. 

Queste foto erano state gettate via, insieme ad altri documenti preziosi, dallo stesso Monicelli, come "documenti del passato di nessun valore"

Chiara le ha recuperate, e negli anni le ha catalogate, ordinate, archiviate, lasciandosi ispirare dai forti contrasti del bianco e nero della pellicola e dalla straordinaria forza espressiva del lavoro dei maestri della fotografia di scena, Secchiaroli, Strizzi, Doisneau.