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12/03/13

Diretta dal Conclave 8./ Se non passa Scola, l'outsider potrebbe essere il brasiliano Braz de Aviz.




A poche ore dall'Extra Omnes, che verrà pronunciato dal Maestro delle celebrazioni liturgiche Guido Marini e dalla chiusura del portone della Sistina affidata al Cardinale Harvey, l'ultimo degli eletti, i giochi del Conclave appaiono ancora incerti. 

E' soltanto il Corriere della Sera, oggi ad attribuire a Angelo Scola addirittura 50 voti già sicuri, a partire dal primo scrutinio di oggi pomeriggio. 

Tutti gli altri vaticanisti concordano invece in un quadro al momento molto più frammentato. Scola non supererebbe, per ora, i 35 consensi - lontana quindi il quorum di 77 - così come si fermerebbe al massimo a una trentina di voti il Cardinale Scherer, arcivescovo di San Paolo del Brasile, cui fanno riferimento diversi esponenti della Curia. 

Altri voti andrebbero, nel primo scrutinio all'arcivescovo di New York Dolan e al cardinale canadese filo-ratzingeriano Ouellet.

Se le cose stessero veramente così - scontata la fumata nera di stasera - sarebbero decisivi i quattro scrutini di domani, due la mattina e due il pomeriggio.  Sapremo alla fine della giornata se uno di questi quattro candidati  - e Angelo Scola, superfavorito, in primis - avrà sfondato oltre il muro del pacchetto di voti già consolidato. 

Se invece avremo fumata nera anche domani sera, a partire da giovedì mattina, con il sesto scrutinio, si potrebbe aprire uno scenario completamente diverso, con l'uscita a sorpresa di un outsider, in grado di catalizzare i voti dei due schieramenti. 

Nelle ultime ore si è fatto avanti un nuovo nome, quello del Cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz,  Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, 66 anni, nato a Mafra. 

Durante le congregazioni preparatorie, nei giorni scorsi, Braz de Aviv si è reso protagonista di uno degli interventi più applauditi dai Cardinali (anzi, una specie di standing ovation), di forte e radicale critica nei confronti della Curia e di alcuni metodi divenuti prassi a Roma. 

Questo intervento - e la risposta che Bertone si è sentito in dovere di dare - hanno fatto subito levitare le quotazione di Braz de Aviz, che del resto è considerato un cardinale illuminato e anche pragmatico: è lui il grande organizzatore delle prossime Giornate Mondiali della Gioventù che si terranno a Rio de Janeiro dal 23 al 25 luglio 2013.

Ed è inutile dire che sarà il primo viaggio in assoluto, fuori dell'Italia del prossimo Papa..


Fabrizio Falconi


05/03/10

Quel Celibato da Abolire - di Hans Kung


Credo sia davvero opportuno meditare questo articolo di oggi di Hans Kung pubblicato in prima pagina su La Repubblica.

Abusi sessuali in massa ai danni di bambini e giovani ad opera di preti cattolici, dagli Usa alla Germania, passando per l´Irlanda: un enorme danno di immagine per la chiesa cattolica, ma anche segno palese della sua crisi.

Abusi sessuali in massa ai danni di bambini e giovani ad opera di preti cattolici, dagli Usa alla Germania, passando per l´Irlanda: un enorme danno di immagine per la chiesa cattolica, ma anche segno palese della sua profonda crisi.

Il primo a prendere pubblicamente posizione a nome della Conferenza episcopale tedesca è stato il suo presidente, l´arcivescovo Robert Zollitsch (di Friburgo). La sua condanna degli abusi, definiti «orrendi crimini», e la richiesta di perdono sono primi passi nel processo di assunzione di responsabilità per fare i conti col passato, ma altri devono seguire. La presa di posizione di Zollitsch mostra indubbiamente gravi errori di valutazione, che vanno contestati.

Prima affermazione: Gli abusi sessuali compiuti dai sacerdoti non hanno nulla a che fare con il celibato.
Obiezione! È indiscutibile che tali abusi si verifichino anche in seno alle famiglie, nelle scuole, nelle associazioni e anche nelle chiese in cui non vige la regola del celibato.
Ma come mai si registrano in massa proprio nella chiesa cattolica, guidata da celibatari? Chiaramente queste colpe non sono attribuibili esclusivamente al celibato. Ma quest´ultimo è la più importante espressione strutturale dell´approccio teso che i vertici ecclesiastici cattolici hanno rispetto alla sessualità. Diamo uno sguardo al Nuovo Testamento: Gesù e Paolo sono stati sì esempio di celibato a servizio degli uomini, ma lasciando ai singoli la piena libertà a riguardo. Pietro e gli altri apostoli erano sposati nell´esercizio del loro ufficio. Questa rimase per molti secoli una condizione ovvia per i vescovi e i presbiteri ed è mantenuta fino ad oggi in oriente anche nelle chiese unite a Roma, come in tutta l´Ortodossia, quanto meno per i preti. La regola romana del celibato è in contraddizione con il Vangelo e l´antica tradizione cattolica. Deve essere abolita.

Seconda affermazione: E´ «totalmente errato» ricondurre i casi di abuso a difetti del sistema ecclesiastico.
Obiezione! La regola del celibato non esisteva ancora nel primo millennio. In occidente fu imposta nell´undicesimo secolo sotto l´influsso dei monaci (volontariamente celibi) soprattutto del Papa di Canossa, Gregorio VII, a fronte della decisa opposizione del clero in Italia e ancor più in Germania, ove solo tre vescovi si arrischiarono a proclamare il decreto di Roma. I preti protestarono a migliaia contro la nuova regola. Il clero tedesco così si espresse in una petizione: «Forse il papa ignora la parola del Signore: "chi può capire, capisca"? (Mt 19,12)? In questa affermazione, l´unica sul celibato, Gesù sostiene la libera scelta di questo modo di vivere». La regola del celibato diventa così assieme all´assolutismo papale e al clericalismo forzato uno dei pilastri essenziali del «sistema romano».
Diversamente da quanto avviene nelle chiese orientali, si ha l´impressione che il clero celibatario occidentale, soprattutto attraverso il celibato, si differenzi totalmente dal popolo cristiano: un ceto sociale a sè stante, dominante, che fondamentalmente si erge al di sopra del laicato, ma è del tutto sottomesso al Papa di Roma. L´obbligo di celibato è il motivo principale della catastrofica carenza di sacerdoti, della mancata celebrazione dell´eucarestia, carica di conseguenze, e, in molti luoghi, della rovina della cura personale delle anime. Tutto questo viene dissimulato attraverso la fusione delle parrocchie in «unità di cura delle anime», con parroci costretti a operare sopra le forze. Ma quale sarebbe il miglior incoraggiamento alla nuova generazione di sacerdoti? L´abolizione della regola del celibato, radice di ogni male, e permettere l´ordinazione delle donne. I vescovi lo sanno, ma dovrebbero anche avere il coraggio di dirlo. Avrebbero il consenso della gran maggioranza della popolazione e anche dei cattolici i quali, stando a tutti i più recenti sondaggi, auspicano che ai preti sia consentito sposarsi.

Terza affermazione: I vescovi si sono assunti responsabilità sufficiente.
È ovviamente positivo che vengano ora intraprese serie misure mirate all´indagine e alla prevenzione. Ma non sono forse i vescovi stessi responsabili della prassi decennale di insabbiamento dei casi di abuso, che spesso ha condotto solo al trasferimento dei colpevoli all´insegna della massima riservatezza? Chi in precedenza ha insabbiato è credibile oggi nel ruolo di indagine? Non dovrebbero essere istituite commissioni indipendenti? Finora nessun vescovo ha ammesso la propria corresponsabilità. Ma potrebbe far rimando alle istruzioni ricevute da Roma. Al fine di garantire il più assoluto riserbo la Congregazione vaticana per la fede dichiarò di propria esclusiva competenza tutti i casi importanti di reati sessuali ad opera di religiosi, così i casi relativi agli anni 1981-2005 finirono sulla scrivania dell´allora Prefetto, il Cardinal Ratzinger. Quest´ultimo inviò non più tardi del 18 maggio 2001 una missiva solenne sui gravi reati («Epistula de delictis gravioribus») a tutti i vescovi del mondo, ponendo i casi di abuso sotto segreto pontificio («secretum Pontificium»), la cui violazione è passibile di punizione ecclesiastica.
La Chiesa non dovrebbe quindi attendersi un «mea culpa» anche da parte del Papa, in collegialità con i vescovi? E, come ulteriore riparazione, che la regola del celibato, che non fu permesso mettere in discussione durante il concilio vaticano secondo, possa essere ora finalmente presa in esame liberamente e apertamente in seno alla chiesa. Con la stessa apertura con cui oggi finalmente si fanno i conti con i casi di abuso sessuale dovrebbe essere discussa anche quella che è una delle loro cause strutturali fondamentali, la regola del celibato. È questa la proposta che i vescovi dovrebbero avanzare senza timore e con forza a Papa Benedetto XVI.

Hans Kung
(traduzione di Emilia Benghi)