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03/06/21

Viene alla luce l'incredibile meccanismo con cui rafforziamo i ricordi dormendo




Da tempo i ricercatori hanno esplorato l'affascinante e misterioso legame tra ricordi e sonno

Ora uno studio recente, pubblicato su NatureCommunications, ha individuato come, mentre dormiamo, il cervello produce particolari schemi di attivita' e quando alcuni di queste si intrecciano, le esperienze precedenti vengono riattivate, aiutando a cementare i ricordi

Come noto, mentre dormiamo vengono riattivate delle informazioni precedentemente apprese, e questo ci consente di conservare i ricordi a lungo termine. 

Per capirne meglio il meccanismo, il team ha ideato nuovi test in cui ai partecipanti sono state mostrate informazioni prima di fare un pisolino, quindi l'attivita' cerebrale e' stata monitorata durante il sonno con movimenti oculari non rapidi (NRem) utilizzando la registrazione Elettrocardiogramma

I partecipanti sono stati poi testati dopo il risveglio, per collegare l'entita' della riattivazione della memoria mentre dormivano alla effettiva capacita' di ricordare al risveglio

Centrale è emersa essere la combinazione di due attivita' cerebrali che svolgono un ruolo importante: le oscillazioni lente, ovvero impulsi neurali che viaggiano come 'onde' da un punto all'altro nella corteccia cerebrale durante il sonno profondo, e i fusi del sonno, cioe' improvvise e rapide esplosioni di attivita' cerebrale oscillatoria che annunciano il passaggio da un leggero stadio del sonno a uno piu' profondo.

"Abbiamo scoperto - afferma il co-autore dello studio, Bernhard Staresina, della School of Psychology dell'Universita' di Birmingham - un'intricata interazione di attivita' cerebrale, oscillazioni lente e fusi del sonno, che creano finestre di opportunita' che consentono questa riattivazione", come finestre che riattivano i ricordi. 

"Questi risultati gettano nuova luce sulla funzione di memoria del sonno e sottolineano l'importanza di rispettarne i ritmi per orchestrare la creazione di ricordi", aggiunge Thomas Schreiner, della Ludwig-Maximilians-University, Monaco. 

31/05/21

Nelle popolazioni indigene dell'Amazzonia l'invecchiamento del cervello è del 70% più lento del nostro





Forse è un dato che potrà stupire qualcuno, eppure a pensarci bene non è affatto sorprendente:

Non hanno accesso a cure mediche, ma la salute cerebrale degli indigeni Tsimane, dell'Amazzonia boliviana, e' decisamente migliore di quella di americani ed europei: la perdita di volume nel loro cervello - segno di demenza - e' del 70% piu' lenta che nelle popolazioni occidentali

Lo indica lo studio pubblicato dalla USC Leonard Davis School of Gerontology sul Journal of Gerontology, Series A: Biological Sciences and Medical Sciences

Il merito e' di una vita fisicamente molto attiva e una dieta ricca di fibre, fatta di verdure, pesce e carne magra, a differenza delle nazioni industrializzate, dove si conduce una vita sedentaria e si mangiano molti cibi con grassi saturi. "Gli Tsimane sono un esperimento naturale sui potenziali effetti negativi degli stili di vita moderni sulla nostra salute - commenta Andrei Irimia, uno dei ricercatori - Questi risultati indicano che l'atrofia cerebrale puo' essere rallentata con gli stessi fattori dello stile di vita che riducono il rischio di malattie cardiache".

I ricercatori hanno coinvolto 746 Tsimane adulti tra i 40 e 94 anni, e li hanno portati nella citta' di Trinidad per fargli una tac al cervello, per calcolare il volume del cervello. 

Poi hanno confrontato i risultati ottenuti con quelli di tre popolazioni industrializzate di Usa ed Europa. 

Oltre alla differenza nel volume cerebrale, i ricercatori hanno anche notato che gli Tsimane avevano alti livelli di infiammazione, di solito associati all'atrofia cerebrale nelle popolazioni occidentali, ma che su di loro non aveva particolari effetti sul cervello

L'ipotesi e' che il basso rischio cardiovascolare di questa popolazione indigena superi il rischio infiammatorio, ma pone delle domande sulle cause di demenza. 

Una possibile ragione potrebbe essere che, negli occidentali, l'infiammazione e' legata a obesita' e cause metaboliche mentre negli Tsimane a infezioni respiratorie, gastrointestinali e parassitarie. "Il nostro stile di vita sedentario e la dieta ricca di grassi e zuccheri - commenta Hillard Kaplan, autore dello studio - possono accelerare la perdita di tessuto cerebrale con l'eta' e renderci piu' vulnerabili a malattie come l'Alzheimer". 

03/09/15

SaggiaMente. La sofferenza dell'anima.




La mente non è (solo) il cervello.  Gli occidentali ci hanno messo parecchio a giungere a questa conclusione che nel pensiero orientale era già assodata migliaia di anni orsono. 

Non è solo il cervello - l'organo biologicamente preposto al pensare - l'autore dei nostri stati d'animo, delle nostre ansie, delle nostre intuizioni, dei nostri dolori.   La mente si muove oltre i confini strettamente biologici, oltre le semplici connessioni neuronali (cellule neuronali fra l'altro non esistono solo nel cervello, ma anche in altri organi del corpo): si pensa anche quindi con il cuore, si pensa con lo stomaco, si pensa con gli organi genitali, si pensa con l'intestino. 

Si è felici o tristi anche con il cuore, con lo stomaco, con gli organi genitali, con la pelle, con l'intestino. 

Ma c'è qualcosa che trascende ancora il pensiero, la mente, biologicamente intesa come cervello o in modo più esteso come prosecuzione del/nel corpo. 

Questo qualcosa è stato variamente denominato nel corso dei millenni della storia dell'uomo.  Ad esso, a questo quid, ci si è riferito e ci si riferisce, non sapendo cosa sia, nei più diversi modi.  James Hillman, ne Il codice dell'anima, ha meticolosamente e dettagliatamente elencato questi nomi, che seppure con sfumature diverse, indicano questo quid, che non è, è non sembra essere soltanto mente: carattere;  predisposizione; anima; Sè; destino; istinto; talento.

Si tratta di quel nucleo originario della nostra personalità, della nostra individualità.  

Anche nella consapevolezza e nella accettazione e ricerca di questo quid, il pensiero orientale ha trovato strade di comprensione molto tempo prima, anche se dal pensiero greco platonico in poi, anche la tradizione occidentale ha preso le misure di una componente così essenziale della natura umana. 

Per verificare la potenza di questo quid - e anche la sua reale sussistenza - ci sono diverse strade e diversi cammini personali.   La strada più evidente è quella della sofferenza.   Cioran scrive che è proprio la sofferenza che plasma e crea la coscienza.  

Ma un certo tipo di sofferenza, rende evidente la potenza del quid, cioè dell'anima. 

Sono quelle sofferenze che non appartengono a stati mentali o a patologie o processi meramente cerebrali/neuronali.  Quasi tutti hanno sperimentato quel particolare malessere dell'individuo che non dipende da una malattia biologica - si è perfettamente sani nella mente e nel corpo - ma che sembra insinuarsi direttamente nella nostra radice più profonda dell'essere. 

Si può essere molto felici, esteriormente - avere tutto ciò che apparente-mente serve per essere felici, ogni condizione di bisogno appagata - ed essere al contempo interiormente enormemente infelici. 

Nel recinto di esistenze normali, si dibattono inquietudini interiori, vere crisi, mancanze di senso, infelicità diffuse che dipendono da ciò che il nostro quid silenziosamente o rumorosamente richiede, e che se non ascoltato procura danni enormi. 

La sofferenza dell'anima può infatti generare vere malattie della mente e del corpo. O del corpo e della mente, che appaiono così inestricabilmente legati. 

Ma la sofferenza dell'anima è anche un meraviglioso segnale, di cui disponiamo - se riusciamo a dare ascolto ad esso, e spazio, spazio, spazio - per capire cosa la vita ci chiede e cosa noi possiamo dare alla vita.


Fabrizio Falconi - 2015 


30/06/15

Staccare i contatti.







C'è un pericolo imminente e io non so (o non posso) fermarmi. La cosa avviene oltre la mia disponibilità. Io sono impotente e non posso decidere nulla.

Il mio tentativo di fermare è risibile. Stavolta non ci sono scappatoie. E' stato deciso dall'Alto (o da Altro). Non posso ingegnarmi. Il cervello si scollega, stacca i contatti. E' il buio.

E' come una morte. Mi affido al buio senza nemmeno la possibilità di raccomandarmi con un'ultima preghiera. Sarà quel che sarà.

Ho paura e forse è meglio disconnettersi. In quel limbo buio non c'è niente, non è abitato. Io cado a corpo morto. Poi forse, ci si risveglierà.  Ma quando mi sveglierò sarà tutto diverso.

Dove sono ? Come sarò ? Sarò ancora lo stesso di prima ? Ritroverò tutti i pezzi di me stesso ? Come sarà il mio volto ? Questa disconnessione è stata in un certo senso propizia: non sentirò il dolore. Ma..come sarà quello che verrà dopo ? Sarà peggio del dolore ? O tutto finirà solo come finisce un brutto sogno ?

Fabrizio Falconi 

05/11/13

Quel che abbiamo nel cervello - Numeri stupefacenti (il miracolo dell'intelligenza).





Nella foto sopra - cliccare per ingrandire - un neurone della regione ippocampale del cervello. Il nucleo, l’assone e i dendriti sono visualizzati utilizzando il gene GFP, che esprime una proteina fluorescente nella cellula.

Si pensa che in ogni cervello umano vi siano 100 miliardi (100.000.000.000) di neuroni.

Un singolo neurone - come quello in foto - è grande circa 10 micron. Il puntino sulla i che stai leggendo è grande 0,5 mm (500 micron). Quindi, se si considera che un neurone sia di 10 micron, potresti mettere in fila 50 neuroni lungo il diametro del punto di questa i.

Quanti sono 100 miliardi di neuroni ?

Pensa di contare tutti i 100 miliardi di cellule con una cadenza di una al secondo: quanto tempo ci metteresti?

Ci metteresti circa 3.171 anni .

C'è anche un altro modo di immaginare quanti siano 100 miliardi di neuroni.

Se i neuroni del nostro cervello potessero essere messi in fila formerebbero una linea lunga 1000 chilometri.

TUTTI i 100 MILIARDI DI NEURONI del nostro cervello sono:

1.Circondati da una membrana.
2. Hanno un nucleo che contiene i geni.
3. Contengono citoplasma, mitocondri ed altri "organuli".
4. Hanno prolungamenti specializzati che si chiamano dendriti e assoni.

I dendriti portano le infornmazioni al corpo cellulare, mentre gli assoni le portano dal corpo cellulare ad altre cellule.
I neuroni comunicano fra di loro grazie a processi elettrochimici.
I neuroni formano contatti specializzati che si chiamano sinapsi e producono speciali molecole chimiche chiamate neurotrasmettitori che vengono liberate dalle sinapsi a una velocità di circa 420 KM/h

informazioni tratte da Neuroscience.

09/03/12

Douglas Hofstadter: "La nostra anima risiede non solo nei nostri cervelli, ma anche nei cervelli di altre persone."



Niente di più scivoloso che palare di 'anima'.

Eppure, spesso abbiamo l'impressione che 'anima' non riguardi semplicemente noi stessi, non riguardi direttamente solo e semplicemente l'individualità, la singolarità umana. L'uomo è animale sociale, l'uomo è perfettamente, completamente calato nell'anima mundi. 


Nel 1979, un giovane esperto di intelligenza artificiale sorprese il mondo con un libro di enorme mole, labirintico, geniale e di immenso successo. Il libro era "Gödel, Escher e Bach" e il suo autore Douglas Hofstadter. 

Attraverso logica matematica, musica, paradossi grafici e linguistici, Hofstadter cercava di dare sostanza a un'intuizione che sembrava scandalosa: la mente umana potrebbe non essere altro che un computer, i neuroni dei semplici chip, l'intelligenza mera capacità di eseguire i programmi scritti nel cervello. 

A quasi trent'anni di distanza, molte cose sono cambiate: i computer non occupano più gli scantinati delle università ma sono in tutte le case e in tutte le tasche, e gli studi sul cervello hanno raggiunto un grado di raffinatezza quasi inimmaginabile. Eppure, resta intatto l'ultimo mistero: dove si trova e come è fatta l'anima? 

Cos'è che chiamiamo "io" quando parliamo con noi stessi? Cosa resta di noi (se resta qualcosa) dopo la nostra morte fisica? 

Nell'ultimo libro di Hofstadter, pubblicato anche in Italia, Anelli nell'Io,  Hofstadter affronta anche direttamente il tema della dolorosa perdita della moglie, che ha suscitato nuove e profonde riflessioni.  Inoltre, ritroviamo tutta la sua abilità di divulgatore, capace di spaziare dalla letteratura all'informatica, dai giochi di parole ai dibattiti più attuali della filosofia, dagli esempi più curiosi agli esperimenti mentali più originali e vividi.