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11/06/23

"Via dalla Pazza Folla" di Thomas Vinterberg, una convincente trasposizione da Thomas Hardy, con una splendida Carey Mulligan

Ancora una volta ho apprezzato la grande qualità e la versatilità del regista di "Festen", "Il sospetto", "Un altro giro" (vincitore lo scorso anno dell'Oscar come miglior film straniero).
Visibile a noleggio su Google Play e Amazon Prime Video a 3.99 euro, "Via dalla Pazza Folla" è un adattamento assai scrupoloso del romanzo di Hardy, e meno ingombrante di quello che fu realizzato da John Schlesinger nel 1967, con protagonisti mostri sacri come Julie Christie, Alan Bates, Terence Stamp, Peter Finch.
L'eterna storia di Bathsheba Everdene, bellissima e intelligente, forte, fragile e desiderosa di indipendenza, prima contadina e poi fittavola in una immaginaria contea inglese, contesa da tre uomini molto diversi - naturalmente lei si concede a quello meno raccomandabile - è uno dei classici studi di Hardy che rappresentano la sua concezione totalmente pessimista del mondo.
Il mondo nel quale la natura sa essere punitiva e ingiusta, ma gli esseri umani fanno di tutto per condannarsi all'infelicità.
Bathsheba è uno splendido ritratto femminile, cui Carey Mulligan concede corpo e anima, ed intensa espressività ad ogni sguardo o gesto (del resto la Mulligan è da tempo una delle migliori attrici sulla scena del cinema internazionale).
Il colosso Matthias Schoenaerts è un perfetto Gabriel Oak, il primo a dichiararsi, respinto, a Bathsheba all'inizio della storia, e colui che le resta fedele fino alla fine.
Michael Sheen è il ricco fittavolo William Boldwood, che incastrato da un poco innocente scherzo di Bathsheba ne finisce completamente soggiogato.
Tom Sturridge è invece il famoso sergente Troy del romanzo, scapestrato e fatuo, irresistibile, dannato.
Per sceneggiare un romanzo così complesso - 600 pagine - Vinterberg si è affidato a David Nicholls che ha operato scelte radicali e coraggiose: le prime 200 pagine del libro vengono infatti risolte nei primi 10 minuti del film, che si concentra, come è giusto, nella seconda metà della storia, dove accadono i fatti più rilevanti.
La bellissima fotografia, che ricostruisce meticolosamente gli esterni e gli interni della campagna inglese dell'Ottocento, è di Charlotte Bruus Christensen (danese come il regista), mentre le musiche sono dell'inglese Craig Armstrong, compositore molto amato anche nei circoli rock e jazz.
"Via dalla Pazza Folla" di Vinterberg è insomma un convincente (e pienamente soddisfacente per lo spettatore) adattamento di un grande classico della letteratura, che indaga con fredda e appassionata lucidità gli anfratti e le ombre delle personalità umane, la loro incompletezza, i loro desideri, la speranza di poter un giorno essere felici, perché finalmente consapevoli.

Fabrizio Falconi - 2023

24/12/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 50. "Festen" di Thomas Vinterberg (1998)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 50. "Festen" di Thomas Vinterberg (1998)


Festen fu la grande sorpresa del 1998: questo film danese, diretto da Thomas Vinterberg secondo i dettami del metodo Dogma 95 (è il primo film girato con questa tecnica messa a punto dallo stesso Vinterberg insieme al connazionale Lars Von Trier che l'ha poi portata definitivamente in auge) vinse il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes di quell'anno, con un budget di 1,3 milioni di dollari.

Il film racconta con crudezza feroce la storia di una riunione di famiglia per celebrare il sessantesimo compleanno del padre. 

È una commedia oscura che manipola soggetti di morte e traumi famigliari.

Helge (Henning Moritzen), rispettato uomo d'affari e patriarca di famiglia, festeggia il suo sessantesimo compleanno nell'hotel a conduzione familiare

Riuniti in una grande festa di famiglia e di amici ci sono sua moglie Else (Birthe Neumann), il suo imbronciato figlio maggiore Christian (Ulrich Thomsen), il figlio minore e rozzo Michael (Thomas Bo Larsen), e sua figlia Helene (Paprika Steen) che ha viaggiato molto). 

Un'altra sorella, Linda, si è recentemente suicidata in hotel. Helene trova la lettera di suicidio di Linda, ma lo nasconde in una bottiglia di medicina dopo essere stato sconvolta dal contenuto non divulgato. 

Michael combatte con sua moglie, che aveva precedentemente abbandonato sul ciglio della strada con i loro tre figli.
  
Alla cena di compleanno di Helge, Christian fa un brindisi a suo padre. Durante il brindisi, accusa pubblicamente suo padre di aver abusato sessualmente sia di lui che della sorella gemella (che si è recentemente uccisa) da bambina.

Dopo un iniziale silenzio scioccato, la festa continua come al solito mentre gli ospiti decidono di  far finta di niente. 

Helge allontana Christian per iniziare una conversazione confusa sulle sue accuse. Mette in discussione le sue motivazioni per averlo calunniato, e Christian sembra ritrattare la sua accusa. 

uttavia, Christian è spinto ad ulteriori azioni dallo chef dell'hotel Kim (Bjarne Henriksen), un amico d'infanzia che conosce l'abuso. 

Christian quindi continua il suo brindisi accusando Helge di aver causato la morte di Linda a causa del trauma causato dall'abuso. 

Helge parla solo a Christian e fa offerte minacciose per far apparire Christian coinvolto in un rapporto incestuoso con Linda. 

Esacerbando ulteriormente le tensioni della giornata, si presenta il fidanzato nero di Helene Gbatokai (Gbatokai Dakinah), facendo sì che il razzista Michael guidasse la maggior parte dei festaioli nel cantare la canzone danese " Jeg har set en rigtig negermand " per offenderlo. 

Christian viene perfino picchiato e legato a un albero nel bosco fuori dall'hotel. Ma riesce a liberarsi.  La cameriera, Pia, trova la lettera di suicidio di Linda e la consegna a Christian. 

Christian consegna la nota a Helene e la legge ad alta voce di fronte agli ospiti della festa. 

Nella nota, Linda afferma di essere sopraffatta dal trauma dell'abuso di Helge. 

Helge ammette i suoi misfatti e lascia la sala da pranzo. 

Christian ha un'allucinazione di Linda, che lo fa svenire. 

Anche Michael, ubriaco, chiama Helge fuori e lo picchia duramente. 

La mattina seguente, la famiglia e gli ospiti fanno colazione quando Helge entra e parla al gruppo. Ammette le sue malefatte e dichiara il suo amore per i suoi figli. Michael dice a suo padre di lasciare il tavolo.

Il castello di Skjoldenæsholm è stato il luogo delle riprese di questo film duro e lucido, che resta impresso nella mente e nei cuori. 





11/03/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 2. "Le onde del destino" di Lars Von Trier (1996)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

2. Le Onde Del Destino di Lars Von Trier (1996). 

Prima che la sua carriera di autore fosse funestata dall'abuso di droghe e alcool - come egli stesso ha più volte raccontato -  e dure terapie di disintossicazione, oltre che dalla depressione cronica e dalle sue eccentricità a volte insopportabili, Lars Von Trier, soprattutto all'inizio della sua produzione ha regalato veri capolavori. 

Dopo il magnifico Europa, uscito nel 1991, che concludeva la cosiddetta Trilogia Europea, con il quale vinse il Gran Premio della Giuria al 44mo Festival di Cannes, Von Trier si mise al lavoro per quello che resta il suo capolavoro, le cui riprese durarono quasi 3 anni: Le onde del destino (titolo originale Breaking the Waves, uscito nel 1996 e che ha collezionato un numero infinito di premi in tutto il mondo (tra i quali il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes e la nomination agli Oscar come migliore attrice della protagonista Emily Watson (che ottenne ). 

Chi ha visto questo film una volta, difficilmente lo ha dimenticato. 

Nei quattordici capitoli che segnano la storia - accompagnati ogni volta da una canzone (la colonna sonora è fantastica)  - seguiamo le vicende di Bess McNeill, una ragazza scozzese con problemi psicologici, religiosa e pura di cuore, immerse nell'estremo paesaggio nordico. 

Il destino di Bess è segnato: quando si innamora e decide di sposare Jan, un operaio della piattaforma petrolifera, ateo, va incontro alla disapprovazione della comunità a cui appartiene, intrisa di cultura e fede calvinista.


La felicità dura poco. Bess deve fare i conti con l'assenza di Jan, richiamato sulla piattaforma petrolifera: non le restano che le preghiere sommesse che recita a Dio (e del quale recita le immaginarie risposte) e le rare telefonate che riesce a fare al suo uomo. Fino alla tragica notizia  del grave incidente che Jan subisce e che lo rende paralizzato. 

Inizia così il tormento di Bess  che si ritiene responsabile dell'accaduto, perché il giorno prima dell'incidente ha pregato incessantemente per il ritorno immediato di Jan. 

Non più in grado di soddisfarla sessualmente e mentalmente provato dalla paralisi, Jan impone a Bess di trovare un amante. Inizialmente Bess è inorridita dalla richiesta, ma diventa sempre più propensa ad assecondare Jan, quando questi tenta il suicidio.

Il cammino di degradazione di Bess diventa quindi lentamente un nobile e terribile sacrificio, nel tentativo di espiare il destino avverso. 

Von Trier chiamò questa sua seconda trilogia (iniziata con Le Onde Del Destino e proseguita con Idioti e Dancer in the Dark, la Trilogia del cuore d'oro, costituita da film i cui protagonisti vanno incontro a un doloroso destino a causa della loro bontà e del loro altruismo.

Le Onde del Destino è un film di pura poesia, estremo e lucido, insiste sulle corde più intime del cuore umano, sul dramma della separazione, sulle aspettative e le generosità dell'amore, sulla sofferenza e sulla crudeltà dei fini e dei giudizi esteriori in confronto alla nuda esposizione dell'anima e dei suoi bisogni. 

Il tutto in una veste formale ineccepibile in cui si mescolano i precetti della scuola Dogma, la grandiosa fotografia di Robby Muller e la meraviglia di attori in stato di grazia. 

Fabrizio Falconi

11/07/16

Il film del giorno: "Dopo il matrimonio" di Susanne Bier.





Dopo aver dedicato la sua vita ai bambini indiani abbandonati sulla strada, Jacob Petersen torna a casa, in Danimarca, per cercare soldi ed evitare così la chiusura dell'orfanotrofio, ma si ritrova invischiato pesantemente nel suo passato, con una figlia che non ha mai saputo di avere. 

Bellissimo film danese, piccolo, modesto ed esagerato, con un copione straordinario che ha dato notorietà internazionale alla regista Susanne Bier.

Una profonda riflessione sul sentimento autentico, sulla difficoltà del bene, sull'ombra e sulle responsabilità.


Dopo il matrimonio
di Susanne Bier
Danimarca - Svezia 2006
con Mads Mikkelsen, S.B. Knudsen, Rolf Lassgard.