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14/03/13

Diretta dal Conclave 10./ La novità grande di Bergoglio - Francesco.




E' una bella notizia, quella della elezione di Jorge Mario Bergoglio a 266mo pontefice. 

E' una bella notizia anche perché inaspettata. Ieri, quando è comparsa la fumata bianca, alle 19.10 dal comignolo della Sistina, tutti abbiamo pensato che il nome pronunciato dal Protodiacono dalla Loggia delle Benedizioni, sarebbe stato quello del Cardinale Angelo Scola. 


Non è stato così. Come è stato ricostruito oggi, Scola NON è entrato in Conclave con 50 voti già acquisiti come qualcuno - Il Corriere della Sera - aveva dichiarato, il giorno stesso dell'apertura della Sistina. 


Scola era fermo a 30-35. E probabilmente, anzi sicuramente, nei primi 3 scrutini NON è riuscito ad aggiungere voti.   Pesavano e pesano le divisioni degli Italiani e della Curia. 

Archiviata la candidatura di Scola, si è guardato oltreoceano. Sono stati soprattutto i porporati statunitensi a lanciare la proposta di Bergoglio.  Che ha riscosso l'immediato consenso dei sudamericani, ma anche di africani, asiatici e di una parte degli italiani. 

Così, il nome più inaspettato, è quello risultato vincente. 

Nessuno aveva pensato a Bergoglio, tra gli addetti ai lavori.  Troppo in là con l'età, bruciato nel Conclave precedente dal confronto con Ratzinger, gesuita (e nessun Papa era mai stato gesuita, prima di ieri, nella intiera storia della Chiesa) e unico gesuita in tutto il collegio cardinalizio. 

E invece, ogni pronostico è stato smentito. 

Bergoglio è una scelta felice.  Per diversi motivi. Consiglierei in queste ore di evitare il superficiale e inutile tiro al piccione che sempre si mette in moto ad elezione di Pontefice. Per Ratzinger c'era la sua divisa della Wehrmacht quando aveva 17 anni, per Bergoglio la sua presunta connivenza con il regime dittatoriale argentino. Le cose sono molto più complesse e consiglierei di documentarsi bene. 

Ciò che conta davvero è la portata del tutto innovativa di questo Pontificato, che si è percepita già, interamente, ieri, in quei 15 minuti nei quali Bergoglio è apparso per la prima volta con i paramenti papali. Semplicità, umiltà, franchezza.   Pochi gesti, però davvero rivoluzionari:  un Papa che chiede di essere benedetto dai fedeli prima di impartire la benedizione urbi et orbi ???   Un Papa che piega la testa davanti ai fedeli. Un Papa che resta in silenzio per 32 interminabili secondi, un Papa che recita semplicemente il pater noster insieme ai fedeli.  Un Papa che oggi nella prima messa del pontificato, in Cappella Sistina dice: "senza Gesù Cristo, saremmo semplicemente una ONG".

Presto si capirà la portata - per tutti, non soltanto per i credenti - di un Papa come questo, che si è scelto un nome impegnativo, anche se molto, molto semplice, ma che finora nessun erede di Pietro aveva opzionato: Francesco. 

Fabrizio Falconi


12/03/13

Diretta dal Conclave 8./ Se non passa Scola, l'outsider potrebbe essere il brasiliano Braz de Aviz.




A poche ore dall'Extra Omnes, che verrà pronunciato dal Maestro delle celebrazioni liturgiche Guido Marini e dalla chiusura del portone della Sistina affidata al Cardinale Harvey, l'ultimo degli eletti, i giochi del Conclave appaiono ancora incerti. 

E' soltanto il Corriere della Sera, oggi ad attribuire a Angelo Scola addirittura 50 voti già sicuri, a partire dal primo scrutinio di oggi pomeriggio. 

Tutti gli altri vaticanisti concordano invece in un quadro al momento molto più frammentato. Scola non supererebbe, per ora, i 35 consensi - lontana quindi il quorum di 77 - così come si fermerebbe al massimo a una trentina di voti il Cardinale Scherer, arcivescovo di San Paolo del Brasile, cui fanno riferimento diversi esponenti della Curia. 

Altri voti andrebbero, nel primo scrutinio all'arcivescovo di New York Dolan e al cardinale canadese filo-ratzingeriano Ouellet.

Se le cose stessero veramente così - scontata la fumata nera di stasera - sarebbero decisivi i quattro scrutini di domani, due la mattina e due il pomeriggio.  Sapremo alla fine della giornata se uno di questi quattro candidati  - e Angelo Scola, superfavorito, in primis - avrà sfondato oltre il muro del pacchetto di voti già consolidato. 

Se invece avremo fumata nera anche domani sera, a partire da giovedì mattina, con il sesto scrutinio, si potrebbe aprire uno scenario completamente diverso, con l'uscita a sorpresa di un outsider, in grado di catalizzare i voti dei due schieramenti. 

Nelle ultime ore si è fatto avanti un nuovo nome, quello del Cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz,  Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, 66 anni, nato a Mafra. 

Durante le congregazioni preparatorie, nei giorni scorsi, Braz de Aviv si è reso protagonista di uno degli interventi più applauditi dai Cardinali (anzi, una specie di standing ovation), di forte e radicale critica nei confronti della Curia e di alcuni metodi divenuti prassi a Roma. 

Questo intervento - e la risposta che Bertone si è sentito in dovere di dare - hanno fatto subito levitare le quotazione di Braz de Aviz, che del resto è considerato un cardinale illuminato e anche pragmatico: è lui il grande organizzatore delle prossime Giornate Mondiali della Gioventù che si terranno a Rio de Janeiro dal 23 al 25 luglio 2013.

Ed è inutile dire che sarà il primo viaggio in assoluto, fuori dell'Italia del prossimo Papa..


Fabrizio Falconi


11/03/13

Diretta dal Conclave 7./ Spunta Dolan ?




Spunta l'ombra di un terzo incomodo. Nella corsa al Conclave, quando mancano soltanto poche ore ormai all'Extra Omnes, un solo dato sembra certo: nessuno tra i possibili  "papabili" di questi giorni entrerà nella Sistina con un pacchetto di voti certo, pari a quello di cui poté disporre Joseph Ratzinger nel primo scrutinio del Conclave del 2005, cioè una cinquantina di voti. 

L'arcivescovo di Milano Angelo Scola, il superfavorito della vigilia, e Odilo Scherer, l'arcivescovo di San Paolo del Brasile, gradito alla curia, sono per ora fermi a 35 massimo 40 voti. 

Tra i due contendenti sembra inserirsi un cuneo, che fa capo soprattutto al nutrito drappello statunitense - undici cardinali più tre canadesi - dal quale potrebbe spuntare un terzo incomodo, che potrebbe approfittare di una situazione di stallo tra i due favoriti. 

E se fino a ieri il terzo incomodo aveva le sembianze dell'arcivescovo di Boston, il cappuccino Sean O'Malley, che ieri ha celebrato la messa a Santa Maria della Vittoria, a Roma, oggi prende quota il nome di Timothy Dolan, 63 anni, presidente della conferenza episcopale statunitense. 

Nome forte, nome autorevole, personaggio capace di attrarre i media e presidente della grande arcidiocesi di New York. 

Su Dolan sarebbero pronti a convergere i voti anti-curiali, in caso di stallo sulla candidatura di Scola. 

I giochi, insomma, sono quanto mai aperti. 

Ed esistono almeno altri tre o quattro nomi, il canadese Ouellet, l'altro americano Wuerl, l'ungherese Erdo, per esempio che potrebbero avere chances, in caso di tempi lunghi del Conclave.  Come l'ipotesi africana del ghanese Turkson o quella asiatica del filippino Tagle. 

Fabrizio Falconi

10/03/13

Diretta dal Conclave 6./ Un Papa governatore o un Papa "pastore" e rinnovatore ?





Un Papa governatore o un Papa pastore ? Un Papa autorevole o un Papa capace di parlare al cuore ? Un Papa rigoroso con chi sbaglia e trama o uno capace di credere in una una Chiesa penitente, rinnovata, che abbia il coraggio di cambiare pagina e ricominciare dal messaggio evangelico ? 

E' questa, in fondo, la partita che si gioca nel prossimo Conclave che sta per iniziare tra poche ora. 

Tutto si deciderà nelle prime due sedute, martedì pomeriggio e mercoledì mattina.   Se uno dei papabili che all'ingresso nella Sistina appaiono come favoriti, riuscirà a sfondare il muro dei suoi voti, dei voti già acquisiti, il Conclave potrebbe essere molto breve.

Nel caso contrario, i tempi allungati potrebbero favorire un outsider. 

I porporati che ad oggi possono contare su un buon numero di voti appaiono tre o forse quattro.

Angelo Scola, il favorito numero uno, che però, non ha per ora convinto tutta la numerosa compagine degli italiani, molto frammentata.   

Il brasiliano Odilo Scherer, nome gradito alla Curia e alla nutrita pattuglia dei sudamericani. 

E poi uno degli americani: il cappuccino O'Malley, di cui abbiamo parlato ieri,  o gli altri accreditati Dolan o Wuerl. 

Forse il canadese Marc Ouellet. 

Oggi diversi Cardinali hanno celebrato la messa nelle rispettive parrocchie romane, di cui hanno il titolo. 

Per molti di loro però questo è il primo Conclave. Il rischio di una frammentazione c'è, anche se in queste ora sono al lavoro pontieri e mediatori. 

Staremo a vedere. 

Quel che però appare evidente è che prima di scegliere il nome, bisognerebbe capire COSA si vuole fare, cosa a questo nome è richiesto o sarebbe richiesto di fare. Insomma, quale strada intraprendere. 

La Chiesa cattolica si trova di fronte ad un bivio drammatico: da una parte c'è il rischio concreto di una sempre maggiore irrilevanza e di una scomparsa dall'orizzonte non solo dei riferimenti etici ma anche di quelli spirituali.   Dall'altra c'è un duro cammino di rinnovamento, quello che porterebbe al ri-ascolto di quello Spirito, di quella voce di Dio della quale parlava appassionatamente Etty Hillesum nei suoi diari,  dalla quale ci si è progressivamente allontanati, in nome dei nuovi idoli - controllo, potere, ricchezza, corruzione - dall'adorazione dei quali molti uomini di questa Chiesa non si sono dimostrati e non si dimostrano immuni. 

Fabrizio Falconi



09/03/13

Diretta dal Conclave 5./ Potrebbe essere la volta di 'Francesco I'.




Un Papa Francesco, come è noto, non c'è mai stato

Ma nel mare aperto di questo Conclave - in caso si concretizzasse lo stallo tra le due compagini che sembrano attualmente convergere intorno a due candidati principali, l'italiano Angelo Scola e il brasiliano Odilo Scherer - il gioco degli outsiders potrebbe anche portare a questa sorpresa. 

Tra i cardinali accreditati ad ereditare il Soglio di Pietro, c'è in queste ore infatti, anche l'arcivescovo di Boston, Sean O' Malley, nato in Ohio da genitori irlandesi, appartenente all'Ordine dei Frati minori cappuccini che nella sua esperienza religiosa è stato anche diacono nella lontanissima Isola di Pasqua, in mezzo al Pacifico. 

La nomina di O'Malley a Papa sarebbe per molti versi rivoluzionaria. 

I Papi francescani nella storia sono stati soltanto quattro.   E nessuno di loro ha mai scelto il nome del Fondatore dell'Ordine.

Ma non è solo questo, ovviamente. 

O'Malley, 68 anni, è stato cappellano per i latinos a Washington, dove insegnava letteratura ispanico e portoghese all'Università Cattolica) e questo potrebbe rappresentare un fattore di consenso al Conclave anche da parte dei Cardinali di provenienza centro e sud-americana. 

Ma O'Malley è stato anche uno dei più intransigenti nella lotta al cancro della pedofilia nella Chiesa.  Dopo gli scandali nella diocesi, il frate cappuccino ed ex missionario ha venduto l'episcopio andando a vivere in un piccolo appartamento per pagare i debiti della diocesi di Boston. 

La penitenza per la pedofilia e l'energia e il coraggio che ha messo in questa battaglia lo hanno reso un esempio per molti.  

E il coraggio è davvero ciò che sembra mancare di più in una Chiesa cattolica che sembra spesso e da molto tempo paralizzata dalla paura.  Dalla paura, dal terrore di ogni cambiamento. 

La sua eventuale nomina sarebbe un segnale di speranza e di rinnovamento molto profondo. 

Il segno di una Chiesa che dopo 2.000 anni trova la forza di ricominciare veramente dal basso, e prima di tutto dal riconoscimento delle proprie grandi, estese ombre; della grande lontananza, in molti casi, dalla luce originaria del messaggio evangelico (così spesso contraddetto, tradito e offeso nel corso di questi due millenni, anche da coloro che si pretendevano suoi propagatori). 

Chissà se sarà davvero la volta di un Francesco I. 

Un Papa ispirato allo Spirito di quel Francesco che ottocento anni fa cambiò radicalmente la storia della Chiesa. 

Sono in molti, e noi per primi, ad augurarselo. 

Fabrizio Falconi


08/03/13

Diretta dal Conclave 4./ Lo scoop dell'Associated Press.





Agli esami di giornalismo, per l'accesso all'ordine professionale, si insegnava fino a poco tempo fa che la notizia più importante che si può dare nel corso di una carriera giornalistica è la morte di un Papa (seguita dalla elezione del nuovo). 

E' fin troppo ovvio che la nuova sensibilità post-moderna dominante ha scosso non poco questa ritenuta importanza, e la morte di un Papa o l'elezione di un nuovo è diventata agli occhi di molti del tutto irrilevante, o quasi. 

E' però fin troppo evidente che l'interesse mondiale per questi eventi è ancora larghissimo. In questi giorni a Roma ci sono già 5.000 (cinquemila) operatori dei media accreditati da tutto il mondo, e ogni giorno se ne aggiungono di nuovi. Provengono davvero da tutte le parti del mondo, anche le più remote. 

Nell'ultimo Conclave, quello che elesse Joseph Ratzinger, il pomeriggio del 19 aprile del 2005, ero lì. 

E in quella occasione, quello che è il segreto più impenetrabile per ogni giornalista - ovvero il nome e l'identità del futuro Pontefice nell'intervallo di tempo che separa la fumata bianca dalla proclamazione dalla Loggia delle Benedizioni -  fu violato, seppure per pochi secondi,  da una agenzia americana, l'Associated Press. 

Ma come avevano fatto ? Nessuno dei Cardinali in processione, dal tracciato che va dalla Sistina alla Casa di Santa Marta poteva aver comunicato la notizia. 

Si scoprì più tardi come era stato possibile. 

Un fotografo dell'AP, posizionato su uno dei due Propilei prospicienti la Piazza, con ottima visuale diretta sulla facciata della Basilica, dotato di un potente teleobiettivo, era riuscito a intravedere, attraverso le tende scostate sulla Loggia,  nella penombra, in fondo, dietro il corteo e la croce, il volto di Ratzinger, e aveva dato immediatamente la notizia, prima che il Cardinale eletto fosse nominato dal protodiacono con l'Habemus Papam

Uno scoop im-prevedibile e un po' avventuroso che ha dato all'Agenzia americana il singolare primato di aver per la prima volta nella storia bruciato  il nome del nuovo Papa. 

Fabrizio Falconi

07/03/13

Diretta dal Conclave 3./ Chi sarà il prossimo Papa ? La "sorpresa" potrebbe essere Tagle.





Chi sarà, dunque il prossimo Papa ? 

A pochi giorni dall'inizio del Conclave, impazza, sui media di tutto il mondo, il gioco dei Papabili. 

Due giorni fa stigmatizzato da un ironico e divertente pezzo firmato da Silvia Guidi su L'Osservatore Romano (L'insostenibile leggerezza del pronostico) che cominciava così:  Il pronostico pre-conclave è un genere letterario sui generis in cui spesso - tranne rare, luminose eccezioni - l'interesse dell'argomento è inversamente proporzionale alla conoscenza del tema di cui si sta parlando.  

E' precisamente così e la cosa può anche far sorridere o far pensare come abbiamo scritto qualche giorno fa su questo blog. 

L'esercizio stilistico di indovinare il nome del prossimo Pontefice è un diritto che a quanto pare appartiene a tutti.  E in fondo, considerando il carattere ecumenico rivendicato dalla Chiesa cattolica, è anche giusto che sia così.

Come piccola considerazione personale,  a pochi giorni dall'extra omnes (il fuori tutti) che sancirà l'inizio del Conclave, possiamo dire questo: 

- il Collegio dei Cardinali arriva a questo Conclave piuttosto frammentato. Non ci sono, come nel Conclave precedente, candidati forti, personalità preminenti come furono allora Ratzinger e Carlo Maria Martini. 

- decideranno molti e diversi fattori: l'autorevolezza del nuovo pontefice, certo, ma anche fattori come l'età, la capacità di presentare un volto della Chiesa differente da quello certamente ingrigito e appesantito dagli scandali che abbiamo visto negli ultimi due anni. 

- la lista dei Papabili è perciò di difficile compilazione.  Esistono almeno una dozzina di nomi che sembrano disporre dei requisiti giusti per diventare Papa:  gli italiani Angelo Scola, Gianfranco Ravasi, Angelo Bagnasco;  il ghanese Turkson (il più avvantaggiato tra gli africani); il cappuccino americano O'Malley; il canadese Marc Oullet, il brasiliano Odilo Scherer, l'arcivescovo di Vienna Christoph Schonborn; l'ungherese Peter Erdo; l'honduregno Maradiaga; il messicano Ortega.  

A questi vogliamo aggiungere l'arcivescovo di Manila, il cardinale Luis Antonio Tagle (nella foto).  

La sua scelta sarebbe per molti aspetti dirompente. Innanzitutto per l'età, 'giovanissima' per un Papa: solo 55 anni.  Poi, per le sue doti carismatiche, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni.  Infine, naturalmente, per la sua provenienza, da uno de paesi più cattolici e più poveri del mondo - e più lontani dal geo-centrismo romano. 

Staremo a vedere. Tra pochi giorni sapremo.  

Fabrizio Falconi 

05/03/13

Diretta dal Conclave 2. - Profezia di Malachia e "Pietro II".




E' inevitabile, per i cultori del genere, ripensare in questi giorni di avvicinamento al Conclave, alla Profezia di Malachia (sulla quale anche i giornali e i media si eserciteranno non poco in questi tempi, magari anche a sproposito), il testo medievale pubblicato per la prima volta nel 1595 e attribuito a San Malachia, vescovo e monaco benedettino irlandese vissuto nel XII secolo. 

E', come si sa, un testo molto discusso e la cui autenticità è stata messa in dubbio molte volte nel corso dei secoli, nel quale sono indicati 111 papi per altrettanti pontefici a partire da Celestino II che fu eletto nel 1143. 

Facendo i debiti conti, Benedetto XVI è l'ultimo papa della lista.  

O meglio il penultimo. Perché la profezia si conclude non con un motto, ma con una frase enigmatica e terribile che descrive l'avvento dell'ultimo Papa, indicato come "Pietro II", in questi termini:

In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis. 

ovvero: 

Durante l'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà (un/il?) Pietro (il?) Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli sarà distrutta ed il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Fine.

QUI si può leggere l'elenco completo dei motti relativi ai diversi papi della storia alcuni dei quali, come i recenti de medietate lunae per Giovanni Paolo I e de labore solis per Giovanni Paolo II sono veramente impressionanti per i significati simbolici ai quali possono essere associati. 

Qualche anno fa poi, uno scrittore indiano Schmeig Maria Olaf, ha messo in relazione - in uno dei libri più interessanti sull'argomento, sotto forma di romanzo, pubblicato dall'editore Fazi  - la profezia con i tondi papali cioè i ritratti dei Papi esposti nella trabeazione interna della Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. 

E' un tema sempre pieno di fascino, quello della profezia.  E non è un caso che torni di attualità oggi, un periodo in cui tornano a scorrere istanze millenaristiche o pre-apocalittiche, in diversi ambiti contemporanei. 

Potrà allora sembrare suggestivo constatare che sono almeno CINQUE i cardinali elettori - quelli che parteciperanno al prossimo Conclave, che saranno in tutto 115 -  i quali hanno, come nome di battesimo all'anagrafe, il nome di PIETRO. 

Eccoli.

Peter Kodwo Appiah Turkson, ghanese.
Péter Erdő, ungherese
Tarcisio Pietro Evasio Bertone, attuale Cardinale Camerlengo
Christoph Maria Michael Hugo Damian Peter Adalbert Schönborn, arcivescovo di Vienna.
Odilo Pedro Scherer, brasiliano.

La cosa interessante è che non si tratta di 5 Cardinali qualsiasi, ma di 5 tra i più 'quotati' in assoluto, in queste ore.

Vedremo dunque, se sarà eletto proprio un nuovo 'Pietro'.

Nel qual caso, qualcuno forse comincerà a interrogarsi..

Fabrizio Falconi.


04/03/13

Diretta dal Conclave. 1. Irrilevanza della Chiesa, morbosità dei media.





Ho seguito lo scorso Conclave, seguirò anche questo. 

E una cosa che mi colpisce molto e mi fa pensare è questa clamorosa attenzione mediatica internazionale nei confronti di tutto ciò che in generale riguarda il Papa della Chiesa Cattolica e il Vaticano. 

A fronte cioè di una progressiva perdita di rilevanza della Chiesa Cattolica - almeno in Occidente, in Europa e nel Nord America, ma anche nel Sud america dove ormai le chiese evangeliche sono ben più forti e rilevanti della vecchia Chiesa di Roma - nei comportamenti, nei costumi sociali, nella moralità pubblica, ecc.. corrisponde una sempre crescente febbre mediatica, che non smette mai. 

Ad ogni Conclave, anzi, è sempre più forte.   

Basta vedere lo schieramento delle televisioni di tutto il mondo che coprirà l'evento: in ogni parte del pianeta si vende molto e sempre bene il rituale della elezione del Pontefice di Roma, si vendono sempre e molto bene le cose dei Palazzi Vaticani, anche le minime cose che dovrebbero restare di interesse specifico di una - seppur grande - comunità/istituzione religiosa. 

Sarà perché la Chiesa Cattolica di Roma è l'istituzione vivente umana più antica del mondo - nessuna istituzione di nessun tipo dura da duemila anni, ininterrottamente, e ha attraversato ogni fase storica - sarà perché c'è quel gusto esotico/medievale che sempre affascina, o chissà cosa.

Forse semplicemente il bisogno dell'uomo contemporaneo di trovare qualcosa di solido, o di quasi eterno su cui contare, in un mondo in cui tutto appare provvisorio, precario, caduco, fluido, inconsistente. 

Il Vaticano c'è.  Almeno finché non si avvereranno le profezie di sventura.  E finché c'è, si può dire tutto e il contrario di tutto, si può occuparsene anche soltanto per divertimento o per compatire. 

Ma forse questo vecchio rito millenario parla, in modi più o meno nascosti o riconosciuti, ancora oggi a ciascuno: è il confronto con una storia, una storia lunga duemila anni dalla quale - volenti o no - tutti quelli che sono nati in questa parte del mondo provengono,  al termine di una infinita serie di generazioni. 

Fabrizio Falconi


02/03/13

Marco Guzzi sulle dimissioni del Papa.




Vi propongo qui di seguito - nel contesto delle riflessioni che stiamo pubblicando negli ultimi giorni - un intervento di Marco Guzzi sulle dimissioni di Benedetto XVI. 

Dal 28 di febbraio, alle ore 20, Benedetto XVI non è più Papa, la Santa Sede è vacante, anche se Joseph Ratzinger è ancora vivo

Questo evento è sostanzialmente un unicum nella storia bimillenaria della Chiesa, in quanto gli antichissimi e rarissimi precedenti non sono comparabili a questo evento mediatico mondiale del 2013.

Gli effetti di queste dimissioni saranno immensi e duraturi nei prossimi decenni, anche se da più parti si tenta invano di normalizzare una situazione evidentemente eccezionale, e di sminuirne la portata storica. Paradossalmente proprio questo Papa, che tanto ha insistito sulla necessità di ribadire la “continuità” nella storia della Chiesa, ha compiuto uno dei gesti di più radicale discontinuità che potessimo immaginare, un gesto che sarà ricordato come una rottura senza precedenti, una cesura epocale, un punto finale e un nuovo inizio.

Questo gesto si pone d’altronde nel novero dei grandi momenti di assoluta novità che segnano la storia della Chiesa dalla seconda metà del XX secolo in poi. Che il Concilio abbia determinato un punto di svolta e di ricominciamento, all’interno ovviamente della stessa storia del cristianesimo, ma che comunque abbia avviato processi anche caotici e ambigui che stanno tuttora mettendo in crisi e rigenerando forme secolari della liturgia come della catechesi, della pastorale come dell’intero assetto giuridico ecclesiale, è del tutto evidente. Che la richiesta di perdono, compiuta da Giovanni Paolo II, durante la prima domenica di Quaresima del 2000, sia stata un evento anch’esso unico e sconvolgente lo ribadì lo stesso documento Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, redatto dalla Commissione teologica internazionale: “In nessuno dei giubilei celebrati finora c’è stata una presa di coscienza di eventuali colpe del passato della Chiesa, né del bisogno di domandare perdono a Dio per comportamenti del passato prossimo o remoto. E’ anzi nell’intera storia della Chiesa che non si incontrano precedenti di richieste di perdono relative a colpe del passato, che siano state formulate dal magistero”.

Questi eventi, come il gesto di Benedetto, indicano la direzione ineluttabile di un vero e proprio punto di svolta, esplicitano il bisogno di una conversione radicale della Chiesa, di una purificazione seria e progressiva da tutte quelle forme distorte che ne hanno deturpato il volto e indebolito la testimonianza e quindi l’azione salvifica nella storia per secoli.

Un bisogno di conversione/trasformazione che d’altra parte tocca l’intera umanità contemporanea, giunta tutta insieme ad un punto estremo, ad un bivio sempre più evidente e allarmante tra autodistruzione e rigenerazione profonda.

31/08/12

E' morto Carlo Maria Martini. Quel giorno al Conclave.



Ero,  insieme ad altri, sul tetto del Collegio dei Padri Agostiniani, quella sera del 18 aprile 2005.  

Si stava tenendo il Conclave per la elezione al Soglio Pontificio del 265mo successore di Pietro. C'erano diversi motivi di disorientamento tra coloro che seguivano i lavori, in quei giorni. 

Il primo motivo era la morte di Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla, avvenuta 16 giorni prima, il tardo pomeriggio del 2 aprile, dopo una lunga e lenta agonia.  Un pontefice che aveva segnato così profondamente la storia degli ultimi anni. 

Il secondo motivo era il tempo passato dalla elezione precedente: 27 anni. Essendo stato eletto il polacco, il 28 ottobre del 1978. 

Un tempo così lungo che perfino per i più esperti segnava una barriera temporale ostica: chi ricordava, tra i presenti, esattamente i riti del Conclave ? Chi poteva dirsi preparato ad affrontarli per descriverli minuziosamente, quei riti così complessi, sedimentati nei venti secoli precedenti, frutto di infinite variazioni e correzioni del cerimoniale canonico ?

Una sola certezza sembrava esservi, all'inizio di quello che fu poi uno dei Conclave più veloci della storia (e su questa velocità pesò sicuramente anche proprio quella necessità di riempire il più presto possibile il vuoto lasciato da un predecessore così "ingombrante"):  i due pretendenti più accreditati e più autorevoli erano Joseph Ratzinger da un lato e Carlo Maria Martini dall'altro. 

A molti - e la stampa ovviamente giocò molto su questa dicotomia - sembrava il confronto perfetto: la dogmatica contro il colloquio, la dottrina della fede contro l'umanità del confronto cristiano. 

Vinse Ratzinger.  Le cronache dei retroscena del Conclave riferirono che Martini, riluttante sin dal principio, a ricoprire un compito così gravoso,  sin dopo il primo scrutinio - avvenuto appunto la sera del 18 aprile - scelse esplicitamente di rinunciare,  convinto dal numero esiguo di voti ricevuti (il vero antagonista divenne Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, anche lui Gesuita; ma soltanto per altre due votazioni, al quarto scrutinio Ratzinger ottenne il quorum) nel primo scrutinio e dalla eventuale possibilità di frammentare in due il Collegio dei Cardinali, con la prospettiva di un lungo Conclave che avrebbe potuto avere conseguenze pesanti. 

Sulla decisione pesò anche sicuramente la consapevolezza di una malattia che non perdona - Martini aveva già da sette anni quel Parkinson che oggi l'ha portato alla morte, consumandolo lentamente. 

Mi sono chiesto più volte (me lo chiesi anche in quei giorni) - non sono il solo ovviamente - cosa sarebbe accaduto se Martini fosse divenuto Papa, se fosse stato lui l'erede di Wojtyla, e non Ratzinger. 

Oggi che la grande anima di Carlo Maria Martini ci ha lasciato su questa terra, è inevitabile - ma forse anche profondamente inutile - tornarselo a chiedere.    Eppure forse il progressivo, lento isolamento a cui la malattia  ha costretto Martini - isolamento dovuto negli ultimi tempi anche alla impossibilità di parlare -  ci ha regalato qualcosa di molto più grande, più grande perfino del ruolo di guida della Chiesa cattolica di Roma. 

Lo spirito infatti ha parlato in ogni momento, in ogni giorno, attraverso le sue parole pronunciate e scritte per coloro - sempre più numerosi - che hanno voluto ascoltarle.  E ha parlato anche - fortissimo - attraverso il suo silenzio sofferente.    Forse, anzi, lì più che altrove.  

Non c'era modo più esplicito e più concreto, per tutta quella che è stata la sua parabola terrestre,  per lasciare un segno duraturo della sua presenza che durerà a lungo, che sarà per molti incancellabile e che si racchiude forse in una sola parola: speranza. 

Fabrizio Falconi