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02/05/15

La Madonna di Tarkovskij. Il racconto di un piccolo miracolo. (Santa Maria di Portonovo).




E’ stato uno dei più grandi registi del Novecento: Andrej Tarkovskij.

Nato a Zavrazie, Russia, nel 1932. Morto a Parigi, Francia, dopo una lunga malattia e più di dieci anni di esilio, nel 1986, a 64 anni.

Nei suoi film, l’Infanzia di Ivan, lo Specchio, Solaris, Nostalghia, Sacrificio, ma soprattutto con la sua vita ha incarnato i drammi del ‘900.

Consiglio la lettura dei suoi diari, pubblicati con cura dopo la sua morte, dal figlio Andrej A. Tarkovsky. 

Se si affronta questo libro - Martirologio (edizioni della Meridiana,2002) - si scoprirà uno dei testi più spirituali più alti del secolo scorso. 

C’è un episodio poco noto della sua vita, raccontato proprio nei suoi Diari. Che avvenne nel maggio 1980. 

Tarkovskij è già esule da parecchio tempo. Vive in Italia, a Roma, e un po’ dove capita, dove lo portano i suoi film, e i pochi amici veri che si è fatto, nonostante la difficoltà della lingua, e di un carattere introverso e poetico

Uno di questi amici è Tonino Guerra. Con Guerra, Tarkovskij, gira in lungo e in largo per l’Italia alla ricerca di luoghi che lo ispirino, per il prossimo film, che sarà Nostalghia.

Ed ecco quello che scrive quel giorno. 3 maggio 1980.

"Oggi mi è successa una cosa straordinaria. Eravamo a Loreto, dove Franco Terilli ha pregato davanti all’immagine del suo santo patrono, uno dei defunti papi. A Loreto c’è una chiesa famosa ( come a Lourdes ) nel centro della quale sorge la casa, portata da Nazareth, dove è vissuto Gesù. 
Quando mi sono trovato nella Chiesa ho sentito che era un peccato che io non potessi pregare in una chiesa cattolica, non è che non potessi, ma non lo desideravo (ricordiamo che essendo russo Tarkovskij era di religione ortodossa ndr). E’ in qualche modo un ambiente estraneo.
Dopodiché capitiamo per caso in un piccolo paesino in riva al mare, Portonovo, in un’antica chiesetta del X. secolo. Sull’altare vedo all’improvviso un’immagine della Madonna di Vladimir. Mi hanno raccontato che un tempo un pittore russo regalò alla chiesa questa copia della Madonna di Vladimir, probabilmente fatta da lui.
Incredibile ! Trovare improvvisamente nella chiesa di un paese cattolico un’icona ortodossa, proprio nel momento in cui mi rammaricavo di non aver potuto pregare a Loreto… Non è un miracolo, questo ? "

La Theotokos di Vladimir (greco: Θεοτόκος του Βλαντιμίρ), nota anche come Madre di Dio della tenerezza, Madonna di Vladimir o Vergine di Vladimir, una delle icone ortodosse più venerate e famose al mondo 


Per capire bene come questo episodio sia davvero insolito, e del perché abbia così impressionato Tarkovskij, allora, bisogna andare personalmente a Portonovo. 

Io ci sono stato diverse volte. E’ un paese senza case, senza nulla. Un ex porticciolo, oggi raffinata località turistica sotto il promontorio del Conero. 

L’antichissima Chiesa di Santa Maria di Portonovo è praticamente l’unica costruzione esistente, a parte gli stabilimenti balneari. La sua posizione è incredibile.

Questa chiesetta è da molto tempo, completamente spoglia. 

 L’unico arredo è rappresentato appunto dalla copia di quella antica icona russa, sopra l’altare, la Madonna di Vladimir. Che è davvero molto difficile trovare in una qualsiasi altra chiesa italiana.
Ecco perché questo dovette sembrare a Tarkovskij, un piccolo  miracolo…

La Chiesa di Santa Maria a Portonovo

Fabrizio Falconi.

25/11/14

Per dirmi che sei fuoco (Santa Maria di Portonovo, Conero).





Camminano verso la chiesa, Nico davanti e Valentina subito dietro, e in pochi minuti sono al cancelletto verde che delimita il recinto all’interno del quale c’è l’antica costruzione. C’è una targa dove sono riportate notizie storiche, Valentina inizia a leggere. Nico intanto si guarda intorno alla ricerca della casa bianca. La individua nel fitto degli alberi che risalgono il crinale del monte, a pochi metri di distanza.
«Vieni».
Valentina lo segue lungo un sentiero di terriccio. Arrivano su di un piccolo spiazzo, al centro del quale c’è questa casupola di calce, di pochi metri di superficie, cilindrica, con il tetto di legno e tegole, e una finestrella munita di zanzariera.
La porta di legno non è fornita di campanello. Nico batte le nocche più volte, ma sembra proprio che non vi sia nessuno. Provano a sbirciare attraverso la finestra, le cui imposte lasciano spazio a sufficienza. C’è penombra, non si vede null’altro che il profilo di qualche mobile. Nico fa il giro della casa, nota ad un certo punto affisso al muro un quadratino di terracotta raffigurante un cane o un lupo. Nient’altro. Valentina si volta indietro: constata come dalla soglia della casetta bianca si goda una gran bella vista: il profilo della chiesa romanica, i tronchi dei pini, il fianco della montagna, il mare con le scie dei motoscafi al largo.
Tornano indietro.
Quando arrivano alla chiesa, Valentina si accorge che l’antico portone è socchiuso, ed entra. Non ha capito, non sa che intenzioni abbia Nico, se voglia aspettare lì il ritorno a casa del padre, ma intanto lei ne approfitta per visitare l’interno dell’abbazia. Però c’è poco da vedere: è stata da poco restaurata, le forme architettoniche sono romanico puro, ma è completamente spoglia, non c’è nemmeno un quadro alle pareti e agli altari, né un oggetto d’arte, un ciborio, un baldacchino, niente. Soltanto, sulla parete di fondo, una icona della Madonna. Valentina scopre una piccola targa inchiodata al muro: copia della Sacra Madonna di Kazan.
«Andiamo!»
È la voce di Nico, che la chiama, da fuori.
Valentina si prende un altro poco di tempo, poi esce dalla porticina al lato dell’abside e vede Nico già incamminato lungo il sentiero verso il mare. Tornano allo stabilimento dove si sono fermati prima. Nico entra prima di Valentina e va diretto al tavolino dov’era seduto il vecchio. Soltanto che quello nel frattempo non c’è più. Al suo posto, una ragazzina grassa, guarda anche lei la televisione. Nico le chiede del vecchio, e lei fa cenno fuori, verso la spiaggia.
Il vecchio indossa adesso un cappello di paglia, e armato di un rastrello rassoda la ghiaia, tra le fila di ombrelloni.
Nico e Valentina si avvicinano sotto il sole, che fa sudare.
Il vecchio nemmeno si accorge di loro, continua a rimestare col suo rastrello. Nico gli tocca il braccio. Lui si volta, e li guarda come se li vedesse per la prima volta. «Siamo stati alla casa bianca,» dice Nico, «ma non c’è. Ha idea di dove sia? Di quando ritorna?»
Il vecchio lo fissa con aria interrogativa.
«Montefiori!» dice Valentina.
«È una parola,» sbotta allora il vecchio, gettando via il rastrello, e passando il dorso della mano sulla fronte, «che volete che vi dica? Chi ci capisce con quello? Scompare, riappare. Chi sa dov’è… Sarà… tra i monti».


Fabrizio Falconi - Per dirmi che sei fuoco, Gaffi 2012, pag.38

La chiesa che ha ispirato questo brano è Santa Maria di Portonovo, al Conero.