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05/06/19

Libro del Giorno: Roberts Avens: "Heidegger, Hillman e gli Angeli - Per una nuova gnosi" .


E' un libro importantissimo, questo pubblicato dalle splendide Edizioni Atlantide, e speriamo che qualcuno - nel distratto mondo della cultura italiano, o di quel che ne resta - se ne accorga.

E' stato pubblicato nel 2003 negli Stati Uniti ed era finora inedito in Italia.

Roberts Avens (1923-2006) è stato uno dei più importanti filosofi e storico delle religioni. I suoi studi su Henry Corbin (il grande orientalista francese) in relazione al pensiero e alla teologia occidentali sono considerati seminali.

Di origini lettoni e per molti anni Professore Emerito di Studi Religiosi alla IONA di New York, Avens era anche poeta sotto lo pseudonimo di Roberts Mūks.

Credo che proprio questa sua propensione poetica spieghi la qualità del linguaggio filosofico di Avens, il suo essere sempre pienamente in bilico tra immagine e pensiero.

Studioso di Jung, Hillman, Barfield, Cassirer e tanti altri, Avens ha realizzato con "Heidegger, Hillman e gli angeli - per una nuova gnosi"  un'opera di incredibile fascino, che propone un approccio completamente diverso, originale, alla conoscenza della realtà, con la sua concezione di mundus imaginalis, nel quale schiere di angeli (intesi qui non come messaggeri divini, né come spiriti eterei, ma come immagini, attraverso la quale la realtà nascosta e più autentica si manifesta) forniscono il fondamento cosmologico della realtà.

Tra “credo” e “ragione”, tra "fede" e "pensiero", Avens dunque sceglie una terza via, la gnosi.

Attraverso la geniale (e inedita) comparazione tra Heidegger e Hillman (e con il costante riferimento di sottofondo al pensiero di Corbin), Avens ci conduce in un regno misterioso infuso d’anima, di una conoscenza salvifica che passa per le immagini archetipiche. 

Un mundus imaginalis che ha luogo non nel mondo esterno dei fatti storici, ma nel sotterraneo monde dell'anima. Il misticismo di Avens (che si riferisce a quello dell'ultimo Heidegger) è essenzialmente uno stile di coscienza politeistico (non nella accezione pagana, ovviamente), che vede l'anima in ogni cosa, o, come preferirebbe dire Heidegger, "che lascia le cose coseggiare e quindi le ri-lascia nel proprio essere". 

Sono evidenti le correlazioni con il pensiero orientale, e a quello eckhartiano, dove una nozione dell'Essere quasi mistica si manifesta, nell'uomo, attraverso la policentricità della psiche, che come aveva scoperto Jung, e esplicitato il suo allievo James Hillman, si esplica in un campo di multiple particelle luminose, come barlumi o scintille, che corrispondono ai più piccoli fenomeni della coscienza. 

E' soltanto l'Ego che crea un simulacro di unità, l'Ego: un mostro che ingoia ogni molteplicità e ogni differenza. 

Questo libro è una avventura straordinaria attraverso la complessità misteriosa della nostra psiche, della coscienza, del suo collegamento con il mondo fertile e pullulante delle immagini, che come una rete neuronale ci collegano all'anima stessa del mondo, e in definitiva a quella divina, di cui questo nostro pulsare è immagine. 

“Conosciamo il mondo perché la nostra anima personale è, fin dall’inizio, collegata all’anima del mondo” , scrive Avens. 

Un libro difficile, ma enormemente gratificante, quindi imperdibile, nella bella e chiara traduzione di Matteo Trevisani.

Fabrizio Falconi


22/04/18

Il Libro del Giorno: "Conoscenza, Ignoranza, Mistero" di Edgar Morin.




E' uno dei libri più intensi e meravigliosi che mi sia stato dato di leggere negli ultimi decenni. 

Quasi centenario (l'8 luglio compirà 97 anni), Edgar Morin ha scritto lo scorso anno questo breve saggio (148 pagine) di incredibile lucidità e profondità di sguardo. 

Con la sua celebre prosa asciutta e densa, il nobile vegliardo della filosofia contemporanea riesce ad offrire un testo-compendio, o testo-testamento, summa del suo percorso di conoscenza, durato quasi 70 anni tra studi, cattedre, onorificenze, seminari, convegni internazionali, pieno di folgoranti illuminazioni e di profonda consapevolezza. 

Con gli occhi lucidi di chi si avvicina alla morte, Morin distilla un percorso lungo l'attuale panorama delle conoscenze umane più estreme: cosa è la realtà, cosa è l'universo immane che ci circonda, cosa è la vita biologica, come sia nata e come sia possibile l'evoluzione, cosa sia la creatività della vita vivente, cosa quella umana e che cosa sia l'umano, che è sconosciuto a se stesso, cosa siano il cervello e la mente, cosa sia l'orizzonte post-umano che sembra attenderci tutti.

La constatazione, l'elencazione di queste conoscenze, rende evidente ciò che già avevano intuito i nostri padri. Chi aumenta la sua conoscenza aumenta la sua ignoranza, scriveva Friedrich Schlegel.  E San Giovanni della Croce: E la sua scienza aumenta mentre rimane senza sapere.

Queste due frasi sono portate in ex ergo insieme a diverse altre e riassumono lo spirito del libro: La conoscenza - che Morin ama smisuratamente, al punto di averne fatto il centro della propria esistenza - è problematica, perché, come scrive nelle prime pagine, Tutto ciò che è evidente, tutto ciò che è conosciuto diventa stupore e mistero. 

L'essere umano, infatti vive gettato (Heidegger) in una realtà misteriosa nella quale armonia e disarmonia si combinano e ciò che concorda e ciò che discorda si uniscono (Eraclito).

Più sappiamo del nostro universo, dell'universo che abbiamo intorno e che esploriamo con i nostri mezzi tecnologici sempre più potenti, sempre meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare che il 95% del nostro universo è formato di massa oscura ed energia oscura che non sappiamo ancora cosa siano. Per non parlare di come esso si sia formato e da cosa, di cosa vi fosse prima, di cosa ci sia oltre, di quale sia il destino dell'universo stesso. 

Più sappiamo della vita biologica, attraverso le nostre conoscenze, e meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare a come e perché la vita si sia sviluppata da sostanze inerti, del come essa si sia evoluta, di come in quel filamento di DNA siano contenute le informazioni contenute in 2 miliardi di anni di evoluzione dal primo organismo unicellulare alla macchina infinitamente complessa che è il corpo umano. 

Più sappiamo del cervello e della mente, attraverso indagini sempre più affrofondite, meno sappiamo di una macchina formata da cento miliardi di neuroni (dieci alla undicesima) collegati tra di loro e intrecciati in centomila miliardi di connessioni sinaptiche immerse in bagni di cellule gliali, meno sappiamo di cosa sia la coscienza, di come essa si sia formata, meno sappiamo del confine che esiste - ammesso che esista - tra la mente e il cervello. 

Più sappiamo del mondo atomico, e meno sappiamo, meno riusciamo a capire come sia possibile che tutta la realtà che noi vediamo sia formata essenzialmente da vuoto e da minuscole cariche elettriche, da particelle che sono anche onde e da quanti di energia. 

Insomma, il libro di Morin è una sublime  e informatissima cavalcata attraverso le estreme frontiere della scienza e della conoscenza, attraverso quello che hanno rivelato e quello di ancora più grande che nascondono, attraverso il mistero sconfinato che ci circonda e ci abita. 

Il fiammifero che accendiamo nel buio, scrive Morin, nelle ultime pagine, non solo rischiara un piccolo spazio, rivela anche l'enorme oscurità che ci circonda.

E' però un libro mirabile perché non vi è in esso una abiura della conoscenza, una rinuncia delle sue facoltà. Il Mistero non sminuisce per nulla la conoscenza che conduce ad esso, scrive anzi Morin.

Si può vivere, come fanno in tanti, quasi tutti, ignorando, banalizzando, razionalizzando l'ignoto e l'inconoscibile, in definitiva rimuovendolo e facendo finta che non esista.

Ma non servirebbe e non serve a niente: Morin ci impartisce invece una lezione definitiva. Il Mistero va affrontato, il mistero ci incoraggia a decidere e ad agire nell'incertezza, ci pungola a partecipare all'avventura umana,  una avventura che mischia il sublima e l'orribile, ci spinge ad accettare consapevolmente e con pienezza, la nostra aspirazione alla gioia e all'estasi che ci dà il senso (illusiorio? veritiero?) di unirci a un'innominabile sublimità che ci trascende. 

Un libro che è una esperienza. Anzi che E' esperienza. E che non si dimentica.



29/09/15

Oltre la Mente. La vita è chiaroscuro.


La mente non è un corpo rigido.  Nemmeno la visione lo è.  Nemmeno i suoni che percepiamo, o le sensazioni tattili delle nostre mani.   La mente elabora i tracciati vibrati dei sensi, ma è già a sua volta elaborata per essere duttile o elastica. 

Un pianto si risolve in riso, un riso in pianto. L'evoluzione della mente umana, basata su esperienza e conoscenza, è come una pianta che si solleva dal terreno e cresce sovrapponendo cellula a cellula, con il passare degli istanti. 

Come la pianta formata di tessuto cellulare, anche la mente è elastica, mutevole, si adatta all'ambiente circostante, seguendo la propria natura. 

La sperimentazione del vuoto della mente avviene in alcuni stati, come l'incoscienza o la meditazione profonda.  Ma anche in quei momenti, la mente non è mai vuota. 

Come insegnano le moderne conoscenze scientifiche, il vuoto non esiste.  

Nella fisica moderna il vuoto è ben lungi dall'essere vuoto, scrive Fritjof Capra  Al contrario, esso contiene un numero illimitato di particelle che vengono generate e scompaiono in un processo senza fine.  Il "vuoto fisico" non è uno stato di semplice "non-essere", ma contiene la potenzialità di tutte le forme del mondo delle particelle.

Il vuoto è dunque potenzialità.  Quel che noi chiamiamo 'vuoto' è una zona grigia, dove il bianco non è del tutto bianco (e non può esserlo) e il nero non è del tutto nero (né può esserlo). Il grigio, in ogni sua possibile gradazione, è possibilità, infinite possibilità.

Alla Mente dunque, se è concesso di individuarsi solo per contrasto, cioè differenziandosi, è consentito di fare esperienza e quindi di crescere, soltanto per gradazioni, per variazioni: il sole se è pieno uccide, il buio se è pieno uccide. 

La vita può prosperare solo nello spazio intermedio, la vita della mente può prosperare solo nello spazio intermedio. 

Come scrive C.G.Jung, purtroppo, come tutto ciò che è sano e durevole, la verità si tiene più sulla via di mezzo che noi a torto detestiamo. 


E quel purtroppo è molto eloquente (specialmente detto da Jung): tutti vorremmo infatti un bel piatto caldo, già pronto da mangiare.  Tutti vorremmo non interrogarci troppo.  Tutti vorremo come l'aspirante pittrice de Lo stato delle cose (Wenders,1982) non dover diventare matti con il chiaroscuro, che rende irriproducibile quello che vediamo, impossibile da catturare. 

Una mia cara amica ha detto: Io sento in me istinti che devo combattere e contrastare. Tutta la mia tensione interiore è generata da una lotta continua tra ciò che sento giusto e buono e ciò che in realtà faccio quotidianamente.

Sembra essere lo stato permanente in cui si muove la nostra mente. Che è come un mare inquieto, liquido, in movimento. Il che stabilisce anche la nostra incompletezza, perché qualcosa in noi aspira o aspirerebbe ad un porto sicuro, ad un confine certo.  Ad un bianco o nero.

Ma questa imperfezione o incompletezza E' la vita.

Che non è data da altro se non da questo.   Una volta appresa, con profonda consapevolezza, questa lezione, si può o si potrebbe dire, insieme a Simone Weil:

Io desidero, io supplico che la mia imperfezione si manifesti ai miei occhi, interamente, totalmente, per quanto ne è capace lo sguardo del pensiero umano. Non perché esso guarisca, ma perché, anche se non dovesse guarire, io sia nella verità.


Fabrizio Falconi (C) - 2015 riproduzione riservata.




25/08/14

Le cose non sono mai come sembrano (e nemmeno come sono).





Non solo le cose non sono mai come sembrano, ma non sono nemmeno come sono.

Sembra inevitabile e rassicurante dare un nome alle cose, definirle. Farle essere come sostanza.

Ma, come sappiamo bene da qualche decennio, ogni cosa è più cose. E più cose tutte insieme. Lo è in natura e lo è in ogni essere umano.

Nello stesso senso della percezione che ne avevano avuto i padri greci, tutto è molteplice.

Il desiderio di imprigionare le cose nasce dalla paura di perdersi, di confondersi, di non trovare più approcci saldi, sicuri, di smemorarsi nella stessa infinitezza del mondo.

Ma c'è una sincerità più profonda.

Quella di abbandonare la pretesa di ordinare il mondo e di accettarne la straripante bellezza, quella evidente e quella nascosta.

Se si accetta, si crede.  Non ascoltare più soltanto il suono monotono della nostra mente (isolata dal mondo, nostalgica di questo isolamento, malata).

Si scopre così che la maggior parte delle cose che si credono (di qualunque natura) si credono sulla base di un principio volitivo (convinzioni, pregiudizi,consuetudini, ragionamenti, motivazioni) e solo in minima parte sulla base di quel che si sente (istinto, cuore, interiorità).

Ma il cuore ha conoscenze che attingono ad una fonte più profonda. E ignota.

Ascoltarla, bisogna.



Fabrizio Falconi - © riproduzione riservata. 

26/10/13

Il declino culturale in Italia. L'eloquenza dei numeri.





Parliamo spesso di declino, in Italia.

Credo che, senza nessuna nota apocalittica, ma con semplice realismo, molto si può dedurre da questi semplici numeri che riporto. 

Copie di libri stampate in Italia per abitante ogni anno: 3.5 
Percentuale di italiani che in un anno ha letto almeno un libro: 46%. 

Dal raffronto di questi due numeri è piuttosto semplice concludere che quasi DUE copie di libri per ogni abitante che vengono stampate in Italia (ovvero 120.000 MILIONI DI COPIE DI LIBRI = 2 libri per abitante x 60 milioni di abitanti), NON vengono lette da nessuno.

Il secondo dato riguarda la percentuale dei laureati sul totale della popolazione (compresa tra 25 e 64 anni nell'anno 2O11): 

Regno Unito 37%. 
Belgio 34.6%. 
Spagna 31.6%. 
Francia 29.8%. 
Germania 27.6%. 
Grecia 25.4%. 
Slovenia 25.1%. 
Italia: 14.9%.  

Credo che non ci sia bisogno di aggiungere altro, se non ricordarsi del famoso adagio che recita: più un popolo è privo di conoscenza, più è facile controllarlo.

Fabrizio Falconi