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11/06/22

Oscar Wilde in Vaticano: l'attrazione per il cattolicesimo e la conversione in punto di morte


Oscar Wilde fu, nella sua vita, assai attratto dal cattolicesimo, che trovava seducente anche per la sua ricca liturgia, e più volte discusse con amici sacerdoti dell'intenzione di convertirsi.

Desiderava fortemente partecipare ad una udienza in Vaticano, cosa che fece nel 1877, visita a cui si riferisce la foto qui sopra che lo ritrae in una deserta Piazza San Pietro.
Al termine dell'incontro - il papa era Pio IX - scrisse «Ieri ero in prima fila con i pellegrini in Vaticano ed ho ricevuto la benedizione del Santo Padre. Era meraviglioso mentre sfilava di fronte a me portato sulla sua Sedia gestatoria, non era né carne né sangue, ma un'anima candida vestita di bianco, un artista ed un santo. Non ho mai visto nulla di simile alla straordinaria grazia dei suoi modi; di tanto in tanto si sollevava probabilmente per benedire i pellegrini, ma certamente le sue benedizioni erano rivolte a me».
In seguito così ricordò la figura di Leone XIII: «Quando vidi il vecchio bianco Pontefice, successore degli Apostoli e padre della Cristianità, portato in alto sopra la folla, passarmi vicino e benedirmi dove ero inginocchiato, io sentii la mia fragilità di corpo e di anima scivolare via da me come un abito consunto, e ne provai piena consapevolezza».
A papa Leone XIII Wilde attribuì addirittura il miracolo di averlo guarito con la benedizione pasquale, da una grave forma di dermatite che lo affliggeva: «Il Vicario di Cristo ha fatto tutto», dichiarò. Da quel momento iniziò ad andare molto spesso, durante il suo soggiorno romano, alle udienze pontificie.
In quegli anni lesse avidamente i libri del cardinale Newman, il noto sacerdote anglicano che si era convertito al cattolicesimo e nel 1878, quando incontrò il reverendo Sebastian Bowden, sacerdote dell'Oratorio di Bromptonche che aveva ricevuto alcuni convertiti di alto profilo, gli annunciò la volontà di convertirsi.
Ma Wilde, il supremo individualista, si rifiutò all'ultimo minuto di impegnarsi in qualsiasi credo formale, e nel giorno stabilito del suo battesimo al cattolicesimo, inviò invece a padre Bowden un mazzo di gigli d'altare.
Ciò nonostante Wilde mantenne per tutta la vita un forte interesse per la teologia e la liturgia cattolica.
Tre settimane prima di morire, dichiarò ad un corrispondente del «Daily Chronicle»: «Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L'aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni. Ho intenzione di esservi accolto al più presto».
Mentre si trovava in punto di morte, il suo amico Robert Ross condusse presso di lui il reverendo cattolico irlandese Cuthbert Dunne. Non essendo Wilde in grado di parlare, Ross gli chiese se voleva vedere il sacerdote dicendogli di sollevare la mano per rispondere affermativamente. Wilde la sollevò. Il sacerdote gli domandò, con la stessa modalità, se voleva convertirsi, e Wilde sollevò nuovamente la mano. Quindi padre Dunne gli somministrò il battesimo condizionale, lo assolse dai suoi peccati e gli diede l'estrema unzione.

Fabrizio Falconi

16/09/09

La conversione del cuore, un cambiamento di prospettiva radicale.


Come è possibile invertire la tendenza ? Come è possibile sfuggire al giogo del non-senso, di questo apparente - ma schiacciante - caos del mondo, che ovunque sembra dettare il suo dominio ?

Come è possibile "sintonizzarsi" su una frequenza diversa ? Qualcosa che dia non 'un' senso, ma 'IL' senso ? Sono convinto che nessuna conversione (dal latino convertere, cioè volgere, trasformare, mutare) è possibile, nella nostra vita, se non mutando completamente la prospettiva della nostra individualità sorda, che alimenta lo stato manicomiale del mondo.

Qui non si parla di una conversione religiosa, tout court, ma di una conversione 'di pensiero'. Prtoviamo infatti a leggere queste frasi di Isaia, e di Gesù (sono tratte dalle Letture di Domenica scorsa), prescindendo da un contesto strettamente religioso.

Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.
È vicino chi mi rende giustizia:
chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci.
Chi mi accusa? Si avvicini a me.
Ecco, il Signore Dio mi assiste:
chi mi dichiarerà colpevole?

Sostituiamo alla parola " Dio " la frase "il mio prossimo". Che vuol dire, il mio vicino, il mio amico, il mio fratello.
La sostanza non cambia: dobbiamo concedere fiducia a qualcuno che non siamo noi. La nostra prospettiva cambia immediatamente. Invece di "farci giustizia da soli". Invece di reagire, invece di creare altro caos nel mondo, seminiamo pace, seminiamo un nuovo ordine. Invertiamo l'ordine (apparente) del mondo.

Il Vangelo di Marco recita:
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli,
rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».


"Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua."
Non è questa l'unica rivoluzione del mondo possibile ? Non è soltanto quando rinneghiamo noi stessi, nel senso che finalmente ci mettiamo FUORI dal centro del mondo, che riusciamo a scoprire qualcosa di nuovo, nelle nostre povere vite ?

"Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà".

E' un cambiamento di prospettive spaventoso. Per ora, fermiamoci qua. Pensiamo soltanto a questo. Pensiamo a come, volendo disperatamente salvare la propria vita, noi, noi tutti, spesso non facciamo altro che perderla. Perdere la vita, perdere noi stessi. Perdere il senso, l'orientamento, l'arrivo, la destinazione di tutto. Per il resto, per il salto della fede, c'è tempo. C'è tutto il tempo della vita, e del mondo.

27/01/09

Il Vangelo della Domenica scorsa - "Convertitevi e credete al Vangelo."




VANGELO Mc 1,14-20

Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello diSimone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Cosa vuol dire 'convertirsi' ? L'etimologia della parola, dal latino convertere (cum vertere) vuol dire letteralmente 'voltarsi con forza', 'volgersi con forza', cioè Trasformarsi, Trasmutarsi, Destinare ad un uso diverso.

Trasformarsi, Trasmutarsi, Destinare ad un uso diverso. Destinare ad un uso diverso, cosa ? Semplicemente se stessi.

Chiunque sperimenta nella vita di tutti i giorni che la cosa più difficile di tutte, per ognuno di noi, è cambiare. Cambiare noi stessi.

Cambiare sembrerebbe la cosa più naturale del mondo, visto che viviamo in un mondo im-permanente, dove tutto cambia, dove ogni cosa cambia in ogni momento, dove ogni cosa si trasforma, dove panta rei.

Noi esseri umani, invece, forse proprio a causa del sacro terrore che ci ispira questa im-permanenza, facciamo di tutto nella vita per evitare cambiamenti. L'unico scopo della nostra vita sembra essere quello di costruirci qualche tipo di (provvisoria) certezza: il lavoro, gli impegni, le mie convinzioni, le mie ideologie, le mie abitudini, le mie consuetudini, ecc..

Tutto pur di evitare di doverci mettere in discussione, di doverci domandare: " ma io chi sono veramente ? " " cosa sento e cosa provo veramente ? " e " cosa voglio per me, esattamente ? "

Domande che ci mettono a disagio, perchè ad esse è difficile rispondere, e sono domande che suscitano molti dubbi. E i dubbi, noi in generale non li vogliamo.

Gesù Cristo viene a scardinare tutto questo. Viene a ribaltare completamente il nostro 'io vecchio'. Viene a dirci: basta, adesso. Alzati, e seguimi: tutto il resto non conta. Tutte le piccole certezze che ti sei costruito, e sulle quali pensi di poter stare comodamente seduto, senza senso.


Le reti - simbolo delle nostre occupazioni, ma anche delle nostre 'prigioni' - lasciale stare, abbandonale. Cammina, seguimi. Vieni dietro di me, questo vuol dire convertirsi: muoversi, mettersi in cammino, non restare seduti. Certamente camminare è molto più faticoso che restare comodamente seduti. Ma vale la pena, se il cammino che ci viene promesso, è un cammino di conoscenza profonda, di noi stessi, dell'altro, e del nostro senso qui, ora.

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31/10/08

Vittorio Messori - Gli stupefacenti segnali che ho ricevuto da Dio.



Davvero sorprendenti queste rivelazioni dello studioso cattolico Vittorio Messori (coautore con Papa Wojtyla di "Varcare le soglie della speranza" e con il card. Ratzinger di "Rapporto sulla fede"), che in nuovo libro-intervista racconta di sè, di come si e' avvicinato a Dio quando era un giovane cronista a Torino, nell'estate del 1964, sfogliando dopo tanti anni un Vangelo.

"Il libricino - ricorda - usci' polveroso, non so come, dai recessi dell'armadio. Non ho ricordo di note che, anche se ci fossero state, sarebbero state arse dalla vampata che eruppe da quel testo. Neppure in questo, dunque, ci fu la mediazione di qualcuno: di un biblista che commentasse quei versetti, di una Chiesa, di un prete, di un amico. Un incontro nudo e crudo, nella mia piccola stanza al piano rialzato del 27 di via Medail, dalla quale non vedevo strade ne' persone ma un cortiletto sempre deserto.

Fu un andare a sbattere, senza intermediari, con una Parola che divenne carne". L'episodio e' raccontato dallo stesso Messori nel libro-intervista scritto con Andrea Tornielli, "Perche' credo", edito da Piemme. Molto citato, nella conversazione, lo scrittore Andre' Frossard, autore del best seller degli anni '70 "Dio esiste, io lo ho incontrato". Ma se a Parigi era stato l'atmosfera di una chiesa a aprire il cuore di Frossard, ad accendere il fuoco della fede in quello di Messori non era bastato, qualche anno prima, l'evento straordinario di una telefonata dall'al di la'.

"Erano gli anni del liceo ed ero - rivela - ancora lontano dalla svolta che mi avrebbe 'costretto' alla fede. Era il primo anniversario della morte di Aldo, lo zio materno morto giovane per un ictus cerebrale. Solo in casa dormivo del sonno pesante di quel giovanotto in salute che ero, quando fui svegliato dal telefono. Alzai la cornetta: un gran caos di disturbi elettrici, di fischi, di raschi, i disturbi che c'erano allora sulle linee quando la chiamata era interurbana e veniva da molto lontano. Dopo qualche mio 'Pronto! Pronto!' mi arrivo', chiarissima, inconfondibile, la voce, che ben conoscevo, di mio zio.

Mi disse, affannato, parole che ancora adesso ricordo come se le avessi udite ieri: 'Vittorio, Vittorio! Sono Aldo! Sto bene! Sto bene!'. Subito dopo, il rumore che annunciava la caduta della linea, la fine del collegamento. Guardai l'ora. Come mi confermarono poi i miei genitori, era quella, esatta al minuto, della morte dello zio, giusto un anno prima".

Rispondendo a Tornielli, Messori ammette candidamente di aver "esaminato ogni altra possibilita'" dopo quella straordinaria telefonata. "Ho finito con l'arrendermi all'evidenza, non essendo come gli ideologi, gli atei in primis, che fanno prevalere sui fatti il loro schema aprioristico: era proprio zio Aldo, sua era la voce, non reggono ipotesi di scherzi macabri, equivoci, allucinazioni.

Ne' mi e' possibile pensare a un sogno, visto che ero ben sveglio sia durante sia dopo la telefonata: in effetti, quella notte non tornai piu' tra le coltri e attesi in piedi l'alba".

Una telefonata che tuttavia "non basto'" ad avvicinarlo alla fede: "passata la sorpresa - confida lo scrittore - rimossi presto il ricordo di quella notte, mettendo l'episodio tra le singolarita' inspiegabili in cui a tutti puo' capitare di imbattersi.

Gesu' stesso ci avverte, nella parabola del povero Lazzaro, quando il ricco, ormai morto, chiede ad Abramo di poter avvertire i cinque fratelli perche' non finiscano essi pure all'inferno. Ed Abramo: 'Se non ascoltano Mose' e i Profeti, non sarebbero persuasi neanche se qualcuno risuscitasse dai morti'.

Per Messori, che lo ha sperimentato su se stesso, "c'e' un mistero di accecamento" per gli uomini "che si lagnano del 'silenzio di Dio'. Spesso non e' Lui che e' muto, siamo noi che siamo sordi. E' vero che, per rispettare la liberta' delle creature, il Creatore ha scelto di praticare la 'strategia del chiaroscuro'. Ma, lo dice la parola stessa, accanto al buio c'e' anche la luce: ed e' proprio questa che spesso ci si ostina a non vedere".

Nell'intervista rilasciata a Tornielli, lo scrittore racconta anche di una sua inchiesta compiuta su un analogo episodio "paranormale" accaduto ad un facoltoso professionista torinese che si era rivolto per telefono a un istituto di suore per un'infermiera. La sera dopo si presento' una religiosa nel suo abito austero e da allora, ogni notte, venne puntualmente a vegliare al capezzale dell'uomo. Guarito, decise per prima cosa di andare con la moglie all'istituto della religiosa per salutarla e ringraziarla ancora dell'assistenza. In portineria si stupirono per il nome della suora perche' una di loro aveva portato quel nome: per tutta la vita aveva assistito i malati e che aveva lasciato un ricordo esemplare. Ma era morta da molti anni".

Comprensibilmente, quei coniugi non sapevano capacitarsi. "Li condussero - racconta lo scrittore - nel piccolo cimitero al fondo del giardino del convento e mostrarono loro la tomba, con la foto della defunta sotto la croce: ne segui', ovviamente, un rischio di malore per la coppia, visto che entrambi la riconobbero senza esitazione. Era proprio lei".

"Sulle prime - spiega Messori a Tornielli, che fedelmente riporta - pensai a una sorta di leggenda metropolitana, ma alla fine mi decisi e andai a conoscere quei coniugi. Mi confermarono tutto, senza esitazione, eppure con pudore, temendo, stimati borghesi com'erano di essere scambiati per allucinati. In effetti, mi accolsero con cortesia, mi raccontarono, concordi, com'era andata ma con altrettanta concordia, malgrado le mie insistenze, non mi permisero di parlarne sul giornale. Volli completare, approfittando delle mie conoscenze nel giro religioso per ottenere dalle religiose di mostrarmi quella sepoltura. Vi sostai, ovviamente, con emozione: ma, a quel tempo, la scoperta della fede era gia' avvenuta. Se non potei scriverne allora, lo faccio adesso perche', vista l'eta', credo che quei due siano gia' andati da tempo a salutare e ringraziare quella misteriosa infermiera notturna. Dai cenni che mi fecero, mi parve di capire il perche' di quelle visite: con pazienza, con amabilita', con l'esempio, la suora giunta dall'Aldila' li aveva riavvicinati alla fede, li aveva indotti addirittura a riscoprire i sacramenti. Insomma, le era stato concesso un prolungamento dell'apostolato che aveva esercitato in vita".

Secondo Messori, "in casi come questi si dimostra come il vero libero pensatore sia il credente. Questo constata i fatti e, se sono oggettivi e provati, li accetta, anche se vanno al di la' degli schemi razionalisti e dell'esperienza comune.

Il non credente, invece, e' prigioniero del suo schema ideologico: se i fatti non vi rientrano, tanto peggio per i fatti, una spiegazione 'naturale' bisogna assolutamente cercarla, altrimenti va in crisi il pre-giudizio. E, se non adesso, la spiegazione - conclude - la si trovera' in futuro".

fonte AGI

24/10/08

Leggere il Vangelo.


Conosco molti amici che mi chiedono, di tanto in tanto: " ma come è che ci si converte ? " Sono persone a cui 'piacerebbe' credere. Che si definiscono anche cristiani, se proprio devono, ma che non hanno mai avuto una illuminazione profonda, riguardo alla loro fede. Sono sempre alla ricerca di qualcosa che li convinca definitivamente, che li scuota, che cambi davvero le loro vite.

E chiedono: "come si fa ? Dove trovo quell'acqua che cura, che consola e che convince, che fa sperare, che mi cambia ?"

L'unica risposta che conosco a questa domanda è: il Vangelo.

Ciascuno, io credo, può parlare semplicemente per la propria esperienza. Ma, andando avanti, mi sono reso conto che per molti è stato così. Un giorno, perchè si è in crisi - parola oggi quantomai abusata - o perchè non si sa dove sbattere la testa, o perchè consigliati da qualcuno, o per caso, ci si imbatte nel Vangelo.

Lo si comincia a leggere tutto, dall'inizio alla fine. E piano piano, ci si accorge che succede qualcosa di molto profondo. Si sentono vibrare corde interiori mai sentite prima. La cosa che io posso dire è questa: bisognerebbe leggere uno dei Vangeli - non importa quale, anche se secondo me il migliore per cominciare è quello di Matteo - per intero. Meglio se di mattina, un capitolo per volta, ogni mattina, e tutte le mattine finchè non si è finito. Seguendo l'ordine di quella Storia che conosciamo già, che ci sembra già scontata, che ci sembra non ci possa più dire nulla, e che invece ogni volta è capace di rinascere dentro di noi.

Non c'è altro modo, per 'convertirsi'. Che non significa altro che 'convergere' verso qualcosa (anche se ormai questo è diventato un termine brutto, come se ci fosse di mezzo una umiliazione, una rinuncia, una abdicazione, e invece è proprio il contrario).

Quelle parole ci parlano, possedendoci (proprio nel senso in cui dice C.G.Jung nel post precedente). Se le lasciamo entrare veramente, le parole di quell'Uomo che si proclamò Figlio di Dio, non ci lasceranno più.

foto in testa: "acqua" di Stefania Camilleri.

29/04/08

La conversione di Magdi Allam.


Vorrei tornare per un attimo sulla questione della conversione di Magdi Allam, battezzato durante la veglia Pasquale da Papa Benedetto XVI, una notizia che come sappiamo ha fatto il giro del mondo, anche se il personaggio non è così universalmente conosciuto, ma proprio per il valore simbolico di tale gesto, come si legge in questo articolo del Corriere della Sera.


Bene, in un articolo apparso sul Sole 24 Ore Domenicale, Roberta De Monticelli analizza i contenuti e la motivazione di questa 'conversione' e la mette a confronto con quella di Angelus Silesius, (1642-1677) poeta e mistico, autore de Il Pellegrino Cherubico, uno dei testi di riflessione mistica più famoso di tutti i tempi.

Silesius si convertì dal Protestantesimo al Cattolicesimo. Ma le motivazioni, dice la De Monticelli, non furono dettate dall'attribuire - come nel caso di Allam - agli 'altri' (in quel caso protestanti, oggi mussulmani) - una più intrinseca predisposizione alla violenza e all'odio.

Da qui, la De Monticelli, parte per definire cosa è - o meglio, cosa dovrebbe essere - una reale 'conversione'.

" La conversione cristiana - scrive - in greco si chiama metanoia, cioè renovatio mentis, e va sempre insieme con una certa poenitentia: sarebbe cioè la nascita di un uomo nuovo e di una vita nuova, sulle ceneri di quella vecchia e dell'uomo vecchio, il quale - lui, e non gli altri - è fatto oggetto di riprovazione.

L'uomo nuovo - continua la De Monticelli - è capace anche di perdono, non solo rispetto alle pagliuzze ma perfino alle travi: perchè vede quello che l'uomo vecchio non vedeva, perchè l'orizzonte del valore si è allargato.

Se non è bastato il Cristo, con le sue parole e con la sua croce, a impedire gli incendi di biblioteche, le distruzioni di templi, le crociate, gli stermini, le conversioni forzate, i roghi di eretici e di streghe, un cristiano non ha forse in quanto tale il diritto di imputare ad altre religioni cose che forse non c'entrano con le fedi, ma solo con le istituzioni che le ospitano."

Penso che forse su queste parole varrebbe la pena di meditare parecchio, quando, con molta semplicità, che assomiglia a faciloneria, oggi sentiamo parlare spesso, a ogni piè sospinto, di 'conversioni' più o meno improvvise, ma non sulla via di Damasco.