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06/09/14

Le sofferenze di un cuore emotivo.





Nessuno viene al mondo come una tabula rasa, scriveva Jung. 

Se si è albero, difficilmente nella vita si potrà diventare mai sasso (e viceversa). 

Ogni cosa è una storia e ogni storia è un destino. Si potrebbe anche scrivere un libro delle sofferenze, sotto questo punto di vista. Ogni commiato di/da questa vita è tale, e ogni modo di viverlo appartiene a un mondo intero, che preesiste, che è dentro di noi come storia precedente, come storia di mille storie, come grida di antenati, come supporto vitale alla nostra stessa esistenza, forma di vita direbbe Wittgenstein. 

Un cuore emotivo è come un merlo di notte. Che non trova mai requie. E il nero del suo manto di piume si confonde con la notte.  Non ha casa, non sa stare, perché nessun posto è la sua casa.

Volare è l'unica cosa che sa fare.

Inutilmente volare, indifferente al cuore duro degli uomini, indifferente alla loro logica, ai vantaggi e agli svantaggi, alla convenienza, all'essere come deve essere, all'assurdo e al lucido e all'opaco.

Il volo di notte è l'unica requie, è l'unico agio che a un cuore emotivo è concesso. 

Un terreno di spine lo accoglie, una radura o un precipizio lo aspetta.  La stanchezza del volo non basta. 


Fabrizio Falconi

in testa: grafica di Paul Flora.