Visualizzazione post con etichetta diari. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta diari. Mostra tutti i post

07/08/21

Ritrovati in Francia gli archivi perduti di Céline


C'e' chi la ritiene tra le più grandi scoperte letterarie degli ultimi decenni. Sono stati rinvenuti in Francia gli archivi perduti di Louis-Ferdinand Celine, l'autore del 'Viaggio al termine della notte', nato a Courbevoie, vicino Parigi, il 27 maggio 1894 e morto a Meudon il primo di luglio del 1961. 

Una "scoperta straordinaria", fatta di lettere, manoscritti, foto inedite, scrive Le Monde, che oggi rivela la notizia in prima pagina.

Documenti che secondo gli esperti che gli hanno consultati "dovrebbero modificare in profondità la conoscenza dell'opera" del genio letterario francese la cui opera è segnata anche da odiosi scritti antisemiti. 

Si tratta, tra l'altro, di "migliaia di foglietti"; scomparsi nel 1944, precisa il giornale in un lungo articolo intitolato "I tesori ritrovati di Celine". 

La risurrezione degli archivi scomparsi e' "indubbiamente tra le piu' straordinarie scoperte letterarie di questi ultimi decenni", sottolinea Le Monde, precisando che lo 'scopritore' è stato il critico, Jean-Pierre Thibaudat, che ha passato lunghi anni ad identificare e trascrivere queste migliaia di pagine manoscritte che l'autore soleva tenere unite con mollette da bucato. 

Scoperta inverosimile, dunque, almeno quanto le mille peripezie che si celano dietro all'incredibile ritrovamento. Fino all'ultimo giorno della sua vita, Celine, non ha smesso di ripeterlo. 

Nel 1944, mentre aveva preso la fuga insieme agli ultimi collaborazionisti verso la Germania nazista, dei saccheggiatori forzarono la porta del suo appartamento in Rue Girardon, a Montmartre, sottraendo voluminosi manoscritti, in gran parte inediti. 

Tra questi, ha ripetuto piu' volte l'autore, 'Casse-Pipe', un romanzo rimasto incompiuto ed in gran parte autobiografico, che avrebbe dovuto formare una trilogia assieme a 'Viaggio al Termine della Notte' (1932) e 'Morte a credito' (1936). Solo alcune pagine del romanzo sono giunte sino a noi. 

"Non mi hanno lasciato nulla, non un fazzoletto, non una sedia, non un manoscritto...", scrisse Ce'line in 'Da un castello all'altro' (1957). 

Nel 1950, in una lettera all'amico, Pierre Monnier, affermo': "Bisogna dire ovunque che se 'Casse-Pipe' e' incompleto e' perche' gli epuratori hanno buttato tutto (---) 600 pagine di manoscritto, nelle immondizie dell'avenue Junot". 

"Sciacalli", li definiva il medico scrittore, aggiungendo che gli avevano anche sottratto uno importante manoscritto intitolato 'La Volonte' du roi Krogold'. 

Pochi giorni prima della morte, il romanziere scriveva ancora: 'Mi hanno abbastanza preso, svaligiato, mi hanno sottrattutto tutto. Vorrei che mi venisse restituito!". 

Niente da fare, almeno fino ad oggi. Per oltre mezzo secolo, si e' andata cosi' alimentando la leggenda dei manoscritti perduti di Ce'line. La svolta arriva nel novembre 2019, con la morte, a 107 anni, della moglie ed ex ballerina Lucette Destouches. 

Qualche mese dopo, un uomo contatta l'avvocato parigino Emmanuel Pierrat, specializzato nel mondo dell'editoria. Si chiama, Jean-Pierre Thibaudat. 

Critico, autore di numerosi libri di teatro, Thibaudat lavoro' lungamente a Liberation prima di lasciare il giornale nel 2006. Quello che racconta a Le Monde e' stupefacente: 

"Tanti anni fa, un lettore di Liberation mi chiamo' dicendomi che voleva consegnarmi dei documenti. Il giorno dell'appuntamento e' arrivato con enormi sacchi contenenti dei fogli manoscritti. Erano scritti di pugno dal medico scrittore. 

Me li ha consegnati ponendo una sola condizione: non renderli pubblici prima della morte di Lucette Destoutches in quanto, essendo lui di sinistra, non voleva 'arricchire' la vedova dello scrittore". 

Alla domanda su chi fosse il misterioso donatore, lui risponde sorridendo: "Segretezza delle fonti". 

Ha voluto soldi? "Nemmeno un centesimo". Da allora, Thibaudat ha lavorato duro, senza mai parlarne a nessuno, riordinando e trascrivendo quelle pagine, ora in attesa di essere pubblicate e restituite al mondo dopo mille peripezie accuratamente ricostruite da Le Monde. Oltre i tanti scritti, nell'archivio ritrovato di Celine, anche foto della figlia Colette, lettere di donne, la sua corrispondenza con lo scrittore di estrema destra Robert Brasillach nonche' la documentazione antisemita di cui certamente si servì per scrivere i suoi agghiaccianti Pamphlet contro gli ebrei, come un'ombra pesantissima sulla sua esistenza, ancora oggi oggetto di riserve sulla necessità di pubblicarli o meno. 

17/10/20

Nanni Moretti: Il ritorno di "Caro Diario" 27 anni dopo è già un grandissimo successo



Nanni Moretti concede il bis: A grande richiesta ci saranno repliche straordinarie dei diari di Caro Diario, il film miglior regia a Cannes nel '94, restaurato dalla Cineteca di Bologna recentemente e ridistribuito in sala. 

Dopo il tour in alcune citta' italiane e il tutto esaurito previsto a Roma il 18 e 19 ottobre, Nanni Moretti leggera' i diari di Caro Diario nel suo cinema Nuovo Sacher anche martedi' 20 e mercoledi' 21 ottobre alle ore 20.30.

Seguira' la proiezione del film restaurato. 

Caro Diario e' ormai un classico: diviso in tre capitoli autonomi e complementari (In vespa, Isole e Medici)

Per Moretti e' un punto di svolta: dopo la crisi ideologica di Palombella rossa, il "leone di Monteverde" abbandona il suo alter ego Michele Apicella e porta sullo schermo se stesso, senza filtri, dalle gite in vespa nella Roma agostana deserta fino alla sua, reale, malattia

Un'autobiografia profondamente collettiva, dove le ossessioni personali del regista - il passato, le case, il ballo, i (cattivi) critici - si fondono con quelle di un paese intero, incapace di ricordare, di comunicare, di ascoltare, di capire. 

Divertentissimo, colmo di indimenticabili tormentoni morettiani, ma capace anche di momenti di autentica commozione (la lunga scena del pellegrinaggio verso il luogo dove mori' Pasolini). 

14/12/15

Il "Viaggio in India" di Guido Gozzano, ristampato in Italia.


Guido Gozzano e il suo 'Viaggio in India' è un volume, edito da Graphofeel, che prende come riferimento la raccolta di articoli scritti dal poeta, massimo esponente del 'crepuscolarismo', per vari giornali italiani, intitolata 'Verso la cuna del mondo, lettere dall'India', nell'edizione di Alida D'Aquino Creazzo del 1984. 

Esiste, però, anche una raccolta dell'editore Treves di Milano, datata, invece, 1917. 

Questa nuova versione ha rispettato le scelte di Gozzano a livello ortografico: le lettere, infatti, riportano diverse incoerenze che non sono state corrette. 

In esse, il poeta ci porta a esplorare con attenzione l'India: le sue strade, la sua gente, i monumenti, i tanti simboli. 

E lì, per i disturbi provocati dalla tisi, sono i medici e alcuni cari amici a convincerlo a partire. 

Il clima, umido e afoso, si rivela non proprio idoneo alla sua cagionevole salute, ma il fatto di cambiare aria e poter riposare sembrano le condizioni ideali per recuperare. 

Affascinato dall'India, che conosce attraverso i libri, dagli ornamenti dei palazzi e dalle parole, il poeta passa da una città all'altra con la curiosità di un bambino e scrive, documentando ciò che vede, una sorta di diario, che traccia la sua permanenza in quei luoghi pieni di fascino, Storia e contraddizioni. 

Dal Colle del Malabar, raggiunge le Torri del Silenzio, dove attende il rito funerario che ha, in sé, un qualcosa di macabro e terribile, poiché i cadaveri dei Parsi, considerati benestanti, vengono lasciati appesi a delle gabbie e divorati dagli avvoltoi. 

Gozzano rimane colpito dal fatto che le torri siano rimaste intatte nei millenni: tutto è intatto nell'India britanna. 

E' naturale il suo continuo porre domande, quel chiedere con una certa frequenza.

Costante è l'alternarsi di momenti di stupore ad altri di sconforto e malinconia. A volte rimpiange l'Italia, come nel capitolo del Natale a Ceylon, in cui pensa alla neve della sua terra mentre lì si ritrova in una piena foresta tropicale, circondato dal coro dei pappagalli e delle scimmie: "Non è gaio il mio Natale, e la flora che mi circonda non è consolatrice, mi ricorda di continuo la spaventosa distanza dalla Patria..."

L'India conosciuta attraverso le letture spesso non possiede affatto le caratteristiche che il poeta incontra, osservando la realtà. 

Nessuno dei suoi amici vuole seguirlo a Goa, ma il poeta è spinto ad andarci da un sonetto di De Heredia, poeta francese di origine cubana.

 Ecco il legame indissolubile con la poesia, che si trascina con forza nella scrittura di Gozzano: una contaminazione inevitabile, ben radicata. 

Tra le pagine, il poeta sceglie di riportare proprio i versi in lingua originale di De Heredia per la Patria lontana. E si arriva, infine, ad affrontare il tema delle caste. 

Il poeta si sofferma sugli atteggiamenti e sui comportamenti della gente, li scruta minuziosamente e coglie una suddivisione nel popolo che viene rispettata con rigore. 

Anche nel solo fatto di camminare, gli indiani fanno attenzione a rispettare la casta, devono mantenere le distanze prescritte dal diagramma: "Quattro passi tra un bramino e un soldato; due tra un soldato e un contadino; tre tra un contadino e un paria". 

E Gozzano precisa proprio questo: "Due cose sono care all'indiano: l'Inghilterra e la sua casta". Una riflessione sull'Islam del 1913 si manifesta con tutto il peso dell'attualità dei giorni nostri, catapultandoci in quella parte dell'India caratterizzata da scarsa vegetazione: 

"Si direbbe che l'Islam prediliga, in ogni parte del mondo, le terre desolate, i deserti e le steppe...". 

L'India raccontata nel libri, ancora una volta si presenta con un volto diverso, con un'ambientazione che il poeta non si aspettava. Ed è proprio viaggiando che egli tocca con mano la steppa senza fine, con i suoi avvoltoi. Allora la tristezza lo avvolge, con un rimpianto per l'Italia più forte che mai. 

Tutto appare senz'anima, fino a quando ritrova una meraviglia unica nel mondo, una bellezza che mozza il respiro e supera le descrizioni dei libri: il Tai-Mahal, mausoleo secolare eretto dall'imperatore Shah-Zehan per la morte inaspettata della sua sposa. 

Gozzano si lascia incantare da ciò che vede. E nelle sentenze del Corano che non comprende, percepisce parole dal valore universale, che le religioni di tutta la Terra possono armoniosamente condividere per l'amore che emanano. 

Gozzano vive tutto con una forte intensità, non tralascia nulla e, attraverso quello stile crepuscolare che gli appartiene in poesia, rievoca la sacralità delle cose, dagli animali ai luoghi. Vive le diversità di latitudine che influenzano anche le arti, ma non dimentica di far riferimento a ciò che già conosce attraverso i suoi libri. 

Quindi, gli appunti di viaggio non sempre sono precisi: scrive di ciò che ha letto e, talvolta, si sorprende della non corrispondenza della realtà con il testo. Costantemente in bilico tra una cauta partecipazione alle cose e un rifugiarsi in se stesso, Gozzano tende a proporre, ma nello stesso tempo vive, uno stato di smarrimento, in cui l'ambiguità si fa presenza insistente. Il sogno è parola dominante in tutta la sua produzione letteraria.

E 'Viaggio in India' è un cammino affascinante, ricco di contrasti, che conferma tutte le perplessità esistenziali che appartengono non solo al poeta



Guido Gozzano

21/08/12

Ludwig Wittgenstein: "Nessun grido d'aiuto può essere più forte di quello di un solo uomo."



E' una meravigliosa pagina tratta dai diari di Ludwig Wittgenstein, scritta nel 1944, che merita di essere letta con grande attenzione.


Nessun grido d’aiuto può essere più forte di quello di un solo uomo. 
Oppure nessuno sconforto può essere più grande di quello in cui può trovarsi un singolo essere umano.
Un uomo quindi può trovarsi in una situazione di bisogno estremo e aver bisogno di estremo aiuto.
La religione cristiana è solo per colui che ha estremo bisogno di aiuto e dunque solo per chi prova un estremo sconforto.
Il mondo intero non può trovarsi in una situazione di bisogno maggiore di quella in cui si trova una sola anima.
La fede cristiana - così io penso - è il rifugiarsi in questo supremo bisogno di aiuto.
Chi, invece di chiudersi in se stesso, in una situazione siffatta, riesce ad aprire il suo cuore, accoglie il rimedio nel suo cuore.
Chi apre così il suo cuore a Dio in confessione contrita, lo apre anche per gli altri. Perde con questo la sua dignità di uomo eccellente e diventa quindi come un bambino. E cioè senza gradi, dignità e distanza di fronte agli altri. Si può aprirsi di fronte agli altri solo per una sorta particolare di amore. Che riconosce, quasi, che siamo tutti bambini cattivi.
Si potrebbe dire che l'odio fra gli uomini deriva dal fatto che ci isoliamo gli uni dagli altri.   Perché non vogliamo che l'altro scruti dentro di noi non essendo bello lo spettacolo che si offrirebbe al suo sguardo.
Dobbiamo certo continuare a vergognarci del nostro intimo, ma non di noi stessi di fronte al nostro prossimo.
Non si può sentire uno sconforto maggiore di quello di un singolo essere umano. Perché lo sconforto più grande è quello di un uomo che si sente perduto.

circa 1944

Ludwig Wittgenstein, tratto da Pensieri diversi, traduz. dal tedesco di Michele Ranchetti, Adelphi, 1980 pag. 92.