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16/04/17

"Amore" di George Herbert, la poesia che folgorò Simone Weil durante la Settimana Santa.





Quattro anni dopo quella esperienza, vissuta in ritiro, Simone Weil la raccontò nei suoi celebri diari.

Nel 1938 ho passato dieci giorni nell’abbazia di Sollerno, dalla domenica delle Palme al martedì di Pasqua, seguendo tutte le funzioni. Un giovane inglese cattolico mi fece conoscere quel poeta inglese del 600 che venivano detti metafisici, più tardi nel leggerli vi ho scoperto una poesia intitolata “Amore”, l’ho imparata a memoria e spesso, nei momenti culminanti delle violenti crisi di emicrania, mi sono esercitata a recitarla, ponendovi la massima attenzione e aderendo con tutta l’anima alla tenerezza che essa racchiude. Credevo di recitarla soltanto come una bella poesia, mentre a mia insaputa quella recitazione, aveva la virtù di una preghiera, fu proprio mentre la stavo recitando che Cristo è disceso e mi ha presa”.

Era stato un giovane incontrato in quell'abbazia, il monastero benedettino di Solesmes (Francia), durante la settimana santa a farle scoprire quel testo, scritto da George Herbert, un poeta inglese del Seicento.

Simone Weil era arrivata A Solesmes particolarmente sofferente. In particolare, tormentata dalle devastanti emicranie che la colpiscono da tempo.

Imparata quella poesia a  memoria, Simone comincia dunque a recitarla quando le emicranie appaiono insopportabili.

L’Amore mi accolse; ma l’anima mia indietreggiò,
colpevole di polvere e peccato.
Ma chiaroveggente l’Amore, vedendomi esitare 
fin dal mio primo passo, 
mi si accostò, con dolcezza 
domandandomi se qualcosa mi mancava.. 
«Un invitato» risposi «degno di essere qui». 
L’Amore disse: «Tu sarai quello». 
Io, il malvagio, l’ingrato? Ah! mio diletto, 
non posso guardarti. 
L’Amore mi prese per mano, sorridendo rispose: 
«Chi fece quest’occhi, se non io?» 
«È vero, Signore, ma li ho insozzati; 
che vada la mia vergogna dove merita». 
«E non sai tu» disse l’Amore «chi ne prese il biasimo su di sé?» 
«Mio diletto, allora servirò». 
«Bisogna tu sieda», disse l’Amore «che tu gusti il mio cibo». C
Così mi sedetti e mangiai.

Un’esperienza unica, dunque, per Simone Weil. La quale, nella lettera inviata al poeta Joë Bousquet il 12 maggio 1942 così la commenta: Durante quel periodo la parola Dio non aveva nessun posto nei miei pensieri. L’ha avuto soltanto dal giorno in cui, circa tre anni e mezzo fa, non ho più potuto rifiutarglielo. In un momento d’intenso dolore fisico in cui mi sforzavo di amare, ma senza vantare il diritto di dare un nome a questo amore, ho sentito (senza esservi preparata per niente, dato che non avevo mai letto i mistici) una presenza più personale, più certa, più reale di quella di un essere umano, analoga all’amore che traspariva dal più tenero sorriso di un essere amato. Da quel momento il nome di Dio e di Cristo si sono intessuti sempre più irresistibilmente ai miei pensieri.

01/04/12

La poesia della domenica - Il Giardino degli Ulivi di Rainer Maria Rilke.



IL GIARDINO DEGLI ULIVI

Egli s’inerpicò sotto il fogliame
Tutto grigio e come dissolto nella terra degli ulivi
Nella polvere affondò le mani ardenti
E infine vi adagiò la fronte.

Dopo tutto, era questa la fine.
E ora devo andarmene, mentre lo sguardo si spegne,
e mi domando perché vuoi che dica che tu esisti,
se più non riesco a trovarti.

Io non ti trovo più. Non in me, no.
E nemmeno negli altri. Non in questa pietra.
Non ti trovo più. E sono solo.

Solo con tutta l’umana miseria
Che tentai di alleviare in nome Tuo,
di Te che non esisti. O vergogna infinita...

Più tardi si raccontava: venne un Angelo-
Perché un Angelo? No, venne la notte
A sfiorare gli alberi, insensibile.
E nei loro sogni, s’agitavano gli apostoli.
Perché un Angelo? No, venne la notte.

E non fu insolita ma come tante;
come ne vengono a centinaia.
Là dormono cani e giacciono pietre.
Ah, una notte triste, una qualsiasi,
che aspetta si faccia nuovamente giorno.

Perché chi così prega non lo visitano gli angeli,
né notti di prodigio per lui scendono.

Tutti lasciano solo chi si perde,
e sono abbandonati anche dai padri
ed esclusi dal grembo delle madri.

Rainer Maria Rilke, in Poesie I, Torino, 1994, pp.471-3

05/04/09

Un cristianesimo senza Cristo ? - Domenica delle Palme.



Che cosa sarebbe il Cristianesimo senza Cristo ? Difficile da immaginare. Eppure, in questi tempi, ho l'impressione - più che una impressione in realtà - che molto disinvoltamente si tenda spesso a 'fare' Cristianesimo senza Cristo, ovvero mettendo in secondo piano - quasi senza mai pronunciarne nemmeno il nome - la figura di Cristo.

E questa tendenza noto specialmente in una certa teologia che viene molto corteggiata dai giornali e dai media - penso anche a Vito Mancuso, il cui lavoro è sicuramente degno di attenzione, di studio e di considerazione, tra i più brillanti degli ultimi anni in assoluto - la quale propone e disputa infiniti discorsi su un 'Dio', un Dio Cristiano, la cui figura quasi mai però assume i caratteri specifici della persona del Nazareno.

Eppure, se una caratteristica peculiare il cristianesimo ha, tra le molte, è proprio quella di essere la religione che ha una persona al suo centro: la persona di Gesù Cristo, di Nazareth. Senza Gesù Cristo, il Cristianesimo cosa diventa, cosa diventerebbe ? Sicuramente un'altra cosa.

Non la religione nella cui fede abbiamo professato nel Battesimo, e nei Sacramenti. Assisto insomma al diffondersi di un cristianesimo a-personificato, e anche un po' pagano, mi sembra, che mescola piani diversi, e che cerca probabilmente di adattarsi allo spirito dei tempi. Il che, non sarebbe neanche un male assoluto, perchè il cristianesimo deve anche incarnare i tempi che vive.

Ma elidere Gesù Cristo non è mai un buon segno, non può esserlo. Ogni nostra considerazione cristiana non può che partire da Gesù Cristo.

Dovremmo ricordarcene in particolar modo oggi, quando si ricorda l'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme. Gesù sembrava 'aver conquistato tutti'. Tutti sembravano essere ai suoi piedi, pronti a fare tutto per lui, a portarlo per sempre nei loro cuori, a tenerlo per sempre al centro dei loro pensieri. Eppure, come sappiamo bene, quegli stessi osannatori, appena quattro giorni dopo, si trasformeranno in un baleno nei condannatori e persecutori. Cercheranno di eliminare quel problema per sempre. Di cancellarlo. Non ci riuscirono. Riuscirono soltanto a rendere glorioso il suo nome, nei secoli. Oggi, forse, la musica è cambiata nuovamente. E' in corso una nuova cancellazione, più silenziosa, meno eclatante. Vedremo, sapremo, se da questo nuovo tentativo, inizierà una nuova, seconda, rinascita.

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