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06/03/17

Rivelazioni: il progetto Adelphi (grazie a Bazlen) avrebbe potuto realizzarsi a Trieste e non a Milano.





C'e' mancato poco che una casa editrice come la Adelphi nascesse, invece che a Milano nel 1962, a Trieste alla fine del 1949. 

Lo si evince dalla scoperta, fatta dalla Libreria antiquaria Drogheria 28 di Simone Volpato, del carteggio intercorso tra i triestini Bobi Bazlen, uno dei fondatori-ispiratori della Adelphi appunto, con Anita Pittoni che proprio nel 1949 crea la casa editrice Lo Zibaldone. 

Il carteggio e' composto di dieci lettere scritte tra la fine del 1949 e il 1953 e comincia con l'invito della Pittoni a Bazlen di entrare nello Zibaldone, editore da lei ideato con Giani Stuparich e Luciano Budigna. 

L'invito e' insistente: sotto qualsiasi forma "come mozzo, come timoniere, come conoscitore dei venti? aspettiamo consigli o silenzi, qualche scritto o un messaggio in bottiglia". 

Bazlen non si fa pregare: comincia col mandare messaggi e subito dopo orienta la casa editrice in direzione della Mitteleuropa, una zona mentale e linguistica che sara' fortemente rappresentata ovviamente proprio nel catalogo Adelphi tra gli anni 70-80 con autori come Kraus, Roth, Schnitzler, Canetti. 

Bazlen consiglia alla Pittoni di lasciar stare la letteratura triestina, che ha una vena stanca, per aprirsi "alla Mitteleuropa ... farei una casa editrice che viaggia mentalmente tra Trieste, Gorizia, Vienna, Budapest, Lubiana ... pubblicando scrittori di queste ampie zone tu entreresti in una mentalita' di ordine, di pulizia, di scrittura aurea e scopriresti il disordine, il decadimento progressivo che corrompe corpi, mente e sogni; una letteratura simile ad uno scheletro con una divisa impeccabile". 

Gli autori da pubblicare sono quelli: Schnitzler, Trakl, Daubler, Rilke, Heine, Grillparzer. La Pittoni riflette e si scontra con problemi pratici, come le traduzioni, espone i dubbi ma Bazlen non demorde e le consiglia di leggere le poesie di Holderlin curate da un giovane Gianfranco Contini e Kaethchen di Heilbronn di Von Kleist e Misteri di Knut Hamsun. 

Bazlen afferma che Svevo e' autore irrinunciabile per le generazioni future di scrittori (e si chiede se Svevo fosse nato ad Agrigento e Pirandello a Trieste) e consiglia alla Pittoni di pubblicare le poesie di Carlo Michelstaedter, mitteleuropeo, scrittore "giovane e' un po' acerbo che gia' contiene i fuochi della disperazione (Gorizia e' scenografia schizofrenica). 

Il piccolo ma ricco carteggio, dove compaiono anche giudizi acidi su Saba e sulla sua Libreria e amorevoli su Giotti (proprio a 60 anni dalla loro morte) e' stato acquistato da Giampiero Mughini; tuttavia sara' visibile alla Mostra Internazionale Libri Antichi e di pregio che si terra' a Milano tra il 24-26 marzo 2017. 

09/09/13

E' morto Alberto Bevilacqua. Il torto di essere poliedrico.





La scomparsa di Alberto Bevilacqua rende un po' più povero il panorama - già di per sè non particolarmente esaltante - della produzione culturale italiana.  

Bevilacqua, che esordì giovanissimo, a soli 19 anni, con la raccolta di racconti La polvere sull'erba, ha scritto molto (secondo alcuni, troppo), ma soprattutto ha commesso un 'errore' che non gli è stato mai perdonato dalla critica militante italiana (quella che esisteva fino a qualche anno fa e che poi si è dissolta, insieme a quella che una volta veniva definita cultura alta, disciolta in mille congreghe perlopiù virtuali e perlopiù irrilevanti, come è quasi del tutto irrilevante, tranne poche eccezioni, almeno a livello internazionale, la cultura italiana): quello di assecondare il proprio talento poliedrico.  

Se infatti in Italia viene già perdonato a fatica il fatto di avere un talento, specie in campo culturale, viene invece ritenuto del tutto imperdonabile avere più talenti, un tipo di figura intellettuale che di contrario nel mondo anglosassone o in Francia, per esempio, viene ben considerata. 

Bevilacqua ha avuto la presunzione di scrivere molti romanzi, di scrivere racconti e piccoli e lunghi saggi, di scrivere poesia e addirittura di dedicarsi al cinema con la realizzazione di ben otto film, tra i quali i primi due, La Califfa (1970) e Questa specie d'amore (1972) che erano tratti da suoi romanzi e che ottennero premi e riconoscimenti importanti, fuori e dentro l'Italia. 

Ha poi avuto anche l'ulteriore torto,  probabilmente dovuto al narcisismo che accomuna molti intellettuali, e questo ancora più grave e imperdonabile di concedersi al trash di trasmissioni televisive (ah, la televisione!) in qualità di ospite e di opinionista.

Questo pesa e peserà non poco - in Italia funziona così - sulla valutazione del Bevilacqua scrittore. E di quello regista o di quello di intellettuale a tutto tondo.  

Bisognerà aspettare, come è successo molte volte in passato, il transito del tempo, il trascorrere magari di una generazione o due, e forse anche su Bevilacqua sarà possibile esprimere un parere più serio, più obiettivo.

E magari scoprire una dote piuttosto rara che ha permeato molte delle sue opere: la sincerità.

Fabrizio Falconi.