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12/10/20

Eruzione di Pompei: Scoperti neuroni in un cervello vetrificato


Un nuovo studio pubblicato dal PLOS ONE, autorevole rivista scientifica americana, rivela l`eccezionale scoperta di neuroni umani da una vittima dell'eruzione che nel 79 d.C. seppelli' Ercolano, Pompei e l'intera area vesuviana fino a 20 km di distanza dal vulcano. 

La scoperta e' tutta italiana, frutto del prestigioso lavoro dell`antropologo forense Pier Paolo Petrone, responsabile del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense presso la sezione dipartimentale di Medicina Legale dell`Universita' di Napoli Federico II, in collaborazione con geologi, archeologi, biologi, medici legali, neurogenetisti e matematici di Atenei e centri di ricerca nazionali, che hanno raggiunto risultati eccezionali nonostante le limitazioni imposte dal Covid-19. 

"Il rinvenimento di tessuto cerebrale in resti umani antichi e' un evento insolito - spiega Petrone, coordinatore del team - ma cio' che e' estremamente raro e' la preservazione integrale di strutture neuronali di un sistema nervoso centrale di 2000 anni fa, nel nostro caso a una risoluzione senza precedenti". 

L`eruzione, che causo' la devastazione dell`area vesuviana e la morte di migliaia di abitanti, seppellendo in poche ore la citta' di Ercolano ha permesso la conservazione di resti biologici, anche umani. 

"La straordinaria scoperta ha potuto contare sulle tecniche piu' avanzate e innovative di microscopia elettronica del Dipartimento di Scienze dell`Universita' di Roma Tre, un`eccellenza italiana - spiega Guido Giordano, ordinario di Vulcanologia presso il Dipartimento di Scienze dell`Ateneo romano - dove le strutture neuronali perfettamente preservate sono state rese possibili grazie alla conversione del tessuto umano in vetro, che da' chiare indicazioni del rapido raffreddamento delle ceneri vulcaniche roventi che investirono Ercolano nelle prime fasi dell`eruzione". 

"I risultati del nostro studio mostrano che il processo di vetrificazione indotto dall'eruzione, unico nel suo genere, ha 'congelato' le strutture cellulari del sistema nervoso centrale di questa vittima, preservandole intatte fino ad oggi", aggiunge Petrone. 

Le indagini sulle vittime dell`eruzione proseguono in sintonia tra i vari ambiti della ricerca. 

"La fusione delle conoscenze dell`antropologo forense e del medico-legale stanno dando informazioni uniche, altrimenti non ottenibili", afferma Massimo Niola, ordinario e direttore della U.O.C. di Medicina Legale presso la Federico II.  

Lo studio ha anche analizzato i dati di alcune proteine gia' identificate dai ricercatori in un lavoro pubblicato a gennaio scorso dal New England Journal of Medicine. 

"Un aspetto di rilievo potrebbe riguardare l'espressione di geni che codificano le proteine isolate dal tessuto cerebrale umano vetrificato" spiega Giuseppe Castaldo, Principal Investigator del CEINGE e ordinario di Scienze Tecniche di Medicina di Laboratorio della Federico II. 

"Tutte le trascrizioni geniche da noi identificate sono presenti nei vari distretti del cervello quali, ad esempio, la corteccia cerebrale, il cervelletto o l`ipotalamo", aggiunge Maria Pia Miano, neurogenetista presso l'Istituto di Genetica e Biofisica del CNR di Napoli. Le indagini sui resti delle vittime dell`eruzione non si fermano qui. Il Parco Archeologico ha inserito tra i temi di ricerca prioritari le indagini bioantropologiche e vulcanologiche per l`eccezionale interesse che possono avere non solo nello stretto ambito scientifico ma anche nel campo degli studi storici e del rafforzamento della capacita' di gestire catastrofi come l`eruzione del Vesuvio del 79 d.C. 

"Gli straordinari risultati ottenuti - conclude Francesco Sirano, Direttore del Parco Archeologico di Ercolano - dimostrano l'importanza degli studi multidisciplinari condotti dai ricercatori della Federico II e l'unicita' di questo sito straordinario, ancora una volta alla ribalta internazionale con il suo patrimonio inestimabile di tesori e scoperte archeologiche". 

Le ricerche in corso vanno nella direzione di una ricostruzione a ritroso delle varie fasi dell`eruzione, valutando i tempi di esposizione alle alte temperature e del raffreddamento dei flussi, che hanno importanza non solo per l'archeologia e la bioantropologia, ma anche per il rischio vulcanico. 

Queste ed altre informazioni che verranno dagli studi in corso potranno offrire importanti parametri per la gestione delle emergenze nell'area vesuviana. 

02/04/20

Coronavirus: La vita segreta dei Musei Italiani chiusi al tempo della Pandemia.



Negli splendidi giardini di Villa Adriana e Villa d'Este, a Tivoli, la natura e' tornata prepotentemente protagonista. 

Liberi dalla calca dei turisti, piante e sentieri patrimonio dell'umanita' hanno ripreso a respirare, amorevolmente accuditi dai giardinieri del parco. 

"Non potrebbe essere altrimenti - spiega Andrea Bruciati, da tre anni alla guida del complesso che raccoglie la rinascimentale Villa d'Este insieme con i resti della villa di delizie dell'imperatore Adriano e il santuario di Ercole - la manutenzione del verde qui e' fondamentale, cosi' come quella ingegneristica per il funzionamento complesso di fontane e corsi d'acqua".

Lo stop obbligato dall'emergenza coronavirus e' diventato quindi per questa fetta specialissima del patrimonio italiano, "un tempo di rigenerazione", e anche l'occasione per una rimodulazione, sottolinea Bruciati, "che sarebbe stato impossibile fare in presenza del pubblico"

Non e' cosi' al museo Egizio, nel Piemonte bersagliato dall'epidemia. "Qui siamo tutti in smart working", racconta Christian Greco, direttore della fondazione torinese. Faraoni e scarabei, cosi' come i preziosi papiri, sono da settimane a riposo, come fosse sempre notte, protetti dal sistema di climatizzazione e da una vigilanza armata ampiamente rafforzata. Muniti di lap top e vpn per l'accesso agli archivi, i 59 addetti dello staff si danno un da fare matto tra studio, ricerca, catalogazione, ma anche per portare avanti l'amministrazione, risolvere da remoto i problemi causati dallo stop, come l'allagamento dello scavo archeologico che era appena stato avviato in Egitto, a Saqarah . C'e' pero' da fare i conti con il disastro economico: "Abbiamo chiesto il ricorso alla Cig prevista dal Cura Italia - si rammarica Greco- Noi viviamo del nostro bilancio, che e' fatto per il 68% dai biglietti e per il resto da iniziative e mostre itineranti, con questo stop perdiamo 34 mila euro al giorno." 

Senza contare le mostre rimaste bloccate all'estero. Una a San Paolo in Brasile, un'altra a Kansas City negli Usa, una terza ad Ottawa in Canada. Anche queste sono colpi al bilancio. Tant'e', le assicurazioni, almeno, sono state tutte estese. Dal Piemonte alla Puglia, c'e' il caso del museo archeologico di Taranto, l'imponente Marta, molto piu' povero in termini di visitatori, ma in questi anni sempre piu' sentito come presidio di cultura in un territorio particolarmente disagiato: "Per la citta' un gravissimo danno" , lamenta la direttrice Eva Degli Innocenti, che organizza una squadra di lavoratori in smart working. 

Anche qui si e' dato spazio alle pratiche che si possono seguire da remoto, dalla catalogazione dei reperti alle pubblicazioni. Per chi non poteva essere riconvertito al lavoro da casa ci si e' inventati corsi di lingue e di formazione. Ma tante energie sono impegnate sull'online che garantisce il contatto con la popolazione. "E la risposta c'e', in queste settimane abbiamo avuto mezzo milione di utenti unici". 

Il rapporto con il territorio e' un punto di forza anche per il Parco archeologico di Paestum, in Campania: qui Gabriel Zuchtriegel guida una squadra di 80 persone. Tutte in smart working, fatta eccezione per gli addetti alla sorveglianza e alla manutenzione. Spazio allo studio, alla ricerca, alla messa a punto dei dati arrivati dagli ultimi scavi, alle pubblicazioni, alla comunicazione di contenuti online. 

Ma non solo: "abbiamo pensato che fosse giusto usare questo tempo per la condivisione tra noi delle competenze e delle conoscenze", spiega il quarantenne archeologo tedesco.

E cosi' ognuno si e' messo ad insegnare agli altri le cose in cui si e' perfezionato o ha scoperto in questi anni, dalla accessibilita' per il pubblico con disabilita', alle tecniche di comunicazione, dai fondamenti dell'archeologia alle ultime teorie sui ritrovamenti. "Cosi', quando finalmente si riaprira' saremo tutti piu' preparati".

Diverso l'esempio di Pompei, bellissima e struggente nelle cartoline postate in questi giorni dal direttore Massimo Osanna: qui, dove si era appena festeggiata la conclusione del Grande progetto di restauro, sono rimasti solo gli addetti alla guardiania e una squadra per la manutenzione. Tutti gli altri lavorano da casa: "Stiamo mandando avanti le procedure burocratiche in modo da essere pronti per quando usciremo dall'emergenza", spiega Osanna.

Di fatto un gran da fare per tutti, dalle gare alle pubblicazioni, dalla sistematizzazione dei dati raccolti nelle campagne di scavo ai progetti esecutivi per la protezione delle domus riportate alla luce nei mesi scorsi. Anche qui il peso economico dello stop sara' violento ("l'incasso medio annuo era di 40 milioni di euro, quest'anno potremo non superare i 10 milioni") e non manca la preoccupazione per i reperti rimasti bloccati all'estero. Uno per tutti, lo straordinario "tesoro della fattucchiera", tra le sorprese piu' belle dell'ultima campagna di scavi: i parigini si erano prenotati a frotte per ammirarlo in una mostra che avrebbe dovuto aprire il 23 marzo. Spediti in Francia per tempo, pietre e amuleti giacciono ora nel caveau del Gran Palais. Di nuovo al buio, com'e' stato per tanti secoli. 

14/08/17

Un gruppo di 54 persone in un ambiente chiuso, in disperata fuga dal Vulcano: si svelano i misteri degli scheletri di Oplontis.



Un gruppo di 54 persone, per lo piu' parenti - uomini, donne e bambini - affollati in un unico ambiente perche' in cerca di scampo dalla furia del Vesuvio. 

Sono gli scheletri oggetto di studi antropologici, isotopici e di Dna, condotti - in collaborazione con l'Universita' del Michigan (professor Nicola Terrenato), l'Universita' della West Florida (professoressa Kristina Killgrove) e con l'aiuto della Dr.ssa Andrea Acosta (dottoranda dell'Universita' del South Carolina) - sui resti umani ritrovati negli anni '90 nella Villa di Lucius Crassius Tertius (la cosiddetta Villa B), poco lontano dalla famosa Villa di Poppea a Torre Annunziata, l'antica Oplontis. 

Gli studi - che stanno rivelando interessanti informazioni sullo stile di vita e sulle patologie diffuse all'epoca - sono arrivati a una prima fase e continueranno fino alla meta' del mese di agosto in situ. 

Gli esami, condotti per la prima volta nell'area Pompeiana su un contesto cosi' ampio e complesso (finora studi del genere si erano concentrati nella sola zona di Ercolano) stanno rivelando i segreti di almeno 54 fuggiaschi che portavano con loro una ricca dotazione di monete e gioielli. 

I risultati finora acquisiti raccontano della presenza di almeno due donne incinte, con gravidanza quasi a termine; di un numero significativo di vittime biologicamente correlati, vista la presenza riscontrata di tratti genetici comuni, che le indagini sul DNA su campioni di denti e ossa verificheranno. 

In particolare, molti di loro presentavano denti incisivi di forma caratteristica, che si riscontra raramente in scheletri del I sec. d.C. di altri ambienti romani e che sembrerebbe quindi accomunarli. 

L'analisi del campione scheletrico sembrerebbe, in generale, attestare un buono stato di salute dei fuggitivi. 

A differenza delle indagini svolte in altre aree del mondo romano - condotte su scheletri ritrovati nelle necropoli, pertinenti dunque a individui deceduti per morte naturale o molto probabilmente per malattia, e che recano testimonianza di patologie quali anemia, fratture, infezioni e artriti - gli studi sui resti ritrovati nell'area vesuviana consentono di indagare lo stile di vita di individui di varie eta', soggetti a morte violenta ma nel pieno della loro vita. 

Tale condizione consente di reperire dati importanti sulle abitudini di vita e l'alimentazione. Il fatto che non emerga alcuna indicazione circa patologie quali l'anemia, per esempio, puo' significare che a Oplontis malattie come la malaria non erano presenti e che la popolazione aveva una dieta equilibrata

Attraverso le ulteriori analisi degli isotopi stabili di ciascuno scheletro, sara' possibile addirittura ottenere informazioni sugli alimenti consumati negli ultimi anni di vita. 

Al contrario del buono stato generale di salute, la situazione dentale della popolazione di Oplontis variava parecchio. 

Molti scheletri rinvenuti presentano mascelle mancanti di denti o con denti deteriorati, con numerose carie e/o erosione dentale. In alcuni bambini e adolescenti, l'analisi della dentatura sembrerebbe denunciare un periodo prolungato di malattia o di fame. 

Ulteriori approfondimenti, nei prossimi mesi, saranno possibili attraverso le analisi del DNA degli agenti patogeni e dei parassiti del suolo di appoggio degli scheletri.Le ricerche in corso condotte dalle Universita' americane, assieme alla Direzione del Parco archeologico di Pompei, sono state finanziate dal National Endowment for Humanities, dalla Rust Family Foundation for Archaeological Research e dall'Universita' della West Florida.

 La Villa di Crassius Tertius, cosiddetta B, fu scoperta casualmente nel 1974 duranti lavori per la costruzione della palestra di una scuola, e si trova a circa 300 m di distanza dalla Villa di Poppea (Villa A)

Furono quasi interamente riportate in luce l'edificio principale e parte delle strutture edilizie circostanti. Probabilmente l'attivita' della villa era rivolta alla commercializzazione di prodotti della terra, non alla loro produzione. Sulla base di un sigillo rinvenuto duranti primi anni di scavo il proprietario, gestore della fiorente azienda commerciale fu identificato con Lucius Crassius Tertius. 

Oggi la Villa, accessibile unicamente per indagini e campagne di studi, e' oggetto, insieme con la Villa di Poppea, di ricerche condotte nell'ambito dell'Oplontis Project, in collaborazione con l'Universita' del Texas a Austin (professor John Clarke), in vista di un progetto di restauro globale e di una futura apertura.

15/06/15

Un meraviglioso libro di foto su Pompei - da Electaphoto.


La collana Electaphoto dedica il quarto volume all’indagine del profondo legame fra Pompei, la sua immagine ben presto divenuta icona dell’Antico, la sua fortuna culturale e le numerose valenze emotive ed estetiche che l’arte, tesa nello sforzo di far vivere la storia spezzata della città romana, ha, nel tempo, messo in scena.

Il volume comprende: le precoci dagherrotipie degli scavi pompeiani, quasi una trascrizione figurativa delle stampe degli incisori; le prime vedute calotipiche legate alla pressoché immediata necessità editoriale di diffondere la conoscenza del sito e dei "tesori" che venivano dissepolti; le immagini fotografiche ritoccate ad acquarello ancora debitrici del gusto pittoresco del Grand Tour; la funzione ancillare della fotografia ottocentesca di edifici, decorazioni, sculture e suppellettili rispetto alla ricostruzione del mondo antico nella pittura accademica e pompier europea, come nell'architettura in stile fino alle soglie del Fascismo; le foto-cartoline sciolte vendute presso gli Scavi e al contempo le campagne di ripresa istituzionali come quella affidata, ancora in periodo borbonico, a Giorgio Sommer; la presenza a Pompei di tutte le principali ditte italiane (Alinari, Brogi, Vasari, Chauffourier) dotate delle più moderne strumentazioni e con peculiarità diverse nell'allestimento dei set; le rovine pompeiane come scenario creativo per autori come Plüschow che hanno inteso popolarle e farle rivivere nella suggestione di immagini mentali cariche di significati; la rivalutazione critica della loro opera a partire dagli anni sessanta del XX secolo quando la citazione, il rendering, la copia e la contaminazione di stili e generi sono divenuti al centro delle poetiche postmoderne e dell'arte cosiddetta neopompeiana; la più recente dicotomia fra una fotografia documentaria che muove da criteri scientifici di ripresa, una crescente fotografia "turistica", e gli sguardi decisamente autoriali dei più grandi maestri della fotografia contemporanea.


La rassegna, visitabile fino al prossimo 2 novembre, è organizzata da Electa e promossa dalla Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia e dalla Direzione Generale del Grande Progetto Pompei, con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

L’esposizione nel Salone della Meridiana del museo di Napoli è curata da Massimo Osanna, Maria Teresa Caracciolo e Luigi Gallo. 

A Pompei la sezione “Rapiti alla morte”. I calchi è a cura di Massimo Osanna e Adele Lagi, mentre “La fotografia” è curata da Massimo Osanna, Ernesto De Carolis e Grete Stefani. La mostra ha ottenuto il patrocinio Expo Milano 2015.