Visualizzazione post con etichetta famiglia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta famiglia. Mostra tutti i post

06/06/21

Famiglia, teatro del mondo - di Claudio Magris

 


Famiglia, teatro del Mondo - di Claudio Magris.

di Claudio Magris

dal Corriere della Sera del3/6/12

 

Le grandi religioni universali, e soprattutto il Cristianesimo, non sono cosa da family day. Cristo è venuto a cambiare la vita degli uomini e a proclamare valori più alti dell'immediata cerchia degli affetti, anzi a sferzare duramente questi ultimi quando essi regressivamente si oppongono a un amore più grande. Perfino il legame più forte, quello tra il figlio e la madre, è trattato bruscamente quando Maria vuole interferire: «Donna, che c'è tra me e te?» le dice.

Quando, mentre sta parlando a una folla, gli vengono a dire che sua madre e i suoi fratelli lo stanno cercando, Cristo replica: «Chi è mia madre? E chi sono i miei fratelli?», aggiungendo che è suo fratello chi fa la volontà del Padre. Se c'è conflitto tra il rapporto di parentela e il comandamento, la scelta è chiara: egli afferma di essere venuto a separare, ove sia necessario, «il figlio dal padre, la figlia dalla madre».

La sua stessa nascita, del resto, scandalosa rispetto alle regole, non rientra certo nel modello dall'ordine famigliare.

Naturalmente Cristo non intende negare l'amore fra e per gli sposi, i figli, i fratelli, i genitori. Vuole potenziarlo, liberarlo dalla sua così frequente degenerazione egoistica, benpensante e riduttiva che immiserisce quei legami universali-umani in una chiusura pavida e arida, sbarrando la porta alla vita e agli altri, trincerandosi in un piccolo mondo pulito e perbene ma indifferente alla miseria e alla sofferenza, che magari iniziano fuori della porta sbarrata.

C'è una colorita espressione veneta che raffigura questa falsa e piccina armonia famigliare basata sul rifiuto degli altri: «far casetta».«Tengo famiglia» è la scusa migliore per tirarsi indietro dinanzi a un dovere che ci chiama a metterci a rischio.

A questo proposito, Noventa — grande poeta cattolico, uno dei grandi poeti del Novecento — replicava nel suo dialetto veneto a chi piega vilmente la testa («son vigliaco») accampando i vecchi genitori, la moglie ancor giovane e i figli da mantenere: «Copé la mare, / Copé el pare, /La mugier zóvene / e i fioi — (…) No' saré più vigliachi».

La famiglia è certo una realtà storica, anche se di particolare durata, e come tale soggetta a trasformazioni e a mutamenti, mai così intensamente e confusamente come oggi, in un groviglio di liberazioni ora giuste ora pacchianamente ideologiche e stupide, conformismi travestiti da trasgressione o da sacri principi, esibizionismi supponenti, in un sommovimento di secolari tradizioni, costumi, valori, forme di aggregazione familiare.

La famiglia è stata e difficilmente potrà cessare di essere una cellula primaria dell'universale umano; il Teatro del Mondo in cui l'individuo viene al mondo, le cui voci gli sono giunte già quando era ancora nella prima stazione del suo viaggio, nel ventre della madre; in cui l'individuo scopre il mondo, fa l'esperienza fondante dell'amore o devastante del disamore, impara con i fratelli il gioco, l'avventura, la lotta, l'ambivalenza di affetto e rivalità; in cui il padre e la madre gli trasmettono non solo la vita ma anche il suo senso.

Non sbagliava Francesco Ferdinando, l'erede al trono absburgico ucciso a Sarajevo, quando volle che sulla sua tomba venissero incise solo tre date: della nascita, del matrimonio e della morte.La famiglia può essere l'incantevole scenario della scoperta del mondo, come in Guerra e pace di Tolstoj, e può essere tragedia e abiezione, odio e violenza, Caino e Abele, gli Atridi e la stirpe di Edipo.

Può essere luogo di opaca estraneità, di meschini risentimenti, di violenza e di oppressione; violenza di padri o di mariti padroni su figli e su mogli, sordida rivalsa femminile di soffocanti tirannidi domestiche, incombenti clan parentali che hanno trapiantato la tribù nella civitas e risucchiano l'individuo, come scriveva Kafka, nella pappa informe delle origini.

Già la parola famiglia è un Giano bifronte: indica il mondo che ci è più caro e può indicare il bestiale legame mafioso. Gide poteva dire: «Famiglie, quanto vi odio». Le nuove forme di famiglia radicalmente diverse da quella tradizionale, che si annunciano pure sbracciandosi con enfasi, possono portare valori o disvalori ma non sono certo al riparo dalle degenerazioni della convivenza.La liberazione dell'uomo — il senso del Cristianesimo — non può non liberare pure la famiglia; anche da se stessa, se occorre. E allora la famiglia può diventare veramente un Teatro del Mondo e dell'universale-umano: quando, giocando con i propri fratelli e amandoli, facciamo il primo fondamentale passo verso una fraternità più grande, che senza la famiglia non avremmo imparato a sentire così vivamente; quando i genitori ci fanno capire concretamente che cosa significa essere portati per mano nella giungla del mondo, da una mano che continua a sorreggere anche quando non la si stringe più fisicamente.

In una famiglia libera e aperta anche l'Eros trova la sua avventura più grande, misteriosa e conturbante; mangiare in pace il proprio pane con la donna amata in giovinezza, come dice un passo biblico spesso citato da Saba, è esperienza di grandi amanti.

E i figli, in un universo di rapporti liberati da familismo (ansioso, autoritario, debole, ossessivo, a seconda dei casi) diventano realmente la passione più grande che la vita ci fa conoscere. La civiltà greca ci ha dato Edipo e gli Atridi, ma anche Ettore che, senza preoccuparsi della propria morte, sulle mura di Troia assediata gioca con suo figlio Astianatte e il suo desiderio più grande è che questi cresca migliore e più forte di lui.

 

Claudio Magris 

 

03/12/12

"Cosa perdono quelli che non vogliono figli" - un intervento di Ferdinando Camon.




Cosa perdono quelli che non vogliono figli 
di Ferdinando Camon.

Si sta diffondendo il pensiero che è bello non avere figli: i figli sono una disgrazia, rovinano la vita e il pianeta. Il pensiero diventa un movimento, il de-natalismo, e prende piede in Francia, Italia e soprattutto in Belgio. Qui i de-natalisti hanno inventato una festa annuale, a Bruxelles, dove si trovano, cantano canzoni e alzano boccali di birra. E citano uomini illustri senza figli. Ma citano male. Moravia non era un senza-figli. Era un mancato-padre circondato da mancati-figli.

Quando andavano a trovarlo, Dario Bellezza, Achille Serrao e gli altri, toccavano tutto, spostavano tutto, come fanno i cattivi figli di un padre scrittore. Uno sgattaiolava fuori dalla porta, Alberto lo inseguiva col bastone: “Cos’hai preso?”, “Ma niente Alberto, poi te lo riporto”. Sono gli aspetti vischiosi e fastidiosi della famiglia, che fanno una falsa famiglia. Pasolini dice in una poesia di aver amato una prostituta ma non è nato un figlio, e di questo era contento. Non ha mai affrontato il problema se la sua omosessualità fosse una fuga dalla paternità. Quando esplose la domanda, era in analisi da Musatti. Smise subito. Troppa angoscia. 

Sì, certo, senza figli si lavora meglio. “Tu hai dato degli ostaggi alla vita”, mi ammoniva Meneghello, qui nello studio dove sto scrivendo. L’aveva già detto Bacone: “Se hai dei figli, non farai più grandi azioni, né virtuose né vituperose”. I figli ti bloccano nella mediocrità. Sono ostaggi del nemico, in una vita che è guerra. Ma se noi, padri, siamo un esercito in guerra, i figli sono l’avanguardia e la retroguardia: la protezione. Riempiono i vuoti del passato e vanno in avanscoperta sul futuro che non vivremo. 

Io non so come ho capito i primi film che vedevo, da bambino. Ma mi si spalanca una luce quando vedo la nipotina che guarda incantata il risveglio di Biancaneve, poi Biancaneve sparisce ed appare la matrigna, la piccola osserva in giro sbalordita e domanda: “Dov’è Biancaneve?”. È convinta che, se non è più nel televisore, è uscita dal televisore e cammina nella stanza. Qualcosa del genere dev’essere capitato al mio cervello, quand’ero piccolo, perché a questa ri-scoperta si eccita. Senza figli e nipoti avrei un cervello non eccitato, che vuol dire piatto. 

A 6 anni il primo dei miei figli fece un sogno: “I monti mi dicevano: quando morirai, crescerai”. Significa che ogni conquista passa attraverso una morte? Al fondo del mio cervello c’era questo concetto, non ero sicuro che fosse la verità, ma il sogno del figlio me lo confermava. Lui amava il cinema. Un giornale mi mandava un tesserino perché andassi alla Biennale, lui me lo rubava e ci andava lui. Sul tesserino c’era la mia foto, lo lasciavano passare perché lui era identico a me. 

Questo resta in me l’esempio di cosa vuol dire rinascere in un altro: quando la burocrazia controlla quell’altro e lo scambia per te. A volte mi càpita di cercare un libro che non ho mai letto, lo apro e lo vedo pieno di segni a matita. Sono segnate le frasi giuste con i giusti segni, asterischi, cerchi, punti interrogativi o esclamativi. Ma se non ho mai letto quel libro, chi ha fatto quei segni? Un figlio. Dunque, io ho letto quel libro non come io, ma come figlio. E allora, continuerò a leggere libri, segnandoli con i miei simboli, anche quando non ci sarò. 

I bambini si ammalano, come tutti, e finiscono in Pediatria. L’ospedale vuole che di notte stiano soli, se c’è bisogno ci sono gl’infermieri. Ma le madri non vogliono lasciarli, e si nascondono negli armadi. Il primario prima di andarsene apre gli armadi e scaccia le madri, allora queste si nascondono nei bagni. Le ho viste. I figli sono il sancta sanctorum della famiglia, non possono restare senza sentinelle. 

Quando andavo a prendere un figlio all’asilo, o adesso una nipotina, la maestra lo chiama e gli chiede: “Chi è questo signore per te?”, perché ci sono i ladri di bambini, i bambini sono un valore. Diciamo sempre che non ci sono più valori: eccolo, un valore. 

Ho sentito una madre raccontare: “Passeggio con la figlioletta, questa si nasconde, non la vedo più, e mi son detta: Mi uccido”. Ho sentito una madre friulana cantare una canzone al figlio ricoverato in ospedale: “Signor del Cielo ascoltami, / non farlo mai soffrire, / se c’è dolor per lui, / ti prego dallo a me”: voleva soffrire e morire al posto del figlio. 

È difficile che chi non ha figli attraversi quest’esperienza, voler morire al posto di un altro. Per chi li ha, è un’esperienza perenne. Essere umani vuol dire questo. A Bruxelles alzano boccali di birra per la gioia di non avere figli? Avranno, come tutti, disgrazie nella vita, ma nessuna più grave di questa.

Ferdinando Camon  La Stampa, 2 dicembre 2012.

(foto in testa di Elliot Erwitt)

20/11/12

Intervista a Zygmunt Bauman, oggi: "L'amore, la routine, il tradimento, la fedeltà."



Amarsi e rimanere insieme tutta la vita. Un tempo, qualche generazione fa, non solo era possibile, ma era la norma. Oggi, invece, è diventato una rarità, una scelta invidiabile o folle, a seconda dei punti di vista. Zygmunt Bauman sull`argomento è tornato più volte (lo fa anche nel suo ultimo libro: Cose che abbiamo in comune, pubblicato da Laterza). I suoi lavori sono ricchi di considerazioni sul modo di vivere le relazioni: oggi siamo esposti a mille tentazioni e rimanere fedeli certo non è più scontato, ma diventa una maniera per sottrarre almeno i sentimenti al dissipamento rapido del consumo. Amore liquido, uscito nel 2003, partiva proprio da qui, dalla nostra lacerazione tra la voglia di provare nuove emozioni e il bisogno di un amore autentico.

Cos'è che ci spinge a cercare sempre nuove storie?

«Il bisogno di amare ed essere amati, in una continua ricerca di appagamento, senza essere mai sicuri di essere stati soddisfatti abbastanza. L`amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame».

Dunque siamo condannati a vivere relazioni brevi o all`infedeltà... 

«Nessuno è "condannato". Di fronte a diverse possibilità sta anoi scegliere. Alcune scelte sono più facili e altre più rischiose. Quelle apparentemente meno impegnative sono più semplici rispetto a quelle che richiedono sforzo e sacrificio». 

Eppure lei ha vissuto un amore duraturo, quello con sua moglie Janina, scomparsa due anni fa.
«L`amore non è un oggetto preconfezionato e pronto per l`uso. È affidato alle nostre cure, ha bisogno di un impegno costante, di essere rigenerato, ricreato e resuscitato ogni giorno. Mi creda, l`amore ripaga quest`attenzione meravigliosamente. Per quanto mi riguarda (e spero sia stato così anche per Janina) posso dirle: come il vino, il sapore del nostro amore è migliorato negli anni».

Oggi viviamo più relazioni nell`arco di una vita. Siamo più liberi o solo più impauriti?

«Libertà e sicurezza sono valori entrambi necessari,ma sono in conflitto tra loro. Il prezzo da pagare per una maggiore sicurezza è una minore libertà il prezzo di una maggiore libertà è una minore sicurezza. La maggior parte delle persone cerca di trovare un equilibrio, quasi sempre invano».

Lei però è invecchiato insieme a sua moglie: come avete affrontato la noia della quotidianità? Invecchiare insieme è diventato fuori moda? 

«E' la prospettiva dell`invecchiare ad essere ormai fuori moda, identificata con una diminuzione delle possibilità di scelta e con l`assenza di"novità". Quella"novità" che in una società di consumatori è stata elevata al più alto grado della gerarchia dei valori e considerata la chiave della felicità. Tendiamo a non tollerare la routine, perché fin dall`infanzia siamo stati abituati a rincorrere oggetti "usa e getta", da rimpiazzare velocemente. Non conosciamo più la gioia delle cose durevoli, frutto dello sforzo e di un lavoro scrupoloso.

Abbiamo finito per trasformare i sentimenti in merci. Come possiamo ridare all`altro la sua unicità? 

«Il mercato ha fiutato nel nostro bisogno disperato di amore l`opportunità di enormi profitti. E ci alletta conia promessa di poter avere tutto senza fatica: soddisfazione senza lavoro, guadagno senza sacrificio, risultati senza sforzo, conoscenza senza un processo di apprendimento. L`amore richiede tempo ed energia. Ma oggi ascoltare chi amiamo, dedicare il nostro tempo ad aiutare l`altro nei momenti difficili, andare incontro ai suoi bisogni e desideri più che ai nostri, è diventato superfluo: comprare regali in un negozio è più che sufficiente a ricompensare la nostra mancanza di compassione, amicizia e attenzione. Ma possiamo comprare tutto, non l`amore. Non troveremo l`amore in un negozio. L`amore è una fabbrica che lavora senza sosta, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana».

Forse accumuliamo relazioni per evitare i rischi dell`amore, come se la "quantità" ci rendesse immuni dell`esclusività dolorosa dei rapporti. 

«É così. Quando ciò che ci circonda diventa incerto, l`illusione di avere tante "seconde scelte", che ci ricompensino dalla sofferenza della precarietà, è invitante. Muoversi da un luogo all`altro (più promettente perché non ancora sperimentato) sembra più facile e allettante che impegnarsi in un lungo sforzo di riparazione delle imperfezioni della dimora attuale, per trasformarla in una vera e propria casa e non solo in un posto in cui vivere. "L`amore esclusivo" non è quasi mai esente da dolori e problemi- ma la gioia è nello sforzo comune per superarli».

In un mondo pieno di tentazioni, possiamo resistere? E perché? 

«È richiesta una volontà molto forte per resistere. Emmanuel Lévinas ha parlato della "tentazione della tentazione". E' lo stato dell`"essere tentati" ciò che in realtà desideriamo, non l`oggetto che la tentazione promette di consegnarci. Desideriamo quello stato, perché è un`apertura nella routine. Nel momento in cui siamo tentati ci sembra di essere liberi: stiamo già guardando oltre la routine, ma non abbiamo ancora ceduto alla tentazione, non abbiamo ancora raggiunto il punto di non ritorno. Un attimo più tardi, se cediamo, la libertà svanisce e viene sostituita da una nuova routine. La tentazione è un`imboscata nella quale tendiamo a cadere gioiosamente e volontariamente».

Lei però scrive: «Nessuno p uò sperimentare due volte lo stesso amore e la stessa morte». Ci si innamora una sola volta nella vita? 

«Non esiste una regola. Il punto è che ogni singolo amore, come ogni morte, è unico. Per questa ragione, nessuno può "imparare ad amare", come nessuno può "imparare a morire". Benché molti di noi sognino di farlo e non manca chi provi a insegnarlo a pagamento».

Nel `68 si diceva: «Vogliamo tutto e subito». Il nostro desiderio di appagamento immediato è anche figlio di quella stagione? 

«Il 1968 potrebbe essere stato un punto d`inizio, ma la nostra dedizione alla gratificazione istantanea e senza legami è il prodotto del mercato, che ha saputo capitalizzare la nostra attitudine a vivere il presente». 

I "legami umani" in un mondo che consuma tutto sono un intralcio? 

«Sono stati sostituiti dalle "connessioni". Mentre i legami richiedono impegno, "connettere" e "disconnettere" è un gioco da bambini. Su Facebook si possono avere centinaia di amici muovendo un dito. Farsi degli amici offline è più complicato. Ciò che si guadagna in quantità si perde in qualità. Ciò che si guadagna in facilità (scambiata per libertà) si perde in sicurezza».

Lei e Janina avete mai attraversato una crisi? 

«Come potrebbe essere diversamente? Ma fin dall`inizio abbiamo deciso che lo stare insieme, anche se difficile, è incomparabilmente meglio della sua alternativa. Una volta presa questa decisione, si guarda anche alla più terribile crisi coniugale come a una sfida da affrontare. L`esatto contrario della dichiarazione meno rischiosa: "Viviamo insieme e vediamo come va...". In questo caso, anche un`incomprensione prende la dimensione di una catastrofe seguita dalla tentazione di porre termine alla storia, abbandonare l`oggetto difettoso, cercare soddisfazione da un`altra parte».

Il vostro è stato un amore a prima vista? 

«Sì, le feci una proposta di matrimonio e, nove giorni dopo il nostro primo incontro, lei accetti). Ma c`è voluto molto di più per far durare il nostro amore, e farlo crescere, per 62 anni».

fonte Raffaella De Santis - Repubblica.it pubblicata il 20 novembre 2012. 

26/05/10

Preghiera per i figli.


Su un vecchio libro di preghiere, vecchio di molti anni, ho ritrovato questa Preghiera per i figli, che ho trovato bellissima e che vi invito a copiare, tenere, e a recitare spesso.

O signore, custodisci sotto la tua paterna protezione i figli che tu stesso mi hai concesso.
Io so che tu li ami con un amore più grande e più puro del mio.
Tu hai per loro silenziose parole e forze soavi, a me sconosciute; tu sei con loro ogni momento e ne scruti la mente e il cuore. A te dunque, o Signore, affido la loro inesperta giovinezza.
Sii per essi "la via, la verità e la vita," l'amico vero che non tradisce mai. Non permettere che ti offendano col peccato: fanne degli eletti per il cielo. E salva anche l'anima mia e del mio sposo/a.
Perdona, Signore, le mie debolezze e colma le mie lacuna, e fa' che possa compiere meno indegnamente la mia missione nella famiglia e nella società.
Mantieni tutta la mia famiglia nello spirito di fede, nella pace e nell'unità dell'amore e concedici che un giorno ci ritroviamo uniti nella società dei Santi, con te, in eterno. Amen.

.