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20/09/19

Nulla succede per caso. Sincronicità e coincidenze nei periodi di transizione della nostra vita




Ci sono nella vita periodi che possiamo chiamare di transizione: sono quei periodi in cui la stabilità non è tale da darci soddisfazione interiore, e allora sentiamo di dover operare dei cambiamenti in un'esistenza diventata noiosa e paralizzante;  oppure momenti in cui eventi incontrollabili gettano lo scompiglio in una situazione che avevamo ormai accettato.   Talvolta questi periodi di transizione possono essere provocati da entrambi gli elementi: una necessità interna di cambiamento e una serie di eventi esterni che ci fanno uscire da un solco nel quale non sapevamo neppure di trovarci. 

Molti individui, durante questo processo di transizione, ricevono un aiuto non soltanto esterno o sociale, ma di carattere interno e psicologico: senza che lo desideri o lo si cerchi esso giunge nella forma di una sequenza accidentale di eventi che si verifica nel momento più adatto per aiutarci a proseguire, spesso proprio quando abbiamo la sensazione che ci sia ormai poco da fare. 

Uno dei tratti distintivi della concezione junghiana della psiche è la convinzione che essa sia un fenomeno naturale e che tutti i suoi aspetti, compresi quelli in apparenza patologici o distruttivi, abbiano in realtà la funzione di far sì che lo sviluppo psicologico non si arresti. 

La visione di Jung, secondo la quale i fenomeni psicologici hanno sempre una loro funzione, rafforza la sua concezione di sincronicità. Quando accadono eventi acausali, significativi sotto il profilo emotivo e sotto quello simbolico, il fatto di sperimentare psicologicamente una sincronicità consente in qualche modo di procedere.  

Ecco perché le sincronicità si verificano sempre in momenti di transizione cruciali.

Come l'aiuto che spesso riceviamo dall'esterno, la psiche ci fornisce a volte un aiuto interno e psicologico in forma di coincidenze significative. 





06/02/16

Il Destino, una parola fuori moda.




Anche alle parole, come ai vestiti e ad ogni altra cosa umana, capita di passare di moda. 

Succede ora alla parola Destino, che quasi nessuno ormai pronuncia più.  Fa parte di un comune sentire, che riguarda il tentativo di esorcizzare quello che non comprendiamo e che tutto sommato ci disturba. 

Il pensiero dominante infatti è tetragono oggi nel credere e nell'affermare che in definitiva tutto è sempre nelle nostre mani, tutto possiamo decidere, tutto possiamo scegliere e alla fine siamo noi gli artefici di tutto quello che (ci) accade. 

Una pubblicità della TIM anzi, ultimamente alletta i suoi consumatori con lo slogan: La libertà di non scegliere.  Il sottotesto è che ormai siamo così ricchi, così pieni di opzioni (ricordate l'altro spot della Vodafone: Tutto intorno a te ?) che possiamo anche concederci di non scegliere nulla, tanto - verrebbe da dire - qualcun altro ha scelto per noi, e questo va comunque bene anche per noi. 

Eppure è così evidente - agli antichi questo lo appariva ancor di più, esposti com'erano alle furie naturali, delle guerre, dei massacri, delle epidemie - che c'è una grossa parte di quello che (ci) accade sulla quale noi non abbiamo proprio nessun controllo. 

Per gli spagnoli la parola 'Destino' significa arrivo. Noi per lo stesso significato abbiamo destinazione.  Destino invece, per noi, ha un senso profondamente arcaico che ha sostituito il Fatus dei Romani. 

Le due cose infatti, per i Romani, erano molto diverse. Il Destino  (fortuna) era infatti legato alle caratteristiche umane e si sposava perciò con le volontà individuali (e il libero arbitrio) che determinano la propria sorte.  Il Fatus invece per i romani indicava l'essere sottoposti a una necessità che non si conosce e che non si può controllare. Che appare come casuale (ma per i romani non lo è). 

Oggi per noi Destino significa il Fatus dei Romani. E come ogni cosa che non comprendiamo, tendiamo a rimuovere.  Se proprio poi si deve dedicare attenzione a questo fenomeno degli eventi, vi si attribuiscono gli attributi di caso, accidente, fatalità.

Eppure la tradizione umana, in occidente come in oriente, ha sempre attribuito al Destino, cioè al Fato, una caratteristica non legata fondamentalmente/esclusivamente al caso. Che un vaso di fiori cada in testa ad un passante dunque, è certamente casuale.   Ma sotto questo mantello del caso inviolabile,  la tradizione orientale ha individuato le più diverse necessità del Karma (per i buddhisti), quella occidentale un disegno non leggibile dagli umani, ma che può essere variamente interpretato, fino alle moderne scuole di psicologia del Novecento. 

Tutto questo appare oggi cancellato.  Tutto è nelle nostre mani.  E quel (poco) che non è nelle nostre mani è puro caso ( e questo sentire è ad esempio diffusissimo anche tra chi si dichiara credente di una qualche confessione religiosa), ruota della roulette. E quindi, non vale nemmeno la pena di discuterne.

Ecco dunque che si spiegano le reazioni nevrotiche di fronte ai grandi e improvvisi lutti, alle grandi e improvvise tragedie, di fronte alle quali siamo sempre più impreparati, senza strumenti (anche soltanto interpretativi) di qualunque senso. 

Fabrizio Falconi

foto in testa: frame dal video Losing my religion, dei R.E.M.


29/05/14

L'obiezione all'astrologia (di chi non conosce) - Marco Pesatori.





Coloro che deridono l'astrologia, spesso non sanno ciò di cui parlano. 

Molti infatti confondono la tradizione astrologica millenaria basata sulla conoscenza simbolica dell'animo umano con le varie tecniche divinatorie.

Ma come sanno tutti coloro che si avvicinano all'astrologia seriamente, nessun astrologo serio si sognerebbe mai di divinare il futuro di una persona, ciò che gli succederà esattamente domani o dopodomani. 

L'astrologia infatti si basa - come ogni scienza dei simboli - sulla individuazione dei principi individuali e collettivi che muovono i caratteri umani (e a questo termine così difficile da identificare - nessuno sa cosa sia il carattere di una persona - si associano altre parole misteriose legate all'esistenza umana: predisposizione,  destino, fato, propensione, personalità ecc..) 

Uno dei più seri astrologi italiani, Marco Pesatori, ha scritto recentemente (D di Repubblica, 24 maggio 2014):

L'astrologia è strumento per creature dotate di ragione e possibilità di scelta.   Così l'estenuante polemica tra determinismo e libero arbitrio sembra aver poco senso.
Se dal servizio meteorologico si sa che domani il mare ha forza sette, è una sentenza precisa, ma nulla impedisce al bravissimo velista o all'incosciente di prendere la barca a vela per farsi un giro. 
A chi è alto 1,53 nessuno impedisce di tentare il record mondiale di salto in alto, anche se sarà quasi impossibile ottenerlo e forse è meglio che si dedichi al 400 piani o alla maratona.
Che ci sia un disegno o no, non è dato sapere, ma ciò non mette in discussione la realtà o l'illusione di essere proprio noi a scegliere. 

Mi sembra eloquente, e molto interessante.

Fabrizio Falconi

23/03/09

Ma esiste un Piano Divino?





Ma esistono i piani divini ? Per tutta la vita ci dibattiamo in questa domanda: quello che mi succede dipende da quello che io faccio o decido, o dipende da quello che Qualcuno mi manda ?

Io, essendo cristiano, sono convinto che siano vere entrambe le cose (ma non so quanti cristiani oggi, quanti si definiscono tali, ne siano altrettanto convinti). Credo cioè che la nostra vita sia in perenne equilibrio tra le cose che noi decidiamo ogni momento della nostra giornata, e quello che non possiamo decidere, ma che 'ci capita', e che noi siamo chiamati costantemente a recepire, leggere, interpretare.
Sono cioè convinto che la volontà divina al nostro riguardo, non sia data una volta per tutte. Ma che la volontà divina nei nostri confronti sia come un padre nei confronti di un figlio. Noi possiamo decidere molto riguardo alla vita di nostro figlio: possiamo decidere come 'educarlo', e se sia giusto o no che esca di casa la sera, se ci piace o no la fidanzata che ci porterà a casa. Ma non possiamo decidere assolutamente TUTTO. Nostro figlio ci sfuggerà sempre, manterrà sempre una autonomia decisionale, ci sorprenderà sempre con i suoi atteggiamenti, le sue scelte, ecc... Un quid di incontrollabile, di imponderabile, di totalmente libero esisterà sempre in lui, come esisterà sempre la nostra libertà, autonomia, arbitrio, rispetto alla volontà divina. La volontà divina non è una tirannia. La volontà divina è come una 'cura' che si manifesta nei confronti di noi, figli. Ma noi possiamo curare quanto vogliamo un figlio, alla fine dovrà essere lui a dire 'sì' ai principi, all'educazione, alla cura che noi abbiamo riversato in lui. Ciò comporta una serie di importanti conseguenze:

1. Non possiamo lamentarci contro Dio perchè non manifesta la volontà che noi vogliamo da lui. Dio ci ha lasciati liberi di crescere. E nessuno potrà fare il cammino al posto nostro.

2. I segnali della 'cura' che Dio ci manda ci sono sempre, anche quando non li sentiamo, esattamente come quando un ragazzo non si accorge di quanto suo padre sia vicino a lui, di quanto voglia il suo bene, anche se non vuole o non può, o non riesce a sentirlo (e magari anche se suo padre non riesce a farglielo capire).

3. E' inutile affannarsi per capire cosa abbiano in mente i piani divini su di noi: i piani divini dipendono (anche) da noi, e senza di noi, cioè senza il nostro 'sì' alla cura, non può che prevalere l'istanza contraria a Dio (e cioè il male).

4. Esiste, però, nel piano della creazione, nell'imponderabile volontà divina, un quid (possiamo dire, banalizzando, il 20% ?) che noi non potremo mai comprendere, a proposito della vita: perchè un bimbo di 9 anni contrae la leucemia ? Perchè quella sera un mio amico è uscito di casa e un TIR l'ha investito ? Questo rimane un mistero, e in questa vita, nessuno potrà scioglierlo, e se questo appartiene o no alla volontà divina, lo scopriremo solo nell'aldilà. Ma per il resto, per quelli che sono gli avvenimenti consuetudinari della nostra vita - per le gioie, le speranze, le felicità, le ferite, le cadute, le mancanze, le rinascite - non dovremmo mai, credo, tirare in ballo troppo facilmente la 'volontà divina'.