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02/08/21

Libro del Giorno: "Helgoland" di Carlo Rovelli

 



Come si sa, Carlo Rovelli è un fisico teorico di fama internazionale, specializzato soprattutto nel campo della gravità quantistica e tra i fondatori della teoria della gravità quantistica a loop

Ma Rovelli negli ultimi anni ha acquistato grande notorietà a causa dei suoi libri, che si occupano anche di storia e filosofia della scienza, dimostrando doti speciali di divulgatore con i suoi saggi che, attraverso un linguaggio semplice e traboccante di meraviglia per i temi indagati, hanno saputo avvicinare molti lettori a questioni scientifiche apparentemente astratte e invece assai concrete e fascinosissime.

A sei anni dal suo maggior successo editoriale, Sette brevi lezioni di fisica (tradotto in 41 lingue, ha venduto più un milione di copie in tutto il mondo), a cui è seguito L’ordine del tempo, Rovelli, nato a Verona il 3 maggio 1956, è tornato a parlare del mondo della fisica, sempre per Adelphi, con  Helgoland

Il titolo del libro si riferisce a Helgoland, spoglia isola nel Mare del Nord, luogo adatto alle idee estreme, dove nel giugno 1925 il ventitreenne Werner Heisenberg ha avviato quella che, secondo non pochi, è stata la più radicale rivoluzione scientifica di ogni tempo: la fisica quantistica

A distanza di quasi un secolo da quei giorni, la teoria dei quanti si è rivelata sempre più gremita di idee sconcertanti e inquietanti (fantasmatiche onde di probabilità, oggetti lontani che sembrano magicamente connessi fra loro, ecc.), ma al tempo stesso capace di innumerevoli conferme sperimentali, che hanno portato a ogni sorta di applicazioni tecnologiche. 

Si può dire che oggi la nostra comprensione del mondo si regga su tale teoria, tuttora profondamente misteriosa. 

In questo libro dunque non solo si ricostruisce, con formidabile limpidezza, l’avventurosa e controversa crescita della teoria dei quanti, rendendo evidenti, anche per chi la ignora, i suoi passaggi cruciali, ma la si inserisce in una nuova visione, dove a un mondo fatto di sostanze si sostituisce un mondo fatto di relazioni, che si rispondono fra loro in un inesauribile gioco di specchi. Visione che induce a esplorare, in una prospettiva stupefacente, questioni fondamentali ancora irrisolte, dalla costituzione della natura a quella di noi stessi, che della natura siamo parte.

Un libro ottimo e fortemente consigliabile, che spinge a riflettere e meditare sul senso e sulla natura della nostra esistenza e della nostra esistenza dentro l'universo. 

Due appunti, da lettore che meriterebbero di essere approfonditi:

1. Mi sembra che R. speculi esageratamente sulla teoria quantistica, quasi dando per scontato che essa sia definitiva. Quando sappiamo bene, e lui per primo, che la scienza non è mai definitiva. Tra 100 anni chissà cosa avremo/avranno scoperto ancora. Questa descrizione della realtà, anzi della non-realtà, che leggendo il libro sembra determinata e chiara è dunque ancora assai incompleta (fra l'altro nessuno sa ancora bene spiegare cosa sia la fisica quantistica e perché funzioni e già dai tempi di Einstein si insegue una "Teoria del tutto" capace di mettere insieme quantistica, relatività, gravitazione). 

2. La sostituzione degli "oggetti" (non reali) con le "relazioni tra forze e campi", come fondative di tutto - universo, mondo, uomo, ecc.. - mi sembra che non sposti minimamente la questione meta-fisica, che Rovelli rigetta: se sono le relazioni e non gli oggetti alla base della realtà o di quella che noi chiamiamo realtà, cosa cambia nella sostanza? Da dove vengono queste relazioni e perché esistono? Perché esistono invece di non esistere? E soprattutto come si fa ad escludere la scoperta futura in grado di confermare le ipotesi attuali della teoria delle Stringhe (la più accreditata), quella del Mondo di Mondi o quella di universi paralleli (fortemente sostenuta da molti astrofisici moderni) dove le leggi fisiche - e dunque anche la quantistica - potrebbero tranquillamente essere totalmente diverse dalle nostre oggi conosciute ?

Fabrizio Falconi


06/07/21

Libro del Giorno: "Quando abbiamo smesso di capire il mondo" di Benjamìn Labatut

 



Adelphi sceglie un'opera di Yves Klein del 1960 come felice copertina per un romanzo assai sui generis che è già diventato uno dei casi dell'anno, grazie al passa parola e alle positive (in alcuni casi entusiastiche) recensioni dei giornali.  

L'opera di Klein richiama il suo famoso blu e si ricollega subito alla prima parte del libro intitolata appunta Blu di Prussia che racconta le vicende dell’alchimista che all’inizio del Settecento, infierendo sulle sue cavie, crea per caso il primo colore sintetico, lo chiama «blu di Prussia» e si lascia subito alle spalle quell’incidente di percorso, rimettendosi alla ricerca dell’elisir.  La scoperta finisce molto tempo dopo nelle mani di un brillante chimico al servizio del Kaiser, Fritz Haber, quando a Ypres constata che i nemici non hanno difese contro il composto di cui ha riempito le bombole e quando intuisce che dal cianuro di idrogeno estratto dal blu di Prussia si può ottenere un pesticida portentoso, lo Zyklon, che verrà poi utilizzato dagli aguzzini nazisti per lo sterminio degli ebrei nei Lager. 

La scelta di Adelphi è felice anche nel titolo: nella difficoltà di utilizzare quello originale (Un verdor terrible) si è scelto il titolo di uno dei capitoli, il più lungo, quello riferito alla figura del genio della fisica del Novecento, Heisenberg, il quale all'epoca ventitrenne, durante la tormentosa convalescenza per una forte allergia, sull'isola sperduta nel mare del Nord, di Helgoland, intuisce e scopre che bisogna  smettere di capire il mondo come lo si è capito fino a quel momento e avventurarsi verso una forma di comprensione assolutamente nuova. Per quanto terrore possa, a tratti, ispirare: è la nascita della meccanica quantistica, che ha cambiato la storia del mondo e che resta ancora oggi una teoria profondamente misteriosa anche se verificata un numero infinito di volte (basti pensare che gran parte della nostra moderna tecnologia, tra cui telefoni cellulari o internet funziona grazie ad essa), senza mai essere smentita nemmeno una volta. 

Benjamín Labatut, l'autore, è uno scrittore cileno nato a Rotterdam nel 1980. Ha trascorso la sua infanzia tra L'Aia, Buenos Aires e Lima, per poi trasferirsi a Santiago del Cile all'età di quattordici anni. E in questo paese vive attualmente in un remoto villaggio sulla Cordigliera. Il suo primo libro di racconti, La Antártica empieza aquí, ha vinto il Premio Caza de Letras nel 2009 e il Santiago Municipal Literature Award – nella sezione racconti – nel 2013. A questo libro sono seguiti Después de la luz e Quando abbiamo smesso di capire il mondo, che è stato nominato per l'International Booker Prize 2021.

Con il suo stile lucido e disturbante, Labatut costruisce un libro strano e diverso dagli altri. L'assunto è forse proprio quello di esplorare il lato demoniaco/distruttivo della scienza che si esprime nelle stesse vicende biografiche ossessivo/compulsive dei geni, che da Heisenberg a Schrodinger, sono i protagonisti del libro. 

La scelta di romanzare, cioè di inventare particolari biografici e non mano a mano che il racconto va avanti, è spiazzante per il lettore. E lo costringe ad andare ogni volta a verificare se quello che scrive Labatut è del tutto vero o no. 

Poiché l'avvertenza sulla libertà presa dall'autore nel raccontare queste storie è messa alla fine e non all'inizio del libro, qualche lettore potrà anche sentirsi coinvolto in un gioco scomodo. Forse però è proprio quello che Labatut voleva, visto che il tema centrale del libro è proprio il dubbio relativo alla esistenza di quello che noi chiamiamo "reale", sulla consistenza del quale è proprio la scienza moderna a farci dubitare. 

Cosa è vero, cosa no? Chi e cosa sono queste menti geniali che hanno scoperchiato abissi? 

La cosa certa è che grazie a Labatut si imparano molte cose su argomenti su cui abbiamo letto tanto, senza mai finire di meravigliarsi di quanto il mistero in cui siamo calati sia spaventosamente fitto e infinitamente complicato. 

La mancanza di qualsiasi parvenza di oggettività in quello che noi pensiamo/vediamo/ realizziamo, rispetto al piano di "realtà" - ammesso che esista poi, una realtà - è sconvolgente, dato che le cose nella fisica quantistica sembrano esserci, esistere soltanto se e quando qualcuno le osserva (influenzandolo fra l'altro). 

È la via che ha preferito Benjamín Labatut in questo singolarissimo e appassionante libro, ricostruendo alcune scene che hanno deciso la nascita della scienza moderna. Ma, soprattutto, offrendoci un meraviglioso intrico di racconti, e lasciando scegliere a noi quale filo tirare, e se seguirlo fino alle estreme conseguenze.

L'unica pecca per un libro così bello è la cura editoriale - assai strano per un editore come Adelphi - che scivola sul piano dei refusi e della impaginazione. Nella edizione cartacea c'è addirittura una intera riga completamente saltata a fondo pagina, più tanti altri piccoli errori piuttosto imbarazzanti. 

Benjamín Labatut 

Quando abbiamo smesso di capire il mondo 

Traduzione di Lisa Topi 

Adelphi 2021, pp. 180 

isbn: 9788845935183 

€ 18,00 

25/09/19

Ogni cosa è correlata, nell'Universo. Tutto fa parte del Tutto. Le incredibili proprietà dell'Entanglement Quantistico



Cosa è l’Entanglement Quantistico ?

I risultati ottenuti dagli studi teorici e sperimentali, scientifici, corroborano in ogni caso, la conclusione che l’universo ammette l’esistenza di “interconnesioni non locali”:  qualcosa che ACCADE QUI può essere correlato con qualcosa che ACCADE LAGGIU’, ANCHE SE NON C’E’ NULLA CHE SI SPOSTI DA QUI A LI’ E ANCHE SE NON C’E’ ABBASTANZA TEMPO PERCHE’ SI VERIFICHI ALCUNCHE’, AD ESEMPIO PERCHE’ LA LUCE VIAGGI TRA DUE PUNTI.

La connessione tra due particelle può permanere ANCHE SE SI TROVANO AGLI ESTREMI OPPOSTI DELL’UNIVERSO.

Dal punto di vista della loro correlazione, malgrado l’immensità dello spazio che le separa, E’ COME SE FOSSERO POSTE UNA ACCANTO ALL’ALTRA.

Con una certa semplificazione, anche se le due particelle sono nettamente separate, possiamo dire che la meccanica quantistica dimostra che   QUALSIASI COSA FACCIA UNA PARTICELLA, L’ALTRA FA LO STESSO. 

Possono esistere, contrariamente a quanto credeva Einstein, connessioni quantistiche, strane, bizzarre, “sovrannaturali” tra un corpo che si trova qui e uno che si trova là.

Il ragionamento che fa giungere a questa conclusione è tanto complesso che ai fisici sono occorsi più di 30 anni per comprenderlo in tutte le sue sfumature.

Coppie di particelle adeguatamente preparate (dette entangled) non acquisiscono le proprietà misurate in modo indipendente: sono come due dadi magici, uno lanciato ad Atlantic City, l’altro a Las Vegas, ognuno dei quali segna casualmente un punteggio, che è sempre in accordo con quello dell’altro dado. Le particelle entangled si comportano nello stesso modo, ma non per magia: anche se spazialmente distanti, non si comportano in maniera autonoma una dall’altra.

Le conseguenze di questa scoperta, sono colossali: L’universo NON E’ LOCALE.

L’effetto di ciò che facciamo in un luogo piò essere correlato CON QUANTO ACCADE IN UN ALTRO LUOGO, ANCHE SE ESSI SONO TROPPO DISTANTI PER PERMETTERE AD ALCUNCHE’ DI TRASMETTERE UN QUALUNQUE TIPO DI INFLUENZA NEL TEMPO DATO.

Le particelle hanno UNA ORIGINE COMUNE CHE LI CORRELA. In sostanza, per quanto si allontanino una dall’altra e siano spazialmente distinti, LA LORO STORIA LI ACCOMUNA.

Anche quando sono lontani, FANNO PARTE DI UNO STESSO SISTEMA FISICO, DI UNA UNICA ENTITA’ FISICA.

Concludendo: DUE OGGETTI POSSONO ESSERE SEPARATI DA UN’ENORME QUANTITA’ DI SPAZIO E, CIO’ NONOSTANTE, NON AVERE UNA ESISTENZA DEL TUTTO INDIPENDENTE.  Possono cioè essere uniti da una connessione quantistica, l’Entanglement, che rende LE PROPRIETA’ DELL’UNO DIPENDENTI DA QUELLE DELL’ALTRO.  Lo spazio non distingue gli oggetti correlati in questo modo, NON E’ IN GRADO DI ANNULLARE LA LORO INTERCONNESSIONE: anche una enorme quantità di spazio NON NE INDEBOLISCE MINIMAMENTE L’INTERDIPENDENZA QUANTISTICA.

Ciò significa che OGNI COSA E’ CORRELATA CON TUTTE LE ALTRE, E CHE LA MECCANICA QUANTISTICA STABILISCE UN’ENTANGLEMENT UNIVERSALE. 

In fondo, del resto, al momento del BIG-BANG, TUTTO ERA IN UN UNICO LUOGO.



25/03/14

Folgoranti citazioni dal Tao della Fisica di Fritjof Capra.






Per molti anni questo libro, Il Tao della fisica, di Fritjof Capra, mi ha girato intorno, come spesso accade con i libri, aspettando pazientemente il momento giusto per venirmi incontro, per aprirsi anche a me.  Per una serie di singolari circostanze il momento è arrivato.  E alla fine di questa lunga e intensa lettura, capisco perché questa attesa. 
Era adesso il momento - taoisticamente - giusto per comprendere la grandezza dello sforzo divulgativo di questo fisico americano che, folgorato molti anni fa, mentre era seduto su una spiaggia davanti all'Oceano - come racconta nella prefazione - dalla danza cosmica che avveniva intorno a lui e di cui lui stesso (come noi tutti) era partecipe, ha sentito il bisogno profondo di raccontare in termini comprensibili a tutti (anche a chi è lontano dalle conoscenze scientifiche, della fisica meccanica, quantistica o delle particelle), il grande mistero che collega le moderne o modernissime acquisizioni scientifiche, alle intuizioni profonde del misticismo orientale, maturate più di tre o quattromila anni fa. 

Con un taglio puramente scientifico, da addetto alla materia, Capra illustra le sconvolgenti scoperte della fisica moderna, quelle che riguardano l'universo infinitamente grande dopo la rivoluzione einsteniana e l'introduzione dei principi quantistici e la fisica delle particelle subatomiche, ancora più sorprendente, laddove si scopre che la materia che noi abbiamo sotto gli occhi (e anche dunque quella di cui siamo composti noi stessi), non è fatta di nessuna sostanza, ma di una incredibile struttura di connessioni  di campi, di forze interconnesse, energie e probabilità. 

Si esce dalla lettura del libro di Capra (scritto nel 1975, in anni che potevano favorire interpretazioni new age, ma divenuto invece un classico della divulgazione scientifica) con occhi diversi.  
Per guardare quella che noi chiamiamo realtà, noi stessi, la nostra coscienza. 
Una esperienza quasi iniziatica, che consiglio di compiere a chi è alla ricerca di qualcosa di ricco per la propria interiorità e anche per la propria mente. 
Qui di seguito riporto alcune folgoranti citazioni tratte dal testo. 

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Per avere un'idea delle dimensioni subatomiche bisogna pensare ad un atomo grande come la Cupola di San Pietro. 
In un atomo di quelle dimensioni il nucleo sarebbe grande quanto un grano di sale ! 

Un grano di sale nel centro della Cupola di San Pietro e granelli di polvere che gli turbinano attorno nell'enorme vastità della cupola: in questo modo possiamo raffigurarci il nucleo e gli elettroni di un atomo.

Dobbiamo quindi abituarci all'idea - del tutto controintuitiva - che tutto ciò che per noi è visibile ed è materia è composto essenzialmente, in larghissima maggioranza, di vuoto.



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Secondo la teoria della relatività - confermata da innumerevoli prove strumentali - lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è una entità separata. 
Essi sono strettamente connessi e formano un continuo quadridimensionale, lo "spazio-tempo".
Non esiste cioè un flusso universale del tempo come nel modello newtoniano. Tutte le misure in cui entrano lo spazio e il tempo perdono quindi il loro significato assoluto.
Lo spazio e il tempo diventano soltanto elementi del linguaggio che un particolare osservatore usa per descrivere i fenomeni dal proprio punto di vista.

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La spontaneità è il principio di attività del Tao, e poiché la condotta umana dovrebbe essere modellata sull'operare del Tao, la spontaneità dovrebbe caratterizzare anche tutte le azioni umane. Per i Taoisti, dunque, agire in armonia con la natura significa agire spontaneamente e secondo la propria natura. Significa avere fiducia nella propria intelligenza intuitiva, che è innata nella mente umana, così come le leggi del mutamento sono innate in tutte le cose che ci circondano.

Poiché la nostra rappresentazione della realtà è molto più facile da afferrare che non la realtà stessa, noi tendiamo a confondere le due cose e a prendere i nostri concetti e i nostri simboli come se fossero la realtà.

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La famosa frase di Cartesio 'cogito ergo sum' ha portato l'uomo occidentale a identificarsi con la propria mente invece che con l'intero organismo. Come conseguenza della separazione cartesiana, l'uomo moderno è consapevole di se stesso, nella maggior parte dei casi, come un io isolato che vive "all'interno" del proprio corpo.
La mente è stata divisa dal corpo e ha ricevuto il compito superfluo di controllarlo; ciò ha provocato la comparsa di un conflitto tra volontà cosciente e istinti involontari.
Ogni individuo è stato ulteriormente suddiviso in base alla sua attività, capacità, sentimenti, opinioni, ecc... in un gran numero di compartimenti separati, impegnati in conflitti inestinguibili, che generano una continua confusione metafisica e altrettanta frustrazione.

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Nella fisica moderna il vuoto è ben lungi dall'essere vuoto. Al contrario, esso contiene un numero illimitato di particelle che vengono generate e scompaiono in un processo senza fine.

Il "vuoto fisico" non è uno stato di semplice "non-essere", ma contiene la potenzialità di tutte le forme del mondo delle particelle.


Fritjof Capra