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12/12/20

I Fori Romani ancora non hanno finito di stupire: Spunta dai secoli una Testa Monumentale di Augusto



Una testa di eta' imperiale del dio Dioniso, una seconda testa dell'imperatore Augusto sempre di epoca imperiale in eta' giovanile mai mostrata al pubblico. E poi oltre 60 frammenti del Fregio d'Armi del Foro di Traiano, che rappresentano le spoglie belliche dei popoli vinti e quelle dei vincitori, e un frammento di fregio storico in marmo bianco a grana fine, inquadrabile cronologicamente tra il I e il II secolo d.C.: arrivano direttamente dal sottosuolo del primo tratto di via Alessandrina alcuni incredibili tesori della Roma antica, rinvenuti nello scavo archeologico appena concluso e illustrato ieri, grazie al quale e' tornata alla luce una nuova porzione dei Fori Imperiali. 

Con questa opera, curata da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali su concessione del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e per il Turismo - Parco Archeologico del Colosseo e resa possibile grazie al contributo della Repubblica dell'Azerbaigian (per un importo complessivo di 1.000.000 di euro), finalmente con un unico sguardo si potra' ammirare la piazza del Foro di Traiano con il complesso monumentale dei Mercati di Traiano

Gli scavi hanno riguardato il tratto settentrionale, lungo circa 60 metri e ora rimosso, della via Alessandrina che collegava l'attuale piazza del Foro di Traiano a largo Corrado Ricci: i preziosi reperti emersi dopo il lavoro, adesso in fase di restauro e studio, saranno poi esposti al Museo dei Fori Imperiali ai Mercati di Traiano

"Il Foro di Traiano e' un capolavoro dell'urbanistica romana di cui finora non si coglieva appieno la grandiosita'. Oggi e' piu' facile capire perché la costruzione fosse definita 'degna dell'ammirazione degli dei'", dichiara Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente Capitolina ai Beni Culturali. 'L'intervento di via Alessandrina, condotto da Roma Capitale, si configura come un progetto di particolare importanza, in quanto restituisce alla fruizione pubblica l'area del Foro Traiano in tutta la sua ampiezza e grandiosita'."

23/06/18

Il Tempio della Pace ai Fori e il Tesoro Scomparso di Re Salomone.

I grandiosi resti del Tempio della Pace al Foro Romano

Il Tempio della Pace e il tesoro di Re Salomone. Nuovi scavi nella zona del Foro Romano hanno da qualche anno permesso di far tornare alla luce alcuni preziosissimi resti dell’età antica, che si credevano perduti per sempre. 

Sono le rovine del cosiddetto Teatro della Pace, fatto costruire dai Flavi, che consacrarono questo luogo nel 75 d.C. dopo la guerra giudaica e i bagni di sangue per la conquista di Gerusalemme. Finalmente regnava nell’impero la Pax Augusta e l’imperatore Vespasiano decise di far costruire il nuovo Foro (il terzo in ordine cronologico e il più esteso per superficie), a fianco di quello di Augusto, lungo la strada dell’Argileto che collegava la suburra alla zona centrale nevralgica del potere cittadino. 

Danneggiato molto gravemente alla fine del III secolo d.C. il Tempio perse progressivamente la sua importanza, fino a cadere nell’oblio. Ma la memoria di questa colossale struttura rimase nei documenti e nelle cronache dell’epoca e anche se oggi l’area su cui afferiva il Tempio è quasi interamente ricoperta da Via dei Fori Imperiali, è stato possibile recuperare i frammenti di cinque delle colossali colonne originali in granito rosa provenienti dalle cave di Assuan in Egitto, che adornavano il Tempio dedicato alla dea Pax. 

Le gigantesche colonne forniscono l’idea della grandezza di questa struttura che occupava due ettari di terreno, con corti, porticati, giochi d’acqua e ardite architetture. Ma il motivo principale dell’interesse degli archeologi negli anni e dell’interessa intorno al Foro della Pace è proprio relativo ai tesori che esso custodiva.

Una ricostruzione del Tempio (o Foro) della Pace

Tra di essi, alcune fonti assicurano si trovava anche il leggendario Tempio del Re Salomone. Durante la guerra giudaica, infatti, e a seguito della conquista di Gerusalemme, i Romani infatti ebbero finalmente accesso anche al mitico Tempio, del quale riferiscono abbondantemente le Scritture, fatto costruire dal Re biblico otto secoli prima di Cristo, raso al suolo dai Babilonesi di Nabucodonosor II, che lo spogliarono dei suoi tesori (fatti restituire poi da Ciro il Grande), ricostruito dai Giudei in forme grandiose e ultimato nel 515 a.C.

E nessuno sa con esattezza che cosa facesse parte del bottino dei Romani, una volta espugnato il Tempio. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che nel tesoro trafugato dai soldati di Vespasiano vi fosse anche la mitica Arca dell'Alleanza, descritta dalla Bibbia, la cassa (in legno d’acacia) rivestita d'oro e sontuosamente decorata, costruita da Mosè per ordine stesso di Dio. 

L’Arca dell’Alleanza, la vera Arca, è il tesoro più ambito da ogni archeologo del mondo, e su di essa si è favoleggiato a lungo, anche perché la Bibbia stessa dice che al suo interno erano custodite nientemeno che le Tavole della Legge ricevute da Mosè sul Monte Sinai, la verga di Aronne e la manna che cadde dal cielo per miracolo e nutrì gli ebrei nel deserto. Sull’Arca, che comunque già all’epoca del Re Salomone sembra contenesse soltanto le Tavole della Legge, gravava anche la maledizione secondo cui essa non poteva essere toccata che da un levita. E chiunque, non appartenente alla razza prediletta, ne venisse a contatto, moriva istantaneamente. 

Anche per questo, il prezioso reperto non veniva mai mostrato in pubblico, ed era sempre ricoperto di uno spesso strato di pelle di tasso e da un telo di stoffa azzurro. All’Arca erano attribuiti ogni sorta di prodigi. Attraverso di essa, Mosè era in grado di parlare con Dio, e di farlo comparire presente tra gli uomini, levitante al di sopra dell’Arca. Resta dunque molto suggestiva l’idea che sia stata trasportata, al termine delle sue vicende in Terra Santa, a Roma, e che magari, resti di essa giacciano ancora oggi sepolti sotto l’odierna Via dei Fori Imperiali, che spacca oggi in due il Foro della Pace, sotto spessi strati di terra.

Una ricostruzione ipotetica dell'Arca dell'Alleanza



21/04/18

21 Aprile 2018, Natale di Roma - La misteriosa sepoltura di Romolo, il fondatore della Città Eterna, nel cuore del Foro Romano (Lapis Niger).


Alla mitologia di Romolo, fondatore della città, sono legati diversi fondamentali luoghi di Roma, in primis il luogo della sua sepoltura, la sua tomba, che nella tradizione di derivazione greca, assorbita dai Romani, spettava a lui di diritto nella piazza (agorà) centrale della città. 

Il sacro diritto, spettante soltanto ai fondatori della città, fu dunque, in tempi antichissimi assegnato a Romolo, stabilendo che la sua tomba (heròon) dovesse collocarsi nel cuore cittadino, nel Foro, tra l’edificio della Curia e il Comizio che anticamente funzionava come orologio solare, meridiana di riferimento per tutta la città. 

Il luogo della sepoltura di Romolo fu immediatamente dichiarato sacro e l’antico toponimo di Lapis Niger è legato al materiale che fu usato per la sua copertura: un lastricato in marmo nero (risalente ai lavori che furono effettuati mentre regnava Lucio Cornelio Silla), i cui frammenti sono miracolosamente sopravvissuti e ancora oggi visibili.


Il luogo individuato nell’area del Foro non era soltanto quello della sepoltura di Romolo, bensì anche quello della sua morte. Nella probabile realtà storica infatti – a dispetto della tradizione che volle deificare Romolo raccontando di una sua ascesa al cielo dal Campo Marzio, avvolto in una nube luminosa - il fondatore di Roma sarebbe stato ucciso da una congiura dei patrizi durante una seduta del consiglio regio al Volcanale, ovvero il Tempio di Efesto nel Foro Romano, che si trovava proprio sopra il Comitium

Il Lapis Niger poi potrebbe essere ancora più antico e precedere la stessa sepoltura di Romolo: secondo alcuni infatti il luogo sarebbe già stato identificato per dare sepoltura a Faustolo, il padre adottivo di Romolo. 

 Mentre secondo altri ricercatori l’antichissima tomba (che una volta era a cielo aperto) si riferirebbe ad Osto Ostilio, il nonno di Tullo Ostilio, il terzo dei re di Roma. 

E all’epoca di Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.), lo scrittore riferiva la presenza di due leoni accovacciati che erano di guardia al sacro sepolcro. 

 Quel che è certo è che il primo nucleo originario della struttura risale al VI secolo a.C. e a questa stessa epoca risalgono le strutture sotterranee: una piattaforma su cui era posto un altare a forma di U dotato di un basamento e di due cippi, uno conoidale che forse era la base di una statua (probabilmente di Orazio Coclite identificato come il dio Vulcano aggiunta all’inizio del III secolo a.C.), ed uno trapezoidale con una legge sacra iscritta in latino arcaico su tutte e quattro le facce.


I cippi sono oggi entrambi mutili, ma ovviamente quello più interessante è quello trapezoidale che ha dato molto lavoro agli archeologi e agli epigrafisti. L’iscrizione infatti presenta caratteri simili alla scrittura greca, ma che non sono greci e perlopiù sono disposti alla maniera bustrofedica, cioè da sinistra a destra e a capo da destra a sinistra, come fanno gli aratri nei campi

Per molto tempo questa iscrizione – fino alla incredibile scoperta della Fibula Praenestina (la spilla in oro del VII secolo a.C. scoperta a Palestrina nel 1887 e conservata oggi al Museo Luigi Pigorini) – era ritenuta la più antica latina mai conosciuta

E ancora oggi viene ritenuta importantissima per la decifrazione del latino arcaico. Pur essendo mutilata, gli esperti hanno potuto interpretare l’iscrizione come una formulazione di maledizione contro chi osasse violare questo luogo di sepoltura sacro, un po’ come avveniva per i sepolcri dei faraoni dell’Antico Egitto.


Il nero utilizzato per il lastrico, i leoni di guardia, e la misteriosa pietra, hanno per lungo tempo protetto il luogo dalla intrusione dei predoni e dalla furia dei vandali. E ancora oggi è una delle principali attrazioni del Foro Romano.

Fabrizio Falconi
riproduzione riservata - 2018

08/09/17

Domani sera apertura straordinaria notturna a 1 Euro per i Mercati di Traiano con la Casa del Jazz.




I suoni della musica jazz e i grandi compositori dell'epoca barocca saranno al centro del programma di eventi culturali del prossimo fine settimana organizzati in collaborazione con la Casa del Jazz e Roma Tre Orchestra. 

Si comincera' sabato 9 settembre con le performance jazzistiche del Francesco Lento Quintet e del Trio Cicconetti/Cantarano/Mazzeo durante l'apertura serale dei Mercati di Traiano - Museo dei Fori Imperiali (dalle 20 alle 24 ultimo ingresso ore 23 - biglietto simbolico di un euro) e si concludera' domenica 10 alle ore 16.30 presso il Museo Pietro Canonica di Villa Borghese con lo spettacolo L'ensemble Barocco dei musicisti Nelita Maiolatesi (oboe), Angela Naccari (clavicembalo) e Marco Simonacci (violoncello). 

Durante la serata di sabato 9 i visitatori avranno l'occasione di assistere a una doppia esibizione musicale che li accompagnera' durante il percorso della propria visita tra i reperti archeologici del Museo di via Quattro Novembre. Con il biglietto di un euro il pubblico potra' ammirare le bellezze dell'intera area, l'esposizione temporanea della mostra I Fori dopo i Fori. La vita quotidiana nell'area dei Fori Imperiali dopo l'antichita' e assistere al seguente programma musicale:

alle 21.00 e alle 22.30 sulla Terrazza del Belvedere si esibira' il Cicconetti/Cantarano/Mazzeo Trio. Questo raffinato guitar trio portera' in scena un repertorio di celeberrimi standards, molti dei quali legati a famose colonne sonore cinematografiche. Con Stefano Cicconetti (batteria), Steve Cantarano (contrabbasso), Francesco Mazzeo (chitarra). Alle 20.15, alle 21.45 e alle 23.15 nella Grande Aula si terra', invece, l'esibizione del Francesco Lento Quintet. Uno dei migliori trombettisti di jazz italiani sara' alla testa di questo formidabile quintetto, una sorta di giovane 'all stars', alle prese durante la serata con i cavalli di battaglia della leggendaria etichetta discografica 'Blue Note'. Con Francesco Lento (tromba), Daniele Tittarelli (sax alto), Domenico Sanna (piano), Luca Fattorini (contrabbasso) e Marco Valeri (batteria). 

Sara' invece un piccolo viaggio nel gusto di un tempo e di uno stile compositivo quello che Nelita Maiolatesi, Angela Naccari, Marco Simonacci dedicheranno domenica 10 settembre alle ore 16.30 presso il Museo Pietro Canonica alla musica di alcuni tra i principali compositori dell'epoca barocca. 

Gli strumenti da loro impiegati saranno quelli tipici di questo periodo: oboe e cembalo, uniti al cello per rafforzare il continuo. Le due giornate rientrano nell'iniziativa 'Nel week-end l'arte si anima' promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l'organizzazione di Ze'tema Progetto Cultura. La programmazione e' frutto della collaborazione con importanti istituzioni culturali cittadine quali: Casa del Jazz, Fondazione Musica per Roma, Teatro di Roma, Fondazione Teatro dell'Opera, Accademia Nazionale di Santa Cecilia e con le Orchestre dell'Universita' Roma Tre e di Sapienza Universita' di Roma. 

Continua anche 'Museum Social Club - Edizione Weekend', contest gratuito dedicato ad artisti emergenti tra i 18 e i 30 anni attivi nell'ambito della danza, della musica e del teatro. Per partecipare alle prossime edizioni (nuova scadenza 21 settembre) e' sufficiente inviare una mail e un video di presentazione all'indirizzo social@museiincomuneroma.it. Ogni mese i momenti performativi piu' votati sulla pagina ufficiale Facebook (fino a un massimo di quattro) potranno andare in scena durante uno degli eventi del fine settimana. 

 Ancora in corso la promozione speciale per 'L'ara com'era', in programma il venerdi' e il sabato sera al Museo dell'Ara Pacis. Si potra' acquistare un biglietto d'ingresso ridotto presentando il biglietto vidimato degli eventi di animazione del week-end nei Musei in Comune (la promozione e' valida per il weekend in corso o il successivo, salvo disponibilita'). 'L'Ara com'era' e' il primo intervento sistematico di valorizzazione in realta' aumentata e virtuale di uno dei piu' importanti capolavori dell'arte romana, divenuto ancora piu' immersivo e coinvolgente. 

Grazie a due nuovi punti d'interesse in Realta' Virtuale, che combinano riprese cinematografiche dal vivo, ricostruzioni in 3D e computer grafica, e' possibile immergersi nell'antico Campo Marzio settentrionale e assistere alla prima ricostruzione in realta' virtuale di un sacrificio romano.

24/07/14

La Torre delle Milizie - Il "punto di vista" più alto e originale di Roma.



Santa Caterina a Magnanapoli vista dalla Torre delle Milizie



La Torre delle Milizie, la più alta di Roma.
(foto di Fabrizio Falconi)

Anche Roma ha la sua Torre pendente, un possente edificio medievale, alto ben 51 metri che domina l’intera città, elevandosi alla fine della Via IV Novembre tra i Mercati di Traiano e il Quirinale. 

E’ la Torre delle Milizie che popolarmente è stata chiamata anche Torre di Nerone o Torre Pendente, a causa della sua inclinazione che si può apprezzare dalla sua vicinanza alla Chiesa di Santa Caterina a Magnanapoli. 

L’appellativo Torre di Nerone invece, derivò da una falsa leggenda, essa sarebbe esistita già ai tempi dell’Imperatore e anzi, proprio dalla sommità di questa torre, egli avrebbe ammirato il panorama della città in fiamme, mentre, come tramanda la tradizione, suonava la sua cetra. In realtà invece la torre, pur essendo la più antica tra quelle di Roma, risale all’epoca di Papa Gregorio IX (1227-1241d.C.) e fu costruita su commissione della potente famiglia Conti dall’architetto Marchionne Aretino, per essere poi donata a Papa Caetani, Bonifacio VIII che la trasformò in residenza e fortificazione personale, per lui e per la sua famiglia per difendersi dagli acerrimi nemici, i Colonna. 

La torre originariamente era formata da tre piani rivestiti di laterizio, su una base quadrangolare di tufo già esistente e facente parte delle Mura Serviane: oggi ne restano soltanto due, perché il terzo, il più alto, fu abbattuto perché pericolante, quando l’edificio, passato alla famiglia dei Caetani, fu gravemente danneggiato dal terremoto che sconvolse Roma nella notte tra il 9 e il 10 settembre del 1348. 

 
Villa Aldobrandini vista dalla Torre delle Milizie

Alla torre, anche per via della sua mole imperiosa, del suo aspetto severo, sono state attribuite nel corso dei secoli molte leggende, una delle quali secondo cui essa era una sorta di periscopio, di occhio sulla città, di una ampia magica reggia, sotterranea, fatta costruire da Augusto per sorvegliare la sua città. 

La leggenda dice anche che l’imperatore, un giorno salirà sulla torre, resuscitando dai morti, e quel giorno indicherà il momento nel quale Roma tornerà ad splendere come faro di luce nel mondo. Quel che invece è certo, è che dal Cinquecento la Torre, dopo essere stata di proprietà dei Conti e del Cardinale Napoleone Orsini, entrò in possesso delle suore domenicane di Santa Maria a Magnanapoli, che vi rimasero per alcuni secoli, e le cronache del Settecento e dell’Ottocento raccontano delle monache che venivano avvistate ad una delle sei finestre della Torre, o sulla terrazza, uniche privilegiate a godere l’impareggiabile panorama sulla città.  

La scala medievale in legno di ciliegio che sale fino alla sommità (51 metri) della Torre delle Milizie.


Soltanto agli inizi del Novecento l’edificio fu dichiarato monumento nazionale, dopo che – a causa degli scavi nei cantieri per la costruzione della Via Nazionale – la Torre aveva aumentato la sua inclinazione, che rese necessario un massiccio restauro operato da Antonio Munoz nel 1914. 

Il Foro di Traiano visto dalla Torre delle Milizie

Dal 1927 la Torre fa parte dei Mercati di Traiano-Museo dei Fori Imperiali. La stabilità dell’edificio è messa parzialmente a rischio dall’intenso traffico della sottostante Via IV Novembre e per questo motivo la Torre continua ad essere oggetto di restauri e manutenzione, oltre che di monitoraggio.



La Torre delle Milizie imponente sul Foro di Traiano