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24/11/20

Domani 50 anni dalla morte eclatante di Yukio Mishima

Yukio Mishima si fa fotografare nei panni di San Sebastiano dipinto da Guido Reni


Come tutti coloro che, in una sorta di astratta fusione tra sentimento e vita, anelano idealisticamente all'assoluto anche Yukio Mishima (pseudonimo di Kimitake Hiraoka), scrittore giapponese morto giusto 50 anni fa, il 25 novembre 1970 a 45 anni, con un suicidio eclatante e drammatico, era in quel periodo di contestazione globale e di vogliamo tutto, che e' una forma di assoluto, una figura riconosciuta a livello internazionale, un modello, anche se lontano. 

Solo per capire, potremmo dire che fu un po' come per noi Pasolini, artista con la sua nostalgia di una societa' precapitalista e la denuncia del potere presente. 

Oggi, ricordato in particolare dalla destra, visto che la sua parabola esistenziale e ideologica potremmo facilmente etichettarla secondo i nostri riferimenti come di tipo fascista, Mishima si cerca di rileggerlo reinserendolo nella realta' nipponica cui profondamente apparteneva e in un'idea culturale quasi metafisica. 

Per intendere la sua estraneita' a una realta' concreta e contingente basti ricordare l'interesse che dimostro' per gli studenti sessantottini di sinistra e la loro lotta idealista di contestazione al sistema capitalista, che per Mishima riduceva l'uomo a una dimensione calpestando dignita' e valori tradizionali, che pero' per lui erano incarnati nella figura trascendentale, assoluta dell'imperatore

E' quindi nel nome dell'imperatore e in difesa della bellezza e autenticità del mondo ucciso dalla fine della guerra (Hiroshima) , che lo scrittore da inizio anni '60 avvia il proprio processo di radicalizzazione nazionalista e militarista secondo il principio che "sapere senza agire equivale a non sapere", arrivando nel 1968 a costituire una sua associazione paramilitare, Tate no kai (Societa dello scudo). 

Una decina di anni dopo, appena consegnato all'editore l'ultimo romanzo, "Il mare della fertilita'", finira' cosi' la propria vita con un Suppoku, l'harakiri dei samurai con una spada nel ventre, dopo aver cercato di far scattare la scintilla di una sorta di colpo di stato, irrompendo con i suoi seguaci nel ministero della difesa e arringando i militari affinche' si ribellino per restaurare i valori spirituali del Giappone imperiale

E il suo inneggiare all'Imperatore era, appunto, simbolico, qualcosa di metafisico e idealistico e col suo suicidio si lega alla dichiarata fede nell' "Hagakure", libro del XVII secolo sull'etica dei samurai. 

Mishima, che nonostante la sua omosessualità si era sposato e aveva avuto due figli, era un personaggio pubblico gia' prima, scrittore di successo, fautore di arti marziali come il Kendo, protagonista del film "Patriottismo", su di un ufficiale che decide di uccidersi col suppoku con la moglie: sua sceneggiatura profetica poi anche diretta e interpretata, e con sue foto che appaiono sui giornali popolari. 

Il fatto e' che l'azione, e la produzione letteraria da "La spada" del 1963 sino ai testi ultimi lancinanti come il dramma "Madame De Sade" del 1963 e la narrazione e personale rilettura storica "Il mio amico Hitler" del 1968, hanno finto per mettere in ombra le qualita' dello scrittore e in particolare dei suoi primi libri di analisi psicologica a sfondo piu' o meno autobiografico, come il sofferto "Confessioni di una maschera" del 1949 sui problemi con la propria omosessualita', e poi "Colori proibiti", "La voce delle onde" (scritto dopo un lungo viaggio in Grecia e ispirato al mito di Dafni e Cloe), "Il padiglione d'oro" del 1962, nato da un fatto di cronaca, l'incendio di un tempio tradizionale da parte di un giovane handicappato, e considerato il suo romanzo migliore, sino a "Dopo il banchetto" e "La stella meravigliosa" del 1961, con spunti fantascientifici. 

Sono romanzi strutturati, ricchi di riferimenti culturali e notazioni filosofiche, che riflettono letture occidentali ma restano ben inseriti in quella tradizione letteraria giapponese confermata dall'amicizia che Mishima ebbe con uno scrittore quale il premio Nobel per la letteratura Kawabata. In occasione di questo cinquantenario escono in Italia due saggi: "Mishima martire della bellezza" di Alez Pietrogiacomi (Alcatraz, pp. 160 - 12,00 euro) che raccoglie "le frasi tratte dalle sue opere e dai suoi discorsi, per creare una sorta di manuale per moderni guerrieri, per uomini e donne dallo spirito indomito e poetico, capaci di riflettere e agire al tempo stesso"; e "Yukio Mishima. Enigma in cinque atti" di Danilo Breschi (Luni, pp. 258 - 20,00 euro), saggio che ne vuol restituirne l'originale figura artistica, comparandola con autori che vanno da Kierkegaard a Pirandello, da Camus a Cioran, e affrontandone, tra vita e pensiero, "quel corto circuito tra il medioevo piu' feudale, gerarchico e guerriero, ed una modernita' tanto avanzata da anticipare il postmoderno". 

Segnalo anche un bellissimo saggio su Mishima, il Giappone e l'arte del Sumo, contenuto nel libro "Civette impossibili" di Brian Philipps uscito da poco per Adelphi. 

10/06/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 28. "Ecco l'impero dei sensi (Ai no korīda)" di Nagisa Oshima (1976)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 28. "Ecco l'impero dei sensi  (Ai no korīda)" di Nagisa Oshima (1976)

Un classico, scritto e diretto dal maestro Nagisa Ōshima e basato su un celebre episodio di cronaca avvenuto nel Giappone degli anni trenta, Ecco l'impero dei sensi, trovò un notevole riscontro non solo di critica ma anche di pubblico a metà degli anni '70, dovuto sicuramente anche al pruriginoso lancio pubblicitario che fu fatto per il film, definito come "trasgressivo" e tacciato perfino di pornografia.

La vicenda è ambientata nella Tokyo del 1936 e descrive il legame tra la giovane cameriera ed ex prostituta Sada Abe (nome che ovviamente richiama il marchese De Sade) e Kichizo "Kiki san" Ishida, proprietario della pensione presso cui presta servizio. 

La relazione, iniziata con l'attrazione reciproca, si trasforma in un gorgo divorante che trascina i due sempre più dentro il loro universo esclusivo e claustrofobico. I due amanti vivono alimentandosi solo di amplessi e di rapporti sempre più estremi, sacrificando ogni forma di quotidianità tradizionale e di razionalità. 

Un gioco ossessivo che si conclude tragicamente con la morte di Kiki, soffocato nell'ultima e mortale trasgressione.

Nello scandaloso finale, Abe Sada recide il membro di Kiki - d'evidente valore simbolico e affettivo - e se ne appropria, portandolo dentro di sé per tre giorni, fino all'arresto da parte della polizia.

Dopo Ultimo Tango a Parigi di Bertolucci, Ecco l'impero dei sensi porta alle estreme conseguenze le idee di Georges Bataille: la passione fisica, il piacere sessuale, il gusto della trasgressione e la morte vi sono strettamente legati, come le corde che stringono gli amanti. 

E, come scrisse Callisto Cosulich nella occasione della uscita italiana della pellicola, il film si presenta come la messa in scena dell'aforisma di Montaigne: attraverso il sesso l'appropriazione della vita fino alla morte. 

Al di là dei temi affrontati, Oshima realizzò un capolavoro assoluto grazie alla perfezione formale dell'opera: la scelta degli ambienti, che rimandano al teatro giapponese tradizionale, i movimenti della camera, il montaggio compongono l'unità narrativa e formale di un racconto che scuote e avvince. 




06/04/18

Il Louvre si conferma il Museo più visitato al Mondo - Ma incalzano i Cinesi !



Re Louvre sempre sul trono supera la crisi e risale la china tornando di nuovo sopra agli 8,1 milioni di visitatori, 700 mila in piu' rispetto al 2016, l'anno nero del terrorismo.

Ma il vero exploit e' quello del National Museumof China che con poche presenze in meno (8.062.000) rispetto al blasonatissimo collega francese svetta di colpo al secondo posto della classifica mondiale 2017 stilata dal Giornale dell'Arte con The Art Newspaper, lasciandosi alle spalle il Met di NewYork, che pure ha affrontato le sue crisi di bilancio guadagnando ancora visitatori.

Tant'e', quest'anno anche i Musei Vaticani festeggiano, con 400 mila presenze in piu' che gli valgono la riconquista del quarto posto (un anno fa erano scivolati al quinto, superati dalla National Gallery di Londra).

Mentre nella top 100, dove da sempre figurano alcuni dei piu' importanti musei italiani, dagli Uffizi a Castel Sant'Angelo, entrano alla grande il Complesso Museale del Duomo di Siena (31), Palazzo Reale di Milano che ha ospitato tra l'altro la grande mostra di Caravaggio (71) e finalmente la Reggia di Caserta, complici forse pure le domeniche gratuite lanciate dal Mibact (100).

Insomma, se guerre e terrorismo continuano a fare paura e la crisi economica costringe anche i piu' grandi a rivedere i bilanci, la fame di cultura nel mondo sembra crescere insieme con i numeri globali del turismo.

E l'Oriente, con un trend che va avanti ormai da tempo, si fa spazio, sgomitando anche ai danni delle istituzioni piu' storiche. Nella lista dei primi dieci le variazioni sono minime.

Soffrono un po' i musei londinesi (anche qui la paura del terrorismo puo' aver fatto la sua parte) con il British Museum che scivola dal terzo al quinto posto e la National Gallery che dal quarto precipita all'ottavo.

Escluso il Reina Sofia di Madrid, che con 3,8 milioni di visitatori si deve accontentare dell'undicesimo posto, in discesa come il Prado che con 2,8 milioni e' diciottesimo (era al gradino 14).

Intanto si fa strada il Tokyo Metropolitan Art Museum, che entra al 21/o posto, cosi' come il Museum National de Antropologia di Citta' del Messico, che con 2 milioni 336 mila presenze e' 24/o, seguito al 30/o da un altro museo cittadino, il Museum National de Historia (2.135.465).

E se a Firenze gli Uffizi perdono una posizione scendendo al 26/o posto e la Galleria dell'Accademia ne cede due (al 37/o con 1,6 milioni), un destino analogo al museo dell'Acropoli di Atene (1,5 milioni di visitatori, e' 40/o, nel 2016 era al 36/o posto), guadagna invece ben 11 posizioni il National Museum of Western Art di Tokyo, 43/o con 1,4 milioni di visitatori.

Quanto alla classifica italiana, i primi posti sono gli stessi di sempre, al top inossidabili gli Uffizi, con 2 milioni 235 mila visitatori, seguiti dalla Galleria dell'Accademia di Firenze e dal Museo di Castel sant'Angelo, primo dei romani.

Tra i siti archeologici domina il Colosseo, da sempre il monumento piu' gettonato, che nel 2017 ha sfondato il muro dei 7 milioni di visitatori, seguito da Pompei con 3 milioni 418 mila (anche qui oltre un milione in piu' rispetto a pochi anni fa) e a sorpresa dalla Valle dei templi di Agrigento con 867 mila.

Guardando ai 32 super musei voluti da Franceschini (quelli a gestione autonoma) in testa c'e' sempre l'Anfiteatro Flavio, seguito dal complesso Uffizi, Pitti, Boboli (3 milioni 825 milioni) e poi da Pompei e dalla Galleria dell'Accademia.

Agli ultimi posti la Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia (59 mila visitatori) e il Parco dell'Appia Antica (48 mila) con tutta probabilita' penalizzato dalla mancanza di uffici e personale. 

Una classifica valuta anche chiese, abbazie e complessi museali: qui dominano i toscani, primo assoluto il Duomo di Siena con 2,1 milioni di visitatori, seguito a distanza dal Duomo di Firenze (725 mila) e da Santa Maria Novella (450 mila).

19/02/18

Un Hotel - Opera d'Arte. A Tokyo dall'8 all'11 marzo, i più grandi artisti giapponesi.



Tokyo, metropoli ricchissima di storia, arte e suggestioni, mostra l’arte anche in luoghi inaspettati. La cultura e le arti visive, la bellezza e la raffinatezza del fare giapponese creano tensioni positive in tutta la città, la fruizione continua di forme d’arte diviene ancora più emozionante quando, come nel caso del Park Hotel Tokyo, diviene anche un’emozione privata, come avere un museo personale. Qui non si osserva semplicemente il lavoro dell’artista, ma si entra nel pieno della cultura giapponese.

Il Park Hotel Tokyo, nella zona di Shiodome, racchiude l’opera di numerosi artisti giapponesi. Le camere d’artista, artist rooms, sono oltre trenta e tutte realizzate da artisti diversi, anche per genere ed età, ogni camera propone uno stile e un concept propri.

Alcuni artisti si sono ispirati a concetti fondamentali della cultura giapponese, come Hiroko Otake che nella Cherry Blossom room, si focalizza su ciliegi e farfalle, due simboli della caducità della bellezza naturale che esprimono il concetto del mono no aware: un concetto estetico giapponese che esprime al contempo una forte partecipazione emotiva alla bellezza e alla caducità mentre provoca una sensazione di nostalgia. Questo concetto del mono no aware si può ben comprendere osservando le fioriture degli alberi, come ad esempio la fioritura dei ciliegi, forse l’evento naturale più importante in Giappone, la cui bellezza, stupefacente, si somma alla malinconia di qualcosa che già non c’è più.

Le divinità o entità spirituali della tradizione giapponese hanno ispirato altri artisti, come Yuki Ninagawa nella sua Japanese Angel, incentrata sulla figura dell’angelo giapponese che indossa la tradizionale veste hagoromo; oppure Nobuo Magome nella sua Yokai, che raffigura una serie di creature soprannaturali e spiriti sia benigni sia maligni, gli yokai per l’appunto, della mitologia giapponese, in un leggero stile sognante quasi da fumetto.
I simboli della tradizione giapponese e della letteratura classica sono il fulcro di altre camere, dove la tradizione prende vita grazie all’interpretazione eterogena degli artisti. Nella stanza d’artista The Tale of Genji, di Takushi Mizuno, l’ospite potrà ritrovarsi immerso nelle antiche atmosfere dell’epoca Heian della fondamentale opera letteraria giapponese degli inizi del XI secolo “Genji Monogatari” (in italiano, “il racconto di Genji”); mentre nella stanza Otafuku Face della giovane Aki Kondo il visitatore sarà circondato dal paffuto viso della otafuku (simbolo di bellezza classica giapponese) dipinto in chiave moderna.

Anche le arti tradizionali prendono spazio nelle camere d’artista Kabuki di OZ - Yamaguchi Keisuke ispirata all’arte teatrale del kabuki, nella camera Sumo di Hiroyuki Kimura che si ispira allo storico sport nazionale giapponese e Zen del calligrafo Seihaku Akiba, dedicata alla comprensione della profonda spiritualità giapponese zen.

Alcuni degli artisti parleranno inoltre del loro lavoro nelle Artist Room in occasione dell’evento espositivo ART in PART HOTEL TOKYO 2018 in programma dal prossimo 8 marzo fino all’11 marzo all’interno dell’hotel in concomitanza con la Art Fair Tokyo, la più grande fiera d’arte internazionale del Giappone.

Da Shiodome passiamo al lussuoso quartiere di Ginza a Tokyo, nel complesso commerciale cosmopolita GINZA SIX, dove l’arte e la cultura sono presenti in molte forme, a partire dal progetto di public art con la supervisione del Mori Art Museum di Roppongi, in collaborazione con un gruppo di noti artisti giapponesi, fino al Teatro noh, l’antica arte teatrale giapponese. Non manca in questo spettacolare edificio un suggestivo roof-top garden ispirato al periodo Edo. Il GINZA SIX è stato inaugurato nel 2017 con l’installazione Pumpkin di Yayoi Kusama, 14 enormi zucche a pois rosse occupavano l’imponente spazio centrale della struttura.

In esposizione permanente, invece, le opere di artisti quali Misa Funai, che con Paradise/Boundary/Portraitcattura lo spazio reale trasformandolo in tela grazie alla commistione tra mondo pittorico e realtà degli specchi che compongono l’opera, dove lo spettatore in un’immagine riflessa diviene parte dell’opera.

Il designer JTQ Junji Tanigawa a GINZA SIX ha curato su due “pareti viventi”, ognuna dell’altezza di 12 metri posizionate una di fronte all’altra. La prima, Living Canyon, del botanico e artista Patrick Blanc, si compone di un mix di piante, alcune tipiche giapponesi, che formano un precipizio rigoglioso illuminato dalla luce solare; l’altra, Universe of Water Particles on the Living Wall, è un’installazione digitale ultratecnologica che affonda su parte dell’opera di Blanc e crea una suggestiva cascata che varia il suo aspetto con il mutare della luce solare. Si tratta di una simulazione realizzata da teamLab, un gruppo di esperti di tecnologia digitale le cui creazioni che uniscono arte, scienza, tecnologia e considerevole creatività. TeamLab in Italia ha creato alcune delle installazioni nel padiglione giapponese di ExpoMilano2015.

22/11/16

Decalogo giapponese dell'amore.





Decalogo giapponese dell'amore
(mia libera traduzione)


1. L'amore perfetto non si raggiunge mai attraverso il possesso. Il sesso perfetto non arriva mai attraverso il possesso.

2. L'amore perfetto non arriva mai attraverso uno sfogo o una frustrazione. Il sesso perfetto non viene mai per la via di uno sfogo o di una frustrazione.

3. Mai cercare l'amore perfetto per trovare il sesso perfetto.

4. Mai cercare il sesso perfetto per trovare l'amore perfetto.

5. L'amore perfetto non chiede nulla.

6. Il sesso perfetto non chiede nulla.

7. L'amore perfetto è come un fiore che si apre al mattino.

8. Il sesso perfetto è come un fiore già aperto che riceve la luce perché è aperto.

9. Il sesso perfetto è l'immobilità del torrente che trova il mare.

10. L'amore perfetto è il mare che tu sei. E dentro di te, tutto.



20/01/16

"Little Sister", un delicato e poetico film dal Giappone.



E' un bellissimo film, il nuovo di Kore-Eda, Little Sister, dopo My father my son. Dal Giappone una lezione di stile e di sostanza sui rapporti affettivi, sulla realtà e i bisogni del mondo interiore.

Riporto qui sotto due recensioni che condivido interamente. 

"Poteva nascere un mélo di lacrime e sangue, ne esce invece il ritratto coinvolgente e pacato di una generazione alle prese con le «eredità» psicologiche lasciate dai genitori, il senso di riconoscenza in lotta con la voglia di indipendenza, il «doverismo» contro la libertà. Kore-Eda racconta tutto questo con un tocco sensibilissimo e delicato, attento a piccoli gesti privati (molti legati alla quotidianità del cibo), con un'asciuttezza e una sensibilità che evitano qualsiasi caduta verso la lacrima o il ricatto sentimentale." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 14 maggio 2015)


"Non perdetelo perché è davvero un bel film nonostante le inevitabili penalizzazioni del doppiaggio (più forti e fastidiose in film come questo), di quelli che regalano momenti di intensa emozione, leggerezza, e felicità. (...) Piccoli drammi o episodi lontani, l'incognita del futuro, sentieri impalpabili lungo i quali si avventurano i personaggi che il suo sguardo segue con pudore e dolcezza. (...) Siamo in un mondo declinato interamente al femminile, le sorelle, la anziana pro zia, la madre delle tre ragazze, la piccola Suzu, che condividono il fantasma paterno, quella figura per le tre maggiori fantasmatica, per Suzu invece concreta intorno alla quale continuano a fluttuare ricordi, rancori, delusioni, rimpianti. (...) 
Il Diario narra lo scorrere di queste giornate, il rito sospeso del tempo quotidiano in cui nulla sembra accadere, i passaggi dell'esistenza, gli incontri e gli addii, le lente scoperte di sé, la crescita dei desideri, la necessità di lasciarsi alle spalle l'infanzia mondo dell'infanzia ... Oltre i bordi delle immagini balena il Giappone in crisi delle piccole imprese oppresse dai debiti e dalle banche, di un'irrequietezza giovane, di sogni lasciati a metà. 

Non è facile mantenere teso questo filo dell'emozione, e renderlo immagine. Kore-eda guarda al cinema classico del Sol levante, alle sfumature emozionali impalpabili di Ozu, anzi 'Little Sister' è forse il più vicino per sensibilità alle storie del regista di 'Viaggio a Tokyo', e non solo per i fiori di pesco che danzano spinti dal vento o per la delicatezza con cui costruisce la sua messinscena

Il movimento delle esistenze tra conflitti, silenzi, ferite anche involontarie, sorrisi, umorismo che disegna questa geometria narrativa ci parlano di una ricerca del proprio posto al mondo in cui ognuno porta in sé le tracce di qualcun altro (...). Un film «piccolo» questo 'Little Sister', senza proclami, che lieve rende la vita, e lo scorrere delle sue stagioni nel tempo del cinema." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 2 gennaio 2016)

17/11/15

Le Chiese e i siti cristiani di Nagasaki. Una bellissima mostra sul Giappone al Palazzo della Cancelleria, a Roma.

Cattedrale di Oura


La mostra, "Le Chiese e i Siti Cristiani di Nagasaki", candidati al riconoscimento come patrimonio culturale dell’umanità, intende presentare come si è radicato il cristianesimo in Giappone e come esso abbia favorito per quattrocento anni lo scambio di valori tra Giappone ed Europa, sarà aperta al pubblico dal 23 al 29 di novembre 2015, è organizzata dalla Prefettura di Nagasaki, Prefettura di Kumamoto, Comune di Nagasaki, Comune di Sasebo, Comune di Hirado, Comune di Goto, Comune di Minamishimabara, Comune di Ojika, Comune di Shinkamigoto, Comune di Amakusa, è realizzata grazie al contributo dell’ANA, Agenzia per gli Affari Culturali del Giappone e si avvale del Patrocinio del Ministero degli Affari Esteri del Giappone e del Pontificio Consiglio della Cultura.



Una statuetta di Maria Kannon XIX secolo Arcidiocesi di Nagasaki La leggenda vuole che la statua fosse di proprietà dei credenti di Urakami. Sculture raffiguranti la Dea kannon venivano prodotte in massa in Cina, perciò questo tipo di scultura fu scelta per rappresentare la Vergine Maria. I “senpuku kirishitan” (cristiani clandestini) la chiamavano “Hanta Maruya” (Santa Maria)

“Le Chiese e i Siti Cristiani di Nagasaki”, candidati al riconoscimento tra i patrimoni culturali dell’umanità. Le orme dello straordinario cristianesimo giapponese. PALAZZO DELLA CANCELLERIA (PIAZZA DELLA CANCELLERIA 1, ROMA)

Da lunedì 23 a domenica 29 novembre

Chiesa di Egami 


Situata all'estremo occidente del Giappone, la regione di Nagasaki è un territorio costituito da una miriade di isole i cui colori dominanti sono l'azzurro e il verde grazie all'intenso tono blu del cielo che le sovrasta ed al verde cristallino del vasto mare che le circonda. Sin dall'antichità attiva protagonista degli scambi culturali con il continente, la regione di Nagasaki, nel suo ruolo di porta d'ingresso per gli scambi con l'Occidente, ha svolto un ruolo determinante per lo sviluppo della cultura giapponese e per il processo di modernizzazione della stessa. In tale contesto, si è assistito alla creazione di una cultura originale di questa regione, che come caratteristica principale ha quella di essere in grado di testimoniare il processo di radicamento del cristianesimo in Giappone.



Un paravento decorativo pieghevole raffigurante l’arrivo degli europei in Giappone (copia) ca. 1600 Questo paravento ritrae in maniera estremamente vivida le scene di arrivo in Giappone di missionari e mercanti. Nella parte in alto a destra si può notare una chiesa, circondata da numerosi negozi che vendono rosari e altri oggetti di culto.





L'introduzione del cristianesimo in Giappone, ad opera del missionario gesuita Francesco Saverio, avvenne nel 1549 e a partire dal XVI secolo la regione di Nagasaki costituì il centro delle attività dei missionari, che portarono alla diffusione della religione cristiana. In seguito, a causa dei divieti, delle oppressioni e delle persecuzioni delle autoritàà politiche del tempo, per un periodo di circa 250 anni i credenti della regione di Nagasaki tramandarono la loro fede costituendosi in comunità clandestine, fino a che, alla metà del XIX secolo, non riuscirono a ricongiungersi alla chiesa cattolica. 



L’“O-kake-e” (L’Annunciazione) Risalente alla seconda metà del XVIII secolo- inizio XIX secolo circa Museo di Shimanoyakata nell'isola di Ikitsuki, Comune di Hirado Immagine sacra tramandata dai “senpuku kirishitan” (cristiani clandestini) dell' isola di Ikitsuki di Hirado, denominata “Il bucato”, poiché vi si sovrappongono strati pittorici di diverse epoche, che testimoniano la trasformazione dallo stile pittorico occidentale a quello giapponese. Nel dipinto, che raffigura la scena dell’Annunciazione, sono ritratti l’Arcangelo Gabriele, con le ali sul dorso, la Vergine Maria che già tiene il Cristo tra le braccia e, nella parte superiore, Dio

Con la mostra "Le Chiese e i Siti cristiani di Nagasaki", candidati al riconoscimento tra i patrimoni culturali dell’umanità, intendiamo illustrare la peculiare storia del processo di recepimento del cristianesimo da parte del Giappone, verificatosi a partire dal XVI secolo e per un periodo di circa 400 anni e presentare la cultura e i patrimoni culturali ad esso legati, attraverso gli oggetti, le immagini e i documenti esposti. In un paese come il Giappone, le cui radici spirituali erano legate al buddismo e allo shintoismo sin dalla più remota antichità, come è stato possibile diffondere il cristianesimo ed assistere alla sua drammatica rinascita dopo un lungo periodo di agonia La meraviglia di questa storia è sotto i vostri occhi.
Villaggio di Sakitsu a Amakusa



Un’orecchia di mare (copia) Museo della chiesa di Dōzaki Una conchiglia chiamata “orecchia di mare”, riportante l'iscrizione: “San Givan”. Si ritiene che il nome “San Givan” indichi San Giovanni Battista. I “senpuku kirishitan” (cristiani clandestini) intravedevano la figura del Santo nei riflessi che risplendono nella parte interna della conchiglia. Fu così che queste “orecchie di mare” iniziarono ad essere utilizzate e tramandate in vari luoghi come oggetti di devozione.

22/07/15

L'elogio dell'Ombra di Tanizaki. Un prezioso libro.


Un piccolo gioiello  di sole novanta pagine, Libro d'ombra è un mormorante inno alla preziosità di tutto quello che non è in luce, a ciò che è in penombra, a quello che metaforicamente è segreto, non è dato di essere scoperto, dalla luce violenta del sole. 

In questi giorni di dura canicola estiva, il libro di Jun'Ichiro Tanizaki (Bompiani 1995/2015,  a cura di Giovanni Mariotti, traduzione di Atsuko Ricca Suga) offre conforto poetico e una lenta e pacifica meditazione.

Il titolo originale del libro è Elogio dell'Ombra. L'editore italiano non ha potuto sceglierlo perché esiste un famoso saggio poetico con lo stesso titolo, di cui abbiamo parlato qui nel blog.

E' un saggio sulla civiltà giapponese, e un elogio della cultura orientale, così in antitesi alla nostra. Se infatti in Occidente si è privilegiato e si continua a privilegiare sempre più il senso della vista (razionale, analitica, estetica), e tutto vuole essere illuminato (e pulito e asettico e formalmente compiuto), in Oriente tutto è stato funzionalmente costruito e adattato per curare l'ombra, per proteggere lo sguardo dalla dittatura della luce e privilegiare gli altri sensi. 

Tanizaki passa in rassegna in brevi poetici capitoli i mobili e i sistemi di riscaldamento e illuminazione, i gabinetti e i ristoranti, le pietre preziose e le stoviglie, le ricette di cucina e i generi teatrali: tutto viene misurato dall'occhio e dalla sensibilità aumentata dell'osservatore. La vita è ancora più preziosa e fragile, ancora più densa e misteriosa. 

In verità. non esistono né segreti, né misteri: tutto è magia nell'ombra, scrive Tanizaki. 

Nel bizzarro mondo d'ombra (per esempio quello del Teatro no descritto negli ultimi capitoli, c'è un mondo di bellezza e di intrinseca oscurità.  

Le case antiche giapponesi, le suppellettili di legno laccato scuro, fatte apposta per assorbire la luce, ogni angolo, ogni oggetto ha un suo posto, nella misericordia della penombra.

Fabrizio Falconi


29/03/14

La sapienza dell'Oriente e l'infelicità moderna.




Eve Arnold, Retired woman, China (1979)


C'è una obiezione di fondo che muovo ai filo-orientalisti: coloro che sostengono la superiorità della sapienza e della tradizione dell'Oriente in confronto a quella occidentale. 

Sono il primo ad essere convinto che il misticismo orientale - molto più di quello maturato e sviluppatosi nell'Occidente - si sia avvicinato alle cosiddette verità ultime.  

Basta leggere un libro di grande divulgazione come il Tao della fisica, per rendersi conto che 3.000 anni fa i grandi pensatori e mistici d'Oriente, i fondatori del buddhismo, del taoismo, dello zen, dell'induismo, compresero (molto meglio e molto più propriamente dei filosofi  e dei mistici occidentali), ciò che oggi la fisica moderna, la meccanica quantistica, la teoria einsteniana, ci stanno dicendo sul mondo. E su quella che noi chiamiamo realtà.

Ciò che stiamo scoprendo, cioè, è stato anticipato ed elaborato dalle grandi tradizioni filosofiche e mistiche orientali molti e molti secoli fa: oggi sappiamo che non esiste sostanza (gli atomi sono fatti quasi esclusivamente di vuoto e per il resto di relazioni, campi, interconnessioni e probabilità, non sostanza), che lo spazio e il tempo sono convenzioni (e solo un accidente della realtà), che le cose invisibili sono molto più di quelle invisibili, che gli universi sono infiniti e probabilmente interconnessi, che il mondo che noi conosciamo è tenuto insieme da una misteriosa e complessissima danza cosmica, fatta di interrelazioni, energie, campi, probabilità.  L'opposto di quello che i nostri sensi ci dicono: individuazione dell'io, separazione tra osservato e osservante, ego-centrismo ed elio-centrismo dell'universo, che sono invece i principi su cui si è incardinata la storia del pensiero occidentale (di radice cristiana).

Eppure, l'ammirazione per questa saggezza d'Oriente, capace di cogliere il senso profondo delle cose e la sostanza vera della realtà, suscita l'obiezione di cui dicevo all'inizio:

perché questi grandi sistemi filosofici e mistici e questa sapienza non hanno saputo tradursi nel concreto in una evoluzione umana (e di civiltà) più accettabile della nostra ? 

Il prodotto di 3.000 anni di sapienza e di consapevolezza orientale sono i grandi paesi-continenti dell'oggi: la Cina, il Sud-est asiatico, l'India e da ultimo il Giappone.

Nessuno di questi paesi oggi mostra l'immagine di questa sapienza superiore, arcana, primordiale, maturata non soltanto nel chiuso di qualche antico monastero o nella mente di qualche filosofo, ma dispensata in norme religiose e di vita che sono state con-divise per secoli e secoli da intere popolazioni.

Il prodotto non è confortante: la Cina è oggi un paese terribilmente materialista, forse il paese meno spirituale al mondo, e non c'è democrazia, ma un regime autoritario e autocrate.  L'India è un paese-continente colmo di spaventose disuguaglianze, ancora in gran parte edificato socialmente sul sistema delle caste.  Sud-est asiatico e Giappone, pur avendo aderito (in forme parossistiche) al modello di vita occidentale, sono ancora pervasi da mentalità fondamentaliste, in alcuni casi medievali.

L'Occidente, pur con le sue distorsioni, le sue guerre spaventose, i suoi genocidi, ha creato - dalla grande tradizione dei padri romani e greci - i principi del diritto e della democrazia, oltreché dei principi fondamentali della persona umana (e quindi delle Costituzioni libere) che sono state adottate anche in molte parti d'Oriente.

Insomma: perché tanta sapienza, tanta profonda consapevolezza non si è tradotta, nel corso di così tanti secoli,  in vita migliore, in principi migliori, in equità, in giustizia, tutto sommato, in felicità condivisa e diffusa ?

Resta per me un mistero.


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata 

02/01/14

Kintsugi: il dolore è oro, perché ti insegna e ti dice che sei vivo.




Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello. 

Questa tecnica è chiamata Kintsugi. Oro al posto della colla. Metallo pregiato invece di una sostanza adesiva trasparente. 

E la differenza è tutta qui: occultare l'integrità perduta o esaltare la storia della ricomposizione? 

Chi vive in Occidente fa fatica a fare pace con le crepe. "Spaccatura, frattura, ferita" sono percepiti come l'effetto meccanicistico di una colpa, perché il pensiero digitale ci ha addestrati a percorrere sempre e solo una delle biforcazioni: o è intatto, o è rotto. Se è rotto, è colpa di qualcuno. 

Il pensiero analogico -arcaico, mitico, simbolico- invece, rifiuta le dicotomie e ci riporta alla compresenza degli opposti, che smettono di essere tali nel continuo osmotico fluire della vita. 

La Vita è integrità e rottura insieme, perché è ri-composizione costante ed eterna. 

Rendere belle e preziose le "persone" che hanno sofferto......questa tecnica si chiama "amore". Il dolore è parte della vita. A volte è una parte grande, e a volte no, ma in entrambi i casi, è una parte del grande puzzle, della musica profonda, del grande gioco.

Il dolore fa due cose: Ti insegna, ti dice che sei vivo. Poi passa e ti lascia cambiato. E ti lascia più saggio, a volte. In alcuni casi ti lascia più forte. 

In entrambe le circostanze, il dolore lascia il segno, e tutto ciò che di importante potrà mai accadere nella tua vita lo comporterà in un modo o nell’altro.

I giapponesi che hanno inventato il Kintsugi l'hanno capito più di sei secoli fa - e ce lo ricordano sottolineandolo con l'oro.