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03/04/12

Piccole bugie tra amici (Recensione)


 

Sta per uscire anche in Italia Les Petits Mouchoirs (tradotto impropriamente come al solito: "Piccole bugie tra amici"), il film di Guillaume Canet, che in Francia è diventato un piccolo 'caso' con 6 milioni di spettatori e molti articoli sui giornali.

Interpretato da ottimi attori come Marion Cotillard, François Cluzet e Jean Dujardin ('The Artist'), il film - una commedia agrodolce sulle vicende di un gruppo di amici quarantenni alle prese con la scomparsa di uno di loro (tema che sembra molto molto vicino a quello de 'Il Grande Freddo')  -  nella sua semplicità dice alcune cose interessanti sui vizi della contemporaneità occidentale e in particolare sulla condizione della 'generazione di mezzo'. 

Si scopre così che in  queste vite liberate e dissipate, e completamente incentrate sul sesso e sulla sessualità (vissute in modo nevrotico o paranoico), l'ultimo tabù rimasto è quello della omosessualità - ma solo di quella maschile. 

E' l'omosessualità, vera o presunta o immaginata di uno degli amici, a scatenare imbarazzi, reticenze, ironie, e insieme le risate più convinte offerte dal canovaccio della sceneggiatura.

Insieme a questo, l'altro enunciato del film - non molto originale, per la verità - è che questa generazione è fondamentalmente una generazione di immaturi, di persone non formate, di eterni adolescenti, incapaci di prendere una direzione, nella vita, perché eternamente in fuga dalle proprie responsabilità e dal sacrificio, eternamente inebriati dal piccolo o grande sballo continuo, dal divertimento - se possibile - che diventa tetro rituale di solitudine, dal cerebralismo inutile, dalla coltivazione ossessiva del proprio ego, esattamente come fanno gli adolescenti.  

La morte è l'unico antidoto, sembrerebbe decretare il film, l'unico mezzo che serve per crescere.   Per abbandonare i piccoli e grandi isterismi, le nevrosi, ed essere capaci di scoprire la parte autentica di sé, che normalmente si fa di tutto per non ascoltare, nel chiasso insensato di queste vite.

Un film interessante, decisamente troppo lungo - con almeno 40 minuti di troppo - che dimostra la vitalità del cinema d'Oltralpe.