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27/10/20

Cosa fare quando tutto va male? La lezione di Keith Jarrett raccontata da Riccardo Luna



Cosa si può fare quando tutto va male, e sembra che non si possa fare altro che rinunciare o rassegnarsi? 
In giorni come questi, la domanda è quanto mai pertinente. 
E oggi Riccardo Luna prova a rispondere brillantemente evocando uno dei più grandi artisti della nostra epoca, Keith JarrettRiporto qui di seguito il suo post sul blog de La Repubblica: 

Qualche giorno fa uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi, sì, Keith Jarrett, ha detto al mondo: ho avuto due ictus, non sono più un pianista. 

Ci lascia con più di mezzo secolo di grande musica e una lezione di vita indimenticabile. Il concerto di Colonia del 1975. Non so se avete già sentito la storia del concerto di Colonia del 24 gennaio 1975. 

Quando mi chiedono come nasce l'innovazione, come si crea un capolavoro, io ripenso a quello che accadde quella sera a Colonia

Keith Jarrett aveva appena 29 anni ed era già famosissimo

Dopo diverse collaborazioni prestigiose, era sbarcato in Europa per la prima tournée da solo. 

A Colonia arrivò da Zurigo nel pomeriggio di un gelido giorno di pioggia che sembrava fatto apposta per mandare tutti al diavolo: non dormiva da due giorni, aveva un mal di schiena furioso e quando nel pomeriggio salì sul palco per le prove, invece del pianoforte che aveva chiesto (un Bösendorfer Grand Imperial), ne trovò uno più piccolo, scordato e con i pedali fuori uso

Ok, me ne vado, disse più o meno, era il minimo. 

Ma l'organizzatrice era una ragazzina di 19 anni, Vera Brandes, e quella notte era il sogno della sua vita e non poteva lasciarla svanire così: inseguì Keith Jarrett disperata fin fuori dal teatro: lo trovò che era già in macchina, gli implorò di suonare lo stesso, gli promise che il piano lo avrebbe fatto accordare, certo era piccolo per il teatro da 1400 posti, tutti venduti, ma, disse più o meno, ti prego fallo per me. 

Vera Brandes doveva avere una passione notevole perché Jarrett accettò; alle 23 e 30 salì sul palco e letteralmente creò musica per circa un'ora. Suonò in modo incredibile, forse proprio perché sapeva che il pianoforte non era adatto, ci mise una energia e una intensità mai viste, dicono, prima e dopo

Il suo manager registrò l'esibizione e quel concerto è diventato il disco di piano solo più venduto della storia del jazz. Avrebbe potuto non suonare, quella sera Keith Jarrett, ne aveva tutte le ragioni. E invece ha suonato e ne è venuto fuori il più bel concerto della sua vita. 

A volte anche noi nella vita non abbiamo il pianoforte adatto e tutto sembra andare storto: ma se abbiamo qualcosa di bello da raccontare, se abbiamo qualcosa di unico dentro, è il momento di dimostrarlo. Da sempre le cose cambiano, le migliori innovazioni succedono, quando usciamo dalla zona di comfort e ci mettiamo a suonare davvero.

17/03/20

The Koln Concert: Come nacque il capolavoro (immortale) di Keith Jarrett




The Köln Concert è la celebre registrazione del pianista Keith Jarrett pubblicata dall'etichetta ECM, frutto di una improvvisazione solista eseguita all'Opera di Colonia nel 1975

È considerato il più famoso album di jazz solo, con 3 milioni e mezzo di copie vendute.

Diventato un must per un pubblico internazionale, di ogni confine, censo e età, The Köln Concert è stato definito da un critico, un capolavoro "che scorre con calore umano".

Con il passare degli anni si sono diffuse molte leggende intorno a questa esecuzione improvvisata, che non ebbe alcuna registrazione video, e nemmeno immagini fotografiche. 

Il concerto a Colonia faceva parte del suo tour europeo solista iniziato nel 1973.

Precedentemente, Jarrett aveva suonato in formazioni di tre o quattro elementi, poi si era aggregato al gruppo di Miles Davis. Per richiesta di quest'ultimo aveva abbandonato il piano acustico per passare al piano e l'organo elettrici, cosa che non gli piaceva.

Il tour da solista fu quindi un ritorno alla sua vena artistica più naturale. 

Giunto al teatro poche ore prima del concerto per provare il piano, Jarrett constatò che non vi era lo strumento pattuito, un Bösendorfer 290 Imperial, bensì un altro pianoforte, della stessa fabbrica, ma molto più piccolo

Peraltro lo strumento, usato dal coro del teatro, aveva un pedale rotto e non era accordato correttamente. 

Jarrett, pertanto, andò a cena e disse all'organizzatrice dell'evento che, se non fosse riuscita a rimediare sostituendo il pianoforte con quello pattuito, non avrebbe suonato. 

L'organizzatrice riuscì a sistemare l'accordatura dello strumento, ma il pianista non fu soddisfatto. Solo a causa dell'insistenza della stessa, decise di effettuare lo stesso il concerto.

La registrazione del concerto è divisa in tre parti, che durano rispettivamente 26, 33 e 7 minuti. 

Originariamente il disco fu distribuito come LP, perciò la seconda parte fu divisa in ulteriori due parti, chiamate "II a" e "II b". La terza parte, chiamata "II c", è l'encore eseguito alla fine del concerto. 

Un importante aspetto di questo album è la capacità di Jarrett di eseguire un gran numero di improvvisazioni su una vamp (equivalente jazzistico dell'ostinato) di uno o due accordi per periodi piuttosto prolungati di tempo. 

Ad esempio, nella parte I, Jarrett esegue ben 12 minuti di improvvisazione utilizzando praticamente due soli accordi, il la minore settima e il sol maggiore. 

A volte lo stile è calmo, a volte affine al blues, a volte vicino al gospel e alla musica classica

Per gli ultimi sei minuti della parte I inoltre rimane su un tema sull'accordo di la maggiore. 

Nella parte IIA, gli ultimi otto minuti si sviluppano sul re maggiore, mentre nella parte IIB i primi sei minuti sono un'improvvisazione sull'accordo di fa diesis minore. 

Fin dall'uscita dell'album, furono pressanti le richieste su Jarrett di pubblicare una trascrizione della musica.

Inizialmente Jarrett si rifiutò di soddisfare la richiesta, perché disse che: il concerto era completamente improvvisato e secondo lui "doveva andarsene così come era venuto"; alcune parti del concerto non sono possibili da trascrivere, in quanto completamente fuori dal tempo metronomico. 

Alla fine Jarrett cambiò idea, ma pose la condizione di poter controllare tutte le fasi del processo di trascrizione.

Successivamente è stata pubblicata anche una trascrizione per chitarra classica, dovuta a Manuel Barrueco. 

All'inizio della Parte 1 è possibile udire una risata di uno spettatore dovuta al fatto che Jarrett iniziò l'esecuzione citando una melodia dell'opera di Colonia, che avvisava gli spettatori dell'inizio dello spettacolo.

04/01/15

I 10 brani musicali che hanno cambiato la tua vita.




E' sempre interessante riavvolgere il nastro della memoria e mettere a fuoco quello che nella nostra vita è stato importante. 

La musica per me e per molti lo è stato.

Così, invitandovi a fare altrettanto, metto per iscritto - con tutta l'imperfezione del caso e l'inevitabile implacabile selezione -  i dieci brani musicali che "hanno cambiato la mia vita".  

Nel titolo di ogni canzone o brano musicale il link che rimanda al video youtube. 


1. Whiter shade of pale - Procol Harum

2. Let it be - Beatles

3. Ouverture da Semiramide - Gioacchino Rossini

4. An der schönen blauen Donau - Johann Strauss

5. Atom Heart Mother - Pink Floyd

6. I giardini di marzo - Lucio Battisti

7. The circle game - Joni Mitchell

8. Koln concert - Keith Jarrett

9. Vanity -  Sarah Vaughan

10. Hallelujah - Leonard Cohen (esecuz. John Cale).


A voi la palla.

Fabrizio Falconi