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15/09/14

'Quanto lunghi i tuoi secoli', il nuovo libro di Filippo Tuena.



Quanto lunghi i tuoi secoli (Archeologia personale) di Filippo Tuena è il 17° volume della Collana letteraria Pgi, appena pubblicato in quest'anno particolare che segna i venti anni di vita della Collana di questa casa editrice svizzera (Grigionese). 

Quanto lunghi i tuoi secoli raccoglie testi inediti e sparsi sia in prosa che in versi e alcuni esempi di scrittura teatrale e recensioni letterarie che coprono oltre un ventennio di attività sempre più indirizzata, da un lato, verso l'autofiction e, dall'altro lato, verso la saggistica narrativa. 

Come scrive Paolo Melissi per Satisfiction (a questo link anche estratti del libro), i testi inediti di Quanto lunghi i tuoi secoli hanno – in comune lo stato di “grazia” narrativa propria dei racconti dell’Antonio Tabucchi “minore” (e quello più prezioso). Scritti nell’arco di vent’anni, sono la conferma dell’importanza della forma breve, del racconto, “genere” che in Italia ha vita difficile. 

Insieme, sono tentativi di scrittura teatrale, in versi, di autofiction e saggistica narrativa, forse una delle forme risolutive del dire in quanto (ma non solo) frutto di un insieme di forme in grado di rappresentare la complessità.

Ed è con piacere grande che ho ritrovato in questo volume alcuni testi poetici di Filippo pubblicati a suo tempo nella collana Le Remore (Aletti) nel volume Quattro Notturni.

Filippo Tuena nasce a Roma nel 1953 da una famiglia di origine composite, poschiavine (Le Prese, per la precisione) e romane da parte di padre; pugliesi e triestine da parte di madre. Il suo esordio narrativo Lo sguardo della paura (Leonardo 1991) vince nel 1992 il Premio Bagutta Opera prima. Pubblica quindi altri tre romanzi. Nel 1999 esce Tutti i sognatori (Fazi), vincitore del Premio Grinzane-Cavour 2000, cui fanno seguito La grande ombra (Fazi 2001; nuova ed. 2008), Le variazioni Reinach (Rizzoli 2005), insignito del Premio Bagutta, e Ultimo parallelo (Rizzoli 2007; nuova ed. Il Saggiatore 2013), vincitore del Premio Viareggio-Rèpaci. Dal 2010 Filippo Tuena cura la collana «Tusitala» per la casa editrice romana Nutrimenti. Il suo ultimo libro è intitolato Stranieri alla Terra (Nutrimenti 2012). Attualmente Tuena sta lavorando a un libro dedicato agli ultimi anni di vita del grande musicista Robert Schumann. 

13/02/14

La remora è un pesce (e nessuno lo sa).







Rèmora in italiano ha il significato di indugio, freno.
Secondo la Treccani il s. f. deriva dal lat. remŏra, derivato di mora, ovvero "indugio" nel doppio significato, letterale (coniugato al plurale) che definisce ciò che ritarda o ostacola qualcosa: non porre remore e di ciò che trattiene dall'agire (non avere remore; essere senza remore).

Ma le Remore, pochi lo sanno, sono anche dei pesci che, muniti di una sorta di ventosa, si attaccano a scafi o a pesci più grandi facendosi trainare - e in antichità (e l'immagine rende bene il senso generale di "remora") si pensava che questi pesci potessero addirittura fermare le navi, da cui il loro nome.

Appartengono alla famiglia delle Echeneidi, presenti in tutti i mari del mondo, a eccezione di quelli freddi, con 4 generi, tra i quali Echeneis e Remora. Hanno corpo slanciato, lungo circa 70 cm, manca la vescica natatoria; sono provvisti di un organo di adesione discoidale situato sul capo e derivato da una trasformazione della prima pinna dorsale, con cui si attaccano a grossi pesci e battelli.

È presente anche nel mar Mediterraneo, anche in acque italiane. Il disco adesivo giunge all'altezza delle pinne pettorali. Il colore è grigio scuro o nero con opercoli e bordi delle pinne chiari. Misura fino a 70 cm.

E' ovvio per queste sue caratteristiche, come questo animale abbia, sin dall'antichità attratto su di sé fortissime connotazioni simboliche.

Come scrive Carl Gustav Jung, in Aion – Ricerche sul simbolismo
La Remora, piccola per statura e grande per la potenza, costringe le superbe fregate del mare a fermarsi: avventura che come ci racconta Plinio toccò alla quinquereme dell'imperatore Caligola. Mentre questi ritornava dall'Astura ad Anzio, il pesciolino, lungo mezzo piede, si attaccò succhiando al timone della nave, provocandone l'arresto. Plinio non finisce mai di stupirsi del potere dell'Echeneis. La sua meraviglia evidentemente impressionò gli alchimisti al punto di indurli a identificare 'il pesce rotondo del nostro mare' con la Remora. La Remora divenne così il simbolo dell'estremamente piccolo nella vastità dell'inconscio, che ha un significato tanto fatale: esso è infatti il Sé, l'Atman, quello di cui si dice che è il più piccolo del piccolo, più grande del grande. 

Ispirandoci alle caratteristiche di questo pesce, nel 2003, Filippo Tuena ed io abbiamo creato e diretto una collana di poesia, Le Remore, nel quale sono stati presentati testi poetici di narratori, saggisti e scrittori che raramente hanno pubblicato versi attribuendo a questa forma, il valore di sperimentazione o palestra intima personale.  A volte, l'esigenza di emergere dal mare profondo può spingere queste parole nascoste verso la superficie. Allora, come la remora di Jung, la loro forza può stupire e costringere le grandi navi a fermarsi.