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22/04/16

"La lezione del maestro" di Henry James (RECENSIONE).





Pubblicato a puntate nel 1888, e nella sua forma definitiva nel 1909. 

L'idea nacque dopo una conversazione che Henry James ebbe col giornalista suo amico Theodore Child sulle conseguenze del matrimonio. Alla data del 5 gennaio 1888, nei taccuini (Notebooks) utilizzati dallo scrittore per registrare le prime idee sulle sue opere, James scrive infatti che Child attribuiva la scarsa qualità letteraria di una recente opera di Daudet al fatto che quest'autore aveva moglie e figli ed era quindi obbligato a produrre indiscriminatamente a buon mercato.

Di questo parla infatti La lezione del Maestro:  l'incontro tra il vecchio scrittore, St. George e il giovane autore, Paul Overt, che ha scritto un solo romanzo, Ginestrella, e che idolatra il vecchio maestro. 

Quando ha finalmente occasione di incontrarlo, durante un convivio in una lussuosa casa di campagna, Paul può verificare con mano il carisma del vecchio scrittore, il quale dichiara di aver letto l'opera prima di Overt e di esserne entusiasta.  Paul rimane però piuttosto sconcertato quando St, George ammonisce il giovane sui rischi che comporta - nell'arte e nella vita - un'accettazione idolatra dei precetti dei maestri, e soprattutto sui rischi che comporta il matrimonio e l'avere dei figli, per uno che vuole veramente scrivere, e diventare un grande scrittore. 

St. George in effetti è sposato, con una moglie molto attiva che gli cura perfino i rapporti con gli editori, e con figli e  - anche Paul lo sa - negli ultimi libri ha fatto passi falsi, cedendo evidentemente alle lusinghe della commerciabilita'.

A legare i due uomini c'è Miss Fancourt, figlia di un generale e "provinciale di genio", amica e devota di St. George.  Paul se ne innamora.   St. George, in una lunga discussione notturna, da una parte sembra sospingere Paul tra le braccia di Miss Fancourt, dall'altra caldeggia il rigore più assoluto. 

Paul prende alla lettera questo secondo ammonimento, e parte - insalutato - per la Svizzera, intenzionato a scrivere il suo secondo "perfetto" romanzo.   

Resta lontano dall'Inghilterra per due anni e in Italia gli giunge la notizia che la moglie di St. George è morta. 

Tornato finalmente  a Londra, Paul va per prima cosa a casa di Miss Fancourt, che non ha dimenticato e che vorrebbe ritrovare. Da suo padre però, il Generale, viene a sapere che St. George ha annunciato che si sta per risposare.  E che si risposerà proprio con sua figlia. 

Nel finale, amarissimo, Paul fa i conti prima con Miss Fancourt - che gli manifesta l'innocente affetto di sempre, e con St.George, che senza ritrattare di una virgola, e senza vergognarsi - come gli chiede Paul - si vanta di aver salvato il ragazzo, e di averlo consegnato alla pura creatività. 

La breve storia è l'occasione per James per fornire un apologo crudele e sottilissimamente psicologico sulla creatività (la letteratura) e i rapporti umani (cioè la vita vera), e la distanza che sempre esiste tra le due cose. 

La Lezione del maestro è una lezione ben cinica, e dura da sopportare per Paul, che però è principalmente vittima della propria ambizione, e dello sbaglio distorto di deificare una persona (prima che uno scrittore) profondamente umana e profondamente debole. 

St. George ha manipolato Paul, ma Paul ha praticamente chiesto di essere manipolato. 

La vita non è la letteratura, e sa presentare il conto.  L'inganno sottile di St.George è anche l'autoinganno che Paul persegue per (poter) dimostrare a se stesso di essere uno scrittore. 

Ma forse, ed è questo il gioco di specchi più grandioso di questo grandioso breve romanzo, è tutta la vita ad essere un inganno, perché niente risulta veramente autentico in questa caccia alla volpe alla ricerca di se stessi e del proprio ruolo nel mondo. 

Fabrizio Falconi (C) - 2016 riproduzione riservata.