Visualizzazione post con etichetta libri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta libri. Mostra tutti i post

12/03/24

Un incontro con il grande Manuel Puig, a Rio de Janeiro, poco prima della morte

 



Ho incontrato il grande Manuel Puig l'anno prima che morisse (per le conseguenze di un banale intervento di routine, a Cuernavaca, in Messico, dove si trovava, nel luglio 1990, a soli 58 anni), a Rio de Janeiro, dove mi trovavo per un reportage per RadioRai. 

Lo chiamai al telefono che mi aveva dato l'ufficio stampa della casa editrice italiana. In quel periodo viveva a Rio de Janeiro, poco distante dall'elegante, bellissimo quartiere di Leblon. Fu estremamente gentile e si rese disponibile per un incontro intervista in un caffè del centro. 

Arrivò completamente vestito di lino bianco, abbronzato e molto magro. Conversammo per un po' dei suoi libri, e delle sue esperienze in giro per il mondo, in particolare in Italia, paese nel quale la sua vita e la sua carriera avevano avuto una svolta. 

Nato nella città argentina di General Villegas nel 1932, Puig  era cresciuto in un ambiente di provincia, mostrando sin dall’adolescenza un vivo interesse per il mondo del cinema, nel quale cominciò a lavorare sia negli Stati Uniti, che in Europa; in particolare, in Italia frequentò il Centro sperimentale di cinematografia.

Il suo primo romanzo, Il tradimento di Rita Hayworth (La traición de Rita Hayworth, 1968),  meravigliosa divagazione sui miti hollywoodiani, gli assicurò subito una certa fama. 

Cinema e ambienti piccolo-borghese, costituiscono anche il motivo centrale di Una frase, un rigo appena (Boquitas pintadas, 1969), uno dei suoi capolavori, elaborato con frammenti di lettere, ritagli di giornali, atti amministrativi ecc., un vero e proprio sfoggio di tecnica e creatività.

Il discorso politico, l’esilio che lo scrittore visse per sfuggire alla dittatura argentina, gli elementi del romanzo poliziesco e la tematica omosessuale caratterizzano i romanzi successivi già coronati dal successo internazionale dello scrittore: The Buenos Aires affair (1973) e soprattutto Il bacio della donna ragno (El beso de la mujer araña, 1976), che dopo la riduzione cinematografica di Hector Babenco, gli valse la fama internazionale. 

L'intervista fu pubblicata sul Manifesto del 29 luglio 1996 e la riporto qui sotto integralmente, come contributo alla conoscenza tra uno dei più originali e notevoli talenti del Novecento letterario. 











19/02/24

Chi è l' "Avversario" ? Carrère lo svela nelle ultime 3 righe


Il genio di scrittori come Carrère si riconosce anche dagli (apparenti) dettagli.

E' geniale, ad esempio ne "L'avversario" (pubblicato nel 2000 e suo primo grande successo), che la scoperta del significato del misterioso titolo avvenga nell'ultimissima pagina (e anzi, nelle ultime 3 righe).

La storia del libro è del resto così terribile e il meccanismo narrativo così efficace - perfetto - che il lettore si dimentica anche di chiedersi chi sia quell'avversario del titolo, pensando forse si riferisca al protagonista pluriomicida Jean-Claude Romand, mite e tranquillo borghese che in un giorno di gennaio del 1993, sterminò la sua intera famiglia: gli anziani genitori a colpi di fucile, la moglie con un mattarello, i due figli di 7 e 5 anni sempre a colpi di fucile; quasi strangolò l'amante parigina; e infine diede fuoco alla casa di famiglia, con i cadaveri dentro, sopravvivendo lui soltanto.

In questo caso quindi si sarebbe portati a pensare: Romand "è" l'avversario: l'avversario della sua famiglia, e delle vite che ha distrutto per sempre.

Ma alla fine del libro si ha la certezza che Carrère si riferisce a un "altro" avversario.

Ed è l'Avversario (la maiuscola è opportuna perché si direbbe un avversario piuttosto ingombrante e presente, cioè personificato) DI Romand. Quello che è nella sua testa, o nel suo cuore, e che lo ha spinto non tanto al massacro finale, quanto a una intera vita vissuta nell'Ombra (anche in questo caso la maiuscola, pensando a C.G.Jung, è d'uopo).

Romand infatti, da quando era un diciannovenne, e doveva iscriversi al secondo anno di medicina, ha mentito. Su tutto. Sulla sua intera vita. E per trent'anni ha ingannato tutti, comprese le persone che vivevano insieme a lui, che lo amavano, che erano la sua famiglia. Nessuno ha mai sospettato nulla, è questo il vero nucleo della storia. Come si può vivere una vita completamente doppia: non avere mai lavorato nemmeno 1 giorno della propria vita, non aver mai preso 1 stipendio nella intera vita, non aver mai passato 1 sola giornata dove gli altri credevano che lui la passasse, non aver mai investito 1 solo degli assegni che padre, madre, moglie, amici e perfino amante, gli davano perché lui li investisse in una inesistente banca, con inesistenti procacciatori di affari, mentre lui era un inesistente funzionario e un inesistente medico, prestigiosamente (e inesistentemente) assunto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità di Ginevra? Come si può ingannare tutti per 30 anni, senza che nessuno abbia mai un dubbio, senza che l'immenso castello di menzogne, anche solo per sfiga o circostanze sfavorevoli, non venga mandato all'aria da un banalissimo riscontro di pochi secondi?

E' questo il vero mistero della storia. Un mistero insondabile che, anche secondo Carrère, non può essere, in alcun modo, spiegato.
E che forse soltanto nella evocazione di un Avversario (invisibile ma molto molto concreto), può rischiarare l'opprimente tenebra di un tale scialo di male.

Per la cronaca, 24 anni dopo la pubblicazione del libro, Jean-Claude Romand, sta per tornare un uomo libero. Gli ultimi anni li ha passati in un monastero, sotto indiretta sorveglianza. Forse lì dentro ha provato ancora una volta a cercare tracce del "suo" Avversario. E chissà se l'ha trovato.

Fabrizio Falconi - 2024

25/08/23

"Il senso di una fine", il meraviglioso romanzo di Julian Barnes diventa un film, con Charlotte Rampling - su Amazon Prime Video


E' sempre molto difficile portare sullo schermo un romanzo importante. Ancora di più se si tratta di un romanzo "perfetto", uno dei migliori scritti nell'ultimo ventennio: "Il senso di una fine", di Julian Barnes (Einaudi, 2011), vincitore del Man Booker Prize 2011.

Come si fa a trasferire sullo schermo la magia della prosa di Barnes, che in sole 160 pagine costruisce una tragedia in due atti (o parti) sul mistero degli affetti umani, con uno straordinario colpo di scena che si rivela solo nelle ultime 3 pagine?
In Inghilterra ci ha provato la rete nazionale (BBC), che a differenza di quel che accade da noi, non manda in onda solo quiz dementi e show di imitatori, ma propone e produce anche alta qualità cinematografica, seriale, documentaristica.
Il film è uscito nel 2017, anche se in Italia nessuno lo ha visto (naturalmente i titolisti italiani hanno pensato bene di stravolgere il titolo originario, sia del romanzo che del film - che è "The Sense of an Ending" , letterariamente "Il senso di un finire", o "Il senso di una fine", come è stato tradotto da Einaudi - in "L'altra metà della storia").
Il cast è di primo livello, con Charlotte Rampling nei panni della misteriosa Veronica (da anziana) e Jim Broadbent in quelli di Tony Webster, che con Veronica ha avuto una incompiuta storia d'amore, ai tempi del college. Nel cast anche Michelle Dockery (la Lady Marian di Downton Abbey) e Joe Alwyn (visto recentemente in Conversazione tra amici, la serie tratta dal romanzo di Sally Rooney), nei panni di Adrian, l'amico di college di Tony, misteriosamente suicidatosi da giovane.
Per misurarsi con un romanzo così intenso e denso, il film non se la cava male (la regia è dell'indiano Ritesh Batra), ma lasciano a desiderare i tempi morti, i dialoghi irrisolti, il finale da "happy ending" che non è affatto quello del romanzo.
La Rampling praticamente appare in tutto in 4 scene, anche se bastano per manifestare il suo inquietante talento; le musiche di Max Richter sono molto belle; la Londra del film è come sempre, piovosa e malinconica (come si addice al mood della storia).
Barnes non è intervenuto nella sceneggiatura, che è del solo Nick Payne, il quale ha dilatato (troppo) l'attesa che si respira nel romanzo, stemperandone anche (purtroppo) l'inquietudine.
Complessivamente, tenendo conto delle suddette difficoltà, un film che supera la prova. Il romanzo, però, è - come sempre - un'altra cosa.

01/07/23

"Il Dono Perfetto" - L'intervista di Giovanna Bandini a Fabrizio Falconi per il nuovo romanzo - VIDEO

 Da ieri, 30 giugno, è in libreria Il Dono Perfetto, il nuovo romanzo di Fabrizio Falconi. Qui brevi clip dall'intervista realizzata da Giovanna Bandini con Dario Pettinelli, per Il Momento Perfetto - ItaliaTv

 



   
   
 QUI SOTTO il PODCAST completo dell'intervista: 

   

Il Dono Perfetto è nelle librerie e online in vendita su Amazon e su ogni libreria online. Infine anche in vendita online sul sito della casa editrice (SANTELLI).



google.com, pub-3667229510151466, DIRECT, f08c47fec0942fa0

18/04/23

Come nacque "Il Giorno più bello per Incontrarti"

 



Il giorno più bello per incontrarti (Fazi Editore, 2000), nacque molti anni prima di essere scritto - e pubblicato. La vicenda al centro del romanzo infatti, fu ispirata da un fatto vero, i cui particolari avevo appreso durante un lavoro d'inchiesta, per la RadioRai, nel maggio 1988. 

Da giovane giornalista, membro di una redazione formata da giovani talenti, ero sempre alla ricerca di nuovi fenomeni da indagare. Incappai così in uno studio realizzato dal Viminale che, all'epoca, forniva i dati riguardo al fenomeno degli scomparsi - quelle persone che si allontanano da casa senza apparente motivo e sembrano sparire nel nulla. 

Si trattava - e si tratta - di un fenomeno molto più esteso di quanto pensassi e di quanto pensassero gli autori del programma. Migliaia di persone, in un solo anno. La gran parte, allontanamenti volontari (specie di giovani) che si risolvevano presto in un ritorno a casa.

Una parte considerevole di questi scomparsi però, spesso non tornava. 

E a parte i casi celebri, sui quali costruimmo delle ricostruzioni ad hoc, come quello del Professor Federico Caffè o di Ettore Majorana, v'erano diversi casi di persone assolutamente comuni, scomparse da un giorno all'altro nel nulla, per la disperazione dei familiari e degli amici. Naturalmente eravamo partiti, su questo argomento, molto prima di Chi l'ha visto, o programmi simili che sono seguiti. 

A caccia di casi ignoti ai più, mi imbattei in quello di un ragazzo veneto, la cui storia mi colpì moltissimo. Si chiamava Tiziano Zennaro, e viveva con la famiglia, in condizioni economiche piuttosto disagiate, nell'isola di Pellestrina, all'interno della Laguna Veneta, di fronte a Chioggia. Un giorno Tiziano, giovane difficile, si era allontanato da casa senza fare ritorno. Non era la prima volta, ma stavolta i genitori capirono che era diverso. Iniziarono le ricerche, sull'isola e sulla terraferma, senza esito. 

Un mese dopo, si era d'inverno, le acque della Laguna restituirono il corpo di un ragazzo. I genitori di Tiziano furono subito chiamati. Il cadavere era in condizioni di avanzato deterioramento, ma in sede di rilievi autoptici, si evidenziò che alcuni dati, come ad esempio l'altezza, corrispondevano a quelli di Tiziano. Il riconoscimento fu fatto e il caso chiuso. Il presunto Tiziano fu seppellito a Pellestrina.

Ecco che però, qualche anno dopo, arriva una cartolina a casa Zennaro. Il padre non c'è più, la madre ancora piange il figlio. La cartolina è una sorta di resurrezione di Lazzaro: è infatti firmata proprio da Tiziano, il figlio creduto morto. Scrive da una struttura psichiatrica, a Padova, dove è ricoverato.  La madre, superato lo shock, va a riprendersi Tiziano: scopre che è ricoverato nella struttura dal giorno in cui è stato trovato, in strada, senza documenti e senza che il ragazzo sapesse dire come si chiamasse. Curato per lunghi mesi, finalmente Tiziano a un certo punto ha recuperato la memoria: ha ricordato il suo nome e il nome e l'indirizzo della madre. E ha scritto.

La madre si riporta a casa il figlio, ma comunque non va a finire bene. Tiziano sta male, è insofferente: si lascia praticamente morire d'inedia, nella casa sull'isola e medici e psichiatri non riescono a salvarlo. 

Quando trovai questa storia, così letteraria, che ricordava davvero il Mattia Pascal, presi il primo treno per Venezia, e andai su quei luoghi. L'isola di Pellestrina, anche a maggio, era un luogo desolato. La vecchia madre di Tiziano viveva ora a Venezia, all'Arsenale. La trovai in una piccolissima casa, con il caffé pronto in cucina. Mi raccontò tutta la storia con una sorta di benedetta rassegnazione: Tiziano era sempre stato "un'anima inquieta" e bisognava accettarlo. 

Su quella vicenda e prendendo qualcosa di Tiziano e di quello che avevo scoperto su di lui, costruii la storia e il personaggio di Giovanni, che scompare nell'autunno del 1977 e il cui corpo - presunto - viene ritrovato sulla spiaggia di Sitges, poco dopo la sua sparizione. 

E la vicenda, in questo caso, si fa misteriosa quando la vedova, ben quattordici anni dopo, riceve una enigmatica cartolina da Giovanni, che evidentemente è ancora vivo, da qualche parte. 

La storia di Tiziano Zennaro si è in qualche modo incarnata - mentre scrivevo - in quella di Giovanni e mi piace pensare che abbia fornito una nuova casa, una casa di carta, a lui che era così insofferente ad averne una. Forse tra le pagine di questo romanzo, anche l'anima di Tiziano ha trovato un posto dove stare.

Fabrizio Falconi . 2023



26/02/23

"Atonement" ("Espiazione") - Un film da vedere o rivedere, per le vostre serate.


Atonement ("Espiazione"
)
attualmente visibile su Amazon Prime Video senza costi aggiuntivi, è un film che merita di essere visto o rivisto per tanti motivi.

E' tratto dall'omonimo romanzo di Ian Mc Ewan, sicuramente quello di maggiore successo (ma a mio avviso non il migliore: per me McEwan ha espresso il meglio con i romanzi precedenti a Bambini nel Tempo, quest'ultimo compreso, che resta il suo capolavoro).
La vicenda nasce alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale: per via della fantasia morbosa di una adolescente - Briony - che ha velleità di scrittrice, il figlio di una vedova che lavora alle dipendenze di una famiglia aristocratica con magione in campagna, viene ingiustamente accusato di aver violentato una ragazzina.
Dopo la prigione, la sua Espiazione si concretizza nella partenza per il fronte dove Robbie - questo il nome del ragazzo - si trova, come migliaia di altri soldati inglesi, imprigionato nell'inferno di Dunkirk (o Dunkerque).
L'accusa infamante ha interrotto sul nascere la storia d'amore con Cecilia - la bellissima sorella maggiore di Briony - che rompe con tutta la famiglia (e con la sorella of course) e aspetta il ritorno dell'amato.
Il film è spettacolare ed è la miglior prova di Joe Wright, talentuoso regista inglese che dopo la terna di film con Keira Knightley protagonista (oltre a questo, "Orgoglio e pregiudizio" e "Anna Karenina"), si è perso per strada, con film brutti o non riusciti.
Atonement è però straordinario per impegno produttivo, per le scene girate, e per gli attori che vi partecipano.
Da ricordare - ed è già materia di insegnamento nelle scuole di cinema - l'incredibile piano sequenza di ben 5 minuti, sulla spiaggia di Dunkirk con centinaia e centinaia di comparse, cavalli, rovine, carri armati e la macchina da presa che serpeggia tra di loro sinuosamente, senza mai fermarsi: un vero e proprio prodigio.
Keira Knitghley è al massimo del suo splendore, e nella prima parte del film emana potente fascino erotico e sentimento.
Il cast è completato dal meglio del cinema inglese: James Mc Avoy è Robbie, la qui giovanissima Saoirse Ronan è Briony, Brenda Blethyn è la madre di Robbie, Benedict Cumberbatch è l'infame Marshall.
Standing ovation infine, per la mitologica Vanessa Redgrave, che regala un monologo finale di una decina di minuti, da portare sull'isola deserta.

Fabrizio Falconi - 2023

22/01/23

La forza di un racconto: "Open" di Andre Agassi

 


Ci è voluto "Open" il libro autobiografico di Andre Agassi, che ho letto soltanto ora, per sentirmi per una volta del tutto d'accordo con una affermazione di Baricco.

Il quale scrive a proposito di questo libro: "Se parti, non scendi più fino all'ultima pagina."

Ha pienamente ragione. "Open" è più avvincente di un romanzo, specie di una gran parte di quelli che oggi vengono sfornati.

Il merito è della vicenda personale di Agassi, certo, della sua vita piena di cose curiose e memorabili da raccontare, ma soprattutto delle capacità di scrittore di J.R. Moehringer (di famiglia italiana, nonostante il suo cognome), che ha materialmente scritto il libro, "montando" letterariamente ore e ore di registrazione.

Moerhinger del resto, dopo aver vinto il Pulitzer per il giornalismo, ha scritto un romanzo, Il Bar delle Grandi Speranze, che ha vinto molti premi importanti e che è stato ottimamente portato sullo schermo da George Clooney con il titolo di The Tender Bar (2021), protagonista Ben Affleck.

La forza di Open - che può essere tranquillamente letto anche da chi non capisce un'acca di tennis - è nella descrizione di un "processo di individuazione", come direbbe Jung. Quel percorso, cioè, attraverso il quale ciascuno conosce (dovrebbe cercare di conoscere) se stesso, che è poi lo scopo per cui si sta al mondo.

Agassi a cinque anni si ritrova con una racchetta da tennis in mano, ferocemente in mano a un padre pazzo, esule armeno trapiantato nel deserto di Las Vegas. Il padre pazzo ha deciso per lui il suo destino. Sarà, costi quel che costi, un tennista. Ma non uno qualsiasi, un campione.

La "vocazione" di Agassi non è la "sua" vocazione dunque, ma la vocazione che qualcun altro gli ha messo indosso e che lui, per molti motivi che sono l'ossatura del libro, non può fare a meno di non indossare.

Ciò gli provoca un costante sentimento di scissione: amore-odio per il tennis, amore-odio per (quel)la vita, che durerà fino al giorno in cui - dopo aver conquistato ben otto titoli slam - deciderà di smettere.

E' quindi una vicenda che parla a tutti. Perché tutti, più o meno, nella incertezza del nostro destino, ci siamo trovati a dover scegliere tra quello che gli altri o un altro pensavano fosse il giusto per noi e quello che noi, confusamente o no, sentivamo invece che fosse "più" giusto.

La confessione di Agassi è bella, dolorosa e sa di autentico (è questa la bravura di Moeringher). Quando un libro autobiografico di 500 pagine, scritto tutto in prima persona, senza pause, e al tempo presente, ti tiene inchiodato - anche se tu sai già tutto di cosa accadrà perché quel tennista lo hai visto decine e centinaia di volte in televisione per tutti gli anni '90 e anche dopo) - vuol dire che il libro è più che ottimo.

La trasformazione del "Kid di Las Vegas", ranocchio che si veste con orrende tute fucsia e ha al posto dei capelli un parrucchino biondo leopardato (un boro, lo si sarebbe definito a Roma), in un principe della racchetta, gentleman, marito romantico e benefattore con una evolutissima scuola di formazione per bambini disagiati, è oggettivamente ben scritta e soprattutto credibile.

Agassi, dopo aver tanto sofferto, si è anche trovato. Ed è questa la cosa più bella. Ha avuto la capacità di aiutarsi e di farsi aiutare. Ha capito che non sapeva chi era perché non gli era stato permesso né di conoscere le cose del mondo, né di conseguenza, se stesso.

E' una bella parabola di vita, un inno al sacrificio (parola che oggi suscita allergia), un racconto vero, come devono essere i racconti. 

Fabrizio Falconi - 2023

06/01/23

Cinema: Un film per una bella serata, "The Forgiven" con Ralph Fiennes e Jessica Chastain


Uscito in sordina in piena estate del 2022 - quella dei 45 gradi - e penalizzato già durante le riprese che furono interrotte per 6 mesi, causa pandemia, "The Forgiven", diretto da John Michael McDonagh meriterebbe una seconda chance.
Se non altro per la coppia di protagonisti, che sono Ralph Fiennes e Jessica Chastain, coppia britannica in viaggio in Marocco per raggiungere il resort in mezzo al deserto, dove un loro amico ha organizzato una festa.
Il film è in realtà tratto fedelmente dal romanzo di un notevole scrittore londinese (in Italia interamente edito da Adelphi), Lawrence Osborne, che si intitola per l'appunto "The Forgiven" e chissà perché in Italia è stato tradotto col titolo "Nella polvere".
Come gli altri romanzi di Osborne, tra cui "Cacciatori nel buio" uscito nel 2015 e finora il suo più grande successo, anche "The Forgiven" è ambientato in luoghi esotici (in "Cacciatori nel buio" era l'Indocina, dove Osborne vive), dove le vicende di viaggiatori o avventurieri occidentali si scontrano con mondi lontani, e ambiguamente ostili.
In realtà a Osborne, come a McDonagh, sta a cuore maggiormente lo smarrimento, le meschinità e il senso di colpa che anima questi transfughi occidentali alla ricerca di paradisi perduti da tempo, spesso proprio per diretta responsabilità dell'uomo bianco.
Qui la vicenda è molto lineare, semplice e parte da un incidente stradale notturno, che crea conseguenze assai pesanti per David Henniger (Fiennes, il protagonista). Tutto ruota intorno al perdono, come dice il titolo, alla capacità di perdonare, alla vendetta, al bisogno di autopunizione.
Si sta dentro atmosfere che ricordano da vicino Il Té nel deserto di Bertolucci (tratto da Bowles) o Professione Reporter, ma ovviamente McDonagh non è né Bertolucci né Antonioni.
Il film, però, specie nel panorama attuale, si fa apprezzare per coerenza di scrittura, temi indagati, interpreti, messa in scena.


Fabrizio Falconi - 2023

20/11/22

Quel giorno che Lauro De Bosis fece la sua impresa antifascista nel cielo di Roma - Un libro di Giovanni Grasso oggi lo ricorda

 


Un volo per la liberta' del popolo italiano dal regime fascista. 

È quello che ha compiuto su Roma nel 1931 l'intellettuale antifascista Lauro de Bosis, un nome forse sconosciuto ai più e che tutti potranno conoscere grazie al romanzo storico scritto da Giovanni Grasso, che oltre ad essere giornalista e scrittore è il portavoce del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal titolo 'Icaro, il volo su Roma', edito da Rizzoli Libri. 


Il volume è stato presentato a Bookcity Milano, la manifestazione dedicata ai libri e alla lettura, dall'autore insieme a Mario Calabresi e Filippo Nassetti, autore di un altro libro dedicato al volo e ai piloti, 'Molte aquile ho visto in volo', Baldini+Castoldi. 

L'intellettuale antifascista che sorvolò Roma dopo avere preso solo dieci lezioni di volo e il brevetto, beffando clamorosamente il regime, morì poi nel Tirreno al termine della sua traversata per la liberta'. 

Lauro de Bosis "era partito da un aeroporto vicino a Marsiglia il 3 ottobre del 1931 - ha raccontato Grasso - e passando sulla Corsica era arrivato sopra Roma e l'aveva pacificamente bombardata con migliaia di volantini antifascisti invitando la popolazione a ribellarsi. Poi il suo aereo e' sparito e il suo corpo non e' mai stato ritrovato, aveva 31 anni. La sua e' una fine da eroe greco". 


Per scrivere il libro Giovanni Grasso si è servito di documenti storici e, dove questi non erano disponibili, ha romanzato. "Lauro non e' mai stato ricordato tra gli eroi antifascisti, una storia cosi' bella e' rimasta sconosciuta. A 31 anni lui si e' sacrificato per la liberta' dell'Italia - ha ricordato -. Il suo era l'antifascismo di un letterato ma era stato isolato dagli altri antifascisti per la sua convinzione che fosse necessario togliere l'appoggio al regime di esercito, chiesa e del re. Il suo e' stato un antifascismo molto piu' profetico di altri"

Oggi a Roma una piazza ricorda Lauro de Bosis, quella di fronte alla sede del Coni, dove si trova anche la stele con la scritta Dux, ironia della sorte. 

"Anche oggi c'è questo tentativo revisionista secondo cui le leggi razziali e la guerra furono i grandi errori di Mussolini e che in fondo se non fosse stato per queste cose poteva anche andare bene - ha concluso Grasso - . Le leggi razziali e la guerra erano nella logica del fascismo, una logica di conquista e di potere". 

15/11/22

Un bellissimo documentario dedicato a Umberto Eco e alla sua incredibile biblioteca !


 

 

Giovedì 17 novembre 2022 alle 19 (con replica venerdì 18 novembre alle 19) presso Anteo Palazzo del Cinema (Piazza Venticinque Aprile, 8, Milano) è in programma la proiezione di Umberto Eco - La biblioteca del mondo (80’, 2022), un film di Davide Ferrario dedicato alla figura di Eco e alla biblioteca personale che ne racconta lo spirito e il pensiero. 

 

Il film è una produzione Rossofuoco, in collaborazione con Rai Cinema, con il sostegno di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Piemonte Doc Film Fund - Film Commission Torino Piemonte e Regione Piemonte, e il contributo di RA.MO S.p.A e della Scuola di scrittura Belleville, che organizza la serata.

 

Dopo l’anteprima del 15 ottobre alla Festa del Cinema di Roma, Umberto Eco - La biblioteca del mondo arriva a Milano nell’ambito di Bookcity 2022, in programma dal 16 al 20 novembre. Le due proiezioni sono a ingresso libero fino a esaurimento posti.

La distribuzione del film, prevista per il febbraio 2023, è affidata a Fandango.

 

IL FILM 

La biblioteca privata di Umberto Eco era un mondo a sé: più di 30.000 volumi di titoli contemporanei e 1.500 libri rari e antichi. Davide Ferrario, che con Umberto Eco aveva collaborato per una videoinstallazione alla Biennale Arte di Venezia un anno prima della morte dello scrittore, ha avuto accesso alla biblioteca grazie alla fattiva collaborazione della famiglia. Ne è nato un documentario che non solo descrive un luogo straordinario, ma cerca di afferrare il senso dell’idea di biblioteca in quanto “memoria del mondo”, come Eco stesso la definiva.


LA SCUOLA

L’incontro tra la scuola di scrittura Belleville e il film di Ferrario nasce nel segno di una passione comune: quella per i libri. Il primo gesto dello scrittore è amare i libri, possederli e saccheggiarli senza soggezione. La biblioteca di Eco, con la sua vertiginosa estensione nel tempo e nello spazio, è un monumento alla curiosità, un invito a addentrarsi nei meandri della “memoria del mondo .

Dal 2014 la Scuola di scrittura Belleville di Milano offre corsi di scrittura, poesia, giornalismo culturale, editoria, traduzione letteraria, divulgazione. Tra i docenti della Scuola figurano alcuni tra i più importanti scrittori, giornalisti e professionisti dell’editoria italiana. 

www.bellevillelascuola.com


Crediti film

regia DAVIDE FERRARIO

montaggio CRISTINA SARDO

fotografia ANDREA ZAMBELLI, ANDREA ZANOLI

musica CARL ORFF

musica originale FABIO BAROVERO

sound designer VITO MARTINELLI

produttore esecutivo LADIS ZANINI

con GIUSEPPE CEDERNA, NICCOLÒ FERRERO, PAOLO GIANGRASSO, WALTER LEONARDI, ZOE TAVARELLI, MARIELLA VALENTINI

prodotto da DAVIDE FERRARIO, FRANCESCA BOCCA

una presentazione SCUOLA DI SCRITTURA BELLEVILLE

una produzione ROSSOFUOCO

in collaborazione con RAI CINEMA

con il sostegno di MIC - DIREZIONE GENERALE CINEMA E AUDIOVISIVO PIEMONTE DOC FILM FUND – Film Commission Torino Piemonte, Regione Piemonte

distribuzione FANDANGO

Paese ITALIA

anno 2022

durata 80’


                                                 Giovedì 17 novembre 2022, ore 19

e venerdì 18 novembre 2022, ore 19

Belleville presenta 

UMBERTO ECO – LA BIBLIOTECA DEL MONDO

un film di Davide Ferrario


anteprima milanese in occasione di Bookcity 


Per entrambe le proiezioni: ingresso libero fino a esaurimento posti

 

Milano, Anteo Palazzo del Cinema 

Piazza Venticinque Aprile, 8

 

Ingresso libero fino a esaurimento posti

 

Info: info@bellevillelascuola.com

 


12/10/22

Annie Ernaux dopo il Nobel per la Letteratura compare in pubblico a New York: "Finché qualcosa non è stato scritto, non esiste davvero"

 


Da quando Annie Ernaux ha vinto il premio Nobel per la letteratura la scorsa settimana, i libri dell'autrice francese hanno conquistato un numero tale di ammiratori che molti titoli sono esauriti su Amazon.com e nelle librerie, alcuni non disponibili per un mese o più. 

Ma all'Albertine Books, nell'Upper East Side di Manhattan, la sua apparizione lunedì sera è sembrata meno una presentazione che una riunione di vecchi amici, francesi e americani. 

L'evento, raggiungibile al secondo piano attraverso una scala a chiocciola all'interno dei Servizi Culturali dell'Ambasciata di Francia, aveva registrato il tutto esaurito ben prima dell'annuncio del Nobel.

Lunedì, una prima fila di partecipanti si è estesa dietro l'angolo e alla fine centinaia di persone si sono ammassate all'interno, compresa una folla in esubero che l'ha osservata attraverso un video trasmesso dal piano inferiore. 

Accolta da un'ovazione da parte di un pubblico di sole persone in piedi, tra cui i colleghi Garth Greenwell e Rachel Kushner, l'ottantaduenne Ernaux ha parlato a lungo e con ritmo energico, attraverso la sua traduttrice, della sua carriera e del processo di scrittura. 


Le sue risposte ampie contrastavano con lo stile economico dei suoi libri autobiografici, notoriamente brevi, tra cui "Passione semplice", di 64 pagine, e "Happening", di 96 pagine, il suo candido ricordo di un aborto illegale nel 1963, che l'anno scorso è stato adattato in un film omonimo in lingua francese. 

 La serata era intitolata "L'arte di catturare la vita con la scrittura". La Ernaux, intervistata dall'autrice Kate Zambreno, ha paragonato il suo lavoro a un'esplorazione a lungo termine della sua mente, facendo eco a un sentimento comune tra gli autori: Scrivono per scoprire ciò che pensano. 

"La letteratura mi è apparsa come l'unico mezzo per raggiungere quella che io chiamo verità o realtà", ha detto. "È un modo per rendere chiare le cose, non in modo semplice, anzi, scrivere le cose le rende più complesse. È anche un modo per dire che finché qualcosa non è stato scritto non esiste davvero". 

Cresciuta nella Normandia rurale, la Ernaux è stata elogiata dai giudici del Nobel per aver mostrato "grande coraggio e acutezza clinica" nel rivelare "l'agonia dell'esperienza di classe, descrivendo la vergogna, l'umiliazione, la gelosia o l'incapacità di vedere chi si è". 

La Ernaux ha detto lunedì sera che il suo obiettivo non è mai stato quello di scrivere un "bel libro" o di far parte del mondo letterario che ora la celebra, ma di articolare i suoi pensieri e le sue esperienze e renderli riconoscibili agli altri. 

Zambreno ha ricordato un momento di "Happening" in cui Ernaux va in biblioteca per fare una ricerca sull'aborto, ma non trova nessun libro che ne parli. La Ernaux ha spiegato che i libri l'hanno "nutrita e nutrita" fin dall'infanzia e che era sensibile sia a ciò che non includevano sia a ciò che includevano. "Happening" era di per sé una sorta di correttivo, e confidava che avrebbe avuto una certa risonanza, soprattutto dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rovesciato la sentenza Roe v. Wade l'estate scorsa. 

La Ernaux ha ricordato la sua difesa del diritto all'aborto, legalizzato dalla Francia nel 1975, e la sua gratitudine per la "sorellanza" di coetanei con cui ha potuto condividere la sua storia. 

Ma nemmeno le discussioni più intime hanno avuto il potere duraturo di inserire le parole in un testo rilegato. Anni dopo, dopo aver abortito, negli anni Duemila, quando ho scelto di scrivere di quello che chiamavo un "evento" o un "fatto", la gente mi chiedeva "perché sei tornata su questo argomento?"", ha detto. "E questo perché avevo la sensazione che ci fosse qualcosa che aveva bisogno di essere annullato, di essere guardato, di essere esplorato. Ed era solo attraverso la narrazione che quell'"accadimento" poteva essere guardato in quel modo"

Fonte: AP 

05/10/22

Libri: Arriva in Italia "Hitler, la manipolazione, il consenso, il potere"



"Hitler aveva una capacita' quasi medianica di comprendere le piu' profonde aspirazioni del popolo tedesco". A quasi ottant'anni dalla sua morte nel bunker della Cancelleria a Berlino ha ancora senso interrogarci sulla sua eredita' e sulla modernita' della sua leadership? 

La risposta e': ora piu' che mai

Basta leggere il volume Il leader, su Adolf Hitler: la manipolazione, il consenso, il potere scritto dallo storico Davide Jabes. 

Un libro scorrevole, divulgativo, con alla base la volonta' di non volere essere tanto una nuova ricerca sull'attivita' del dittatore tedesco, quanto una riflessione sulla sua 'presenza'. 

Sulla insondabile ma ricorrente seduzione esercitata dal despota sulle masse che lo acclamano.

Una necessaria lettura da fare superando "il naturale disgusto" verso la persona e la ricerca del nemico da annientare, a partire dagli ebrei, suggerisce l'autore, per iniziare "seriamente a preoccuparci di come avrebbe impostato l'esistenza dei suoi 'amici', ovvero di quel mondo che lo idolatrava o quanto meno gli ubbidiva". 

"In Italia, non molti anni fa, durante un quiz televisivo nessuno dei concorrenti seppe rispondere a una semplice domanda: quando era andato al potere Adolf Hitler", ricorda Jabes nella prefazione al libro. 

Il Fuhrer "diede risposta a masse di diseredati, di persone schiacciate da un presente terribile promettendo loro un futuro radioso, il tutto risultando credibile e onesto (questa forse la sua performance 'artistica' migliore). Perche' non considerare la sua pericolosa eredita' non degna della massima attenzione, quando oggi una moltitudine assai maggiore aspetta di essere sollevata dallo stato di costante miseria economica e sociale in cui versa?". 

Il volume analizza la giovinezza di Hitler, il condizionamento disturbante avuto dalla sua famiglia di origine nonche' la giovinezza trascorsa a Vienna, dove sviluppa quel rifiuto della societa' multiculturale, multilinguistica per abbracciare a Monaco sintesi piu' semplificatrici e rispondenti al suo bisogno di cercare il nemico a tutti i costi. 

Le trova nella destra bavarese e nell'antisemitismo che l'alimenta, nella sua disordinata e caotica costruzione di un modello illustrato con enfasi in un crescendo retorico ma quasi musicale

Per questo Jabes sottolinea l'importanza della passione di Hitler per Wagner e le sue frequentazioni dei teatri. Sono descrizioni e ricostruzioni molto suggestive, capaci di trasportarci nel vissuto di un uomo di cui vorremmo non parlare piu', mentre l'autore con professionale distacco ci mostra uno per uno quali sono i possibili agganci con l'attualita'. Sta a noi scegliere di interrogarci sul tema o chiudere il libro e ancora una volta far finta di niente, sperando che tutto si risolva da se'.

DAVIDE JABES
IL LEADER. ADOLF HITLER: LA MANIPOLAZIONE, IL CONSENSO, IL POTERE 
Solferino
pagine 251
18 euro 

27/09/22

Arriva il nuovo libro di Emmanuel Carrère sul processo del secolo, a Parigi, contro i terroristi del Bataclan


Parigi. V13. Il processo del secolo al terrorismo islamico. V come venerdì, 13 come 13 novembre 2015, il giorno in cui Parigi fu attaccata dal commando jihadista di Salah Abdeslam, l’unico terrorista sopravvissuto di quella notte maledetta: 130 morti e 350 feriti tra il Bataclan, lo Stade de France e alcuni bistrot della capitale. 

V13 “come tutti, magistrati, avvocati e giornalisti chiamiamo questo mostruoso processo del 13 novembre nel quale siamo imbarcati”, scrive Emmanuel Carrère nell’omonimo libro in uscita per le edizioni Pol, che riunisce, con l’aggiunta di nuovi contenuti, i reportage curati dallo scrittore francese nella sala bunker del Palazzo di giustizia di Parigi e pubblicati sull’Obs a cadenza settimanale dal settembre 2021 al giugno 2022, quando ci fu il verdetto, perpétuité réelle, ergastolo senza sconti di pena a Abdeslam

“Tra Violette Lazard, Mathieu Delahousse e Vincent Monnier, gli eccellenti specialisti del dossier V13 non mancavano certo all’Obs. Ma per aver uno sguardo un po’ diverso su questo evento di primo piano, che sarebbe stato estremamente mediatizzato, tutto nel cv di Carrère lasciava immaginare che questo freelance avrebbe completato bene la nostra squadra”, racconta Grégoire Leménager, vicedirettore del settimanale parigino e autore della postfazione di “V13”. 

“Aveva scritto con ‘L’avversario’ la storia di un assassino fuori dal comune, che già praticava una specie di taqiya dissimulando alla sua famiglia una parte considerevole della sua esistenza. Aveva saputo evocare il dolore della morte in ‘Vite che non sono la mia’. Aveva esaminato ne ‘Il regno’ alcune cause della radicalizzazione religiosa. Aveva appena adattato al cinema ‘Le quai de Ouistreham’ di Florence Aubenas che a sua volta racconta, se si riflette bene, una storia di taqiya”, scrive Grégoire Leménager, spiegando la scelta del romanziere che aveva già fatto diverse incursioni nel giornalismo (come il reportage in Russia nel 2012, una specie di post scriptum al suo “Limonov”)

Ogni lunedì, per nove mesi, Emmanuel Carrère ha mandato 7.800 battute alla redazione dell’Obs, raccontando il susseguirsi atroce delle testimonianze nel primo mese di processo, “l’immensa psicoterapia di queste cinque settimane che si sono appena concluse ha avuto la bellezza di un racconto collettivo e la crudeltà di un casting”; le vittime, anzi gli “eroi”, per “il coraggio di cui hanno avuto bisogno per ricostruirsi, per il modo di vivere questa esperienza, per la potenza del legame con i morti e i vivi”; i carnefici, a partire da Salah Abdeslam, “faccia da schiaffi” e “starlette capricciosa”; il rapporto tra il bene e il male citando Simone Weil: “Essere pronti a morire per uccidere, essere pronti a morire per salvare: qual è il più grande mistero?”

Il lungo racconto del processo, testimonianza letteraria di una tragedia collettiva, restituisce l’alternanza dei momenti di forte carica emotiva e i giorni pieni di rabbia e frustrazione da parte dei familiari delle vittime dinanzi al silenzio degli accusati. 

Una delle testimonianze più toccanti è quella di Aristide e Alice Barraud, fratello e sorella, gravemente feriti mentre erano seduti nel dehors del bistrot Le Petit Cambodge. “Ho cercato di capire perché dei giovani decidono di sparare contro altri giovani. Non l’ho ancora capito, forse non c’è nulla da capire”, testimonia Aristide in aula. Emmanuel Carrère osserva questi due ragazzi, in piedi, davanti ai giudici, nella loro immensa dignità. “Il nostro sguardo è rivolto verso di loro, Aristide e Alice – scrive Carrère – Le loro parole sono già un segno di giustizia”.