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10/12/14

Corpi nudi, lezione di umiltà, vita. Una iniziazione.



Nel 1973 frequentavo il Liceo Castelnuovo a Roma.  

Erano anni molto turbolenti.  Per me che uscivo da una scuola media molto severa, all'antica (il Ludovico Ariosto), con una professoressa di italiano molto brava, ma di destra, reazionaria, l'immersione nel rosso Castelnuovo di quegli anni, fu un improvviso bagno di vita: pure pulsioni emotive. Il mondo che fino ad allora avevo soltanto sfiorato timidamente, come molti ragazzi di 13 o 14 anni, ma imparato già a reprimere. 

Le giustificazioni per le assenze erano state abolite molti anni prima, la didattica faceva schifo, ma il Liceo, quel Liceo era, in quegli anni una palestra di creatività, una scuola molto diversa da quella che si intende solitamente. 

Quando entrai io, i ragazzi del quinto anno (entrati nel '68) erano pieni di pretese e di convinzioni, facevano anche un po' sorridere a ripensarci oggi, ma credevano sinceramente nella capacità per tutti, di cambiare un po' di mondo, di infondere fiducia, coraggio trasformativo. Di poter sciogliere le costrizioni delle finzioni, di svelare la nefandezza dei costrutti dati per assodati, di dare un senso diverso al mondo. 

Durante la settimana autogestita, furono proiettati filmati semi-clandestini sull'aborto (la legge sarebbe arrivata solo cinque anni dopo), si ascoltava musica in sale da musica approntate (King Crimson, Gentle Giant, ecc..), si tenevano interminabili lezioni sul Vietnam.
Vennero anche a danzare quelli del Living Theatre. 

I loro corpi nudi, totalmente nudi, si muovevano con l'evidenza grave e soave della carne, nella palestra dell'istituto. 

Noi eravamo seduti in terra, senza capire nulla.  

Ma i corpi erano vivi.  I nostri corpi. Questa assenza dei corpi, oggi addolora.  I ragazzi di adesso, incollati alle loro delizie digitali, sembrano privi di corpi, eterei ed essenziali come i loro meravigliosi strumenti tecnologici. 

La pesantezza del corpo è solo un accidente. La qualità di un corpo che pretende di muoversi sulla scena vuota del mondo, un incidente. 

L'umiltà di quella lezione, fu per me, mi rendo conto, totale e fatale. 

Anche quello contribuì a farmi innamorare della vita. Non sono più guarito, anche se oggi molti farmaci proclamano e soddisfano esiti miracolosi per curare senza effetti collaterali il rischio che comporta il vivere.

Fabrizio Falconi