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16/11/16

Archeologia: dalla tomba dei Guinigi a Lucca spunta fuori una dentiera di 4 secoli fa.




Durante la pulizia e il restauro dei resti scheletrici rinvenuti all'interno della tomba collettiva dei Guinigi, a Lucca, e' venuta alla luce una protesi dentaria in oro di particolare interesse, sia per le modalita' di esecuzione, sia per la rarita' del ritrovamento

Lo studio del prezioso reperto e' stato effettuato da un team di paleopatologi dell'Universita' di Pisa.

"Lo studio del contesto archeologico - spiega la paleopatologa, Simona Minozzi - non ha permesso una datazione precisa per la protesi che comunque si colloca tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XVII secolo, e malgrado esistano descrizioni di apparecchi simili nei testi del periodo, non sono conosciute altre evidenze archeologiche. La protesi dentaria ritrovata nella tomba dei Guinigi e' la prima testimonianza di protesi dentale di questo periodo storico e un prezioso tassello per la storia dell'odontoiatria". 

La protesi e' formata da cinque denti mandibolari umani tenuti assieme da una lamina metallica in oro: la forma e le dimensioni la rendono adatta alla sostituzione dell'arcata anteriore mandibolare. 



I denti, canini e incisivi disposti senza rispettare la corretta sequenza anatomica, appartengono a individui diversi. 

Per la realizzazione dell'apparecchio la radice di ciascun dente e' stata limata e tagliata longitudinalmente e all'interno del taglio e' stata inserita una sottile lamina d'oro alla quale i denti sono stati assicurati attraverso piccoli perni. 

La lamina fuoriesce ai due lati della protesi con due alette piegate ad S, sulle quali sono presenti due piccoli fori che garantivano l'ancoraggio ai denti ancora in situ nella mandibola, di cui non e' pero' stata trovata traccia. 

Infatti, i tentativi di associazione con le numerose mandibole rinvenute nella tomba collettiva che raccoglieva i resti di quasi un centinaio di individui, sepolti assieme alla protesi, non hanno dato esito positivo. In ogni caso, la presenza di un deposito di tartaro sulla superficie dei denti dimostra che l'apparecchio fu portato a lungo.



15/02/14

Michelangelo e il Monte dell'Altissimo .




Il 18 febbraio 1564, all’età di 88 anni, Michelangelo Buonarroti muore nella sua casa romana. 

A 450 anni dalla sua morte si ricorda uno degli episodi più importanti e tormentati della sua vita: il sogno mai realizzato di cavare e rifornirsi gratuitamente dello statuario del Monte dell’Altissimo, nel territorio lucchese, in Alta Toscana. 

Dopo aver ottenuto l’incarico per la realizzazione della facciata della Chiesa Fiorentina di San Lorenzo, obbedendo alla volontà di Leone X (Giovanni dei Medici), Michelangelo, nel 1518 inizia a costruire la strada che sarebbe servita per raggiungere i bacini marmiferi dell’Altissimo. 


Seguendo un’intuizione pari alla sua capacità di svelare le figure celate nei blocchi di marmo, il Buonarroti percepisce le potenzialità e la qualità del marmo racchiuso nelle cave dell’Altissimo, uno statuario ancora più bello e prezioso di quello carrarino: di grana unita, omogenea, cristallina, e ricorda lo zucchero. Michelangelo qui desidera cavare e far cavare ogni et qualunque quantità di marmi o di qualunque altra miniera in decte montagne dello Altissimo, et loro vicine circustanze

Il Monte, un bacino marmifero di enorme ampiezza era ripieno di marmi in tutte le parti che ve n’è da cavare fino al giorno del Giudizio.

Nel dare il via alla sua impresa più ambiziosa, e consapevole del grande tesoro custodito dalla montagna, Michelangelo aveva chiesto e ottenuto, non senza penare, dall’Opera di Santa Maria del Fiore e dai Consoli dell’Arte del Lana di potersi rifornire gratuitamente e per tutto il resto della sua vita di marmi dell’Altissimo, una volta che fosse riuscito a mettere in esercizio quelle cave. 


Malauguratamente un “breve” di papa Leone X del 20 di febbraio 1520 sollevava Michelangelo dall’incarico della costruzione della strada

Per l’artista, giunto alla soglia dei quarantacinque anni e attento imprenditore di se stesso, ciò fu motivo di grande delusione. Ricordava il Vasari nella “Vita” che a Michelangelo …convenne fare una strada di parecchi miglia fra le montagne

Ma il sogno di Michelangelo, da lui mai realizzato, prese forma. 

Nei quasi cinquecento anni che separano l’inizio della costruzione della strada dell’Altissimo il bacino marmifero di Seravezza ha donato un capitolo sostanzioso alla storia, all’arte e all’architettura mondiali. 

 Le cave dell’Altissimo vengono raggiunte dalla strada che si completò per volere di Cosimo I dei Medici nel 1567, che riusciva, laddove aveva fallito il divino Michelangelo, a dare il via all’estrazione di quei marmi bianchi che “…producono colonne alte più di 50 cubiti”. 

Di quel marmo, che il Buonarroti sognava già per la facciata di San Lorenzo in Firenze, venne calato alla marina nel 1569 il primo blocco fra l’esultanza del popolo seravezzino che vedeva, nel discendere del carro a valle, l’inizio di un’attività economica rilevante per la comunità. 

Fu il Giambologna a realizzare la prima figoura di marmi bianco ocire fuora di quel monto del Haltissimo la “Fiorenza”, o Vittoria, oggi al Bargello. 

Al disegno di Michelangelo e di Cosimo I seguì quello di Francesco I dei Medici. Le cave di Seravezza rappresentavano un vero patrimonio. 

Nel sunto storico della cava si intersecano anche periodi di abbandono, ma una nuova vita ha inizio con l'arrivo nelle Apuane del Signor Jean Baptiste Alexandre Henraux nel 1820. Il Signor Henraux è Soprintendente Regio alla scelta e acquisto dei marmi bianchi e statuari di Carrara per i monumenti pubblici nella Francia di Napoleone

E il Signor Henraux che visita le cave di Michelangelo stringe la storia degli ultimi duecento anni del Monte dell’Altissimo al suo stesso nome, e da attento imprenditore quale è dona nuova vita al bacino marmifero seravezzino. 

Sono numerose e importanti le opere portate a compimento con i marmi dell’Altissimo, dall’epoca di Cosimo e di Francesco dei Medici le pagine di storia dell’arte e dell’architettura si arricchiscono considerevolmente con i materiali estratti dalle cave. 

Ma dal 1821 Monsieur Henraux traccia la via a commesse di notevole prestigio, come quella del 1845 per lo Zar di Russia che ordinava grandi quantità di marmo per la costruzione della Cattedrale di Sant’Isacco a Pietroburgo. Anche Auguste Rodin fu ospite di Henraux a Querceta. 

L’Altissimo è un importante comprimario di quel genio dell’uomo che costruisce bellezza. Da qui iniziano storie di opere e capolavori dell’arte concepiti da artisti, per citarne alcuni in epoca moderna o contemporanea, quali Henry Moore, Hans Jean Arp, Joan Mirò, Antoine Poncet, Jacques Lipchitz, Rosalda Giraldi, lsamu Noguchi. 

E ancora le cave dell'Altissimo, come profetizzato da Michelangelo, continuano a fornire materiale per la realizzazione di grandi opere in tutto il mondo: da qui sono stati realizzati numerosi progetti quali il pavimento policromo della Basilica di San Pietro, o la ricostruzione della chiesa Abbaziale di Montecassino come, più recentemente la Grand Mosque per lo Sceicco Zayed Bin Sultan al Nayhan II ad Abu Dhabi, il Campus Exxon Mobile a Houston (detto anche Delta project), e negli Stati Uniti il Devon Energy World Center, One Market Plaza a San Francisco e molti altri.

Ancora oggi le cave sono proprietà della Henraux Spa e della Fondazione Henraux ad esso collegata.