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06/04/16

Il più grande romanzo italiano degli ultimi 15 anni è inedito. (Pietro Zullino - "Cinzia con i suoi occhi").


Il più grande romanzo italiano degli ultimi 15 anni è inedito.  Succede anche questo nell'editoria italiana. Pietro Zullino, che ho avuto la fortuna di avere come amico, scrisse questo suo libro qualche anno prima di morire. 
E' un romanzo fiume, dedicato a Lucio Properzio, il grande poeta romano vissuto nel I sec. a.C., penalizzato dalla critica storica per secoli, e in tempi recenti riscoperto come forse il più moderno dei poeti antichi. 
Zullino ha scritto un libro memorabile. Con l'uso di una lingua geniale e modernissima, erudito (ritraducendo ex novo tutte le poesie di Properzio) e passionalmente coinvolto, enormemente attuale nei suoi risvolti, su ciò che è la ribellione nel campo dell'intelligenza e della produzione artistica. 
Zullino, che era autore di lustro, e aveva pubblicato con i più grandi editori italiani, scelse volontariamente (esacerbato dalle logiche editoriali) di autoprodursi il libro e di stamparlo in poche copie da distribuire agli amici (senza nemmeno firmarlo, ma attribuendolo direttamente al nume di Properzio). 
Sono dunque ben pochi quelli che hanno avuto il privilegio di leggerlo. 
Nell'attesa che qualcuno - di quelli che contano (ma cosa contano?) si accorga di lui, è già stata fatta una traduzione in americano moderno del romanzo.  
E a Pietro e alla sua opera è stato dedicato post-mortem un volume di studi a cui ho contribuito proprio con questo testo, su Cinzia
Che qui ripropongo. 


Cinzia con i suoi occhi di Pietro Zullino: “Chi ama può vagare”, il romanzo di una ribellione

di  Fabrizio Falconi

 La fortuna dei libri di Pietro Zullino presso i maggiori editori italiani – Mondadori e Rizzoli tanto per citare soltanto i più blasonati – durò oltre un decennio, a cavallo tra gli anni ’70 e la fine degli anni ’80.
 A partire da quella data, qualcosa si spezzò: a Zullino, come ad altri autori di quegli anni, che si erano concentrati, nella loro produzione, sulla adesione profonda agli ideali interiori (autenticità, fedeltà, vero) invece che all’inseguimento delle mode del momento e dei diversi conformismi del mondo editoriale italiano, capitò di sentirsi sempre più ai margini, sempre più fuori posto, sempre meno in sintonia con i gusti prevalenti.
 Zullino, con la sua propensione per lo studio, con il suo rovesciamento dei canoni storico-accademici, con il suo spiccato senso per la colta provocazione che gli permetteva di leggere la realtà contemporanea con occhi sempre nuovi, sentiva di non appartenere alla folta schiera dei narratori per una stagione. Il suo sguardo era rivolto all’oltre, ciò che gli premeva era la continuazione dell’indagine del contesto storico-politico come conformazione ed estensione delle contraddizioni individuali umane, quelle cioè celate nel cuore di ogni uomo.
 Da questo punto quindi l’esplorazione del mondo classico e delle sue radici era per Zullino il terreno ideale per dare corpo a quella esplosione multiforme di ripensamenti sulla realtà che si vive (nell’oggi) e su quella che si immagina, se è vero che proprio nei reconditi del mondo antico, e in specie nella vicenda della Roma imperiale, è possibile rintracciare i segni sensibili e tutte le contraddizioni del presente storico e antropologico, come scriveva Ungaretti a proposito di Virgilio che – diceva -  ci accompagna non più come un emblema ma come uno dei fatti della nostra vita (1). 
  I fatti della nostra vita, dunque, quelli che più interessavano Zullino e che nei primi anni del 2000 lo portarono a cimentarsi in un lungo, estenuante progetto rappresentante la summa di una meticolosa ricerca capace di coniugare lo studio e l’esercizio linguistico – da sempre cifre caratteristiche della sua opera – con la pura narrazione, con il disegno di un amplissimo (e definitivo) affresco su quel mondo, il mondo degli amati classici latini, di quei cantori che prima e forse meglio di tutti gli altri seppero scendere nei recessi dei fondamentali umani.