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25/05/16

A neanche un mese dalla inaugurazione, le bancarelle davanti all'opera di Kentridge - FIRMA LA PETIZIONE per fermarle.


Dopo il clamore  e i “Trionfi” mediatici che ha riscosso il monumentale murales di Kentridge ci troviamo purtroppo a rendere conto anche dei “Lamenti” che non riguardano certo la sua opera, o le dolorose ricadute che nel corso della storia ogni “Vittoria”  porta con sé, ma la noncuranza e la disattenzione per i beni comuni, accompagnata per di più dalla dissennata commercializzazione di ogni angolo della nostra città
L’oggetto della nostra attuale attenzione è quel tratto di banchine dell’una e dell’altra sponda del Tevere dove ora sorge questa imponente e bella opera d’arte all’aperto, area che l’Associazione Tevereterno, ideatrice e sostenitrice del progetto di Kentridge, ha denominato “Piazza Tevere” immaginandola come luogo di ritrovo culturale e di svago per  cittadini e  turisti fuori dal caotico e rumoroso percorso delle vie di un centro storico diventato un bazar ininterrotto, un’area da rivalutare e tutelare come una “riserva” naturale, artistica ed urbanistica.
Tra pochi giorni, come ogni anno, anche questo tratto sarà invaso per 3 mesi da una fitta sequenza di stand commerciali, sottraendolo ancora una volta ai tanti cittadini che lo percorrono a piedi e in bici trovando in quel luogo un’oasi di silenzio, pace e poesia fuori dal traffico cittadino.
La domanda che vorremmo porre al presidente della Regione (istituzione responsabile delle banchine del Tevere) e ai responsabili del Comune di Roma, è come mai non si sono accorti in tempo di questa situazione paradossale e dopo aver celebrato trionfalmente il murales  non hanno fatto qualcosa per impedire che fosse “sepolto” (insieme a tutti coloro che frequentano da anni questa oasi di pace) da un bazar di stand commerciali, birrerie e disco music. 
Ma non è solo questo, e la domanda coinvolge anche il  futuro sindaco di Roma:  i nostri amministratori hanno intenzione di svendere ogni angolo della nostra città e di rendere il centro storico una interrotta catena di bar, pub, ristoranti e bancarelle, o invece, cavalcando l’onda benefica di una presenza artistica così importante come il murale di Kentridge e promuovendo “piazza Tevere” come un’oasi al centro di Roma, vogliono decidersi finalmente a mettere al centro i beni e gli spazi comuni, e in particolare quell’arte, quella cultura e quegli spazi verdi che, sempre a parole, dicono di voler tutelare e promuovere?
 Sarebbe bello che nei mesi estivi almeno questo tratto del Tevere, ora segnato da un murales di 500 metri che tutti ammirano, possa non solo tornare ad essere quel luogo aperto a tutti dove, come in un parco, si possa andare in bicicletta o camminare, prendere il sole o pescare, ma anche un area in cui ospitare laboratori per bambini, letture poetiche o teatrali, piccoli concerti acustici, interventi e performance d’arte contemporanea …
Se  c’è la volontà, le soluzioni alternative da offrire a chi ha avuto l’appalto di quel tratto di fiume certo non mancheranno. Gli stand commerciali lì presenti potrebbero spostarsi nel tratto a monte di “piazza Tevere”, in questo modo l’area libera per piccoli eventi artistici e culturali potrebbe diventare un luogo di interesse per i cittadini che frequenteranno la sequenza degli stand a monte e a valle, oppure essere spostati nel tratto che va da ponte Garibaldi verso Testaccio, coinvolgendo così coloro che vivono in quel quartiere e la parte di Trastevere a sud del viale che divide in due il rione.  
Questo appello viene incontro alle lamentele che tanti cittadini ci hanno espresso passando in questi giorni per “piazza Tevere” scoprendo che di lì a poco sarebbe nuovamente diventata “Bazar Tevere”, ed è rivolto quindi anche alle associazioni dei residenti del centro in vista di un’ampia partecipazione collettiva nella gestione dei beni comuni.

Primi firmatari:
Andrea Fogli, artista
Achille Bonito Oliva, critico d'arte
Silvana Bonfili, direttrice del Museo di Roma in Trastevere
Selen de Condat, fotografa & Maria Felice Arezzo di Celano
Giosetta Fioroni, artista
Felice Levini, artista
Daniele Luchetti, regista
Marcelle Padovani, giornalista
Sandra Petrignani, scrittrice
Giuseppe Piccioni, regista
Fabrizio Sabelli, antropologo
Annamaria Sambucco, casting director
Valeria Viganò, scrittrice

Questa petizione sarà consegnata a:
  • Nicola Zingaretti
  • Responsabili del Comune di Roma
  • Cittadini della città

10/05/16

La bellezza è fragile (di Fabrizio Falconi).



Ieri sera passavo con la macchina per i Lungotevere. La luce declinava, la radio trasmetteva Billie Holliday, e all'altezza della Mole di Adriano, mi sono accorto che diversi alberi - i meravigliosi platani del Lungotevere - erano stati sfregiati con uno spray bianco.  Un grande simbolo insensato (di qualche gruppo neofascista o non so cosa) era vistosamente verniciato in bianco sui tronchi dei grandi alberi. 

Riflettevo quanto è fragile la bellezza. 

Riflettevo quanto tempo ci hanno messo quei meravigliosi platani a crescere, dalle nuda fondamenta di terra degli argini, a elevarsi maestosi, con chiome abbondantissime e fluenti: forse cento, forse più di cento anni.  La corteccia maculata, di senape e verde bruno, è il frutto del passaggio del tempo eterno, di mille stagioni che hanno forgiato il tronco lentamente, pazientemente. 

Il gesto del demente di turno invece, deve essere stato molto rapido. Soltanto qualche secondo per sfregiare un tronco.  E poi, come si fa a pulire ? Non si può coprire la vernice con altra vernice, non si può scrostare la superficie, perché si farebbe ancor più male all'albero.  Bisognerà aspettare il tempo necessario perché i grandi alberi facciano la loro muta, e lascino cadere in terra la corteccia verniciata. 

E' per questo che la bellezza è così rara. 

La bruttezza ha tempi rapidissimi. Il gesto di Laszlo Toth col suo martello addosso alla Pietà di Michelangelo, sarà durato solo pochi istanti.  Ma quanto tempo, quanti giorni, quante notti, quanti sforzi il divino scultore ha dovuto investire per il raggiungimento di una così compiuta bellezza ?

Brodskij scrive che la bellezza è l'eccezione alla regola. E ha ragione.  La regola non è la bellezza. La regola è la bruttezza. E proprio perché la bellezza è così rara, che è anche fragile, del tutto in balia dell'evento, dell'umore, dell'insensatezza, del caos.  La bellezza chiede (o chiederebbe) soltanto di essere conservata, preservata.  Ma l'uomo NON è la bellezza.  L'uomo è capace di bellezza, anche nei suoi rapporti, nella costruzione della sua vita, nei gesti che compie, in quello che dona, in quello che crea.   

Ma l'insidia della bruttezza è dentro l'uomo, sempre.  Anzi, l'uomo ha portato (anche) la sua bruttezza nella creazione, l'ha portata e sparsa a piene mani.  L'incongruo è l'essere incapaci di preservare e conservare la bellezza.  L'incongruo è lasciarla sfiorire, appassire. L'incongruo è deturparla con un solo gesto vendicativo, dell'uomo che non può arrivare alla Luna e che per questo, insensatamente, è fortemente tentato sempre di distruggerla, di abbatterla, di tirarla giù dal cielo. 

Fabrizio Falconi 
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