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13/08/19

Processo a Machiavelli: "Assolto!"


John Milton l'avra' pure definito "figura del demonio", ma in Romagna il pensiero e' stato decisamente diverso.

Il 'tribunale' di San Mauro Pascoli ha assolto Niccolo' Machiavelli con formula piena: 81 voti per la condanna, 600 per l'assoluzione. 

Un verdetto senza appello nell'evento di Sammauroindustria davanti a un pubblico di 800 persone, che ancora una volta ha confermato - per alzata di paletta - l'anima "garantista" della Romagna nei tradizionali processi storici di agosto alla Torre Pascoliana. 

Il dibattito, coordinato dal presidente del Tribunale Miro Gori, e' stato acceso tra i due contendenti, i politologi Carlo Galli (accusa) e Maurizio Viroli (difesa). Galli, docente dell'universita' di Bologna, ha subito messo le cose in chiaro: "Accusare Machiavelli e' un'impresa disperata. L'autore del Principe e' stato il Galileo della politica, l'ha rivoluzionata. Eppure ci sono diversi capi di imputazione che gli possono essere rivolti"

Il primo, secondo Galli: "Machiavelli ha fatto della politica un mito esistenziale onni-coinvolgente. La politica non puo' essere l'unica chiave per interpretare la vita sociale". Ma il suo principale reato "e' un utopismo fuori dallo spazio e dal tempo: ha avuto troppa fiducia negli uomini, li ha considerati troppo virtuosi. È un rivoluzionario di una realta' disincantata". 

E come condanna ha chiesto per Machiavelli "un esilio temporaneo da trascorrere nel deserto della politica di oggi. Qualche anno di purgatorio per depurarsi dalla sua ingenuita', magari da passare in una legislatura nel nostro Parlamento. Condannare Machiavelli infatti e' condannare la politica di oggi". 

 Di parere opposto Maurizio Viroli, docente a Princeton (Usa): "Machiavelli e' piu' difficile difenderlo che accusarlo, vista la quantita' di insinuazioni che sono state scritte sul suo conto". 

E ha contestato l'accusa della "centralita'" della politica nel suo pensiero: "Non e' sostenibile la tesi che Machiavelli metta al centro di tutto la politica, come soluzione onnicomprensiva dell'esistenza. 

Nel suo pensiero la dimensione della leggerezza della vita, del gioco, del sorriso, dello scherzo e' molto forte. 

Cosi' come e' fuorviante l'accusa di utopismo, perche' sa leggere la realta' come pochi. Machiavelli non solo capisce la politica ma vuole fare qualcosa di piu', vuole ispirare (principi e cittadini) sui fini possibili: ispirare un redentore che possa liberare l'Italia; lottare contro la corruzione a Firenze; ispirare la rigenerazione morale di un popolo. 

Non e' un caso che a lui si siano ispirati gli scrittori risorgimentali, cosi' come grandi pensatori come Gobetti e Gramsci". Il finale e' sull'oggi: "Siamo noi che abbiamo bisogno di Machiavelli se vogliamo vedere rinascere il nostro Paese. Non mi resta che chiudere con le parole di Francesco De Sanctis: 'Sia gloria a Machiavelli'". 

20/07/14

Dico bugie ma non sono un bugiardo: la morale che cambia con la latitudine.





I comportamenti fanno l'uomo ?

Una volta, se ne era convinti. Una morale molto rigida, costituzionalmente basata sui principia affermava che un uomo che dice bugie è un bugiardo, un uomo che ruba è un ladro, un uomo che uccide è un assassino, un uomo che insulta un altro uomo perché ha la pelle di un colore diverso è un razzista

Da qualche parte del mondo è ancora così.

I popoli anglo-sassoni, i popoli del nord europa (quel che ne rimane, vista la globalizzazione rampante) hanno fondato antropologicamente i loro costrutti morali su secoli di protestantesimo:  una persona che dice bugie in privato  - e che è dimostrato che le dica -  è un bugiardo.  E' altamente probabile dunque che sia un bugiardo anche nella vita pubblica, e il legittimo sospetto vale già a screditarlo. 

Per questo l'apparentemente anacronistico rito del giuramento sulla Bibbia dei presidenti americani ha avuto, per Clinton e altri un effetto così radicale, e così incomprensibile per noi latini.

I latini, infatti, sulla base di stratificazioni antropologiche basate su secoli di cattolicesimo, hanno sempre creduto e professato un doppio binario della moralità:  vizi privati e pubbliche virtù. 

Posso anche dire bugie in privato, posso commettere atti immorali in privato, ma pubblicamente essere irreprensibile. Chi potrà giudicarmi ?  E se anche verrò giudicato, ci sarà un ministro di Dio capace di assolvermi (è un dovere della religione che professa). 

Questo vulnus mentale è talmente radicato in Italia che ormai coinvolge ogni sfera del vivere comune.  Da Guicciardini e Machiavelli, di strada ne è stata fatta tanta.

Con sincera stupefazione, oggi, personaggi pubblici (non necessariamente politici, di qualunque professione o attività), si schermiscono quando qualcuno pretende di giudicarli in base ai comportamenti che hanno esibito.  
Chi può giudicare ?
Il giudizio non è stato definitivamente sospeso ?  Non viviamo  in un mondo finalmente libero dai giudizi ? Non fu quel Tale a dire "chi è senza peccato scagli la prima pietra?"

Fabrizio Falconi