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07/04/15

Sub specie aeternitatis (di F.Falconi) - Una nota di Maria Modesti.

una nota di Maria Modesti su  Sub specie aeternitatis di Fabrizio Falconi



La sequenza delle poesie, divise in due parti ben distinte, Candoblè e Sub specie aeternitatis, rivela una progressiva padronanza stilistica nel verso libero che piano piano si distende, prendendo anima e voce.
Si passa così da immagini evocative “sostieni i vestiti di calce / offri ancoraggi idonei / dopo lente attese d’alto mare / et libera nos a malo “ (pag.10), immagini che riassumono, insieme ai versi successivi – “pallidi evasi / coscritti / destini derelitti, / dispersi dannati poveri cristi (pag.14) e naufraghi affamati esausti…”. (pag.15) – la condizione oggettiva, reale dell’uomo moderno, con le sue angosce, contraddizioni, vuoto e solitudine, senza, però, rinunciare all’anelito verso l’assoluto, a quella “sotto specie dell’eternità” dove l’individuo – libero non sono (pag. 28) - , ossia il poeta, mette in gioco se stesso in quella strana “caccia alla volpe” che “è la vita”(pag.28).  Scrive, infatti, Falconi - “Sono io / invece / l’oggetto, / l’artefice. / Ogni giorno distruggo / il mio pezzo di creato, / lo metto in conto / e ricomincio daccapo “ (pag.47) -.
 E’ l’io del poeta ad essere in discussione, a misurarsi e confrontarsi con gli altri, i vivi e gli assenti, cercando nel destino di ognuno, nella sua traccia o memoria, “un chiaro segno di riconoscimento”
E all’orizzonte c’è un sorriso, c’è un passaggio di luce, c’è un ramo argenteo, c’è una nube bianca che si srotola dai monti.
Si percepisce il senso della vita accanto a quello della morte, della luce accanto all’ombra.
Il messaggio che emerge è quello di una semplicità naturale come il vento, le foglie, il bosco e la neve che appesantisce “i rami / di vita nascosta, in nuce, / non visibile / ma reale” (pag.52).
Contaminazione, quindi, tra vari elementi nel tempo, nelle stagioni che si succedono “i giorni lunghi di novembre  in quella “conta degli assenti” (pag.53) che rimanda alla memoria, ai morti.
Più esplicito il riferimento è nel verso Voci di cose, separazioni” dove palpabile è il passaggio all’eternità, ad un assoluto (aria, cielo) che trascende e che pure è vivo, concreto nello sguardo della donna amata, sguardo che concede, tuttavia, una forza “che era celeste” (pag.60), prima che tutto si dissolva, definitivamente, nel momento del “passaggio”, del buio - sospeso nell’attesa di essere “interamente illuminato”.


Maria Modesti