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13/01/13

La perdita delle radici, l'abbandono della tradizione e il manicomio contemporaneo. - C.G.Jung.





Il mondo ci appare impazzito. 

Nessuno sembra aver più in mente punti di riferimento e l'impressione generale è quello di una deriva complessiva - almeno in Occidente - dentro la quale nessuno sembra in grado di orientarsi. 

Ma a cosa si deve tutto ciò. 

Una delle risposte forse più convincenti la fornisce, in poche righe, Carl Gustav Jung, in uno dei suoi grandiosi saggi, Aion. 

Leggiamo.

L'attuale tendenza a distruggere, a rendere inconscia ogni tradizione, può tuttavia interrompere per centinaia di anni il normale processo di evoluzione e sostituirlo con un intervallo barbarico. 

Là dove ha predominato l'utopia marxista, questo è già avvenuto, scrive Jung, ma, aggiunge, anche una formazione prevalentemente tecnico-scientifica, tipica per esempio degli Stati Uniti, può provocare una regressione spirituale e quindi un notevole incremento della dissociazione psichica. 

Igiene e prosperità non bastano perché l'uomo sia sano; altrimenti gli uomini più ricchi e più illuminati starebbero meglio degli altri.  Invece, per quanto riguarda le nevrosi, le cose non stanno affatto così, ma al contrario. 

La perdita delle radici e l'abbandono della tradizione nevrotizzano le masse e le predispongono all'isteria collettiva.  E questa richiede una terapia collettiva consistente nella privazione della libertà personale e del terrore.   

Là dove predomina il materialismo razionalistico (invece), gli Stati tendono a diventare non più prigioni, ma manicomi. 

Ed è quello, ahimè, che stiamo sperimentando, credo. 

Tratto da Carl Gustav Jung, Aion, traduz e cura di Lisa Baruffi, Bollati Boringhieri, 1982, pag.170.