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30/03/15

Pamuk in Italia: "All'utopia preferisco la memoria."




Nobel Pamuk: "all'utopia preferisco la memoria". 

L'Autore agli Eventi letterari Monte Verita a Ascona (di Paolo Petroni) (ANSA) 

Si pensa al sociale e alla politica, da Tommaso Moro a Marx, quando si parla di utopia, "ma io, pur avendo avuto problemi di tipo politico, posso dirmi una persona felice, sono un ottimista che all'utopia preferisce la memoria", ha dichiarato Orhan Pamuk, aprendo gli Eventi letterari Monte Verita' (ad Ascona, in Svizzera), dedicati appunto al tema Utopia e memoria, con una conversazione con Joachim Sartorius (direttore artistico della manifestazione con Irene Bignardi e Paolo Mauri). 

Per il premio Nobel turco "l'umanita' ha prodotto 100 tonnellate di memoria a fronte di 100 grammi di utopia" e il suo intervento sui "Ricordi: la piu' potente arma della fantasia" ha spaziato da Darwin, "per sopravvivere bisogna avere memoria per ricordarsi dove trovare cibo e acqua, dove si nascondono i pericoli", a Proust con i suoi personaggi con la loro memoria involontaria; "il narratore mangia una petite madeleine e, senza rendersi conto, ricorda", messi a contrasto con i personaggi dei suoi romanzi che, secondo le parole dello stesso Pamuk, "hanno a che fare con una memoria volontaria, alla ricerca della vita perduta"

L'esempio che porta e' quello del romanzo 'Il museo dell'innocenza' (Ed Italiana, Einaudi2009), divenuto poi un vero e proprio museo a Istanbul, con gli oggetti citati nel libro accolti in apposite teche e trasformati in alcuni casi in opere d'arte. 

Ma il momento clou dell'intervento di Pamuk e' stato la lettura di un capitolo di questo romanzo, che lo stesso autore ha fatto, su richiesta del pubblico che aveva la traduzione in mano, nella lingua originale, il turco, riuscendo a comunicare comunque, al di la' delle parole, quel pathos e quelle emozioni del romanzo che solo gli autori sanno vivere e trasmettere proprio attraverso la scrittura. 

Gli Eventi letterari Monte Verita' sono andati in scena con incontri, letture e dibattiti sul tema 'Utopia e memoria', trattato dagli autori italiani Paolo Giordano e Paolo Di Stefano, dallo scrittore svizzero Thomas Hurlimann, dall'autrice Tere'zia Mora, dallo scrittore francese vincitore del premio Goncourt Jerome Ferrari, nonchè dall'autore e regista belga Jean-Philippe Toussaint. 

A questo si e' aggiunto per la prima volta al festival uno spazio per la danza, che, grazie a Rudolf von Laban e alle sue allieve, fu la forma d'arte piu' ricca di sviluppi tra quelle praticate dalla comunita' di utopisti al Monte Verita' ai primi del Novecento. A esibirsi la coreografa e ballerina Sasha Waltz, in scena insieme col batterista Robyn Schulkowsky al Teatro San Materno. 

Anche quest'anno, in occasione del festival, e' stato consegnato il Premio Enrico Filippini (giornalista culturale, editor e traduttore (1934- 1988), con cui si intende onorare le persone che lavorano dietro le quinte delle case editrici e dei giornali.

Dopo Bernard Comment (2013) e Klaus Wagenbach (2014), nel 2015 questo riconoscimento e' stato attribuito alla traduttrice e operatrice culturale italiana Renata Colorni, traduttrice storica di Sigmund Freud e di Thomas Mann e editor dei Meridiani Mondadori. 

La laudatio della vincitrice e' stata tenuta dallo scrittore Claudio Magris. 

14/10/13

Bauman a Milano: La felicità non è evitare i problemi, la felicità è superarli.




"Devo deludervi, non sono un guru", ha esordito Zygmunt Bauman, aprendo il suo intervento milanese a Meet The Media Guru: "non vi dirò come condurre la vostra vita". La conferenza di Bauman, uno dei maggiori pensatori viventi, ha toccato molti aspetti centrali della nostra condizione di esseri umani, a cominciare dal rapporto con la vita digitale. Secondo il sociologo, la nostra esistenza ha conosciuto, con la rivoluzione digitale, l'impatto con una divisione, quella tra online e offline, che ci ha imposto di vivere allo stesso tempo in due differenti dimensioni. In questo contesto, i bambini incontrano Internet ormai già a 4 anni e crescono senza nemmeno poter immaginare che la connessione al Web possa non esserci, tanto il nostro rapporto con la vita online è diventato stretto. La Rete, per Bauman, è parte del progresso, ma porta con sé anche un numero di "perdite collaterali". L'automatizzazione del lavoro, ad esempio, causa diminuzione di posti di lavoro "umani" sia nell'industria pesante che nel lavoro intellettuale, ha puntualizzato Bauman: "i server stanno immagazzinando la nostra conoscenza e la nostra capacità di memorizzare sta scomparendo".

Per esemplificare questa dicotomia tra guadagno e perdita dovuta al progresso, Bauman ha citato Mark Zuckerberg e l'incredibile successo di Facebook: il social network ha intercettato la nostra paura di non essere visti ed essere soli e ha fondato il suo successo sull'allontanamento di questa paura: "il fondamento delle relazioni online è la soddisfazione", ha specificato Bauman, "e le relazioni diventano estremamente fragili". Facebook ci dà un "gadget" che ci fa credere di poter incontrare 500 amici in un giorno stesso, "io non sono riuscito a farne altrettanti in 80 anni di vita", ha scherzato Bauman. "Il problema con Facebook e gli altri social network è che promettono esattamente quello che il progresso promette: rendere la nostra vita più semplice". Questo meccanismo si presenta anche nella gestione delle relazioni umane e sentimentali. Per Bauman, i social media servono, ad esempio, a rendere semplice la conclusione della relazione con un'altra persona, superando le dinamiche del mondo "offline". Ma siamo davvero felici di questa possibilità? Per Bauman la risposta è no: "la felicità non è evitare i problemi, la felicità è superarli".

La Rete, però, nella visione di Bauman porta con sé anche vantaggi, come la disponibilità quasi infinita di conoscenza: "con un click, Google ci presenta due milioni di risposte, un numero che non potremmo consultare nemmeno in tutta la nostra vita". Anche questo aspetto, però, ha un prezzo: l'impazienza e la perdita della capacità di conservare conoscenza "dentro di noi". Sono i server a conservare il nostro sapere, noi possiamo solo consultarlo e questo "avrà un effetto negativo sulla nostra creatività".

Per Zygmunt Bauman, Internet ci fa vivere "senza rischi", consentendoci di relazionarci solo con persone che la pensano come noi e condividono il nostro punto di vista: "le persone diventano così nostri specchi", ha spiegato Bauman; in caso contrario, "clicchiamo il tasto 'delete' e passiamo a un altro sito". Ma come uscire da questa condizione? Per l'autore della "vita liquida" una risposta è piuttosto ovvia: "parlando gli uni con gli altri e dimostrando interesse nel dialogo" per mantenere vivo l'interesse nei confronti di chi la pensa in modo diverso, evitando opinioni preconcette. La seconda soluzione è "essere aperti", dando inizio a un dialogo tenendo viva la possibilità che le nostre opinioni possano essere sbagliate. La terza possibilità è la cooperazione: "il dialogo non deve servire a far prevalere il nostro ego", ha spiegato Bauman, "perché nel dialogo con il diverso non devono esserci né vincitori, né vinti". Queste "arti" sono messe a repentaglio da Internet, nella visione di Bauman. Allo stato delle cose, riscoprire queste capacità di dialogo nei confronti del diverso è una questione "di vita o di morte" per il nostro futuro perché, ha chiosato Bauman, "Il futuro non esiste, il futuro va creato".

14/03/12

Dove è andato quel che ho vissuto (e che non ricordo)?



Qualche settimana fa mi è capitata una strana cosa.

Un mio parente ha ritrovato un vecchio super-8 di famiglia girato nel 1970.  Lo ha trasformato in supporto digitale e messo a disposizione di noi, che all'epoca eravamo poco più che bambini, i cui volti sono rimasti impressi in quella vecchia pellicola.

E' una giornata normale, deve esserci stata qualche cerimonia, la famiglia si è riunita al mare.  Non è inverno e non è estate. Deve essere una giornata come quelle che stiamo vivendo, di primavera prematura e già calda.

La 'pizza' del film dura 3 minuti, ma è un documento molto chiaro. 

E però la particolarità è questa, e mi fa riflettere: riemerge dall'oblio una giornata della mia vita, che io non ricordo assolutamente di aver vissuto. 


Fino al momento prima di vedere quel film, infatti, io non ho minimamente memoria di quella giornata, che pure ho vissuto, come dimostra incontrovertibilmente il filmato girato.

Sono io quel bambino che cammina, si gira, si tocca i capelli. Sono io quello che siede e ascolta i discorsi dei grandi. Sono io, certamente.

Eppure, se questo filmato non fosse riemerso dalle tenebre, io non avrei saputo nemmeno di aver vissuto quella giornata.   Perché la mia memoria ha cancellato quella giornata, come ha cancellato la stragrande maggioranza delle singole giornate che io ho vissuto nella mia vita.

Eppure, come dimostra questo filmato, quelle giornate esistono. O meglio, sono esistite.  Sono esistite ed esistono, a quanto pare, anche se io non le ricordo, e anche se nessuno le ricorda.

Esistono davvero  ?  Non appare in contraddizione questa esistenza, con la constatazione che spesso facciamo secondo cui qualcosa esiste solo finché c'è qualcuno o qualcosa che ne è testimone e che lo ricorda ? 


Oppure i ricordi e le cose che abbiamo vissuto esistono indipendentemente dal fatto che io le ricordi e che qualcun altro le ricordi ? 


Le moderne teorie quantistiche descrivono il tempo come una quarta dimensione della realtà che viene descritta come un foglio ripiegato in infinite (e inaccessibili) sottili piegature (stringhe) che sarebbero allineate una accanto all'altra (o dentro o attraverso l'altra).

Questo darebbe la possibilità - teorica - di srotolare quelle pieghe e di 'disporre' dei singoli momenti del tempo come singole entità TUTTE esistenti.

Dunque, quella giornata che io non ricordavo, esiste ancora, in qualche piega dell'universo ?

In quella piega ci sono ancora io bambino che ascolto i discorsi dei grandi seduti al tavolino ?

Il breve filmato dal ritmo sincopato che è tornato dal buio del passato, vuol forse dirmi questo ? Vuol dirmi che niente, in fondo, fino in fondo, è definitivamente perduto (anche se io non ne ho memoria, anche se io l'ho... dimenticato) ?