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12/02/13

Le dimissioni di Benedetto XVI - Una riflessione di fr. MichaelDavide Semeraro.




Vi riporto qui una riflessione di fr. MichaelDavide Semeraro sulle clamorose dimissioni di Benedetto XVI. 


Tantum aurora est! 
Le dimissioni di Benedetto XVI

L’annuncio così semplice e scarno delle dimissioni del Vescovo di Roma ha scosso l’opinione pubblica, ma soprattutto ha zittito i nostri ambienti ecclesiali troppo abituati – sarebbe meglio dire rassegnati – al fatto che non ci si possa più aspettare nulla di nuovo. È successo qualcosa di molto simile a ciò che avvenne nella sagrestia della Basilica di San Paolo quando Giovanni XXIII annunciò – più di cinquant’anni fa – l’indizione del Concilio Vaticano II creando non poco subbuglio tra i prelati presenti e tra quelli di tutto il mondo. 

Eppure quell’annuncio, tanto inaspettato quanto profondamente atteso, è stato capace di ridare a molti credenti la speranza di poter ritrovare le vie di una doppia fedeltà al Vangelo eterno che è Cristo Signore e al suo incarnarsi nella concretezza mutevole e amabilissima della storia.

Il gesto tanto inatteso quanto profondamente gradito di Benedetto XVI di rinunciare al suo ministero di Vescovo di Roma, ci stupisce nel senso più bello e profondo del termine. Infatti, questo gesto rompe le nostre abitudini a non aspettarci più nulla e a rinchiuderci in una sorta di pessimismo spirituale che si fa, troppo facilmente, abitudine ad una critica che talora, senza volerlo, rischia di cedere alla lamentela. Invece no, aldilà, anzi al cuore stesso delle nostre fragilità personali ed ecclesiale vi è una dynamis che continua a far crescere la Chiesa come segno, sacramento e primizia di un’umanità in cammino di cui i credenti, non solo sono parte, ma di cui sono appassionati artefici.

Il motivo per cui Giovanni XXIII sentì l’ispirazione di indire il Concilio Vaticano II fu proprio il bisogno di ritrovare la strada di una co-spirazione profonda tra la Chiesa e il mondo contemporaneo rinunciando così all’idea di essere il modello stabile e immobile di un mondo che rischia di non esistere se non tra la polvere delle biblioteche e degli archivi. Così pure il motivo per cui Benedetto XVI ha scelto di lasciare il posto di nocchiero della barca di Pietro è proprio l’umile riconoscimento che il mare in cui questa barca deve gioiosamente e seriamente navigare si è fatto ancora più vasto e, per questo, attraversato da correnti diverse. 


Casualmente la Liturgia del giorno in cui Benedetto XVI ha annunciato le sue dimissioni ci offriva come testo l’inizio della Genesi: In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque (Gn, 1, 1-2). Quasi un monito per ricordarci che se noi siamo parte di questa creazione voluta e amata da Dio, al contempo essa è il frutto di un amore e di una forza che ci precedono sempre e sono capaci di portarci più lontano poiché lo spirito di Dio non smette di aleggiare e di gonfiare le vele della storia e, prime fra tutte, le purpuree vele della Chiesa di Cristo tinte dal sangue dei martiri di ogni tempo.


Il Vescovo di Roma si ritira nella preghiera e, come tutti, accetta di prepararsi alla morte raccogliendo il frutto delle sue fatiche e riposandosi come ogni uomo della sua età. Come tutti anche il Papa ha diritto a giorni tranquilli che siano intensamente segnati da una tenerezza donata e ricevuta senza che questa divenga un alibi per permettere ad altri di abusare della fragilità e della debolezza. In questi anni abbiamo visto il Vescovo di Roma sopravvestirsi sempre di più creando non poco imbarazzo per il ritorno di simboli e forme di cui sembravamo esserci liberati per sempre. All’imbarazzo oggi segue uno stupore grato perché Benedetto XVI consegnerà il servizio del ministero petrino al suo successore in punta di piedi e senza i consueti faraonici funerali papali in cui sopravvivono ancora simboli estranei allo spirito del Vangelo e al ministero proprio del Servo dei servi di Dio. 


Nello stesso anno in cui ricordiamo il 1700° anniversario dell’Editto di Costantino, con tutto ciò che ha significato per la storia della Chiesa, un Papa riconosce con semplicità di essere come tutti: chiamato ad un grande servizio che non lo rende immune da nessuna debolezza e che lo obbliga a riprendere il suo posto tra i servi inutili così necessari di cui ci parla il Signore Gesù nel Vangelo.


Come qualcuno ha già ricordato in queste ore, i gesti valgono più di tanti discorsi e persino talora sono capaci di dare ali alla storia più di mille documenti ed esortazioni. Il gesto di Benedetto XVI apre il cuore allo stupore: la Chiesa è in cammino e i suoi passi sono guidati da Altro. Come ricordava e si augurava Giovanni XXIII inaugurando il Concilio Vaticano II tantum aurora est di una comprensione più evangelica e incarnata del Vangelo. Siamo solo agli inizi, ma il gesto di Benedetto XVI ci conforta del fatto che stiamo camminando. Ci sono dei gesti da cui non si torna più indietro e quello di ieri è uno di questi: tutto non è più come prima e non solo per il Papa di Roma, ma per tutti!