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12/08/18

Poesia della Domenica: "Piccolo cabotaggio (i salvati e i sommersi)" di Fabrizio Falconi.




Piccolo cabotaggio
(i sommersi e i salvati)

Sottovento preparano i salvagenti
riparano la schiera dei fiocchi
colorati, smontano la vela, mettono
le dita nel mare e non sanno
più in che direzione voltarsi.
Arriva la costa, procedono
al minimo del motore, cercano
di sopravvivere, si proteggono
gli occhi dal riflesso della chiglia
rossa nell'acqua, zampillano
pesci d'alba e sono muti nella
loro piccola navigazione: ogni giorno
è mare in più, ogni giorno
quella parvenza chiamata vita
resiste.


Fabrizio Falconi
inedita - riproduzione riservata 2018

20/06/18

Giornata Mondiale del Rifugiato 2018 - Un messaggio dell'Editore Castelvecchi.



Mentre il Mar Mediterraneo viene trasformato in un cimitero, mentre il nostro Ministro degli Interni rifiuta di salvare vite umane usandole come numeri per fini propagandistici, lʼEuropa arranca e oltreoceano 2.000 minori latinoamericani vengono separati dai genitori alla frontiera fra il Messico e gli Stati Uniti.
Davanti allʼimmenso fenomeno contemporaneo delle migrazioni, oggi più che mai è fondamentale celebrare la Giornata Mondiale del Rifugiato.
LʼEditore Castelvecchi decide di onorare questo giorno proponendo alcuni brani significativi tratti dal proprio catalogo, nella convinzione che solo una profonda diffusione dei valori umani della cultura dellʼincontro e dellʼaccoglienza possa contrastare le politiche xenofobe e razziste dilaganti oggi nel mondo.

  
«Vi è una tendenza alla separazione territoriale molto diffusa in tutta Europa e anche in tanti luoghi del continente americano. Determina la creazione di comunità chiuse, protette da cancelli, circondate da telecamere a circuito chiuso, con guardie a sorvegliare l’ingresso che consentono l’accesso solo a chi è stato invitato – o è comunque come noi o simile a noi –, sbarrando il passaggio agli estranei. Separarsi significa “interrompere la comunicazione”. Separazione può diventare apartheid: confinare le persone che consideriamo scomode e inquietanti, tenerle a distanza, non permettere loro di avvicinarsi».
Zygmunt Bauman, Scrivere il futuro


«La xenofobia che oggi comincia a sorgere in alcuni Paesi centrali contro gli immigrati, contro i sudamericani, contro gli africani non è che una risposta fanatica. E la paura, il terrore di chi è malato d’odio per via dell’oppressione, di chi risponde con l’unica cosa che ha, l’immolazione, ci fa entrare in una logica di cecità che costituisce oggi uno dei pericoli più grandi cui ci troviamo esposti. Sta rifiorendo una destra che non è destra, ma che è fascista, nel cuore di un continente evoluto come l’Europa; questo deve rappresentare un vero allarme per noi e sollecitarci a una missione di carattere politico: sottolineare il ruolo che hanno la tolleranza e il rispetto per l’auto- determinazione».
José “Pepe” Mujica, Non fatevi rubare la vita


«Definire dei singoli disarmati col nome di invasori è spaccio di moneta falsa. Il nostro vocabolario  serve a difenderci dai falsari che lo distorcono per intossicare l’organismo sociale di una comunità. Tentare di arginare migrazioni è mossa vana, sterile e contro la natura».
Erri De Luca, Prefazione a Domenico Di Cesare, Migranti


«L’intera storia biblica è storia di migranti: da Abramo a Giuseppe a Rut per finire con la fuga in Egitto della Santa Famiglia. E se Abramo, una volta giunto nella terra di Canaan, deve poi abbandonarla per una carestia, il popolo d’Israele, liberato dalla schiavitù e destinatario del dono della terra, è chiamato a manifestare verso gli stranieri la stessa cura e lo stesso amore di cui è stato oggetto: Dio infatti ama il forestiero e gli dà pane e vestito. Amate dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto (Dt 10,18-19)»..
Papa Francesco, Le frontiere dellʼamore


«Siamo chiamati a vivere insieme. Forse così si spiega il perché la democrazia moderna si sia affermata laddove più numerose erano le migrazioni».
Riccardo Cristiano, Siria. Lʼultimo genocidio


«Il mondo è in questo taxi. Noi siamo quelli che accolgono per primi, e ci guardi: siamo tutti stranieri! Guido da 14 anni, sono stato anche istruttore. Non so i dati precisi ma credo che in questa città il 95% dei tassisti siano immigrati. Noi rappresentiamo New York! Nessuno è nato qui, siamo tutti arrivati in cerca di lavoro e ci siamo lasciati tutti sfruttare in cambio di pochi dollari. Gli Stati Uniti sono diventati la nostra casa, conosciamo questa città meglio di chiunque altro. Prima c’erano gli italiani e gli irlandesi. Ora tocca a noi».
Chiara Longo Bifano e Stefano Natoli, Passaggi migranti


«Nel mio piccolo Paese ci sono stati anni in cui arrivavano oltre quarantamila immigrati, attorno al 1910. Nella Repubblica Argentina, a volte, toccavano il mezzo milione. Lo stesso accadeva in Brasile. Bisogna anche ricordare l’eroico Messico che, nel 1939, accolse in un colpo solo quasi un milione di immigrati, rifugiati provenienti dalla Spagna franchista. L’America è stata terra di rifugio per milioni di immigrati. L’Europa se ne è dimenticata, non ha motivo di serbar memoria di queste cose. Oggi è ricca. Ha superato i suoi dolori e le sue angosce. Osserviamo con terrore la resistenza sociale che stanno generando i fenomeni migratori in un’Europa che è riuscita a superare la sua vecchia contraddizione (lo stato di guerra) e che da molti decenni vive profondamente in pace, malgrado tutti i suoi problemi».
José “Pepe” Mujica, Non fatevi rubare la vita


«Ebraismo, povertà, esilio, migrazione. Vecchiaia, persino. Ebreo lo era per stirpe – così si diceva –, anche se pienamente assimilato, com’era tipico di quell’alta borghesia del Westen berlinese da cui nacque e da cui si separò sempre più. Esule lo divenne nel 1933, per sopravvivere, per avere un qualche reddito. Da rifugiato, negli ultimi anni fu povero fino alla miseria, divenne apolide, poi ancora profugo. […] Walter Benjamin fu quindi innanzitutto un migrante economico».
Massimo Palma, Introduzione a Walter Benjamin, Esperienza e povertà


«Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità. Si tratta di bambini, donne e uomini che abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case per varie ragioni, che condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma soprattutto di essere di più. È impressionante il numero di persone che migra da un continente all’altro, così come di coloro che si spostano all’interno dei propri Paesi e delle proprie aree geografiche. I flussi migratori contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi».
Papa Francesco, Le frontiere dellʼamore


«Se il pensiero razziale fosse un'invenzione tedesca, allora il "pensiero tedesco" (qualunque cosa sia) avrebbe trionfato in molte parti dell'universo spirituale assai prima che i nazisti dessero inizio al loro sciagurato disegno di conquista del mondo. Se l'hitllerismo ha esercitato un grande richiamo in Europa, in particolare nel corso Degli anni '30, è stato perché il razzismo, benché dottrina di Stato solo in Germania, costituiva ovunque una forte tendenza all'interno dell'opinione pubblica. La macchina da guerra politica del nazismo era già in moto da tempo quando nel 1939 o carri armati tedeschi iniziarono la loro marcia di distruzione, poiché il razzismo, nella battaglia politica, era considerato un alleato più potente di quaunque agente prezzolato (...) la verità storica è che il pensiero razziale (...) emerse simultaneamente in tutti i paesi occidentali nel XIX secolo. Fin dall'inizio di quel secolo, il razzismo ha costituito la potente ideologia dell'imperialismo».
Hannah Arendt, Il razzismo prima del razzismo


«Immigrati uguale profughi, straccioni, poveracci, rifugiati, ladri. Prevale una narrazione pietistica, paternalista, una narrazione standardizzata. Finché continueremo a rappresentare gli immigrati soltanto come profughi, poveracci e delinquenti, gli immigrati resteranno sempre e soltanto – nell’immaginario collettivo – profughi, poveracci e delinquenti. E magari terroristi».
Jacopo Storni, Siamo tutti terroristi


«Per fortuna quella mattina pioveva. Nei giorni di pioggia sembrava che il cielo avesse pietà delle anime dei migranti e impedisse al mare di diventare la loro tomba. Quel giorno non si partiva».
Asmae Dachan, Il silenzio del mare


«Per l’anarchismo “io non sarò libero finché non saranno liberi tutti”. Questo è il principio che soggiace a ogni costruzione sociale che meriti il nome di umana, e il nazionalismo inteso in senso positivo non può essere altro che un nazionalismo umile e aperto, contrario alla xenofobia e allo sciovinismo, orgoglioso del suo meticciato e responsabile della costruzione di una unità politica di dimensione umana».
Teresa Forcades, Nazione e compassione

«L’ideologia nazionalista, i miti e le leggende nazionali mobilitano ancora le popolazioni frustrate.  Tanto più sono frustrate, tanto più ne sono mobilitate. Il vero straniero non è più l’altro europeo, ma il migrante. Sono i migranti gli stranieri che arrivano in mezzo a noi da chissà dove, che hanno costumi, religioni, tradizioni e leggende diverse e un’opinione diversa su ciò che è vero e ciò che è falso. Sono terroristi, occupano la nostra terra e la distruggono interamente. Il pericolo intrinseco agli Stati nazionali si presenta di nuovo. Lo straniero deve assimilarsi, o sparire. Da un lato la popolazione europea non si riproduce, perciò ha bisogno dei migranti. In non più di sessant’anni gli Europei hanno ucciso cento milioni di persone solo tra gli Europei. Non sono soltanto i bambini a mancare, ma anche i genitori, i nonni, i bisnonni. I peccati dei padri e dei nonni devono essere espiati. Dall’altro gli Europei sono pronti ad accettare migranti (se proprio devono) solo a condizione che si assimilino. Non all’Europa, che non possiede una memoria culturale e tradizionale comune né un’unica lingua, ma all’uno o all’altro degli Stati nazionali».
Ágnes Heller, Paradosso Europa


«Bisogna che tutti gli Europei si abituino a considerare l’immigrazione un fenomeno normale, non un’emergenza: in un mondo in cui circolano liberamente capitali e merci non si può negare agli esseri umani lo stesso diritto. Le nostre società saranno sempre più multietniche, lo si voglia o no, e dunque dobbiamo tutti, anche noi, attrezzarci a vivere in rapporto con i diversi da noi. Dobbiamo imparare a dialogare, a innestarci gli uni negli altri, e questo ci renderà tutti più ricchi».
Luciana Castellina, Postfazione a Domenico Di Cesare, Migranti

«“Tu non m’interessi”. Ecco una frase che un uomo non può rivolgere a un altro uomo senza com- mettere una crudeltà e ferire la giustizia. In ciascun uomo vi è qualcosa di sacro. Ma non è la sua persona. Non è neanche la persona umana. È lui, quest’uomo, molto semplicemente. È lui. Lui, tutto intero».
Simone Weil, La persona è sacra


«Chiudo l’intervista a Fadi con una non domanda. Puoi terminare con le parole che vuoi: “Io ormai ho ventisette anni, tutti vissuti nell’ingiustizia, e ogni anno è stato peggio dell’altro. Togliermi la vita non sarebbe neanche un grande peccato, anche se l’Islam condanna questo gesto; ho sofferto così tanto che sono davvero stanco. I miei carnefici sono stati tanti: persone, città, Stati interi, sistemi, e io non perdono nessuno di essi”».
Domenico Di Cesare, Migranti


«Ciò che emerge è la miseria culturale di un’Europa incapace di reggere l’impatto del fenomeno migratorio dal punto di vista psicologico e intellettuale, prima ancora che sul piano strettamente politico e normativo».
Umberto Curi (a cura di), Vergogna ed esclusione


«Le rotte che hanno solcato il Mediterraneo raccontano di un destino comune che da millenni condividiamo. Gli scambi hanno creato una rete che legava porti e città di tutto il Mediterraneo e oltre, impegnando cristiani, musulmani ed ebrei, senza troppe distinzioni e spesso indipenden- temente dalle guerre che si combattevano tra regioni o imperi. Le migrazioni ci hanno fatto condividere lingue, abitudini e gusti, e ci hanno mescolato il sangue più di quanto molti amino pensare. Per il resto, è tutto da fare. Sta a noi riconoscerci parte di una cittadinanza più ampia, complessa e variegata di quella che siamo abituati ad attribuirci. E questa cittadinanza siamo noi a doverla costruire. È la posta in gioco e insieme la scommessa offertaci dal Mediterraneo, se vogliamo che davvero diventi il comune denominatore del nostro futuro».
Alessandro Vanoli, Migrazioni mediterranee


«Abbiamo bisogno di decisioni che riguardino il mondo intero. Coloro che cercano di attraversare il Mediterraneo non sono poveri dell’Africa, sono poveri dell’umanità. E per favore, non è un proble- ma dell’Italia, è un problema del mondo! Ma non c’è un governo mondiale. Non c’è nessuno che si occupi di governare il mondo. Noi ci limitiamo a parlare delle elezioni e a chiederci: chi vincerà?  So che non è dicendo queste cose che troveremo una soluzione ai problemi del pianeta, ma non possiamo continuare a ignorare che apparteniamo tutti alla tribolazione di questa barchetta che sta facendo le giravolte nell’universo».
José “Pepe” Mujica, La felicità al potere


23/02/18

Mentre in Italia si parla, in Francia si riparte dalla Cultura (e dalle Biblioteche).



La cultura riparte dalle biblioteche: almeno in Francia, dove il presidente Emmanuel Macron vuole rimetterle al centro della sua politica culturale favorendo al massimo gli orari di apertura, inclusa la domenica. 

Il leader neo-quarantenne ha accompagnato la ministra della Cultura, Francoise Nyssen, in visita alla Mediateca di Mureaux, nel dipartimento delle Yvelines, non lontano da Parigi. "L'apertura delle biblioteche - ha detto - fa parte della battaglia per l'emancipazione", che e' il "filo rosso" della politica del governo

Per l'occasione, l'accademico Eric Orsenna ha preparato un rapporto ad hoc che ha consegnato al presidente. Designato 'ambasciatore della lettura', il celebre scrittore ha realizzato un 'tour de France' di tre mesi per studiare attentamente l'attuale funzionamento di biblioteche e sale di lettura ed annotare i punti da migliorare. 

"Facciamo un sogno. C'era una volta un paese di lettori (...) in cui ognuno disponeva di un luogo, non lontano da casa, dove potesse recarsi per scoprire e scoprirsi, imparare, immaginare, scambiare, viaggiare. Questo Paese e' il nostro, e' la Francia. Farlo esistere dipende da noi", si legge nella conclusione del rapporto intitolato Voyage au pays des bibliothe'ques

In campagna elettorale, Macron s'impegno' ad estendere gli orari di apertura la sera e nel fine settimana. Un modo a suo avviso di rafforzare la "cultura di prossimita'" e lottare "contro la segregazione culturale".

Ora Parigi ha aumentato di 8 milioni di euro la dotazione generale di decentralizzazione a favore delle biblioteche per i prossimi cinque anni. 

Se il progetto permette di sostenere "200 progetti di estensione di orario", recita il rapporto di Orsenna, lo sforzo finanziario resta comunque "insufficiente". 

In Francia la lettura pubblica dispone di 16.500 luoghi (7.700 biblioteche, 8.800 punti d'accesso ai libri), 38.000 agenti, 82.000 volontari, per uno spazio complessivo di 16,5 milioni di metri quadri: "L'equivalente di cento musei del Louvre", annota Le Monde

Nel 2016, il 40% dei francesi di oltre 15 anni si sono recati in biblioteca, ma solo 12% prendono in prestito dei libri. Ora l'obiettivo e' aprire "meglio e di piu'"

 Nyssen vorrebbe anche che almeno una biblioteca per provincia diventi un luogo di apprendimento del francese, in particolare per i migranti, e che almeno tre biblioteche propongano un modulo di sensibilizzazione contro le fake news. 

24/07/17

"Rompiamo il silenzio sull'Africa" - Un drammatico appello di padre Alex Zanotelli .





Volentieri pubblico questo drammatico appello di padre Alex Zanotelli, comboniano, sulla situazione in cui versano immensi territori dell'Africa. 

                                                      ROMPIAMO IL SILENZIO SULL’AFRICA




Scusatemi se mi rivolgo a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati che mi spinge a farlo. Per questo come missionario uso la penna per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno spazio nei mass-media italiani. Trovo infatti  la maggior parte dei nostri media, sia cartacei che televisivi, così provinciali, così superficiali, così ben integrati nel mercato globale. Bisogna rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa. (Sono poche purtroppo le eccezioni in questo campo!)

E’ inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa), ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga.
E’ inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur.
E’ inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni.
E’ inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa.
E’ inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai.
E’ inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera.
E’ inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi.
E’ inaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa , soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi.
E’ inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia , Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni secondo l’ONU.
E’ inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile.
E’ inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!!)
Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi.  Questo crea la paranoia della “invasione”, furbescamente alimentata anche da partiti xenofobi. Questo forza i governi europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con l’ Africa Compact , contratti fatti con i governi africani per bloccare i migranti Ma i disperati della storia nessuno li fermerà. Questa non è una questione emergenziale, ma strutturale al Sistema economico-finanziario. L’ONU si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa. Ed ora i nostri politici gridano:”Aiutiamoli a casa loro”, dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’ENI a Finmeccanica.
E così ci troviamo con un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrum dove sono naufragati decine di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa  come patria dei diritti.
Davanti a tutto questo non possiamo rimanere in silenzio. (I nostri nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?). Per questo vi prego di rompere questo silenzio- stampa sull’Africa. Non possiamo rimanere in silenzio davanti a un‘altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi.
Diamoci tutti/e da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa.
                                                                                     

                                                                                    Alex Zanotelli

09/10/15

Domani Giornata del Contemporaneo - Ingresso gratuito al MAXXI e una barca fatta con le scarpe dei Migranti.





AL MAXXI per celebrare la XIa GIORNATA DEL CONTEMPORANEO Domani sabato 10 ottobre 2015 INGRESSO GRATUITO PER TUTTO IL GIORNO.



Libera e permanente. A partire da sabato 10 ottobre, le opere d’arte e architettura della collezione del MAXXI saranno sempre esposte nella Galleria 4 del Museo, con ingresso gratuito per tutti dal martedì al venerdì. 


E ancora: una installazione di Pedro Cabrita Reis sulla piazza, un lavoro di Sislej Xhafa dedicato alla tragedia dei migranti, quattro visite guidate gratuite (ore 11.30, 12.00, 17.00 e 18.00, prenotazione obbligatoria su edumaxxi@fondazionemaxxi.it), l’apertura straordinaria dalle 11 alle 18 della Biblioteca e le mostre in corso:

OLIVO BARBIERI. IMMAGINI 1978 – 2014 
| FOOD dal cucchiaio al mondo 
| MAURIZIO NANNUCCI Where to start from 
 YAP MAXXI 2015 
| MAURIZIO SACRIPANTI Expo Osaka ’70 
| THE INDEPENDENT FOOD. 

 E’ questo il programma del MAXXI in occasione della XI Giornata del Contemporaneo organizzata da AMACI sabato 10 ottobre 2015. 

La COLLEZIONE PERMANENTE DEL MAXXI offrirà ai visitatori un percorso tra le opere di grandi maestri come Alighiero Boetti, Gino De Dominicis, William Kentridge, Anselm Kiefer, Mario Merz; quelle di giovani artisti come Giorgio Andreotta Calò e Margherita Moscardini (esposte per la prima volta come anche i lavori di Flavio Favelli, Pietro Ruffo, Tony Cragg, Modus architects). 

E ancora i progetti di architetti internazionali come Toyo Ito, Rem Koolhaas, Renzo Piano e di grandi maestri del Novecento come Pierluigi Nervi, Aldo Rossi e Carlo Scarpa e molto altro. 

L’allestimento, dinamico e immersivo, permetterà al pubblico di fare un’esperienza nuova degli spazi fluidi di Zaha Hadid. Piani e superfici sospesi articolano lo spazio e coinvolgono il visitatore in modo attivo e partecipato. 

L’ALBERO DELLA CUCCAGNA. NUTRIMENTI DELL’ARTE , progetto a cura di Achille Bonito Oliva realizzato con il patrocinio di Expo 2015, è una mostra diffusa in tutta Italia tra musei, gallerie, istituzioni pubbliche e private che coinvolge oltre 40 artisti e porta al MAXXI l’opera di Pedro Cabrita Reis La casa di Roma che resterà esposta sulla piazza del MAXXI fino al 10 gennaio 2016. 

Un grande volume rettangolare realizzato in mattoni forati, un’architettura primordiale che richiama le caratteristiche di molte periferie contemporanee. La struttura arriva a toccare il primo livello del museo come un pilastro: l’opera rivela così un ordine in cui è il piccolo e il debole a sostenere il grande, e la sua temporaneità fa da base all’istituzione museale mettendone metaforicamente in discussione la solidità. Progetto promosso dalla Fondazione Giuliani per l'arte contemporanea, Roma 

SISLEJ XHAFA. Barka una barca fatta di centinaia di scarpe nella hall del MAXXI riflette sull’esodo migratorio e le situazioni di conflitto che caratterizzano la contemporaneità. Barka opera concessa in comodato al MAXXI dalla Nomas Foundation, Roma è stata realizzata dall’artista nel 2011 in un periodo di emergenza sbarchi a Lampedusa, e sottolinea l’interesse del museo per i temi più urgenti del nostro tempo, come quelli dell’immigrazione e dell’accoglienza. Barka resterà esposta fino al 10 gennaio 2016.


17/06/15

Bauman: "Gli immigrati ci ricordano quanto sia fragile il nostro benessere."



"Il volume e la velocità' dell'attuale ondata migratoria è una novità e un fenomeno senza precedenti. Non c'e' motivo di stupirsi che abbia trovato i politici e i cittadini impreparati: materialmente e spiritualmente". 

Lo dice il filosofo Zygmunt Bauman in una intervista a Repubblica, sottolineando che dei migranti c'e' paura perché "gli stranieri potrebbero distruggere le cose che ci piacciono e mettere a repentaglio i nostri modi di vita". 

"La vista migliaia di persone sradicate accampate alle stazioni provoca uno shock morale e una sensazione di allarme e angoscia, come sempre accade nelle situazioni in cui abbiamo l'impressione che 'le cose sfuggono al nostro controllo'", spiega. 

"Fin dall'inizio della modernità fuggiaschi dalla brutalità delle guerre e dei dispotismi, dalla vita senza speranza, hanno bussato alle nostre porte. Per la gente da qua della porta, queste persone sono sempre state 'estranei', 'altri'". 

"La nostra ignoranza su che cosa fare in una situazione che non controlliamo è il maggior motivo della nostra paura"

"Gli immigrati ci ricordano in un modo irritante, quanto sia fragile il nostro benessere, guadagnato, ci sembra, con un duro lavoro. E per rispondere alla questione del capro espiatorio: è un'abitudine, un uso umano, troppo umano, accusare e punire il messaggero per il duro e odioso messaggio di cui e' il portatore".

Quanto ai partiti, aggiunge, ci sono quelli "abituati a trarre il loro capitale di voti opponendosi alla 'redistribuzione delle difficoltà" (o dei vantaggi), e cioè rifiutandosi di condividere il benessere dei loro elettori con la parte meno fortunata della nazionale, del paese, del continente (per esempio Lega Nord)". 

"La sinistra, o l'erede ufficiale di quella che era la sinistra, nel suo programma, ammicca alla destra con una promessa: faremo quello che fate voi, ma meglio". 

16/06/15

Immigrati, un esodo biblico. La nostra Nemesi.



La tragedia che si svolge sotto i nostri occhi ogni giorno ora, ha un nome preciso: Nέμεσις, Nèmesis. 

Queste migliaia che vengono da noi ora con i loro stracci, reietti, additati come portatori di scabbia e altri castighi biblici, sono i figli dei figli di coloro che l'uomo bianco ha affamato e reso schiavi per secoli, da quando i galeoni della Nuova America portarono in catene quei figli d'Africa, a milioni, da quando le grandi potenze europee si spartirono un bottino che sembrava infinito, senza alcuna pietà, riducendo un meraviglioso continente ad una tabula rasa, spargendo guerre e inimicizie, affondando le avide mani, sradicando popoli interi dai loro riti e dalle loro culture millenarie. 

Per Nemesi, ora, queste masse di diseredati che non hanno più nulla alle loro spalle vengono e verranno ad esigere il nostro domani. 

Ciò non è detto per pacificare coscienze. Tutt'altro. Il fatto che noi non si sia direttamente responsabili di ciò che succede dall'altra parte del Mediterraneo (ma è poi vero ?) non assolve e non concede alibi. 

Getta semmai, valutando le desolate immagini di questo esodo oramai biblico, qualche ombra lunga sulla smisurata presunzione di una Civiltà progressista, in progresso, quasi come se la Storia non avesse insegnato nulla.

E' forse bene allora rileggere queste considerazioni di C.G. Jung in Tipi psicologici, p.152.

Proviamo a dar via libera agli istinti dell'uomo civilizzato ! Per gli esaltatori entusiasti della civiltà, non ne sgorgherà altro che bellezza. Questo errore non è che il frutto di una profonda ignoranza psicologica. Le forze istintuali compresse nell'uomo civilizzato hanno un'enorme potenza distruttrice e sono assai più pericolose degli istinti dell'uomo primitivo, il quale vive costantemente in misura modesta i propri istinti negativi. Per questo motivo nessuna guerra del passato supera in orrore le guerre tra nazioni civili. 

Fabrizio Falconi

in testa: La Nemesi alata, armata di spada e clessidra, in un quadro di Alfred Rethel del 1834

19/04/15

Poesia della domenica - 'Naufragio' di Fabrizio Falconi.




naufragio


un corteo numinoso sparito nei meandri
del mare, una donna
un vecchio uomo convesso, un ragazzo
mille ragazzi, mille coscritti, mille legati

ad una pietra per andare a fondo
disintegrata la carta dei loro cuori
nel macero dell'ultimo giorno
delle trombe dell'Apocalisse,

ecco cosa accade in quel gorgo
osceno: se ne vanno come per il soffio
di un sifone interminabile, le vite
schiacciate, avviluppate come il corpo

di una scolopendra, tutto il male che
non vogliamo mai vedere, tutto il bene
del povero materiale che è l'uomo
distrutto e mai sconfitto

annegato nell'ultimo istante pieno di morte
pieno di vita pieno di mani che si cercano

e non si trovano.




Fabrizio Falconi (inedito) (C)- 2015.

11/10/13

Bauman su Lampedusa: "la modernità produce persone superflue. Viviamo in un'epoca in cui il vecchio muore e il nuovo non può nascere."




“Qualsiasi cosa tenti di fare il premier Enrico Letta, o l’Europa, gli arrivi dall’Africa non finiranno”. Per Zygmunt Bauman, a Milano per la rassegna Meet The Media Guru, niente riuscirà a fermare chi è “in cerca di pane e acqua potabile”: né i governi, né tragedie del mare come quella di Lampedusa.

Durante la conferenza stampa di presentazione dell’incontro pubblico, il sociologo e filosofo polacco, 91 anni, ha spiegato che gli sbarchi non si fermeranno, perché “le migrazioni sono inseparabili dalla modernità. Infatti una caratteristica della modernità è la produzione di “persone superflue”: individui tagliati fuori dal processo produttivo che perdono la propria fonte di sussistenza. Il progresso economico consiste nel produrre la stessa quantità di cose che producevamo ieri con una minore quantità di lavoro e a un costo più basso. Chi rimane tagliato fuori diventa una persona superflua. E alle persone superflue, non resta che andarsene, cercando un altrove dove ricostruirsi una vita”.

Per Bauman poi “le economie europee hanno bisogno d’immigrati, perché senza di loro non potremmo vivere. Se nel Regno Unito gli irregolari venissero identificati e deportati, la maggior parte degli ospedali e degli alberghi collasserebbe, e credo che si possa dire lo stesso per l’economia italiana”.

Il sociologo ha ricordato che “per alcuni demografi la popolazione dell’Unione Europea diminuirà da 400 milioni di persone a 240 nei prossimi cinquant’anni: un numero troppo basso per mantenere i nostri standard di vita, il nostro benessere”. “In base ad alcuni calcoli - ha detto Bauman - nei prossimi 20 o 30 anni sarà necessario accogliere in Europa circa 30 milioni di migranti”.

Un fenomeno che gli stati nazionali, inadeguati di fronte alle sfide della contemporaneità, hanno pochi strumenti per arginare o regolare. Per il teorico della società liquida “i popoli non credono più che i partiti e i parlamenti nazionali siano ancora in grado di assolvere le funzioni per cui sono nati, e non solo perché in alcuni casi i politici sono corrotti o incapaci, ma perché per queste istituzioni è strutturalmente impossibile realizzare quello che promettono agli elettori”.

E per spiegare cita Antonio Gramsci: “Viviamo in un interregno, un’epoca in cui il vecchio muore e il nuovo non può nascere: le regole e le leggi del passato sono scomparse, ma le nuove leggi non sono ancora state inventate. La sovranità degli stati nazionali è ormai in buona misura una finzione. Il potere è la capacità di fare, la politica è decidere che cosa fare. La globalizzazione ha fatto evaporare il potere degli stati nazionali verso poteri sovranazionali liberi dal controllo della politica. Se un governo provasse a realizzare ciò che davvero vogliono i suoi elettori, invece di ciò che esige la finanza, i mercati lo punirebbero con durezza”.