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20/10/08

Il Vangelo della Domenica - La moneta di Cesare.



Mt 22,15-21

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i sadducei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi.

Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?".

Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: "Di chi è questa immagine e l'iscrizione?". Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio".


E' senza alcun dubbio uno dei passi del Vangelo più citati, più equivocati, più fraintesi, e più strumentalizzati.

Ed è difficile interpretarlo correttamente, secondo me, se non si fa veramente silenzio, e non si lascia sedimentare la Parola, che anche in questo caso ha molto più da dirci, di quanto appaia a prima vista.

La domanda fatta a Gesù è capziosa. E' frutto addirittura di un complotto, ordito da farisei ed erodiani per indurre il Profeta a inciampare, a fare - come diremmo oggi - una 'gaffe' screditante agli occhi dei suoi 'sostenitori'.

La domanda che costoro fanno è se 'pagare il tributo a Cesare sia lecito'. E già qui ci sarebbe da discutere, perchè loro non chiedono se sia 'giusto', ma 'lecito', ed è già una bella differenza.

Gesù, però, non cade nel tranello. Cosa vorrebbero che dicesse ? Che non è 'lecito' ? Che ai Romani, agli esattori, agli amministratori, non è lecito pagare tributo, ma soltanto a Dio ? Questa parola basterebbe a condannarlo a morte, subito.

Ma Gesù non elude la domanda. Dà anzi una risposta che più piena non si potrebbe: "Rendere a Cesare quel che è di Cesare (la sua moneta, la moneta che egli ha coniato, ovvero far restare in ambito mondano tutto ciò che è mondano), e rendere a Dio tutto ciò che è di Dio ( ovvero tutto ciò che non è mondano, cioè effimero, e sul quale Cesare, o chiunque altro Cesare nulla può).

La risposta di Gesù è tutto meno che qualunquista - come qualcuno l'ha interpretata a volte. Non dice: paga le tasse e stai a posto così. Non dice: i soldi sono una cosa, la spiritualità un'altra, e bisogna coltivare tutte e due.

Non dice niente di tutto questo.

Dice di rendere a Cesare, e cioè di far restare in quell'ambito, quelle cose che nella vita servono per vivere. Cioè la stretta materialità. E di dedicare a Dio tutto il resto. La separazione è chiara. Gesù l'ha affermata tante altre volte, in altri passi del Vangelo, non si può servire Dio e Mammona, ed è più facile che un cammello (o una corda) passino nella cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli.

Dio, dice Gesù, è un'altra cosa.

Dio vuole altro.

Non sa che farsene della moneta di Cesare.

E di questo, dovremmo ricordarci tutti.