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13/06/13

Cinismo e Poesia - Un intervento di Valerio Magrelli.





Nel disincanto generale un cadavere eccellente: la poesia della vita.


E' possibile che il cinismo della vita italiana abbia cancellato la presenza della poesia ?

Tutto sta ad intendersi sul senso delle parole. Iniziamo dalla prima, che anticamente riguardava una corrente del pensiero greco rivolta alla libertà interiore e all'austerità dei costumi, proprio in opposizione alla corruzione del potere politico.

Non per niente i suoi rappresentanti erano accusati di vivere come cani (da cui l'etimo), seguendo un'esistenza randagia, autonoma, sdegnosa dei bisogni materiali e fedele al rigore etico (basti pensare a Diogene).


Ebbene, per una beffa del destino, il nome di simili asceti (i predecessori dei nostri punkabbestia) ha finito per designare esattamente l'opposto: da equivalente di morale, il termine cinico è divenuto sinonimo di "indifferente al prossimo".


Ma ritornando all'accezione attuale, appare indubitabile chiamare la nostra una società cinica, ossia senza cura per gli altri (o meglio, per il loro dolore). D'altronde è il minimo che ci si possa attendere da popolazioni che subirono quattordici secoli di invasioni (476-1870). 

"Ahi serva Italia", scriveva Dante: ebbene, nessun aggettivo spiega meglio come un'esperienza di sottomissione più che millenaria, sia darwinianamente divenuta patrimonio genetico, amputazione di ogni senso della collettività, egoismo. Se ciò è vero, però, bisogna ammettere che negli ultimi anni tale cinismo atavico ha assunto una durezza inedita, dovuta a due atteggiamenti senza precedenti; da un lato la fiera rivendicazione del reato, dall'altra l'estinzione della vergogna come sentimento sociale.

L'emblema di queste disgustose novità per me risale a una barca battezzata Mascalzone Latino.

Ma sì, perché continuare a chiedere scusa per falso in bilancio, corruzione, esportazione di valuta ? Tanto vale vantarsi della nostra furbizia levantina. Sarà stato un caso, ma poco prima, alla Fiera del Libro di Francoforte, alcuni sciagurati scelsero come stemma nazionale Pulcinella...

In tutto ciò, che può fare la poesia ? 

Anche in questo caso si tratta di capirsi. La poesia come ricerca letteraria, arte del linguaggio e del pensiero, ha una sua vita catacombale, sotterranea, che non può in alcun modo modificare la società.

Ma a ben vedere, la parola poesia possiede anche un'altra sfumatura.  Il dizionario, infatti, parla di un carattere attribuibile a ogni atteggiamento in grado di elevarsi "al di sopra del quotidiano".  In tale prospettiva essa si lega allora a termini quali grazia, comprensione, compassione, umanità, empatia - esatto opposto del cinismo in quanto disinteresse verso il prossimo. 

Esiste insomma una poesia dell'agire umano, un tempo definita filantropia ("amore per l'uomo"), di segno etico, anzi, etologico, cioè connessa al comportamento che adottiamo verso i nostri simili. 

Forse potrebbe essere proprio questo, l'antidoto al cinismo del nostro tempo: ciò che il filosofo Michel Tereschenko ha chiamato "valori dell'aiuto" e che in definitiva potremmo tradurre come "poesia dell'altruismo". 

E' a questo sentimento che appartiene ogni forma di volontariato, di impegno e dedizione.

Ecco, se in qualche modo la poesia può aiutare a contenere il cinismo, è attraverso una particolare accezione del termine poien, dal greco  "fare": fare qualcosa che non sia solo per noi stessi. 

Rispetto al cinismo della carriera e dell'accumulo, dell'opportunismo e della competizione, questa poesia dovrebbe costituire un sovrappiù di solidarietà.

Valerio Magrelli - Il Venerdì di Repubblica, 7 giugno 2013.